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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 1764 | Data di udienza: 21 Giugno 2018

* RIFIUTI – AMIANTO – Curatore fallimentare – Qualifica di “detentore di rifiuti” – Esclusione – Ordinanze sindacali dirette alla tutela dell’ambiente – Individuazione del curatore quale destinatario a titolo di responsabilità di posizione, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita – Illegittimità – Applicabilità dei medesimi principi con riferimento alla rimozione dell’amianto.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Sicilia
Città: Catania
Data di pubblicazione: 5 Settembre 2018
Numero: 1764
Data di udienza: 21 Giugno 2018
Presidente: Savasta
Estensore: Sidoti


Premassima

* RIFIUTI – AMIANTO – Curatore fallimentare – Qualifica di “detentore di rifiuti” – Esclusione – Ordinanze sindacali dirette alla tutela dell’ambiente – Individuazione del curatore quale destinatario a titolo di responsabilità di posizione, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita – Illegittimità – Applicabilità dei medesimi principi con riferimento alla rimozione dell’amianto.



Massima

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 5 settembre 2018, n. 1764


RIFIUTI – AMIANTO – Curatore fallimentare – Qualifica di “detentore di rifiuti” – Esclusione – Ordinanze sindacali dirette alla tutela dell’ambiente – Individuazione del curatore quale destinatario a titolo di responsabilità di posizione, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita – Illegittimità – Applicabilità dei medesimi principi con riferimento alla rimozione dell’amianto.

Il curatore – pur avendo “l’amministrazione del patrimonio fallimentare” – non può tuttavia essere considerato un “detentore di rifiuti” ai sensi dall’art. 3, paragrafo 1, n. 6), della direttiva 2008/98/CE e dalla relativa norma nazionale di recepimento, costituita dall’art. 183, comma 1, lett. h), del decreto legislativo n. 152/2006. Difatti alla luce della sentenza della Corte di Giustizia U.E. n. 534 del 4 marzo 2015, il principio “chi inquina paga”, desumibile dall’art. 191, paragrafo 2, del TFUE, comporta una preclusione alla normativa interna di imporre ai singoli costi per lo smaltimento dei rifiuti che non si fondino su di un ragionevole legame con la produzione dei rifiuti medesimi (così Consiglio di Stato, Sez. V, 7 giugno 2017, n. 2724). Deve quindi ritenersi che la curatela fallimentare non può essere destinataria, a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla tutela dell’ambiente, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita, non subentrando tale curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tal via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (così T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 3 marzo 2017, n. 520)» (T.A.R. Trento, nn. 56/2018 e 309/2017). Detto orientamento trova applicazione anche nella materia dell’inquinamento derivato dalla presenza di rifiuti di amianto, atteso che, in caso contrario, si avrebbe una legittimazione passiva della curatela oltre i limiti che contraddistinguono l’assolvimento del munus pubblico che la connota.


Pres. Savasta, Est. Sidoti – N.G. (avv. Cassarino) c. Comune di Modica (avv. Dell’Ali)


Allegato


Titolo Completo

TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ - 5 settembre 2018, n. 1764

SENTENZA

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 5 settembre 2018, n. 1764

Pubblicato il 05/09/2018

N. 01764/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02194/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2194 del 2016, proposto da
Nigro Giuseppe, nella qualità di Curatore del Fallimento Ditta "F.lli Pluchino Giorgio e Vincenzo" Snc e Soci, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Cassarino, domiciliato ex art.25 c.p.a.;


contro

Comune di Modica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Miriam Dell’Ali, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe De Geronimo in Catania, via Androne N° 34;
Resp. Pro-Tempore della P.O. XII Settore del Comune di Modica, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

dell’ordinanza sindacale n. 38199/OR del 28 luglio 2016 con la quale il Sindaco del Comune di Modica ha ordinato al ricorrente di provvedere, mediante ditta specializzata, alla bonifica dell’immobile sito in Modica c.da Trebalate – Passo Parrino n.1 – area presuntivamente inquinata – ed al ripristino dello stato dei luoghi, avviando allo smaltimento i rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi ivi depositati, nonché avverso tutti gli atti propedeutici, connessi e consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Modica;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 giugno 2018 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, nella qualità di curatore fallimentare della società indicata in atti, ha impugnato l’ordinanza sindacale in epigrafe con la quale il Sindaco del Comune di Modica ha ordinato allo stesso, nella detta qualità, ai sensi dell’art.192, comma 3, del D.Lgvo n.152/2006, di provvedere mediante ditta specializzata, alla bonifica dell’immobile sito in Modica c.da Trebalate – Passo Parrino n. 1 – area inquinata – ed al rispristino dello stato dei luoghi, avviando lo smaltimento dei vari rifiuti speciali, pericolosi e non, ivi depositati.

In particolare, la detta ordinanza fa riferimento all’esito del sopralluogo della polizia municipale nella C.le Trebalate Passo Parrino presso il civico n.1 ove insiste un capannone “in evidente stato di abbandono con copertura costituita da capriate metalliche e lastre di ondulina di cemento amianto quasi del tutto deteriorate e perforate e, in gran parte, divelte o collate”; essa richiama la circostanza che, in sede di sopralluogo all’interno di detto fabbricato, è stata riscontrata la presenza di rifiuti abbandonati ivi specificamente descritti, tra cui elementi in cemento-amianto e frammenti di eternit provenienti dalla copertura dello stesso immobile, rilevati anche all’esterno dell’insediamento; rappresenta, altresì, che nello spazio antistante il fabbricato è stato rilevato che la piattaforma di calcestruzzo destinata a parcheggio presenta segni di cedimento strutturale.

Pur specificando di essersi prontamente attivato per ottemperare a questa e ad altra precedente ordinanza sindacale relativa alla messa in sicurezza dell’immobile (n. 3557 O.R. dell’11 luglio 2016), in relazione all’ordinanza n. 38199/R.O. del 28 luglio 2016, qui impugnata, il curatore, con il presente ricorso, ha dedotto i seguenti motivi:

Violazione ed erronea applicazione dell’art.192, comma 3, del D. Lgs. n.152/2006 e ss.mm. Carenza di legittimazione passiva della curatela fallimentare in ordine alle ordinanze sindacali di bonifica: a) l’ente resistente, in violazione della normativa citata, avrebbe notificato l’ordinanza in epigrafe al ricorrente, senza che sia stata individuata alcuna responsabilità del fallimento in ordine ai rifiuti rinvenuti nell’immobile di proprietà della società fallita e senza avere ricercato ed individuato l’effettivo responsabile dell’inquinamento; b) non sarebbe sostenibile la tesi che la curatela fallimentare, ai sensi dell’art.192, co.4, del d. lgs. cit., sarebbe tenuta alla bonifica ambientale, in quanto il fallimento non potrebbe essere considerato un subentrante, ossia un successore dell’impresa sottoposta alla procedura fallimentare.

2. Si è costituito il Comune di Modica per resistere al giudizio; questi, in particolare, ha controdedotto che: a) dal combinato disposto degli artt. 192, 242 e 244 del D. Lgs. n.152/2006 si evincerebbe l’obbligo in capo al proprietario e ad altri soggetti interessati a provvedere agli adempimenti specificati nell’ordinanza della p.a.; b) essendo i rifiuti oggetto dell’ordinanza entrati a far parte della massa fallimentare e quindi nella disponibilità della curatela, su quest’ultima graverebbe l’obbligo di smaltimento dei rifiuti.

3. Con ordinanza n.419 del 22 giugno 2017, il Collegio ha accolto l’istanza cautelare con la seguente motivazione: “Ritenuto inoltre che l’ente locale – prima di imporre al Curatore, odierno ricorrente, l’incombente dello smaltimento dei rifiuti abbandonati nel fabbricato rustico indicato in ricorso e ricompreso nell’attivo fallimentare n. 167/91 R.G.F. – avrebbe dovuto provvedere alla ricerca del responsabile dell’inquinamento ambientale, laddove invece non dimostra compiuta detta attività preliminare”.

4. Alla pubblica udienza del 21 giugno 2018 il ricorso è stato posto in decisione.

5. Il ricorso è fondato.

5.1. Questo T.A.R. ha già precisato (cfr T.A.R. Catania, sez. I, 6 agosto 2018, n.1676) che, in tema di “inquinamento”, occorre distinguere le ipotesi regolate dagli artt. 242 e ss. del Decreto legislativo 03 aprile 2006, n.152, da quella di cui all’art.192 del medesimo testo legislativo.

Mentre nel primo caso rileva “l’evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito”, nel secondo “l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo”.

Il caso di specie è relativo alla seconda ipotesi e quindi all’art. 192, peraltro citato nel medesimo provvedimento impugnato.

Il richiamato art. 192 D. L.gs 152/2006 stabilisce che: "1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

2. È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

3. Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni”.

Ebbene, giurisprudenza che il Collegio condivide ha avuto modo di chiarire che dal dato testuale della disposizione in esame emerge che:

– alla rimozione dei rifiuti è tenuto il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti;

– in via solidale è tenuto il proprietario o chi abbia a qualunque titolo la disponibilità ove ad esso sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa;

– non è configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti, con conseguente esclusione della natura di obbligazione propter rem dell’obbligo di ripristino del fondo a carico del titolare di un diritto di godimento sul bene (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 6 agosto 2018, n.1676; T.A.R. Reggio Calabria, 27 febbraio 2018, n. 89; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 4 ottobre 2017, n. 1569; Cons. St., sez. IV, 25 luglio 2017, n. 3672; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 18 settembre 2017, n. 2190).

Ne consegue l’insufficienza, ai fini degli obblighi di rimozione e smaltimento, della sola titolarità del diritto reale o di godimento sulle aree interessate dall’abbandono dei rifiuti, atteso che la disposizione richiede la sussistenza dell’elemento psicologico e la necessità dell’accertamento della responsabilità soggettiva, in contraddittorio con i soggetti interessati, da parte dei soggetti preposti al controllo (Cons. Stato, Sez. V, 22 febbraio 2017, n. 705; T.A.R. Puglia, Bari sez. I, 24 marzo 2017, n. 287; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 7 gennaio 2016, n. 12; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 23 giugno 2016, n. 1023; T.A.R. Sardegna, Sez. I, 15 marzo 2016, n. 253; T.A.R. Toscana, Sez. II, 24 giugno 2016, n. 1068).

Si deve, dunque, censurare l’operato dell’Amministrazione ogni qualvolta essa ometta di dedurre, in concreto e in assenza di accertamenti eseguiti in contraddittorio con i soggetti interessati, profili di responsabilità a titolo di dolo o colpa in capo al soggetto sanzionato, essendo essi necessari per imporre l’obbligo di rimozione dei rifiuti.

Nel caso di specie, non può ritenersi che sussistano le condizioni appena indicate; infatti, l’ordinanza censurata si limita a dare atto che l’immobile in questione è oggetto di procedura fallimentare e che a carico del curatore fallimentare, “quale responsabile del deposito e dell’abbandono dei rifiuti sopra menzionati, è stato redatto Verbale di accertata violazione amministrativa, ai sensi degli artt. 192 e 255, comma 1°, del D. Lgs. n.152/2006 e ss.mm.ii.”.

In definitiva, dal tenore del gravato provvedimento si evince che l’Amministrazione intimata abbia fatto discendere gli obblighi in essa indicati in capo al ricorrente dalla mera qualità di curatore fallimentare, non dimostrando invece, come peraltro già rilevato nell’ordinanza cautelare di questo T.A.R., di avere compiuto le dette attività preliminari, sicché, in assenza dell’individuazione di una univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore stesso sull’abbandono dei rifiuti, nessun ordine di ripristino può essere imposto dal Comune alla curatela fallimentare quale mera responsabilità di posizione (T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 04 aprile 2017, n. 293; T.A.R. Liguria, II, 27 maggio 2010, n. 3543; T.A.R. Toscana, II, 17 aprile 2009, n. 663).

5.2. Va, altresì, rilevato che la giurisprudenza amministrativa maggioritaria ha condivisibilmente ritenuto che la curatela fallimentare non può essere destinataria di ordinanze sindacali dirette alla bonifica dei siti inquinanti, sia in quanto non sussiste alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 18 ottobre 2010, n.11823; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 03 marzo 2017, n. 520), sia perché la legittimazione passiva della curatela fallimentare in tema di ordinanze sindacali di bonifica determinerebbe un sovvertimento del principio “chi inquina paga”, scaricando i costi sui creditori che non hanno alcun collegamento con l’inquinamento (Cons. St., sez. V, 16 giugno 2009, n.3885 e, da ultimo, sez. V, 4 dicembre 2017, n. 5668).

Va, inoltre, specificato che il curatore non subentra negli obblighi correlati alla responsabilità del fallito; invero, la società dichiarata fallita conserva la propria soggettività giuridica e rimane titolare del proprio patrimonio, perdendone la facoltà di disposizione e subendo la caratteristica vicenda dello spossessamento; d’altra parte, il fallimento non acquista la titolarità dei beni, ma ne è solo amministratore con facoltà di disposizione; questa facoltà si fonda non sulla titolarità dei relativi diritti ma, a guisa di legittimazione straordinaria, sul munus publicum rivestito dagli organi della procedura (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 03 ottobre 2017 n. 644; Consiglio di Stato, sez. V, 30 giugno 2014 n. 3274; 16 giugno 2009, n. 3885; 12 giugno 2009, n. 3765).

Nei confronti del fallimento non è pertanto ravvisabile un fenomeno di successione, il quale solo potrebbe far scattare il meccanismo estensivo, previsto dall’art. 194, comma 4, d.lg. n. 152 del 2006, della legittimazione passiva rispetto agli obblighi di ripristino che l’articolo stesso pone in prima battuta a carico del responsabile e del proprietario versante in dolo o colpa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 30 giugno 2014 n. 3274; 16 giugno 2009, n. 3885; 12 giugno 2009, n. 3765; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 3 marzo 2017, n.520; T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, sez. I, 20 marzo 2017, n. 93).

5.2.1. Detto orientamento ha trovato applicazione anche nella materia dell’inquinamento derivato dalla presenza di rifiuti di amianto, atteso che, in caso contrario, si avrebbe una legittimazione passiva della curatela oltre i limiti che contraddistinguono l’assolvimento del munus pubblico che la connota, individuato nella gestione dei beni del fallito sotto la vigilanza e direzione degli organi fallimentari, in primis del giudice delegato, ma solo ai fini della liquidazione del patrimonio secondo le regole stabilite dalla legge fallimentare volte alla soddisfazione paritetica dei creditori, e per il resto negherebbe l’effettiva applicazione del principio di derivazione comunitaria del "chi inquina paga", in quanto prescinderebbe dall’individuazione dell’effettivo responsabile dell’inquinamento (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, sez. I, 20 marzo 2017, n. 93).

5.3. Conformemente a quanto ritenuto da recente giurisprudenza (T.A.R. Trento, n. 56/2018; n. 309/2017), infine, non è sostenibile che il curatore fallimentare sia “detentore dei rifiuti” come definito dalla normativa europea e che, quindi, in quanto tale ben potrebbe essere destinatario di ordinanze ripristinatorie ai sensi dell’art. 192, comma 3, del decreto legislativo n. 152/2006.

Va, infatti, ritenuto che: «il curatore – pur avendo “l’amministrazione del patrimonio fallimentare” (cfr. l’art. 31, comma 1, della legge fallimentare) – non può tuttavia essere considerato un “detentore di rifiuti” ai sensi dall’art. 3, paragrafo 1, n. 6), della direttiva 2008/98/CE e dalla relativa norma nazionale di recepimento, costituita dall’art. 183, comma 1, lett. h), del decreto legislativo n. 152/2006. Difatti alla luce della sentenza della Corte di Giustizia U.E. n. 534 del 4 marzo 2015, il principio “chi inquina paga”, desumibile dall’art. 191, paragrafo 2, del TFUE, comporta una preclusione alla normativa interna di imporre ai singoli costi per lo smaltimento dei rifiuti che non si fondino su di un ragionevole legame con la produzione dei rifiuti medesimi (così Consiglio di Stato, Sez. V, 7 giugno 2017, n. 2724). Inoltre, ai fini dell’applicazione della normativa europea e della normativa nazionale di recepimento, la produzione di rifiuti è innegabilmente connessa all’esercizio di un’attività imprenditoriale, attività che – salva l’ipotesi dell’esercizio provvisorio ai sensi dell’art. 104 del R.D. n. 267/1942 (in cui il curatore esercita attività di impresa) – non viene proseguita dal curatore, che ha il limitato compito di liquidare i beni del fallito per soddisfare i creditori ammessi al passivo (compito al quale è strettamente connessa “l’amministrazione del patrimonio fallimentare”). Significativa al riguardo è la posizione assunta della giurisprudenza civile (Tribunale di Milano, Sezione fallimentare, 8 giugno 2017) secondo la quale deve escludersi che i rifiuti prodotti dall’imprenditore fallito costituiscano beni da acquisire alla procedura fallimentare per cui, a fronte dell’abbandono degli stessi, nessun ordine di ripristino può essere imposto alla curatela fallimentare. In tal senso è orientata anche la giurisprudenza penale in materia fallimentare (Cass. pen., Sez. III, 16 giugno 2016, n. 40318), secondo la quale il curatore del fallimento – non essendo né rappresentante, né successore del fallito, ma terzo subentrante nell’amministrazione del suo patrimonio per l’esercizio di poteri conferitigli dalla legge, né essendo destinatario di specifici obblighi di sorveglianza – non può essere chiamato a rispondere di comportamenti del responsabile dell’inquinamento. Deve allora conclusivamente ritenersi che la curatela fallimentare non può essere destinataria, a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla tutela dell’ambiente, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita, non subentrando tale curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tal via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (così T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 3 marzo 2017, n. 520)» (T.A.R. Trento, nn. 56/2018 e 309/2017).

5.4. Conclusivamente, per le ragioni esposte, il ricorso va accolto in quanto fondato, con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata.

6. Le spese seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna il Comune di Modica al pagamento delle spese di lite, in favore di parte ricorrente, che liquida in complessivi € 1.500,00 oltre accessori, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:

Pancrazio Maria Savasta, Presidente
Maria Stella Boscarino, Consigliere
Giuseppina Alessandra Sidoti, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Giuseppina Alessandra Sidoti
        
IL PRESIDENTE
Pancrazio Maria Savasta
        
        
IL SEGRETARIO

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