* BOSCHI E MACCHIA MEDITERRANEA – Regione Siciliana – L.r. n. 16/1996 – Terreni artificialmente rimboschiti – Deroga al divieto di edificazione di cui all’art. 10, cc. 1, 2 e 3 – Limitati indici di densità territoriale.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Sicilia
Città: Palermo
Data di pubblicazione: 24 Gennaio 2013
Numero: 180
Data di udienza: 11 Gennaio 2013
Presidente: Giamportone
Estensore: Cavallo
Premassima
* BOSCHI E MACCHIA MEDITERRANEA – Regione Siciliana – L.r. n. 16/1996 – Terreni artificialmente rimboschiti – Deroga al divieto di edificazione di cui all’art. 10, cc. 1, 2 e 3 – Limitati indici di densità territoriale.
Massima
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 2^ – 24 gennaio 2013, n. 180
BOSCHI E MACCHIA MEDITERRANEA – Regione Siciliana – L.r. n. 16/1996 – Terreni artificialmente rimboschiti – Deroga al divieto di edificazione di cui all’art. 10, cc. 1, 2 e 3 – Limitati indici di densità territoriale.
L’art. 10 della l.r. n. 16/96 (“Attività edilizia”), all’art. 1 stabilisce che “sono vietate nuove costruzioni all’interno dei boschi e delle fasce forestali ed entro una zona di rispetto di 50 metri dal limite esterno dei medesimi.” Tale fascia, per i boschi di superficie superiore ai 10 ettari (quale quello in questione) è elevata a 200 metri (comma 2). Fermo restando che questa è la regola, il comma 9 stabilisce che “ in deroga al divieto di cui al commi 1, 2 e 3, nei terreni artificialmente rimboschiti e nelle relative zone di rispetto, resta salva la facoltà di edificare nei limiti previsti dalla normativa vigente per una densità territoriale massima di 0,03 mc/mq. Il calcolo delle volumetrie da realizzare viene computato e realizzato separatamente per le attività edilizie, rispettivamente all’interno del bosco e nelle relative fasce di rispetto”. Pertanto, da questo si deduce che se un terreno boschivo è artificialmente rimboschito, sono ammessi limitati spazi per l’edificazione.
Pres. Giamportone, Est. Cavallo – L.G. (avv.ti Pellegrino e Puccio) c. Comune di Monreale (avv. Terranova)
Allegato
Titolo Completo
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 2^ - 24 gennaio 2013, n. 180SENTENZA
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 2^ – 24 gennaio 2013, n. 180
N. 00180/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02487/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2487 del 2011, proposto da Lea Giangrande in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima impresa agricola, rappresentata e difesa dagli avv. Tiziana Pellegrino e Enzo Puccio, con domicilio eletto presso il loro studio in Palermo, via Nunzio Morello N.40,
contro
Comune di Monreale in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Terranova, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via P.Pe Belmonte n.90,
per l’annullamento, previa sospensione
-del provvedimento prot. n. 25630 del 27.10.2011 con il quale il Comune di Monreale ha espresso parere contrario al progetto presentato dalla ricorrente il 17.5.2010 avente ad oggetto lavori di ristrutturazione di alcuni fabbricati siti nel Fondo Gullo, ubicato in Monreale, c.da Scarda Rubinotto;
– dell’art. 21 delle N.T.A. del PRG adottato con deliberazione del c.c. n. 189/77 e n. 149/78, nella parte in cui non ammette alcuna edificabilità nelle fasce di rispetto del bosco.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Monreale in persona del Sindaco pro tempore;
vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione, 22 dicembre 2011, n. 1009, e l’ordinanza cautelare del C.G.A. n. 136 del 24 febbraio 2012;
viste le memorie difensive (per la ricorrente: depositate il 17 dicembre 2011 e 20 dicembre 2012; per il Comune, depositata il 7 dicembre 2012);
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2013 il Referendario dott.ssa Maria Barbara Cavallo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. In data 17 maggio 2010 la signora Giangrande presentava al Comune di Monreale istanza di concessione edilizia per la ristrutturazione, demolizione e ricostruzione di alcuni fabbricati siti in c.da Scarda Rubinotto, fondo “ Gullo”, tutti, tranne un paio, costruiti anteriormente al 1967.
Una parte del terreno ove insistono i manufatti oggetto di intervento, ricade in zona di rispetto del Bosco denominato “Casaboli”, che la ricorrente afferma, documentandolo, essere terreni “ artificialmente rimboschiti”, quindi, a differenza dei boschi naturali ab origine, suscettibili di edificazione con un indice di densità territoriale massima di 0,03 mc/mq.
La ricorrente, pertanto, intendeva ampliarli nei limiti di legge, adibendoli a residenza turistica di tipo stagionale, come consentito dall’art. 23 della l.r. 71/78: tale ipotesi è infatti contemplata dalla l.r. 3/2006 (Disciplina dell’agriturismo in Sicilia).
Acquisiti i pareri favorevoli da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, tuttavia, perveniva il diniego del Comune di Monreale, in quanto l’intervento programmato sarebbe stato in contrasto con l’art. 21 delle N.T.A., che escludono l’edificabilità delle zone boschive.
1.1.Avverso il suddetto provvedimento, la signora Giangrande presentava un ricorso giurisdizionale per i seguenti motivi
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della l. 241/90; eccesso di potere: il provvedimento è stato adottato senza la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento del ricorso.
II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 9, della l.r. 16/96, dell’art. 15, comma 1, lett. e) della l.r. 76/78; inapplicabilità dell’art. 21 delle N.T.A.; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto; violazione dell’art. 3 della l. 241/90; difetto di motivazione per erroneità manifesta; violazione e falsa applicazione dell’art. 42 della Costituzione; violazione e falsa applicazione dell’art. 1, prot. addizionale n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Il vincolo di inedificabilità assoluta imposto dall’art. 21 delle N.T.A. al P.R.G. del Comune, sarebbe in contrasto con il comma 9 dell’art. 10 della l.r. 16/96 (successivo a dette N.T.A.) che consente una limitata edificazione sui suoli oggetto di rimboschimento artificiale, e sulle relative fasce di rispetto, quale quello in questione.
In questo modo, l’art. 15 della l.r. 78/76, che tale edificabilità escludeva e al quale sono ispirate le N.T.A., dovrebbe ritenersi implicitamente abrogato, così come le Norme in questione, che, a parere della ricorrente, contrastano anche con la Costituzione e l’art. 1 della CEDU.
III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 94 del d.lgs. 152/06; violazione dell’art. 3 della l. 241/90; difetto di motivazione per erroneità manifesta, illogicità, insufficienza; violazione e falsa applicazione dell’art. 42 della Costituzione; violazione e falsa applicazione dell’art. 1, prot. addizionale n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Secondo il Comune, il provvedimento impugnato sarebbe in contrasto con la delibera 15 del 2008, con la quale l’area in questione è stata sottoposta alla disciplina dell’art. 94 del d.lgs. 152/06, che, a parere della ricorrente, non vieta in assoluto l’edificabilità dei suoli considerati aree di salvaguardia di acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, consentendo l’esecuzione di opere, sia pure in modo limitato e sotto una stringente disciplina, nelle zone di rispetto (quale quella in cui ricade il fondo in questione).
IV) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.lgs. 267/2000; violazione e falsa applicazione dell’art. 40 della l.r. 27/86; difetto di istruttoria; eccesso di potere per sviamento della causa tipica; eccesso di potere per irragionevolezza della motivazione.
2. Il Comune di Monreale si costituiva, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, per impugnazione di atto endoprocedimentale.
Nel merito, contestava le prospettazioni avversarie, ribadendo la cogenza delle N.T.A. del P.R.G., che vietano l’edificazione in zone boschiva.
3. Con ordinanza del 22 dicembre 2011, n. 1009, questa Sezione respingeva l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, sulla base del “ regime vincolistico” dell’area.
3.1. Con successiva ordinanza n. 136 del 24 febbraio 2012, il C.G.A. accoglieva l’appello cautelare tenuto conto della l.r. 16/96.
4. In vista della pubblica udienza, le parti depositavano memorie ribadendo le rispettive posizioni.
Il Collegio, alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2013, tratteneva la causa in decisione.
5. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune di Monreale, in quanto la ricorrente avrebbe impugnato un atto endoprocedimentale, rappresentato dal parere del Gruppo di Lavoro che, nella seduta dell’11 ottobre 2011, ha espresso parere contrario alle opere di ristrutturazione dei fabbricati in questione.
L’eccezione è del tutto priva di pregio: la signora Giangrande ha correttamente impugnato il provvedimento di diniego dell’istanza di concessione, datato 27 ottobre 2011. Poco importa che tale provvedimento faccia riferimento alle risultanze di un parere (chiaramente endoprocedimentale) del Gruppo di lavoro, in quanto ai fini dell’impugnazione rileva la circostanza che il parere sia stato recepito in un atto evidentemente lesivo, in quanto negativo rispetto alla richiesta e conclusivo del procedimento avviato a istanza di parte.
2. Nel merito, il ricorso è fondato sotto molteplici profili.
In primo luogo, va accolto il primo motivo di ricorso, relativo alla mancata comunicazione dei motivi ostativi al rigetto dell’istanza, ai sensi dell’art. 10 bis della l. 241/90 (e relative norme regionali di recepimento).
Infatti, per giurisprudenza costante, cui il collegio aderisce, è illegittimo il provvedimento di diniego di assenso alle istanze in materia edilizia che non sia stato preceduto dall’invio della comunicazione di cui all’art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, così precludendo al soggetto interessato la piena partecipazione al procedimento e dunque la possibilità di un apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda (ex multis, T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 08 giugno 2011, n. 1447; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 8 marzo 2007, n. 370; T.A.R. Piemonte, sez. I, 25 ottobre 2006, n. 3829, T.A.R. Valle d’Aosta Aosta, 14 luglio 2010, n.4810; id., 10 ottobre 2007, n. 121; id., 12 luglio 2007, n. 106; TA.R. Puglia, Bari, sez. III, 9 giugno 2009, n. 1413;T.A.R. Lazio, sez. II, 15 aprile 2009 n. 3847).
Non è applicabile in questo caso l’art. 21 octies della l. 241/90, vista la natura del provvedimento richiesto, tipicamente discrezionale e comportante la valutazione di molteplici interessi pubblici coinvolti, primari e secondari, nonché privati.
2.1. Al di là del motivo di cui sopra, che per la sua natura attinente ad aspetti procedimentali non è assorbente, il collegio, mutando orientamento rispetto alla propria decisione assunta in sede cautelare e aderendo ai rilievi del C.G.A., che accogliendo l’appello cautelare ha ritenuto di dover considerare l’art. 10, comma 9 della l.r. 16/96, accoglie il secondo motivo del ricorso, interamente basato sulla qualificazione dell’area oggetto degli interventi de quo.
Infatti, per quanto l’art. 21 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Monreale (debitamente impugnato), neghi la possibilità di costruzione nei boschi e nelle relative fasce di rispetto, deve considerarsi la normativa sopravvenuta, rappresentata dalla l.r. 16/96.
L’art. 10 di tale legge (“Attività edilizia”), all’art. 1 stabilisce che “sono vietate nuove costruzioni all’interno dei boschi e delle fasce forestali ed entro una zona di rispetto di 50 metri dal limite esterno dei medesimi.”
Tale fascia, per i boschi di superficie superiore ai 10 ettari (quale quello in questione) è elevata a 200 metri (comma 2).
Fermo restando che questa è la regola, il comma 9 stabilisce che “ in deroga al divieto di cui al commi 1, 2 e 3, nei terreni artificialmente rimboschiti e nelle relative zone di rispetto, resta salva la facoltà di edificare nei limiti previsti dalla normativa vigente per una densità territoriale massima di 0,03 mc/mq. Il calcolo delle volumetrie da realizzare viene computato e realizzato separatamente per le attività edilizie, rispettivamente all’interno del bosco e nelle relative fasce di rispetto”.
Pertanto, da questo si deduce che se un terreno boschivo è artificialmente rimboschito, sono ammessi limitati spazi per l’edificazione.
La suddetta disposizione è immediatamente applicabile al caso di specie, in quanto i terreni “artificialmente rimboschiti” rientrano comunque nella categoria di “bosco”: pertanto, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa del Comune (pag. 7 della memoria del 7.12.2012), si tratta comunque di due categorie perfettamente omogenee e confrontabili, sicchè ben può il comma 9 costituire eccezione (“deroga”) al comma 1.
Valga, al proposito, l’esame dell’art. 4 della stessa legge (Definizione di bosco).
“Si definisce bosco a tutti gli effetti di legge una superficie di terreno di estensione non inferiore a 10.000 mq. in cui sono presenti piante forestali, arboree o arbustive, destinate a formazioni stabili, in qualsiasi stadio di sviluppo, che determinano una copertura del suolo non inferiore al 50 per cento.” (comma 1).
“Si considerano altresì boschi, sempreché di dimensioni non inferiori a quelle di cui al comma 1, le formazioni rupestri e ripariali, la macchia mediterranea, nonché i castagneti anche da frutto e le fasce forestali di larghezza media non inferiore a 25 metri.” (comma 2).
“I terreni su cui sorgono le formazioni di cui ai commi 1 e 2, temporaneamente privi della vegetazione arborea sia per cause naturali, compreso l’incendio, sia per intervento antropico, non perdono la qualificazione di bosco.” (comma 4).
“A tutti gli effetti di legge, non si considerano boschi i giardini pubblici ed i parchi urbani, i giardini ed i parchi privati, le colture specializzate a rapido accrescimento per la produzione del legno, anche se costituite da specie forestali nonché gli impianti destinati prevalentemente alla produzione del frutto.” (comma 5).
“Per quanto non diversamente disposto trova applicazione anche nella Regione siciliana la definizione di bosco di cui alla vigente normativa nazionale” (comma 5 bis).
Dall’esame della normativa in questione, può dedursi che la natura di “ bosco” è data dalla presenza, su un terreno, e in una certa percentuale, di piante forestali, arboree o arbustive, destinate a formazioni stabili, senza che la legge faccia riferimento alcuno alle modalità con le quali queste piante si sono insediate.
È infatti noto a tutti che l’opera dell’uomo può portare al rimboscamento di terreni che, per incendi o calamità naturali, abbiano subito la perdita della vegetazione.
In questo caso, piante di tipo forestale, vengono installate nei terreni, in luogo di quelle preesistenti: si parla di rimboschimento, espressione che, etimologicamente, significa “re- imboscare”, ossia rimettere un bosco dove prima c’era, e in seguito non c’è più stato.
Il legislatore regionale, come pure quello nazionale, non definisce da nessuna parte il concetto di “ terreno artificialmente rimboschito”, proprio in ragione del fatto che le modalità di nascita del bosco sono irrilevanti ai fini della sua tutela.
Se il legislatore avesse voluto, avrebbe espressamente qualificato tale tipologia di formazione vegetale, eventualmente precisando che ad essa non poteva essere attribuita la natura di “ bosco” (come ha fatto, d’altra parte, al comma 5, per “giardini pubblici e parchi urbani, giardini e parchi privati, colture specializzate a rapido accrescimento per la produzione del legno, anche se costituite da specie forestali nonché gli impianti destinati prevalentemente alla produzione del frutto”).
In sostanza, il bosco è tale quando ne ha le caratteristiche sopra indicate, a prescindere dalle modalità della sua origine.
Ne consegue che un terreno rimboscato (cioè, fatto ridiventare bosco) artificialmente, rientra nell’eccezione al divieto di edificabilità rispetto al bosco naturale, così come previsto dal comma 9 dell’art. 10.
Quale sia la ratio di tale eccezione è facilmente deducibile, considerando che la norma contempla la circostanza che su terreni del genere possa esserci stata, anche prima del rimboschimento, una pur minima antropizzazione legata al fatto che, per un certo periodo di tempo, la zona era chiaramente priva di specie arboree (altrimenti non sarebbe necessario il rimboschimento).
Pertanto, il fatto che il bosco in questione non sia “ naturale”, legittima la sia pur minima facoltà di costruzione.
In conclusione, poiché la ricorrente ha provato che i manufatti in questione ricadono nella fascia di rispetto del bosco di Casaboli, e che detto bosco è costituito da “ boschi artificialmente rimboschiti” (cfr. nota 6 marzo 2010 a firma del Dirigente del Dipartimento regionale delle Foreste demaniali, doc. 6 prod. Giangrande), in detta zona era ammessa l’edificabilità secondo gli indici di cui al comma 9 dell’art. 10 della l.r. 16/96.
2.1.1. Ciò detto, cade la principale contestazione del Comune rispetto al ricorso proposto dalla ricorrente. Non vi è dubbio, infatti, che la legge regionale del 1996 prevalga sulle norme di Piano precedenti e con essa non compatibili.
L’art. 21 delle N.T.A., inoltre, risulta modellato sulla falsariga dell’art. 15, lett. e) della l.r. 12 giugno 1976, n. 78, in forza del quale “le costruzioni debbono arretrarsi di metri 200 dal limite dei boschi, delle fasce forestali e dai confini dei parchi archeologici”, disposizione rispetto alla quale il divieto di edificazione previsto dall’art. 10, comma 1, l. reg. Sicilia 6 aprile 1996, n. 16 si pone in termine autonomi rispetto al vincolo di inedificabilità in considerazione del fatto che le norme suddette hanno un ambito di operatività parzialmente coincidente e che la disciplina contenuta nella l. reg. Sicilia 6 aprile 1996, n. 16, ha carattere di norma speciale (T.A.R. Catania Sicilia sez. I, 14 gennaio 1999, n. 62).
Pertanto, se è speciale la disciplina sul divieto di edificazione e sul calcolo delle fasce di rispetto nelle zone boschive rispetto a quanto stabilito in origine dalla l.r. 78/76 (che era una normativa non specificamente riguardante i boschi), a maggior ragione lo sarà l’eccezione alla regola, in ordine alla deroga della edificabilità.
3. La predetta prospettazione è assorbente rispetto agli altri profili sollevati dalla difesa della ricorrente.
Il ricorso deve, quindi, essere accolto, con annullamento dell’impugnata deliberazione e dell’art. 21 delle N.T.A., nella parte in cui impone un vincolo di inedificabilità assoluta nelle zone boschive senza contemplare la deroga per le aree oggetto di rimboschimento artificiale ai sensi del comma 9 dell’art. 10 della l.r. 16/96.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati, ai sensi della motivazione.
Condanna il Comune di Monreale al pagamento, in favore di Lea Giangrande, delle spese processuali, che liquida in euro 1500,00 (millecinquecento/00) oltre IVA e CAP.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Giamportone, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Maria Barbara Cavallo, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)