DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Area sottoposta a tutela paesaggistica – Art. 146 d.lgs. n. 42/2004 – Abuso edilizio – Nuovi volumi interrati – Sanatoria – Art. 167, c.4, d.lgs. n. 42/2004 – Esclusione – Diniego – Assenza di pregiudizio estetico – Irrilevanza (Massime a cura di Antonio Persico)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Sicilia
Città: Palermo
Data di pubblicazione: 2 Maggio 2022
Numero: 1471
Data di udienza: 21 Aprile 2022
Presidente: Cappellano
Estensore: Girardi
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Area sottoposta a tutela paesaggistica – Art. 146 d.lgs. n. 42/2004 – Abuso edilizio – Nuovi volumi interrati – Sanatoria – Art. 167, c.4, d.lgs. n. 42/2004 – Esclusione – Diniego – Assenza di pregiudizio estetico – Irrilevanza (Massime a cura di Antonio Persico)
Massima
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 1^ – 2 maggio 2022, n. 1471
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Area sottoposta a tutela paesaggistica – Art. 146 d.lgs. n. 42/2004 – Abuso edilizio – Nuovi volumi interrati – Sanatoria – Art. 167, comma 4, d.lgs. n. 42/2004 – Esclusione.
Il divieto d’incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio dall’art. 146 d.lgs. n. 42/2004, si riferisce ad ogni nuova edificazione che comporti la creazione di volume, senza distinguere tra volume tecnico o un altro tipo di volume, sia esso interrato o meno. Pertanto, la realizzazione di una piscina interrata e di locali annessi in zona vincolata, integrando intervento di nuova costruzione, necessita sia del previo rilascio del permesso di costruire sia dell’autorizzazione paesaggistica, e non è suscettibile di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 d.lgs. n. 42/2004, in quanto determina la creazione di nuova volumetria, non rientrando detto intervento tra quelli per i quali vige l’eccezione al divieto di autorizzazione postuma di cui all’ art. 167, d.lgs. n. 42/2004.
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Area sottoposta a tutela paesaggistica – Art. 146 d.lgs. n. 42/2004 – Abuso edilizio – Nuovi volumi interrati – Sanatoria – Art. 167, comma 4, d.lgs. n. 42/2004 – Diniego – Assenza di pregiudizio estetico – Irrilevanza.
Ai fini della sanatoria ai sensi dell’art. 167, co. 4, lett. a), d.lgs. n. 42/2004, non rileva la circostanza che la piscina oggetto della domanda di compatibilità non arrecherebbe alcun pregiudizio estetico per le dimensioni dell’opera, circostanza che non può rilevare ai fini del giudizio di compatibilità con i valori paesaggistici tutelati, in quanto la compatibilità delle opere con le esigenze di tutela ambientale non è un giudizio legato alla maggiore o minore visibilità delle stesse, ma al rispetto di determinati criteri e modalità di costruzione, che costituiscono i presupposti per il corretto adeguamento del vincolo paesaggistico.
Pres. Cappellano Est. Girardi- OMISSIS- (avv. Lo Bue) c. Assessorato Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 1^ – 2 maggio 2022, n. 1471SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1661 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Carmela Lo Bue, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Assessorato Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;
per l’annullamento
– del diniego di “compatibilità paesaggistica” e dell’ordinanza di messa in pristino dei luoghi prot. n. 7784 del 24 giugno 2020 (PP.UU.V. 5882), notificata il 17 agosto 2020;
– di qualsiasi altro atto presupposto o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 aprile 2022 il dott. Luca Girardi e udito il difensore di parte ricorrente come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente proposto, il Sig.-OMISSIS- ha impugnato il diniego di compatibilità paesaggistica n. 7784 del 24/6/2020 e la seguente ordinanza di messa in pristino dei luoghi, notificata in data 17 agosto 2020, atti emessi dalla Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Trapani.
In fatto il ricorrente deduce di essere proprietario di un immobile ubicato in Castellammare del Golfo, Contrada -OMISSIS-, identificato al N.C.E.U. al Foglio 6 p.lla -OMISSIS-.
In data 07.08.2013, a seguito di ispezione da parte del Comando di Polizia Municipale e di personale dell’Ufficio Urbanistica 2° Servizio Controllo del territorio, prevenzione e repressione abusivismo edilizio del Comune di Castellammare, si accertava l’esecuzione di lavori edili realizzati senza le prescritte autorizzazioni consistenti in “un terrapieno con massi ciclopici in fase di ultimazione il piano, (terrazzamento) ove è collocata una piscina pertinenziale […] l’esecuzione di interventi di sistemazione dell’area esterna di pertinenza tramite la costruzione di muretti in pietra, pavimentazione in pietra, formazione di gradini”.
Tali lavori, difformi al nulla osta della Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani Prot. n. 12335/02, hanno interessato in parte il corpo di fabbrica interno a due livelli di cui uno seminterrato ed in parte l’area pertinenziale esterna.
In data 06.03.2018 veniva inoltrata al Comune di Castellammare la pratica di accertamento di compatibilità ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/01 e la relativa richiesta di archiviazione delle pratiche precedentemente presentate.
Seguivano i pareri favorevoli del Comune di Castellamare del Golfo, della Regione Siciliana – Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale della Pesca Mediterranea e del Comando del Corpo Forestale, Servizio 16 Ispettorato Ripartimentale delle Foreste.
In data 16.04.2018 veniva presentata la richiesta di compatibilità paesaggistica alla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani ai sensi dell’art. 167, comma 4, d.lgs. 42/04 che, previa comunicazione di avvio del procedimento di rigetto dell’istanza, in data 24 giugno 2020 emetteva parere di diniego di compatibilità paesaggistica e ordinanza di messa in pristino dei luoghi in questa sede gravati.
Il ricorso è assistito da due censure così rubricate:
I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 146, comma 4. d.lgs del 22/1/2004 n.42 e successive modificazioni ed integrazioni, e dell’articolo 14 lett. b) e 54 del D.A. n. 2286 del 20/10/2010, eccesso di potere per erroneità dei presupposti, difetto di motivazione e di istruttoria, contraddittorietà;
II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/90 e ss.mm.ii., dell’art. 3 l.r. n. 10/91 e ss.mm.ii. d dell’art.97 Cost. Eccesso di difetto di motivazione.
Con ordinanza n 1112/20 questa Sezione accoglieva in sede cautelare l’istanza di sospensione degli atti gravati disponendo, altresì, incombenti istruttori che venivano reiterati con la successiva ordinanza n. 3208/21.
Costituitasi in giudizio la Soprintendenza ai BB.CC. e AA. di Trapani, con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, veniva deposita la richiesta relazione sui fatti di causa nella quale l’amministrazione chiedeva il rigetto del ricorso nel merito, vinte le spese.
All’udienza pubblica del 21 aprile 2022 la causa è stata tratta in decisione
DIRITTO
1. Ritiene il Collegio, re melius perpensa rispetto a quanto delibato in sede cautelare e alla luce delle condivisibili argomentazioni dell’amministrazione resistente, che il ricorso è infondato e deve essere respinto, per le ragioni che seguono.
2. Deve premettersi che l’area interessata dall’intervento è sottoposta a tutela paesaggistica in virtù del D.A. del 21 marzo 1979 n. 729 e del D.A. 2286 del 20 ottobre 2010 con il quale è stato approvato il piano territoriale paesaggistico – ambito 1 – area dei rilievi del trapanese.
3. Sicuramente non accoglibili sono le censure più squisitamente procedimentali con le quali, in particolare, il ricorrente lamenta il mancato richiamo nella comunicazione di avvio del procedimento alla violazione dell’art. 23 del vigente piano paesaggistico per l’area del trapanese. Basti qui fare riferimento al costante indirizzo pretorio secondo il quale i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi, tra i quali rientra l’ordine di ripristino, costituiscono atti dovuti, in dipendenza dell’accertamento dell’illecito compiuto e della sua riconducibilità ad una delle fattispecie previste dalla legge. Ciò significa che l’ordine di demolizione non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento, tanto più che, in relazione ad una simile tipologia di provvedimento, può trovare applicazione l’art. 21-octies, l. n. 241/1990, secondo cui non è annullabile l’atto dovuto in violazione delle norme sul procedimento, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente assunto. Non richiede, altresì, una particolare motivazione, essendo sufficiente il semplice riferimento al fatto storico dell’esistenza della costruzione e al dato giuridico del suo carattere abusivo, con l’esatta indicazione delle norme violate.
Ciò conduce ad escludere la necessità di motivare circa la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale al ripristino della legalità violata, posto che siffatto interesse trova la sua matrice nelle indeclinabili esigenze di una corretta gestione del territorio, valore leso dalla sua trasformazione per mezzo di opere abusivamente realizzate.
In questo caso è, quindi, del tutto congruo che l’ordine di ripristino sia motivato semplicemente con riferimento al comprovato carattere abusivo dell’intervento, senza che si impongano ulteriori giustificazioni, necessarie al contrario nel diverso ambito dell’autotutela decisoria (di recente, T.A.R. Napoli, sez. VIII, 03/12/2021, n. 7779).
4. Va anche disattesa la censura principale con la quale l’istante sostiene che le opere realizzate non avrebbero comportato aumento di superficie utile e volume, con la conseguente applicabilità alla fattispecie dell’art. 167, comma 4, lettera a) del D.lgs. n. 42/2004.
In proposito si rammenta che la norma richiamata prescrive che: “L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”. Inoltre, il precedente articolo 146, al comma 4, prescrive che: “L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi di cui all’ articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi”.
Ciò posto, come evidenziato dall’amministrazione resistente, la giurisprudenza prevalente è ormai pacifica nel ritenere che la posa in opera di una piscina non rientra tra gli interventi per i quali vige l’eccezione al divieto di autorizzazione postuma di cui all’ art. 167, d.lgs. n. 42/2004, in quanto comportante la realizzazione di volumi interrati o seminterrati rientranti, soggetti al regime dell’insanabilità dettato dall’art. 146. Né rileva la circostanza che la piscina oggetto della domanda di compatibilità non arrecherebbe alcun pregiudizio estetico per le dimensioni dell’opera, tenuto conto di quanto già statuito con riguardo alla maggiore o minore visibilità dell’opera abusiva; circostanza che non può rilevare ai fini del giudizio di compatibilità con i valori paesaggistici tutelati, in quanto la compatibilità delle opere con le esigenze di tutela ambientale non è un giudizio legato alla maggiore o minore visibilità delle stesse, ma al rispetto di determinati criteri e modalità di costruzione, che costituiscono i presupposti per il corretto adeguamento del vincolo paesaggistico (cfr. T.A.R., Napoli, sez. VI, 05/08/2019, n. 4286).
Nel caso di specie, l’autorizzazione n.12335/02 del 16 aprile 2003 consentiva la sola “realizzazione di piscina a laghetto, con profondità massima inferiore a ml.2,00, e relativa area bordo piscina, pavimentata in parte con doghe di legno ed in parte con graniglia effetto sabbia e ciottolato di fiume legato da resine poliuretaniche che conferiscono un aspetto naturale. Il piano che ospita la piscina è delimitato nella parte nord ed est da un sistema di blocchi di sostegno in pietra (blocchi ciclopici), avente un’altezza non superiore ai 2,50 mt.”. Mentre, è stata realizzata una vera e propria piscina di metri 12,00 x 7,00 con conseguente modifica permanente dell’orografia del territorio.
Tutto ciò posto, deve essere ribadito che la realizzazione di una piscina interrata e di locali annessi in zona vincolata, integrando interventi di nuova costruzione, necessitano del previo rilascio del permesso di costruire nonché dell’autorizzazione paesaggistica e non sono suscettibili di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 d.lgs. n. 42/2004, in quanto determinano la creazione di nuova volumetria.
Ancora di recente, il Consiglio di Stato ha precisato (cfr. Cons. St., VI, 4 gennaio 2021 n. 40) che il divieto d’incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce ad ogni nuova edificazione che comporti la creazione di volume, senza distinguere tra volume tecnico o un altro tipo di volume, sia esso interrato o meno.
Il Giudice di appello ha avuto modo di ribadire pure, per descrivere l’impatto d’una nuova superficie o d’un nuovo volume (cfr. Cons. St., VI, 3 giugno 2019 n. 3732; id., 15 giugno 2020 n. 3805; id., 19 ottobre 2020 n. 6300), il fermo avviso per cui l’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 167, co. 4, lett. a), del D.Lgs. n. 42 del 2004, sia consentito sì, ma solo in relazione a quei lavori che non abbiano determinato “creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”. In presenza di incrementi di superficie o cubatura, pur di modesta entità, la norma impedisce tassativamente il rilascio della sanatoria paesaggistica, per cui la reiezione della relativa istanza assume carattere vincolato (cfr. Cons. Stato Sez. VI, Sent., 11-06-2021, n. 4539).
Di recente, peraltro, anche la giurisprudenza di merito ha rimarcato che “le piscine non sono pertinenze in senso urbanistico in quanto comportanti trasformazione durevole del territorio. L’aspetto funzionale relativo all’uso del manufatto è altresì condiviso da altra recente giurisprudenza, secondo cui tutti gli elementi strutturali concorrono al computo di volumetria dei manufatti, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio cui accede. La piscina, infatti, a differenza di altri manufatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all’uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione e postula, pertanto, il previo rilascio dell’idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire” (ex multis, T.A.R. Lecce, Sez. I, sentenza del 18 gennaio 2022, n. 76). Pertanto, la prevalente e più recente giurisprudenza amministrativa, con riguardo alla nozione di “creazione di superfici utili o volumi”, ha definitivamente chiarito che: “Nell’art. 167, comma 5, d. lgs. n. 42 del 2004 il legislatore ha utilizzato la congiunzione disgiuntiva “o”, con la conseguenza che l’espressione “superfici utili o volumi” non rappresenta una endiadi e include invece quegli interventi che, pur senza creare un aumento di cubatura, con la realizzazione di nuove superfici utili, determinano comunque un impatto significativo sull’assetto del territorio, modificandone in maniera stabile e duratura la conformazione; questa lettura trova giustificazione, oltre che dal punto di vista letterale, anche per la ratio della disposizione, volta a stabilire una soglia elevata di tutela del paesaggio che comporta la possibilità di rilascio ex post dell’autorizzazione paesaggistica al fine di sanare interventi già realizzati soltanto per gli abusi di minima entità, tali da determinare già in astratto, per le loro stesse caratteristiche tipologiche, un rischio estremamente contenuto di causare un effettivo pregiudizio al bene tutelato” (T.A.R. Salerno, sez. prima, sentenza del 27 gennaio 2022, n. 216).
Tenuto conto di tali recentissimi precedenti, ritiene il Collegio che non giovi al ricorrente il richiamo al precedente di questa Sezione – menzionato in fase cautelare – anche tenendo conto della circostanza, dirimente, per cui in quel caso il ricorrente aveva chiesto l’autorizzazione, contestando poi la prescrizione imposta dall’organo di tutela con il rilascio del nulla osta (v. sentenza della Sezione n. 433/2019).
Il Collegio, inoltre, non può non prendere atto del fatto che il provvedimento gravato ha adeguatamente evidenziato come sia il complesso delle opere abusive ivi descritte ad aver “arrecato nocumento allo stato dei luoghi di eccezionale rilievo paesaggistico ed ambientale, modificandone in via permanente i caratteri naturalistici e tradizionali del sito (area ZPS – ITA 010017), la cui orografia, allo stato originario, si presentava particolarmente scoscesa”.
Da questo punto di vista, la doverosa valutazione unitaria delle plurime realizzazione abusive e la loro complessiva incidenza, da un punto di vista volumetrico e dell’impatto sul territorio, esclude che possa applicarsi ai casi in esame la disciplina derogatoria richiamata dal ricorrente riferibile soltanto alle cosiddette opere minori (in senso analogo si veda C.G.A. sentenza del 3 maggio 2021, n. 393).
5. In relazione poi alla censura con cui il ricorrente lamenta come il diniego della Soprintendenza sia basato anche sul contrasto della realizzazione delle opere abusive con l’articolo 23 del vigente piano paesaggistico ambito 1 – area dei rilievi del trapanese, si deve dare atto di come questa sia stata espressamente superata dall’ammissione dell’amministrazione di erroneità del presupposto indicato nel provvedimento impugnato (si rinvia alla memoria difensiva depositata il 15 dicembre 2021 dall’amministrazione nella quale si legge “la scrivente prende atto dei rilievi effettuati con perizia giurata di parte, dalla quale si evince che “tale pendenza del 21,35 rilevata sul versante posto a nord ovest risulta inferiore al 30 % previsti dalle norme di attuazione”). Trattandosi comunque di censura che non può superare le altre criticità evidenziate nel provvedimento impugnato, e di cui si è detto nei precedenti punti, l’accoglimento della stessa non inficia la validità dell’atto gravato, data la sua natura di atto plurimotivato.
6. Non accoglibile è poi anche l’ultima censura con la quale il ricorrente ritiene che i lavori in oggetto non abbiano modificato in modo permanente i caratteri naturalistici e tradizionali del sito in area ZPS – ITA 010017, in quanto l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale della Pesca Mediterranea – Servizio 2° Riserve Naturali, Aree Protette e Turismo, in data 21.09.2018 Prot. n. 20964 ha comunque lasciato parere favorevole. In realtà, le due autorità tutelano beni ed interessi diversi, e l’art. 167 d.lgs. 42/04 pone in capo “all’autorità amministrativa competente” il potere di accertare la compatibilità paesaggistica che, per la Regione Sicilia, spetta all’Assessorato Beni culturali e dell’identità siciliana attraverso le sue articolazioni territoriali, nel caso di specie, la Soprintendenza BB.CC. AA. di Trapani.
7. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite possono essere compensate alla luce dell’altalenante andamento processuale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità del ricorrente.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2022 con l’intervento dei magistrati:
Maria Cappellano, Presidente FF
Anna Pignataro, Consigliere
Luca Girardi, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Luca Girardi
IL PRESIDENTE
Maria Cappellano
IL SEGRETARIO