* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Interventi di bonifica e ripristino – Responsabile della contaminazione – Principio “chi inquina paga” – Istruttoria – Contaminazione storica – Articolo 242, c. 11, d.lgs. n. 152/2006 – Riferimento al “soggetto interessato” – Coordinamento con il principio “chi inquina paga – Eventi di inquinamento verificatisi anteriormente all’entrata in vigore della parte IV del d.lgs. n. 152/2006 – Carattere permanente dell’inquinamento – Mancata rimozione degli effetti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 1 Febbraio 2016
Numero: 164
Data di udienza: 8 Gennaio 2016
Presidente: Romano
Estensore: Testori
Premassima
* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Interventi di bonifica e ripristino – Responsabile della contaminazione – Principio “chi inquina paga” – Istruttoria – Contaminazione storica – Articolo 242, c. 11, d.lgs. n. 152/2006 – Riferimento al “soggetto interessato” – Coordinamento con il principio “chi inquina paga – Eventi di inquinamento verificatisi anteriormente all’entrata in vigore della parte IV del d.lgs. n. 152/2006 – Carattere permanente dell’inquinamento – Mancata rimozione degli effetti.
Massima
TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 1 febbraio 2016, n. 164
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Interventi di bonifica e ripristino – Responsabile della contaminazione – Principio “chi inquina paga” – Istruttoria.
Tanto la disciplina di cui al d.lgs. n. 22/1997 (in particolare, l’art. 17, comma 2), quanto quella introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 (ed in particolare, gli artt. 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui l’obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa”. Si tratta, in sostanza, dell’applicazione del principio comunitario “chi inquina paga”, espressamente richiamato dall’art. 239 del Codice dell’ambiente; nessun obbligo di bonifica può di conseguenza essere legittimamente imposto in mancanza dell’adeguata dimostrazione della responsabilità, occorrendo invece un’istruttoria completa ed un’esauriente motivazione, anche se fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d’esperienza, dell’imputabilità soggettiva della condotta (Cons. St., sez. V, 26 gennaio 2012, n. 333). Dunque, la corretta individuazione del soggetto tenuto ad effettuare, in caso di inquinamento, i necessari interventi di bonifica e di ripristino passa attraverso una seria e approfondita istruttoria, finalizzata a identificare, quantomeno sulla base di attendibili presunzioni, il responsabile dell’evento, cioè colui la cui condotta dolosa o colposa è all’origine della potenziale contaminazione (art. 244 comma 2 D.Lgs. n. 152/2006).
Pres. Romano, Est. Testori – Comune di Lucca (avv. Carrozza) c. Provincia di Lucca (avv. Corsi)
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Contaminazione storica – Articolo 242, c. 11, d.lgs. n. 152/2006 – Riferimento al “soggetto interessato” – Coordinamento con il principio “chi inquina paga – Responsabile dell’inquinamento.
L’art. 242, c. 11 del d.lgs. n. 152/2006, nella parte in cui impone obblighi a carico del “soggetto interessato” in caso di contaminazione storica, deve essere coordinato con il principio generale “chi inquina paga”, che è ormai confluito in una specifica disposizione (articolo 191) del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, nel quale rientra come uno degli obiettivi principali sui quali si basa l’azione Europea in materia ambientale (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 settembre 2015 n.). La portata e il rilievo del principio in questione non consentono di ipotizzarne una sua elusione nel caso di contaminazione storica, per cui, ove sia possibile individuare il responsabile dell’inquinamento, è a questi che devono essere imputati gli obblighi conseguenti.
Pres. Romano, Est. Testori – Comune di Lucca (avv. Carrozza) c. Provincia di Lucca (avv. Corsi)
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Contaminazione storica – Eventi di inquinamento verificatisi anteriormente all’entrata in vigore della parte IV del d.lgs. n. 152/2006 – Carattere permanente dell’inquinamento – Mancata rimozione degli effetti.
L’ordito normativo di cui alla Parte IV – Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006 comporta che le misure di prevenzione e di riparazione ivi disciplinate trovino applicazione anche nei confronti dei responsabili di eventi di inquinamento verificatisi anteriormente all’entrata in vigore della medesima Parte IV (secondo un criterio di individuazione e una scelta di politica legislativa che non presentano profili di incongruità o irragionevolezza, anche alla luce del preminente valore costituzionale dei beni oggetto di tutela). Depone univocamente in tal senso la disciplina in tema di contaminazioni cc.dd. ‘storiche’ di cui ai commi 1 e 11 dell’articolo 242 del Codice. D’altra parte, l’inquinamento dà luogo a una situazione di carattere permanente che perdura fino a che non ne vengano rimosse le cause; la disciplina introdotta in materia dal 1997 in poi trova dunque applicazione per qualunque sito che risulti in atto inquinato, indipendentemente dal momento in cui possa essersi verificato l’evento all’origine dell’attuale situazione patologica. Non si tratta quindi di portata retroattiva della disposizione precettiva, ma dell’applicazione ratione temporis della legge onde fare cessare gli effetti di una condotta omissiva a carattere permanente, che possono essere elisi solo con la bonifica. Detto altrimenti, viene sanzionato non il comportamento inquinante in sè, ma la mancata rimozione dei suoi effetti, i quali permangono nonostante il fluire del tempo.
Pres. Romano, Est. Testori – Comune di Lucca (avv. Carrozza) c. Provincia di Lucca (avv. Corsi)
Allegato
Titolo Completo
TAR TOSCANA, Sez. 2^ - 1 febbraio 2016, n. 164SENTENZA
TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 1 febbraio 2016, n. 164
N. 00164/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00181/2015 REG.RIC.
N. 00214/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
A) sul ricorso numero di registro generale 181 del 2015, proposto dal Comune di Lucca in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Carrozza, con domicilio eletto presso l’avv. Claudio Bargellini in Firenze, Piazza dell’Indipendenza 10;
contro
Provincia di Lucca in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Lorenzo Corsi, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, Via Senese 12;
nei confronti di
– Italgas S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Nicola Bassi, con domicilio eletto presso l’avv. Monica Passalacqua in Firenze, Via XX Settembre 60;
– Regione Toscana, non costituita in giudizio;
B) sul ricorso numero di registro generale 214 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Società Italiana per il Gas S.p.A. – ITALGAS, rappresentata e difesa dall’avv. Nicola Bassi, con domicilio eletto presso l’avv. Monica Passalacqua in Firenze, Via XX Settembre 60;
contro
– Provincia di Lucca in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Lorenzo Corsi, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, Via Senese 12;
nei confronti di
– Comune di Lucca in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Carrozza, con domicilio eletto presso l’avv. Claudio Bargellini in Firenze, Piazza dell’Indipendenza 10;
– Gesam S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Dianda, con domicilio eletto presso l’avv. Tommaso Pontello in Firenze, Via degli Artisti 20;
– Polis S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Elisa Burlamacchi, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, Via degli Artisti 20;
per l’annullamento
A) quanto al ricorso n. 181 del 2015:
– della determinazione dirigenziale 28 novembre 2014, n. 5560 , notificata il successivo 2 dicembre, con cui il Dirigente del Servizio Ambiente – Ufficio rifiuti e bonifica dei siti inquinati della Provincia di Lucca ha ordinato al Comune di Lucca, in persona del Sindaco pro tempore – congiuntamente a Italgas s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, di provvedere ai sensi del Titolo V, Parte IV, d.lgs. n. 152/2006, per il sito “LU291 – GES AM AREA SPA, AREA EX ITALGAS” posto in Lucca, via Nottolini;
– della nota rif. 96/2014/PU della Polizia provinciale di Lucca, avente ad oggetto “D.lgs. 152/06 art. 244. Sito di bonifica LU291 (ex officine ITALGAS, proprietà GESAM Spa) richiesta di chiarimenti”;
– per quanto occorrer possa, della nota prot. 136751 dell’l luglio 2014 con cui la Provincia di Lucca comunicava l’avvio del procedimento amministrativo ai fini dell’emanazione dell’ordinanza ai sensi dell’art. 244 d.lgs. n. 152 del 2006;
– di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso, collegato e consequenziale ancorché incognito se ed in quanto lesivo degli interessi del Comune ricorrente.
B) quanto al ricorso n. 214 del 2015:
B.1) con l’atto introduttivo del giudizio:
della determinazione dirigenziale della Provincia di Lucca – Servizio Ambiente – Ufficio rifiuti e bonifica siti inquinati prot. n. 5560 del 28 novembre 2014, ricevuta il 2 dicembre 2014, avente per oggetto: “D. Lgs. 152/06, art. 244. Italgas S.p.A. e Comune di Lucca ordinanza a provvedere ai sensi del Titolo V parte IV, D. Lgs. 152/06 per il sito di bonifica LU219 Gesam S.p.A. area ex Italgas posto in Via Nottolini, San Concordio, Lucca”, nonché di ogni altro atto precedente, successivo o comunque connesso, anche se non conosciuto, ivi espressamente incluse, per quanto possa occorrere e per quanto di interesse della ricorrente: I) la relazione della Polizia della Provincia di Lucca n. 96/2014 del 27 giugno 2014; II) la nota ARPAT n. 66532 del 5 aprile 2013; III) la nota ARPAT prot. n. 339895 del 22 ottobre 2013;
B.2) con atto di motivi aggiunti depositato in data 18/9/2015:
della diffida della Provincia di Lucca – Servizio Ambiente – Ufficio rifiuti e bonifiche prot. n. 0120377/2015 in data 12 giugno 2015 (ricevuta lo stesso giorno): “D. Lgs. 152/06 – Sito di bonifica LU219 (Gesam SpA area Ex Italgas). Comunicazioni”, nonché della nota della Provincia di Lucca – Servizio Ambiente – Ufficio rifiuti e bonifiche prot. n. 0066350/2015 in data 31 marzo 2015 (ricevuta lo stesso giorno): “D. Lgs. 152/06 – L. 241/90 art. 7 – Sito di bonifica LU219 (Gesam SpA, area Ex Italfas). Comunicazione di avvio del procedimento di diffida”.
Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione della Provincia di Lucca in entrambi i giudizi; di Italgas S.p.A. nel giudizio sul ricorso n.181/2015; del Comune di Lucca, di Gesam S.p.A. e di Polis S.p.A. nel giudizio sul ricorso n. 214/2015;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2016 il dott. Carlo Testori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1) Nel presente giudizio si controverte degli interventi finalizzati alla bonifica e al ripristino ambientale del sito “LU291 – Gesam s.p.a., area ex Italgas” posto in Comune di Lucca, via Nottolini. Si tratta di un’area che fino al 1973 (e per circa i 100 anni precedenti) è rimasta di proprietà della società Italgas e dei suoi danti causa, che vi hanno svolto attività di produzione e distribuzione di gas da illuminazione e di gas liquido.
Nel 1973 il Comune di Lucca ha acquistato da Italgas “il complesso aziendale dell’esercizio gas di Lucca costituito dall’officina di produzione del gas con terreni ed annessi, fabbricati ed impianti di produzione, impianti sussidiari d’officina comprese le dotazioni d’officina, rete di distribuzione e cabine di riduzione del gas, prese, colonne montanti e misuratori”. Il predetto Comune ha quindi istituito l’Azienda municipalizzata gas e servizi affini (GeSA-AM), che ha iniziato dall’1/1/1974 la propria attività, consistente esclusivamente nella distribuzione del gas e non più nella produzione; e che, in relazione a ciò, ha avviato lo smantellamento degli impianti non più funzionali all’attività in questione.
Nel 2006 l’intero complesso immobiliare, denominato “Ex Officine Italgas”, è stato venduto dal Comune di Lucca alla società Gesam s.p.a. (succeduta alla soppressa Azienda municipalizzata GeSA-AM) al fine di realizzare un intervento di ristrutturazione e riqualificazione dell’area. Nel 2009 Gesam s.p.a. ha venduto una parte del complesso alla società Polis s.p.a.
Successivamente, sia l’area di proprietà di Polis s.p.a. (prima), sia quella rimasta nella proprietà di Gesam s.p.a. (poi) sono state interessate da procedure relative a potenziali contaminazioni storiche dei siti; quella riguardante la proprietà Polis si è conclusa positivamente, ai sensi dell’art. 242 comma 5 del D.Lgs. n. 152/2006 (come da determinazione dirigenziale del Comune di Lucca n. 1946 del 6/11/2014); non così quella riguardante la proprietà Gesam, originata nel 2011 da una comunicazione presentata dalla predetta società in qualità di proprietario non responsabile della contaminazione.
Dopo la presentazione, da parte di Gesam, del piano di caratterizzazione, le analisi effettuate hanno infatti evidenziato una situazione di superamenti delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC); conseguentemente la Provincia di Lucca – Servizio ambiente – Ufficio rifiuti e bonifica siti inquinati ha adottato la determinazione dirigenziale n. 5560 del 28/11/2014 con cui ha ordinato alla società Italgas s.p.a. e al Comune di Lucca “di provvedere ai sensi del Titolo V, Parte IV del D.Lgs. 152/06, per il sito “LU291 – GESAM SPA, AREA EX ITALGAS” posto in Lucca, via Nottolini”. Più in particolare, con tale provvedimento è stata disposta “la prosecuzione della caratterizzazione del sito nei modi di legge con presentazione dell’analisi di rischio sito specifica sulla base dei risultati analitici acquisiti da Arpat nell’ambito dell’attività di controllo della caratterizzazione eseguita dalla proprietà (GESAM SpA), eventualmente integrate con ulteriori analisi che si rendessero necessarie, nonché all’eventuale esecuzione delle opere di bonifica che si rendessero necessarie a seguito dell’Analisi di Rischio Sito Specifica di cui al presente punto”.
2) Contro la citata determinazione dirigenziale il Comune di Lucca ha proposto il ricorso n. 181 del 2015, mentre la Società Italiana per il Gas S.p.A. – ITALGAS ha proposto il ricorso n. 214 del 2015; in entrambi i gravami si formulano censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
La Provincia di Lucca si è costituita in entrambi i giudizi, chiedendo la reiezione delle impugnazioni proposte. Nel giudizio sul ricorso n. 181/2015 si è costituita anche la società Italgas, mentre del giudizio sul ricorso n. 214/2015 si sono costituiti il Comune di Lucca e le società Gesam s.p.a. e Polis s.p.a.
3) Nel giudizio sul ricorso n. 214/2015 Italgas s.p.a. ha depositato in data 18/9/2015 un atto di motivi aggiunti con cui ha impugnato l’atto n. 120377 del 12/6/2015 mediante il quale la Provincia di Lucca – Servizio ambiente – Ufficio rifiuti e bonifiche, riscontrata l’inottemperanza della predetta società alla determinazione dirigenziale n. 5560 del 28/11/2014, ha diffidato Italgas a provvedere secondo quanto ordinato in tale provvedimento. Le censure formulate con i motivi aggiunti sono riproduttive di quelle contenute nell’atto introduttivo del giudizio.
4) Le parti ricorrenti e la Provincia di Lucca hanno depositato memorie e repliche in vista dell’udienza dell’8 gennaio 2016, in cui entrambe le cause sono passate in decisione.
DIRITTO
1) Preliminarmente va disposta la riunione dei giudizi sui ricorsi nn. 181 e 214 del 2015, stanti i molteplici profili di connessione oggettiva e soggettiva.
2) Il provvedimento impugnato in entrambi i ricorsi è stato adottato dalla Provincia di Lucca nel presupposto “che la responsabilità della contaminazione sia da attribuire alle attività svolte sul sito da Italgas SpA e dalla Gesa.Am., quale azienda municipalizzata del Comune di Lucca”. Più specificamente, nell’atto in questione si esprime il convincimento “che l’attività industriale allora in essere ed il successivo smantellamento delle infrastrutture presenti, entrambe effettuate sostanzialmente in periodi nei quali non erano vigenti normative ambientali specifiche…, abbiano causato in concorso fra loro la contaminazione ambientale riscontrata”. A tali conclusioni la Provincia di Lucca è pervenuta, nonostante le osservazioni in senso contrario formulate da Italgas e dal Comune di Lucca a seguito della comunicazione di avvio del procedimento, principalmente sulla base di una relazione della Polizia provinciale (n. 96/2014 del 27/6/2014) “dalla quale emerge sostanzialmente che:
1. la responsabilità in ordine all’inquinamento del suolo e delle acque sotterranee è riconducibile all’attività svolta sull’area dalla Italgas, che ha prodotto gas di città, procedendo alla distillazione del carbone;
2. negli anni successivi alla cessione da parte di Italgas al Comune di Lucca (con la municipalizzata Gesa.Am.), quest’ultimo ha provveduto a smantellare le principali infrastrutture adibite alla produzione di gas di città…; è verosimile che tali lavori di smantellamento abbiano prodotto un aggravamento delle situazioni di inquinamento che interessavano l’area”.
3) In sintesi, il Comune di Lucca formula nel ricorso n. 181/2015 le seguenti censure:
– la Provincia di Lucca non ha in alcun modo provato la sussistenza in capo al Comune di Lucca del requisito soggettivo (dolo o colpa) necessario ai fini dell’imputazione della responsabilità per la contaminazione riscontrata; la disciplina in materia di bonifica di cui agli artt. 240 ss. del Codice dell’ambiente si ispira al principio comunitario “chi inquina paga”: le conseguenze dell’inquinamento vanno quindi poste a carico di chi sia responsabile della situazione determinatasi per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa; il mero smantellamento di strutture preesistenti non basta per giustificare una ragionevole presunzione di responsabilità;
– non è in alcun modo dimostrato il nesso di causalità tra la condotta del Comune di Lucca e le contaminazioni di cui si discute; le conclusioni raggiunte dalla Polizia provinciale di Lucca e dalla stessa Provincia sono illogiche e contraddittorie, nonché fondate su una inammissibile inversione dell’onere della prova; la responsabilità dell’inquinamento ricade esclusivamente su Italgas s.p.a.;
– in subordine, si prospetta una questione di legittimità costituzionale dell’art. 241 commi 1 e 11 del D.Lgs. n. 152/2006 (in quanto aventi efficacia retroattiva), per contrasto con l’art. 3 Cost.
4) A sua volta, nel ricorso n. 214/2015 Italgas s.p.a. formula censure che possono essere così sintetizzate:
– sì controverte di una contaminazione storica ai sensi dell’art. 242 comma 11 del Codice dell’ambiente, che impone di intervenire al solo “soggetto interessato”, quale non è più da tempo Italgas;
– la società ricorrente non può essere ritenuta responsabile di quanto avvenuto sul sito dopo il 1973 e dunque, alla luce di quanto disposto dall’art. 303 del Codice dell’ambiente, non può essere chiamata a rispondere ad alcun titolo delle conseguenze della contaminazione riscontrata; in ogni caso, fino al 1973 (anzi, fino al 1997) non esisteva alcuna normativa che imponesse obblighi di bonifica conseguenti a inquinamento e dunque non può essere imputata a Italgas una responsabilità per comportamenti che all’epoca non erano sanzionati; d’altra parte, nel 1973 la ricorrente ha ceduto la proprietà dell’immobile e l’intero ramo d’azienda relativo al servizio di distribuzione del gas al Comune di Lucca, al quale sono state trasferite anche le eventuali responsabilità del cedente: spetta quindi al predetto Comune far fronte agli obblighi derivanti dalla contaminazione;
– la effettiva responsabilità di Italgas per la situazione di inquinamento determinatasi sull’area in questione non è stata provata in modo convincente e sulla base di indagini adeguate; non basta a tal fine la circostanza di essere stata precedente proprietaria dell’area stessa, né sussistono presunzioni sorrette da elementi univoci e concordanti; la responsabilità dell’inquinamento è, piuttosto, da imputare a Gesam, che ha smantellato gli impianti.
5) Il ricorso del Comune di Lucca è fondato.
Nella recentissima sentenza 9 dicembre 2015 n. 1676 questa Sezione ha ribadito che “tanto la disciplina di cui al d.lgs. n. 22/1997 (in particolare, l’art. 17, comma 2), quanto quella introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 (ed in particolare, gli artt. 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui l’obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa”. Si tratta, in sostanza, dell’applicazione del principio comunitario “chi inquina paga”, espressamente richiamato dall’art. 239 del Codice dell’ambiente, che “impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione”. Dal canto suo il Consiglio di Stato, sez. V, ha recentemente precisato nella sentenza 23 febbraio 2015 n. 881 (con riferimento all’abbandono di rifiuti, ma il principio vale anche in caso di inquinamento) che nessun obbligo di bonifica può essere legittimamente imposto “in mancanza dell’adeguata dimostrazione della responsabilità, occorrendo invece un’istruttoria completa ed un’esauriente motivazione, anche se fondata su ragionevoli presunzioni o su condivisibili massime d’esperienza, dell’imputabilità soggettiva della condotta (Cons. St., sez. V, 26 gennaio 2012, n. 333) “. Dunque, la corretta individuazione del soggetto tenuto ad effettuare, in caso di inquinamento, i necessari interventi di bonifica e di ripristino passa attraverso una seria e approfondita istruttoria, finalizzata a identificare, quantomeno sulla base di attendibili presunzioni, il responsabile dell’evento, cioè colui la cui condotta dolosa o colposa è all’origine della potenziale contaminazione (art. 244 comma 2 D.Lgs. n. 152/2006).
Nulla di tutto questo si è verificato nel caso in esame, per quanto riguarda la posizione del Comune di Lucca; e in effetti:
– la responsabilità della predetta Amministrazione comunale è affermata dalla Provincia di Lucca in relazione all’attività di smantellamento delle principali infrastrutture adibite alla produzione di gas di città, avviata dopo il 1973, a seguito del trasferimento dell’area da Italgas a Gesa.Am. (per il tramite del Comune); in proposito la Provincia ha fatto proprie le conclusioni espresse dalla Polizia provinciale di Lucca nella relazione n. 96/2014 del 27/6/2014 in cui si legge: “È verosimile che le attività poste in essere per modificare le caratteristiche del sito, dei cui lavori non risulta peraltro alcuna traccia documentale, abbiano prodotto un aggravamento delle situazioni di inquinamento che interessano l’area in conseguenza delle attività produttive precedentemente esercitate”;
– nella medesima relazione si fa poi riferimento all’atto di vendita del 2009 da Gesam s.p.a. a Polis s.p.a. di una parte dell’area ex Italgas, in cui è previsto che la prima si impegna a rendere libera l’area venduta da eventuali materiali inquinanti ivi rinvenuti; in relazione a tale pattuizione si ipotizza che il Comune di Lucca e Gesam fossero “perfettamente consapevoli della probabile contaminazione del sottosuolo con sostanze inquinanti” e si afferma che “appare difficile comprendere” come Gesam potesse assumere tale impegno “ritenendo nel contempo di potersi ritenere esclusa da ogni operazione di bonifica che dovesse interessare il sito di cui conserva attualmente la proprietà”;
– i contenuti della relazione citata hanno indotto la Provincia di Lucca a comunicare (oltre che a Italgas s.p.a.) al Comune di Lucca l’avvio del procedimento finalizzato all’adozione di un’ordinanza ex art. 244 del Codice dell’ambiente; le osservazioni conseguentemente formulate dal Comune sono state superate nel provvedimento impugnato affermando: “dalla documentazione presentata non emergono elementi in grado di documentare che le operazioni di smantellamento siano avvenute senza contribuire alla contaminazione delle matrici ambientali”;
– nel medesimo provvedimento si richiamano infine, a sostegno delle conclusioni raggiunte, alcune fotografie (allegate all’atto stesso) “che rappresentano alcune delle modalità di gestione dell’attività industriale e della sua demolizione”.
Gli elementi di cui sopra non sono sufficienti per fornire prova che l’inquinamento di cui si tratta è in qualche misura riconducibile alla responsabilità del Comune di Lucca; né essi valgono ad integrare presunzioni gravi, precise e concordanti. Le affermazioni contenute nella relazione della Polizia provinciale e precedentemente citate risultano infatti apodittiche per quanto riguarda il collegamento tra smantellamento delle infrastrutture e aggravamento di un inquinamento preesistente; e le fotografie allegate al provvedimento impugnato non offrono alcun significativo supporto alle affermazioni della Provincia (né quest’ultima ha chiarito per quali specifici aspetti tali fotografie dovrebbero ritenersi rilevanti sotto il profilo probatorio: il richiamo, peraltro contenuto solo nella memoria difensiva, alla mancanza di particolari cautele nelle operazioni di smantellamento risulta generico e indimostrato).
La pattuizione intercorsa tra Gesam e Polis non merita il rilievo che pretende di attribuirle la Provincia; in primo luogo essa non sorprende, essendo riferita ad un’area industriale dismessa; in secondo luogo, ove anche evidenziasse una qualche consapevolezza di Gesam e/o del Comune di Lucca circa il possibile inquinamento dell’area, ciò non dimostrerebbe comunque la corresponsabilità di tali soggetti nell’origine dell’inquinamento stesso.
Sotto quest’ultimo profilo si deve poi rilevare, come ricordato nel ricorso, che nella sua relazione prot. n. 2010/0090882, pervenuta alla Provincia di Lucca il 21/12/2010, l’ARPAT non ha fatto minimamente cenno a eventuali corresponsabilità del Comune di Lucca nell’inquinamento dell’area “Ex Officine Italgas”, a proposito del quale ha invece rilevato: “La contaminazione dell’area è avvenuta presumibilmente durante l’attività di produzione di gas per l’illuminazione, gestita da Italgas fino al 1973, pertanto il “responsabile dell’inquinamento” si può ricondurre ad Italgas”.
Quanto sopra porta a concludere per la fondatezza delle censure formulate nel ricorso n. 181/2015, non avendo la Provincia di Lucca fornito convincente dimostrazione della responsabilità addebitata al Comune di Lucca; l’onere della prova, infatti, gravava sulla Provincia e non viceversa, per cui costituisce un inammissibile tentativo di inversione dell’onere stesso (e fornisce, nel contempo, conferma della bontà delle censure comunali) l’affermazione che si legge nel provvedimento impugnato, a supporto dello stesso, secondo cui il predetto Comune non avrebbe documentato “che le operazioni di smantellamento siano avvenute senza contribuire alla contaminazione delle matrici ambientali”; quasi che fosse spettato al Comune di Lucca fornire prova negativa circa il suo coinvolgimento nell’origine della contaminazione.
Il ricorso n. 181/2015 merita dunque accoglimento; il provvedimento impugnato va conseguentemente annullato nella parte in cui impone anche al Comune di Lucca gli adempimenti ivi previsti.
6) A diversa conclusione si deve pervenire per quanto riguarda il ricorso n. 214/2015.
6.1) L’art. 242 comma 11 del D.Lgs. n. 152/2006, applicabile al caso in esame che riguarda una “contaminazione storica”, così dispone: “Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l’ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l’esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l’entità e l’estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti”. Italgas sostiene che, non essendo qualificabile come “soggetto interessato” al sito (che ha ceduto al Comune di Lucca nel 1973), non può essere neppure tenuta agli adempimenti che la Provincia di Lucca ha imposto con il provvedimento impugnato. Il Collegio è di diverso avviso.
In primo luogo si deve sottolineare che la disposizione citata, nella parte in cui impone obblighi a carico del “soggetto interessato” in caso di contaminazione storica, deve essere coordinata con il principio generale “chi inquina paga”, che è “ormai confluito in una specifica disposizione (articolo 191) del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, nel quale rientra come uno degli obiettivi principali sui quali si basa l’azione Europea in materia ambientale” (così Consiglio di Stato, sez. VI, 10 settembre 2015 n. 4225 pronunciata in una causa riguardante una contaminazione storica). La portata e il rilievo del principio in questione non consentono di ipotizzarne una sua elusione nel caso di contaminazione storica, per cui, ove sia possibile individuare il responsabile dell’inquinamento, è a questi che devono essere imputati gli obblighi conseguenti.
In secondo luogo si deve evidenziare che il citato comma 11 fa riferimento a situazioni caratterizzate da “assenza di rischio immediato per l’ambiente e per la salute pubblica”; ma tale circostanza non si riscontra nel caso in esame. Da un lato, infatti, nel rapporto datato 5/4/2013 e avente ad oggetto “Procedimento di bonifica relativo all’area ex Officine Italgas… Attività di controllo svolta durante le indagini previste dal Piano di Caratterizzazione e trasmissione risultati analitici relativi ai campioni di terreno e acque sotterranee” ARPAT – Dipartimento provinciale di Lucca ha evidenziato superamenti delle CSC nei campioni di terreno e di acque sotterranee e ha concluso affermando: “Da quanto sopra esposto, emerge una situazione ambientale critica che necessita di una rapida prosecuzione del procedimento”. Dall’altro lato, è la stessa Analisi di rischio sito specifica presentata da Italgas (all. 26 depositato dalla Provincia di Lucca) a concludere che “l’area risulta contaminata e pertanto occorre procedere con l’esecuzione di un intervento di bonifica” (pag. 76); in particolare, per quanto riguarda la analisi di rischio verso il recettore uomo (pagg. 69 ss.) si afferma: “Con riferimento alle due sorgenti di rischio definite, la prima rispetto ad una destinazione d’uso industriale-commerciale e la seconda rispetto ad una destinazione d’uso verde-ricreativa, si osserva che per la maggior parte dei contaminanti presenti non soddisfa i criteri di accettabilità definiti”; mentre, per quanto riguarda la analisi di rischio verso il recettore falda (pagg. 71 ss.) si afferma: “Poiché sia il calcolo delle concentrazioni in falda sia i valori delle analisi chimiche di laboratorio eseguite direttamente sulle acque sotterranee al confine del sito… risultano superiori alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione, il rischio per la risorsa idrica sotterranea risulta non accettabile”.
La censura sinora esaminata risulta dunque infondata.
6.2) Per evidenziare l’illegittimità del provvedimento impugnato Italgas richiama anche l’art. 303 del Codice dell’ambiente, secondo cui la responsabilità connessa a un pregiudizio arrecato all’ambiente non può più essere fatta valere quando (lett. g) “siano trascorsi più di trent’anni dall’emissione, dall’evento o dall’incidente che l’hanno causato”. La tesi della ricorrente è che tale disposizione si riferisce non solo alla responsabilità per danno ambientale in senso stretto, ma anche agli obblighi di attivazione per la bonifica dei siti contaminati. Così non è. Basta considerare che l’art. 303, intitolato “Esclusioni”, fa espresso ed esclusivo riferimento alla parte sesta del D.Lgs. n. 152/2006, mentre la disciplina applicabile al caso in esame è contenuta nella parte quarta.
6.3) Non merita accoglimento neppure la tesi secondo cui non potrebbe essere imputata a Italgas nessuna responsabilità per eventi verificatisi in un’epoca in cui mancava una disciplina in materia di tutela ambientale e obblighi connessi. In proposito è pertinente il richiamo alla già citata sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 10 settembre 2015 n. 4225, che in una vicenda riguardante una contaminazione storica ha affermato: “È qui appena il caso di osservare che l’ordito normativo di cui alla Parte IV – Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006 comporta certamente che le misure di prevenzione e di riparazione ivi disciplinate trovino applicazione anche nei confronti dei responsabili di eventi di inquinamento verificatisi anteriormente all’entrata in vigore della medesima Parte IV (secondo un criterio di individuazione e una scelta di politica legislativa che non presentano profili di incongruità o irragionevolezza, anche alla luce del preminente valore costituzionale dei beni oggetto di tutela). Depone univocamente in tal senso la disciplina in tema di contaminazioni cc.dd. ‘storiche’ di cui ai commi 1 e 11 dell’articolo 242 del ‘Codice’.
Ciò conferma che, in base alle scelte normative intervenute fra il 1997 e il 2006, ben potesse essere individuato come ‘responsabile dell’inquinamento’ un operatore (o i suoi aventi causa) il quale avesse realizzato le condotte foriere di inquinamento in un’epoca anteriore a quella di entrata in vigore della nuova disciplina in tema di distribuzione della responsabilità per danno ambientale…”.
D’altra parte, come ha avuto modo di affermare ripetutamente la giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. VI, 23 giugno 2014 n. 3165), anche di questa Sezione (1 aprile 2011 n. 573), l’inquinamento dà luogo a una situazione di carattere permanente che perdura fino a che non ne vengano rimosse le cause; la disciplina introdotta in materia dal 1997 in poi trova dunque applicazione per qualunque sito che risulti in atto inquinato, indipendentemente dal momento in cui possa essersi verificato l’evento all’origine dell’attuale situazione patologica.
Non si tratta quindi di portata retroattiva della disposizione precettiva, ma dell’applicazione ratione temporis della legge onde fare cessare gli effetti di una condotta omissiva a carattere permanente, che possono essere elisi solo con la bonifica. Detto altrimenti, viene sanzionato non il comportamente inquinante in sè, ma la mancata rimozione dei suoi effetti, i quali permangono nonostante il fluire del tempo.
6.4) Infondata è anche la pretesa di Italgas di sottrarsi alle proprie responsabilità facendole ricadere sul soggetto che le è subentrato in virtù della cessione del ramo d’azienda relativo al servizio di distribuzione del gas nel territorio comunale. Va innanzitutto premesso che l’atto di cessione di complesso aziendale stipulato nel 1973 con il Comune di Lucca non contiene nessun riferimento a eventuali danni derivanti da inquinamento (profilo a quell’epoca del tutto trascurato) e che l’inquinamento oggi imputato alla predetta società riguarda non il servizio di distribuzione del gas, ma l’attività di produzione (non più proseguita dal cessionario). In ogni caso la pretesa della ricorrente non può trovare accoglimento perché risulta evidentemente incompatibile con il principio “chi inquina paga” più volte richiamato nella presente sentenza. Una diversa conclusione consentirebbe un’agevole elusione del principio, liberando il soggetto responsabile dell’inquinamento e scaricandone le conseguenze (non previste, né tantomeno oggetto di specifiche pattuizioni) sull’incolpevole subentrante: così determinando un effetto esattamente opposto a quello perseguito dalla normativa vigente in materia.
6.5) Resta l’ultima censura, con cui Italgas nega che sia stata raggiunta prova convincente della sua responsabilità nel verificarsi dell’inquinamento. Anche a questo riguardo il Collegio è di diverso avviso.
L’identificazione di Italgas quale responsabile dell’inquinamento è puntualmente contenuta nella relazione dell’ARPAT prot. n. 2010/0090882 in cui si legge: “La contaminazione dell’area è avvenuta presumibilmente durante l’attività di produzione di gas per l’illuminazione, gestita da Italgas fino al 1973, pertanto il “responsabile dell’inquinamento” si può ricondurre ad Italgas”. Quest’ultima è stata proprietaria dell’area in questione e ha svolto l’attività di produzione di gas ad uso illuminazione della città (in corso dal 1860) dagli anni ‘40 del secolo scorso fino alla cessione del complesso aziendale al Comune di Lucca. Detta attività, secondo quanto precisato nella citata nota dell’ARPAT, comportava la distillazione del carbonfossile e successive fasi di raffreddamento e di ripulitura del gas prodotto. Le conclusioni precedentemente richiamate, a cui è pervenuta la predetta Agenzia in base alle analisi condotte nel 2010, non sono state poi riviste da ARPAT nel corso delle successive fasi di indagine e di controllo, di cui si riferisce, in particolare, nella nota del 5/4/2013, in cui si è dato conto di significativi superamenti delle CSC relativamente a campioni di terreno e di acque sotterranee, evidenziando la criticità della situazione ambientale riscontrata. Dunque si può affermare che la tipologia e le caratteristiche dell’inquinamento accertato nell’area di cui si tratta, sulla base delle analisi svolte nel tempo, sono state ritenute dall’ARPAT riconducibili all’attività direttamente gestita per un trentennio da Italgas; senza che siano emersi elementi ulteriori, idonei ad identificare altri soggetti quali corresponsabili dell’inquinamento stesso.
Per contro, Italgas ha evidenziato che alcuni parametri rinvenuti nel sito inquinato non sarebbero riconducibili all’attività svolta in passato dalla predetta società; più precisamente, la relazione della società Intergeo datata 21/1/2015 depositata in giudizio dalla ricorrente (doc. 20) evidenzia che “i superamenti che sono stati riscontrati nel sito relativi ai parametri manganese, composti organo-alogenati e PCB, non risulterebbero compatibili con l’attività industriale svolta sul sito in esame” (pag. 76). Ciò porterebbe ad escludere ogni responsabilità di Italgas o, quantomeno, a ritenere sussistente la corresponsabilità di Gesam, che ha proceduto allo smantellamento delle infrastrutture non più utilizzate.
Quanto sopra non appare sufficiente per confutare le conclusioni a cui è giunto l’organo tecnico a cui il Codice dell’ambiente affida il compito di affiancare la Provincia nello svolgimento delle indagini e delle attività istruttorie previste dall’art. 242. Da un lato, si tratta di affermazioni a cui la relazione Intergeo dedica solo un accenno, formulato peraltro in termini generici e dubitativi (“non risulterebbero compatibili…”); dall’altro, il preteso effetto inquinante dello smantellamento non è supportato (come già evidenziato al precedente punto 5) da concreti supporti probatori. Così stando le cose, l’individuazione dell’attività industriale di produzione del gas per l’illuminazione della città, svolta per almeno un trentennio da Italgas, quale causa dell’inquinamento del sito risulta fondato su idonei elementi di prova e su presunzioni gravi, precise e concordanti; per cui l’operato della Provincia di Lucca non risulta affetto, per questo profilo, dal vizio di difetto di istruttoria denunciato da Italgas.
6.7) In relazione a quanto sopra il ricorso n. 214/2015 risulta infondato e va respinto. Resta conseguentemente ferma l’individuazione di Italgas s.p.a. quale soggetto tenuto agli adempimenti previsti dalla determinazione dirigenziale della Provincia di Lucca n. 5560 del 28/11/2014.
Le medesime conclusioni valgono per i motivi aggiunti depositati il 18/9/2015.
7) In conclusione:
a) il ricorso n. 181/2015 va accolto e va conseguentemente annullata la citata determinazione dirigenziale n. 5560 del 28/11/2014 nella parte in cui impone anche al Comune di Lucca gli adempimenti ivi previsti;
b) il ricorso n. 214/2015 va respinto e con esso i motivi aggiunti successivamente depositati;
c) per quanto riguarda le spese dei giudizi riuniti:
– la Provincia di Lucca e Italgas s.p.a., soccombenti nel giudizio sul ricorso n. 181/2015, vanno condannate a pagare al Comune di Lucca, ciascuna, € 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge;
– Italgas s.p.a., soccombente nel giudizio sul ricorso n. 214/2015, va condannata a pagare alla Provincia di Lucca la somma di € 4.000,00 (quattromila/00) oltre agli accessori di legge; al Comune di Lucca la somma di € 3.000,00 (tremila/00) oltre agli accessori di legge; a Gesam s.p.a. e a Polis s.p.a. la somma di € 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge in favore di ciascuna delle predette società.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando:
1) riunisce i giudizi sui ricorsi nn. 181 e 214 del 2015;
2) accoglie il ricorso n. 181/2015 e conseguentemente annulla la determinazione dirigenziale della Provincia di Lucca n. 5560 del 28/11/2014 nella parte in cui impone anche al Comune di Lucca gli adempimenti ivi previsti;
3) respinge il ricorso n. 214/2015 e i motivi aggiunti successivamente depositati;
4) per quanto riguarda le spese dei giudizi riuniti:
a) condanna la Provincia di Lucca e Italgas s.p.a., soccombenti nel giudizio sul ricorso n. 181/2015, a pagare al Comune di Lucca, ciascuna, € 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge;
b) condanna Italgas s.p.a., soccombente nel giudizio sul ricorso n. 214/2015, a pagare alla Provincia di Lucca la somma di € 4.000,00 (quattromila/00) oltre agli accessori di legge; al Comune di Lucca la somma di € 3.000,00 (tremila/00) oltre agli accessori di legge; a Gesam s.p.a. e a Polis s.p.a. la somma di € 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge in favore di ciascuna delle predette società.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Carlo Testori, Consigliere, Estensore
Luigi Viola, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)