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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 338 | Data di udienza: 3 Febbraio 2015

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 167 d.lgs. n. 42/2004 – Nozione di volume  – Volume interrato – Sanatoria – Possibilità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 28 Febbraio 2015
Numero: 338
Data di udienza: 3 Febbraio 2015
Presidente: Nicolosi
Estensore: Gisondi


Premassima

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 167 d.lgs. n. 42/2004 – Nozione di volume  – Volume interrato – Sanatoria – Possibilità.



Massima

 

TAR TOSCANA,  Sez. 3^ – 27 febbraio 2015, n. 338


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 167 d.lgs. n. 42/2004 – Nozione di volume  – Volume interrato – Sanatoria – Possibilità.

La nozione di volume presa in considerazione dall’art. 167 comma 4 lett. a) del D.Lgs 42/2004 non coincide con quella urbanistica (che implica il consumo di indici e non si correla necessariamente con una trasformazione visibile ab externo) ma ha una propria connotazione implicante la creazione di manufatti fuori terra o la alterazione della sagoma di quelli già esistenti (T.A.R. Brescia sez. I, 08/01/2015 n. 14; v. TAR Brescia Sez. I 15 ottobre 2014 n. 1057; TAR Napoli Sez. VII 10 febbraio 2014 n. 930; TAR Torino Sez. II 17 dicembre 2011 n. 1310; circolare del Ministero per i Beni e le Attività Culturali n. 33 del 26 giugno 2009); con la conseguenza che le trasformazioni che avvengono nel sottosuolo non possono essere considerate tout court insuscettibili di sanatoria, dovendo la relativa rilevanza paesaggistica essere vagliata caso per caso dagli organi competenti.


Pres. Nicolosi, Est. Gisondi – Diocesi di Fiesole e altri (avv.ti Cheyne e Cutrera) c. Comune di Fiesole (avv. Falorni), Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali (Avv. Stato) e altro (n.c.)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 3^ - 27 febbraio 2015, n. 338

SENTENZA

 

TAR TOSCANA,  Sez. 3^ – 27 febbraio 2015, n. 338

N. 00338/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00192/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 192 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Diocesi di Fiesole, Mons. Roberto Pagliazzi, Manola Celli, Maria Celli, Manuela Cesari, Marina Ora Gli Eredi Celli, Marcella Bencini, Barbara Vivoli, Fabio Vivoli, Mario Mons. Meini, Massimo Cesari, Piero Cesari, Manuela Cesari, Andrea Cesari, rappresentati e difesi dagli avv. Edward W.W. Cheyne e Matteo Cutrera nel cui studio in Firenze, Via Santo Spirito, 29 sono elettivamente domiciliati;

contro

Comune di Fiesole, rappresentato e difeso dall’avv. Fausto Falorni nel cui studio in Firenze, Via dell’Oriuolo n. 20 è elettivamente domiciliato; Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale di Firenze presso il cui ufficio in via degli Arazzieri, 4 è ex lege domiciliato; Unione di Comuni di Fiesole Vaglia;

per l’annullamento

– della nota prot. n. 18143 dello 04.11.2013 del Servizio Urbanistica Edilizia Privata del Comune di Fiesole, avente ad oggetto “Comunicazione determinazioni negative al fine del rilascio del titolo in sanatoria” con la quale è stato comunicato alla Diocesi di Fiesole il “diniego al rilascio dell’attestazione di conformità/accertamento di compatibilità paesaggistica prevista dall’art. 140 , della Legge Regionale n. 1/2005 , e art. 167 e 181 del d.lgs. n. 42/2004 relativo alla pratica edilizia n. 2001/2011 presentata il 03.06.2011 prot. 11783 dalla Diocesi di Fiesole”;

– del parere negativo prot. n. 9451 del 13.05.2013 reso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici con il quale è stato affermato che “Questo Ufficio, in riferimento alle osservazioni della proprietà ricevute in allegato alla nota di codesto Comune n. 2445 del 16.02.2013, non ritiene che gli elementi giustificativi siano tali da poter accogliere l’istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 167 del Codice. L’incremento della superficie utile al piano interrato nei limiti previsti dalla Legge n. 122/1989, sebbene escluso dal calcolo convenzionale della volumetria edificabile, non risulta comunque, ricompreso, tra le tipologie previste dall’art. 167, comma 4, per l’attivazione della procedura di compatibilità paesaggistica. Si conferma pertanto quanto già comunicato con la nota n. 193 dello 03.01.2012”;

– del parere prot. n. 193 dello 03.01.2012 – richiamato dalla nota prot. n. 18143 dello 04.11.2013 del Servizio Urbanistica Edilizia Privata del Comune di Fiesole – reso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici;

– di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè incognito, se ritenuto lesivo.

Visti i motivi aggiunti depositati presso questo Tribunale il 21 maggio 2014 proposti per l’annullamento, previa sospensiva, dell’efficacia:

– dell’ordinanza n. 1/2014, reg. gen. n. 1 dell’11.03.2014, con la quale la Responsabile del Dipartimento Urbanistica del Comune di Fiesole ha ingiunto, ai sensi e per gli effetti degli artt. 132, comma 2 della L.R. 1/2005 e dell’art. 167 del d.lgs. 42/2004, << la demolizione delle opere abusive sopra descritte realizzate in difformità dalla licenza 78 dello 01.08.1967 entro novanta giorni dalla notifica del presente provvedimento, a loro cura e spese; con avvertimento che, trascorso il termine di novanta giorni dalla notifica del presente atto, qualora venga accertata l’inottemperanza alla presente ordinanza, nel termine sopra specificato, costituirà titolo per l’immissione in possesso e per l’acquisizione gratuita alla proprietà comunale (e relativa trascrizione nei registri immobiliari) dell’opera abusiva, nonchè dell’area di sedime e di quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive;

– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorchè incognito, se ritenuto lesivo.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Fiesole in Persona del Sindaco P.T. e di Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali in Persona del Ministro Pro Tempore e di Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali – Direzione Regionale Per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana e di Soprintendenza Per Beni Architettonici e Paes. Provincie di Fi,Pt,Po;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2015 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori M. Cutrera, F. Falorni e A. Goggioli avvocato dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La Diocesi di Fiesole ed il Mons. Franco Pagliazzi, già comproprietari per successione mortis causa dal Sig. Roberto Bianchini, di un posto auto interrato sito nel comune di Fiesole con annessi spazi di manovra ed accesso, parimenti collocati sotto quota e in compropietà anche agli altri ricorrenti, in occasione degli accertamenti tecnici preliminari alla alienazione del predetto immobile, venivano a conoscenza del fatto che la superficie di accesso e manovra risultava di dimensioni più ampie rispetto a quelle originariamente concessionate.

Al fine di sanare la situazione gli stessi chiedevano al comune di Fiesole il rilascio di una attestazione di conformità urbanistica con contestuale richiesta di accertamento di conformità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 comma 4 lett. a) del D.Lgs 42/2004.

La valutazione di compatibilità paesaggistica della difformità edilizia, espressa dalla competente Commissione comunale, si scontrava con il contrario avviso della Sovrintendenza ai beni culturali la quale, invece, riteneva l’opera radicalmente insanabile in quanto comportante un aumento di superfici e di volumi rispetto a quelli originariamente concessionati.

Il parere della Soprintendenza era comunicato agli interessati ai fini del preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis della L. 241/90. Le osservazioni presentate da questi non facevano mutare avviso all’Organo statale che ribadiva il proprio precedente avviso.

L’istanza di accertamento di conformità era, quindi, respinta dal Comune di Fiesole sulla scorta del contrario parere Sovrintendentizio.

Il provvedimento negativo è stato impugnato dagli interessati i quali deducono la violazione dell’art. 167 comma 4 del D.Lgs 42/2004, la violazione degli art. 3 e 10 bis della L. 241/90, la violazione degli artt. 146 e 167 del D.Lgs 42/2004 e la violazione dell’art. 222 t.u.l.s.

Con successiva ordinanza del 11/03/2014 il Comune di Fiesole ha ingiunto la demolizione delle opere abusive per le quali era stata denegata la sanatoria.

Anche tale provvedimento è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti sia per illegittimità derivata che per vizi autonomi.

Si sono costituiti il Comune di Fiesole e il Ministero dei Beni culturali per resistere al ricorso,

Merita di essere favorevolmente considerato il primo motivo del ricorso principale.

Il Collegio non ignora l’orientamento giurisprudenziale, fatto proprio in più occasioni anche dal giudice d’appello, secondo cui il divieto di sanatoria paesaggistica postuma previsto dall’art. 167 comma 4 lett. a) del D.Lgs 42 del 2004 per le opere che abbiano comportato la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati si estende anche ai volumi interrati (Consiglio di Stato sez. VI, 05/08/2013, n. 4079).

Tale conclusione muove dalla condivisibile premessa secondo cui, costituendo il “paesaggio” un bene immateriale che si identifica con la percezione da parte delle popolazioni della identità culturale di una determinata parte del territorio in ragione delle sue caratteristiche naturali o indotte dalla presenza dell’uomo, la relativa nozione non può risultare circoscritta al mero aspetto esteriore o immediatamente visibile atteso che ogni modificazione del territorio, anche sotterranea, potrebbe, direttamente o indirettamente (per i suoi riflessi sulla vita di superficie) modificarne le caratteristiche tutelate (Cass. pen., Sez. III, 16 gennaio 2007, n. 7292).

Invero, il fatto che la nozione di paesaggio non coincida più con quella di singolo luogo di particolare bellezza o valenza storica, identificandosi con tutti gli aspetti ed i caratteri peculiari del territorio suscettibili di assumere una “valenza identitaria” per una determinata comunità (art. 138 comma 1 D.Lgs 42/2004), comporta indubbiamente una notevole estensione dell’ambito della tutela che l’ordinamento appresta a protezione di tale bene. Tutela, che, in alcuni casi, può riguardare anche il sottosuolo le cui trasformazioni, per questo, non possono essere tout court escluse dal regime autorizzatorio, come, giustamente, afferma la Cassazione penale.

Ciò di cui qui si discute, tuttavia, non è del fatto se il sottosuolo faccia o meno parte del paesaggio come sopra inteso ma se i volumi o le superfici abusivamente realizzati al suo interno incorrano o meno nel divieto di sanatoria previsto dal comma 4 lett. a) dell’art. 167 del D.Lgs 42/2004.

Per rispondere a tale domanda occorre muovere da una diversa considerazione e cioè quella che l’uomo vive normalmente in superficie ed è lì che avvengono nella grandissima maggioranza dei casi quelle trasformazioni suscettibili di divenire elementi identitari che legano una certa comunità ad una determinato territorio.

Non si può leggere la previsione del comma 4 dell’art. 167 del codice dei beni culturali senza tener conto di tale dato: l’uomo non vive, normalmente, sotto terra e, pertanto, le modifiche del sottosuolo, a differenza della realizzazione di nuove superfici e nuovi volumi in superficie, non implica alcuna trasformazione di elementi culturalmente rilevanti, salvo in quegli specifici (e non frequenti) casi in cui anche il sottosuolo sia antropizzato o in cui le modifiche in esso realizzate siano di tale entità da potersi riflettere sull’assetto del paesaggio esterno.

Sicchè, se è del tutto ragionevole che gli incrementi volumetrici che interessino la superficie siano ex lege considerati insanabili in quanto, nella normalità, pregiudizievoli rispetto all’assetto riconoscibile del territorio antropizzato, altrettanto non lo è il fatto che allo stesso modo vengano considerati gli spazi ricavati nel sottosuolo a cui non può essere riconosciuto il medesimo valore culturale dei luoghi su cui ordinariamente si svolge la vita umana.

Tali considerazioni inducono il Collegio ad aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo cui la nozione di volume presa in considerazione dall’art. 167 comma 4 lett. a) del D.Lgs 42/2004 non coincide con quella urbanistica (che implica il consumo di indici e non si correla necessariamente con una trasformazione visibile ab externo) ma ha una propria connotazione implicante la creazione di manufatti fuori terra o la alterazione della sagoma di quelli già esistenti (T.A.R. Brescia sez. I, 08/01/2015 n. 14; v. TAR Brescia Sez. I 15 ottobre 2014 n. 1057; TAR Napoli Sez. VII 10 febbraio 2014 n. 930; TAR Torino Sez. II 17 dicembre 2011 n. 1310; circolare del Ministero per i Beni e le Attività Culturali n. 33 del 26 giugno 2009); con la conseguenza che le trasformazioni che avvengono nel sottosuolo non possono essere considerate tout court insuscettibili di sanatoria, dovendo la relativa rilevanza paesaggistica essere vagliata caso per caso dagli organi competenti.

Peraltro, affermare la assoluta insanabilità di volumi o superfici interrate può condurre a risultati incongrui; e ciò è proprio quanto avviene nel caso di specie in cui la applicazione di tale regola comporterebbe l’attribuzione ex lege al materiale terroso sotterraneo che preesisteva all’intervento della valenza di bene culturale oppure indurrebbe a ritenere suscettibile di potenziale incidenza sul paesaggio esterno l’allargamento (modesto) di uno spazio di manovra relativo una autorimessa che rimane invariata nella sua originaria consistenza.

L’impugnato diniego di accertamento di conformità ed il parere soprintendentizio che ne costituisce il presupposto devono, quindi, essere annullati in quanto fondati su premesse giuridicamente errate.

Ed anche la conseguente ordinanza di demolizione, gravata da motivi aggiunti, deve seguire la stessa sorte in quanto affetta da illegittimità derivata.

Resta salvo il potere della Soprintendenza di esprimere nel merito il proprio parere in ordine alla compatibilità della difformità edilizia oggetto della domanda di sanatoria con il vincolo paesaggistico.

Rimangono assorbiti i restanti motivi di ricorso.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente
Rosalia Messina, Consigliere
Raffaello Gisondi, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
  

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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