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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia Numero: 1345 | Data di udienza: 20 Giugno 2013

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Toscana – L.r. n. 11/2011 – Individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici a terra – Aree agricole – Limite del 10% della superficie agricola utile – Nozione di superficie agricola utile.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 8 Ottobre 2013
Numero: 1345
Data di udienza: 20 Giugno 2013
Presidente: Radesi
Estensore: Massari


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Toscana – L.r. n. 11/2011 – Individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici a terra – Aree agricole – Limite del 10% della superficie agricola utile – Nozione di superficie agricola utile.



Massima

 

TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 8 ottobre 2013, n. 1345


DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Toscana – L.r. n. 11/2011 – Individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici a terra – Aree agricole – Limite del 10% della superficie agricola utile – Nozione di superficie agricola utile.

L’art. 4 della legge reg. Toscana n. 11/2011 (in tema di individuazione di aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici a terra) stabilisce che “Fino all’integrazione del piano di indirizzo energetico regionale con i contenuti previsti dall’art. 6, co. 2, lett. c-bis) della legge regionale 12 luglio 2005, n. 39….le aree non idonee all’installazione di impianti fotovoltaici a terra sono individuate dall’allegato A”.  Per tutte le tipologie di impianti e per le zone escluse detto allegato dispone, in via di eccezione, la loro realizzabilità in relazione “ad attività connesse all’agricoltura, svolte da imprenditori agricoli ai sensi dell’art. 2135 c.c. e nei limiti indicati dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 32/E del 6 luglio 2009, paragrafo 4, purché l’impianto si è inserito con modalità tali da assicurare il minor impatto paesaggistico, privo di platee in cemento, e comunque entro il limite massimo di 1 MW”. L’imprenditore agricolo può svolgere tali attività…purché la superficie occupata dall’impianto fotovoltaico non sia superiore al 10 per cento della superficie agricola utile (SAU)…”. In tale quadro, il concetto di “superficie agricola utile” non si riferisce ad aree potenzialmente atte a detto fine: viceversa, esso esclude ogni possibilità di utilizzazione dell’area agricola se non sia strettamente collegata ad una produzione in atto, tra l’altro condotta dallo stesso imprenditore agricolo. La normativa dettata dalla Regione trova evidentemente la sua ratio nella volontà di evitare un uso improprio e distorto delle aree destinate ad utilizzo agricolo, preservandone la finalità propria ed imponendo così una sorta di strumentalità, dell’impianto di produzione di energia fotovoltaica, all’azienda agricola, escludendo, perciò, che siano poste in essere condotte elusive di tale finalità.


Pres. Radesi, Est. Massari – L. s.a.r.l. (Chierrone) c. Provincia di Arezzo (avv. Falsini), Ministero della Difesa e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 2^ - 8 ottobre 2013, n. 1345

SENTENZA

 

TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 8 ottobre 2013, n. 1345

N. 01345/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00913/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 913 del 2012, proposto da:
La Cicogna Societa’ Agricola a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Vittorio Chierroni, con domicilio eletto presso Vittorio Chierroni in Firenze, via dei Rondinelli 2;

contro

Provincia di Arezzo, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Maria Letizia Falsini, con domicilio eletto presso – Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40;
Ministero della Difesa, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dello Sviluppo Economico, in persona dei rispettivi Ministri in carica, ENAC – Ente Nazionale Aviazione Civile, ENAV – Ente Nazionale Assistenza al Volo – S.p.A., Comando Militare Esercito “Toscana”, Comando in Capo del Dipartimento Militare Marittimo dell’Alto Tirreno, Comando 1° Regione Aerea Aeronautica Militare, Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Toscana, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Comune di Terranuova Bracciolini;
Regione Toscana, in persona del Presidente in carica;
ASL 8 – Arezzo, in persona del legale rappresentante p.t.;
ARPAT – Agenzia Regionale Protezione Ambiente Toscana, Agenzia Regionale Protezione Ambiente – Dipartimento di Arezzo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t.;

nei confronti di

Enel Distribuzione S.p.A., Snam Rete Gas S.p.A. in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t.;

per l’annullamento

procedimento unificato per la costruzione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico nota 58438/41.19.05.11 del 29 marzo 2012 del Dirigente del Servizio Energia della Provincia di Arezzo

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Arezzo e di Ministero della Difesa, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dello Sviluppo Economico, ENAC – Ente Nazionale Aviazione Civile, ENAV – Ente Nazionale Assistenza al Volo – S.p.A., Comando Militare Esercito “Toscana”, Comando in Capo del Dipartimento Militare Marittimo dell’Alto Tirreno, Comando 1° Regione Aerea Aeronautica Militare, Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Toscana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2013 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente, costituita in data 1 agosto 2011 allo scopo precipuo di realizzare un impianto fotovoltaico nel comune di Terranuova Bracciolini, in località “La Cicogna”, stipulava il 1° settembre 2011 un contratto preliminare di compravendita per l’acquisto di un terreno agricolo della superficie di circa mq. 35.681.

Il successivo 11 novembre veniva presentata alla Provincia di Arezzo la domanda di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio, insistente su una porzione di tale terreno, di un impianto di produzione energetica da fonte rinnovabile di tipo fotovoltaico, ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003.

In data 14 dicembre 2011 la Provincia di Arezzo convocava la conferenza di servizi per il successivo 27 dicembre e, in tale sede, dopo aver dato atto dei pareri favorevoli pervenuti dal Comune e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici, veniva rilevata la necessità di acquisire documentazione tecnica integrativa ed alcuni nullaosta di enti non presenti.

Nonostante le sollecitazioni dell’interessata, soltanto il 15 febbraio 2012 l’amministrazione procedente trasmetteva, in via informale, che veniva poi ufficialmente inviato alla società il 23 febbraio 2012.

Essendo sorti dubbi in ordine all’interpretazione data dalla Provincia al requisito della “superficie agricola utile” richiesto dalla legge regionale n. 11/2011 quale presupposto per la realizzazione degli impianti fotovoltaici in zona agricola, l’azienda inviava all’Amministrazione una richiesta di chiarimenti evidenziando che “nel verbale… si legge, riguardo alla dimostrazione della superficie agricola utile (SAU): <risulta che la SAU, costituita da superfici coltivate, ammonta a circa mq. 35.000, laddove la superficie occupata dall’impianto fotovoltaico risulta ammontare circa mq. 3300>”. Si richiedeva pertanto se, con il termine superfici coltivate, “si intende dire, così come pare legittimo, superfici destinati alla coltivazione e quindi a prescindere dal fatto che, nell’attualità, la coltivazione sia o meno già iniziata”.

Nelle more del procedimento interveniva la legge n. 27 del 24 marzo 2012 che, all’art. 65, co. 1, prevedeva che “agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non è consentito l’accesso agli incentivi statali di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28”, soggiungendo al comma 2 che “il comma 1 non si applica…. agli impianti solari fotovoltaici che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data d’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, a condizione che in ogni caso l’impianto entri in esercizio entro centottanta giorni dalla data di conversione del presente decreto…”.

A seguito dell’entrata in vigore della legge citata la realizzazione dell’impianto progettato diveniva diseconomico, ad avviso della deducente, in assenza di finanziamenti statali e, quindi, la società si vedeva costretta a rinunciare all’investimento, procedendo alla dismissione dell’azienda e alla risoluzione del contratto preliminare stipulato con i promissari venditori.

Solo in data 29 marzo 2011 la Provincia rispondeva alla richiesta di chiarimenti inoltrata all’azienda agricola ricorrente precisando che “…si ritiene che nella nozione di <superficie coltivata> rientrino le aree per le quali possa essere fornita la dimostrazione che le stesse sono attualmente in coltivazione, ovvero, siano a riposto, ma riconducibili alla ordinaria rotazione colturale”.

Conseguentemente la società in intestazione proponeva ricorso per l’annullamento di detta nota oltre che per il risarcimento del danno asseritamente subito a causa del colpevole ritardo della Provincia di Arezzo nella definizione del procedimento di autorizzazione unica.

Venivano dedotti i motivi che seguono:

1. Con riferimento alla nota n. 58438/41.19.05.11 del 29 marzo 2012 e al presupposto verbale della conferenza di servizi del 27 dicembre 2011:

Violazione dell’articolo 97 della costituzione. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 ed allegato A alla legge regionale 21 marzo 2011 n. 11. Violazione e/o falsa applicazione dell’art.10 d.lgs. n. 28/2011. eccesso di potere del travisamento dei fatti difetto dei presupposti. Difetto di istruttoria. Illogicità e contraddittorietà manifeste. Disparità di trattamento.

2. Risarcimento del danno per il mancato rilascio, nei termini previsti dalla legge, dell’autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 20 giugno 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.


DIRITTO

Con il ricorso in esame viene impugnata la nota n. 58438/41.19.05.11 del 29 marzo 2012 con cui la Provincia di Arezzo, in esito alla richiesta di chiarimenti inviata dalla società ricorrente in merito alla nozione di <superficie coltivata> richiesta dalla legge regionale n. 11/2011 quale presupposto per la realizzazione degli impianti fotovoltaici in zona agricola, rispondeva precisando che “… si ritiene che nella nozione di <superficie coltivata> rientrino le aree per le quali possa essere fornita la dimostrazione che le stesse sono attualmente in coltivazione, ovvero, siano a riposto, ma riconducibili alla ordinaria rotazione culturale”.

L’assunto dell’Amministrazione sarebbe, ad avviso della ricorrente, erroneo e contrastante con quanto disposto dall’art. 4 ed allegato A alla legge regionale 21 marzo 2011 n. 11 e dall’art.10 d.lgs. n. 28/2011.

La difesa della Provincia eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.

La tesi merita condivisione.

Osserva il collegio che la regola secondo la quale l’atto endoprocedimentale non è autonomamente impugnabile incontra un’eccezione nel caso di atti di natura vincolata (pareri o proposte), idonei come tali ad imprimere un indirizzo ineluttabile alla determinazione conclusiva, di atti interlocutori, idonei a cagionare un arresto procedimentale capace di frustrare l’aspirazione dell’istante ad un celere soddisfacimento dell’interesse pretensivo prospettato, e di atti soprassessori, che, rinviando ad un avvenimento futuro ed incerto nell’an e nel quando il soddisfacimento dell’interesse pretensivo fatto valere dal privato, determinano un arresto a tempo indeterminato del procedimento che lo stesso privato ha attivato a sua istanza idonei, come tali, ad imprimere un indirizzo ineludibile alla determinazione conclusiva (cfr. Cons. Stato sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 296; id., 11 marzo 2004, n. 1246).

Nel caso di specie, la nota impugnata, come è del tutto evidente, è invece priva di ogni connotato provvedimentale, essendosi con essa la Provincia limitata a fornire risposta ad un quesito avanzato dalla deducente a margine del procedimento autorizzatorio, peraltro mai giunto a conclusione per la rinuncia dell’interessata.

Solo nell’ipotesi in cui, sulla base della predetta nota, l’Amministrazione fosse pervenuta a negare l’autorizzazione richiesta l’atto avrebbe potuto produrre, trasfuso nel provvedimento conclusivo, effetti lesivi nella sfera giuridica della ricorrente, ma in questa fase del procedimento essa assume semplicemente la valenza di una manifestazione di scienza interlocutoria, inidonea di per sé a determinare un arresto del procedimento stesso.

Si consideri in proposito che, secondo consolidata giurisprudenza, neppure un parere emesso nell’ambito di una conferenza di servizi, quale atto interno al procedimento, è idoneo ad incidere sull’interesse del ricorrente, e non è perciò autonomamente impugnabile (T.A.R. Lazio, sez. III, 26 gennaio 2012, n. 872; T.A.R. Marche, 28 maggio 2011, n. 431).

Analoghe considerazioni si ripropongono per l’impugnativa del verbale della conferenza di servizi istruttoria del 27 dicembre 2011 il quale “fotografa” una fase meramente interlocutoria del procedimento.

Orbene, poiché l’impugnativa di un atto amministrativo presuppone quale condizione dell’azione un interesse concreto ed attuale in chi la propone, ne discende che la domanda di annullamento deve essere dichiarata inammissibile.

La ricorrente avanza anche un’autonoma domanda di risarcimento del danno, (articolato come danno da ritardo e danno da perdita di chance) quantificato in € 229.824,19 (oltre interessi e rivalutazione monetaria) e asseritamente causato dal mancato tempestivo rilascio del titolo abilitativo, imputabile al grave e inescusabile ritardo con il quale la Provincia di Arezzo avrebbe condotto il relativo procedimento.

Ad avviso della ricorrente il progetto di impianto fotovoltaico proposto aveva tutti i requisiti di legge per essere autorizzato e l’indugio frapposto dall’amministrazione nel corso dell’istruttoria avrebbe determinato il venir meno della convenienza economica alla realizzazione dell’impianto stesso a causa del sopravvenire del decreto-legge n. 1/2012, convertito in legge n. 27 del 24 marzo 2012, che non consente più l’accesso agli incentivi statali fissati nel decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 per gli impianti da installare in aree classificate agricole, a meno che già non autorizzati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

L’assunto non è persuasivo.

La domanda proposta nella fattispecie si atteggia come risarcimento del danno da perdita di chance determinata, in questo caso, non da un provvedimento di diniego riferito al bene della vita cui il ricorrente aspirava, bensì causato dal ritardo con l’Amministrazione avrebbe provveduto.

Si rileva, in proposito, che ai fini della risarcibilità del danno da perdita di chance, occorre il positivo accertamento di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità per detta lesione, purché la chance si presenti con una consistenza suscettibile di verifica secondo parametri probabilistici, in applicazione dei quali emerga che, eliminando dal processo logico le illegittimità dell’azione amministrativa, il ricorrente avrebbe avuto concrete possibilità di conseguimento del bene sperato (Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2974).

L’istanza di risarcimento per perdita di chance richiede, in altre parole, la prova, almeno in via indiziaria, che il ricorrente leso dall’illegittimità della procedura avrebbe avuto serie o apprezzabili possibilità di giungere a positiva conclusione, senza il diniego o, o come nel caso in esame, il ritardo con cui l’Amministrazione abbia effettivamente provvedimento (Cons. Stato, sez. V, 3 agosto 2004 n. 5440).

Nella fattispecie, tuttavia, neppure può affermarsi che l’Amministrazione resistente abbia opposto un diniego all’istanza dell’interessata posto che, come si è visto, il procedimento non è stato concluso per volontà stessa di quest’ultima.

In tema, questo T.A.R. ha avuto modo di argomentare che “Vertendosi in materia di interessi pretensivi, ai fini del risarcimento occorre la prova, ancorché fornita a mezzo di presunzioni, che l’aspirazione al provvedimento fosse destinata ad esito favorevole, quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene della vita collegato a tale interesse. Siffatto giudizio prognostico, nella specie, è tuttavia impedito dalla circostanza che in capo all’amministrazione procedente residuano poteri di valutazione discrezionale, il cui esercizio non può essere attratto dal giudice….” (T.A.R. Toscana, sez. I, n. 629 del 7 aprile 2011).

Non può evidentemente farsi ridondare in danno della controparte l’autonoma scelta di non proseguire nella coltivazione della propria pretesa nell’assunto non dimostrato della sopravvenuta diseconomicità del progetto.

Quanto poi alla probabilità che l’esito del procedimento avrebbe avuto un esito negativo si osserva quanto segue.

L’art. 4 della legge reg. n. 11/2011 (in tema di individuazione di aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici a terra) stabilisce che “Fino all’integrazione del piano di indirizzo energetico regionale con i contenuti previsti dall’art. 6, co. 2, lett. c-bis) della legge regionale 12 luglio 2005, n. 39….le aree non idonee all’installazione di impianti fotovoltaici a terra sono individuate dall’allegato A”.

Per tutte le tipologie di impianti e per le zone escluse detto allegato dispone, in via di eccezione, la loro realizzabilità in relazione “ad attività connesse all’agricoltura, svolte da imprenditori agricoli ai sensi dell’art. 2135 c.c. e nei limiti indicati dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 32/E del 6 luglio 2009, paragrafo 4, purché l’impianto si è inserito con modalità tali da assicurare il minor impatto paesaggistico, privo di platee in cemento, e comunque entro il limite massimo di 1 MW”.

L’imprenditore agricolo può svolgere tali attività…purché la superficie occupata dall’impianto fotovoltaico non sia superiore al 10 per cento della superficie agricola utile (SAU)…”.

La questione dirimente si incentra sul significato da attribuire alla nozione di “superficie agricola utile” che, secondo la ricorrente, non comporterebbe la coltivazione in atto del terreno, ma solo la sua potenziale attitudine a detto fine.

La tesi è, tuttavia, sprovvista di pregio.

Infatti, la citata circolare alla quale fa rimando la norma regionale precisa che “trattandosi di attività agricola <connessa> presuppone, comunque, un collegamento con l’attività agricola tipica, caratterizzato dalla presenza di un’azienda con terreni coltivati…in particolari i terreni di proprietà dell’imprenditore agricolo o comunque nella sua disponibilità devono essere condotti dall’imprenditore medesimo”.

Viene esclusa, quindi, ogni possibilità di utilizzazione dell’area agricola se non sia strettamente collegata ad una produzione in atto, tra l’altro condotta dallo stesso imprenditore agricolo.

La normativa dettata dalla Regione trova evidentemente la sua ratio nella volontà di evitare un uso improprio e distorto delle aree destinate ad utilizzo agricolo, preservandone la finalità propria ed imponendo così una sorta di strumentalità, dell’impianto di produzione di energia fotovoltaica, all’azienda agricola, escludendo, perciò, che siano poste in essere condotte elusive di tale finalità.

Ne discende che, non essendo rinvenibili in capo alla società ricorrente i suddetti presupposti, il giudizio prognostico in ordine all’istanza da questa presentata alla Provincia non può che manifestarsi in senso negativo.

Conclusivamente la domanda risarcitoria va respinta, seguendo le spese di giudizio la soccombenza come in dispositivo liquidate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano forfettariamente in € 3.000,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Ugo De Carlo, Primo Referendario

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
    

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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