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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo Numero: 1438 | Data di udienza: 15 Giugno 2011

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – M.I.S.E.  e bonifica – Richiesta di adozione di misure di M.I.S.E.  – Pretesa autoritativa – Esercizio del potere di cui agli artt. 242 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Adozione del provvedimento in esito a conferenza di servizi istruttoria – Conseguenze – Soggetti interessati non responsabili – Facoltà di eseguire le opere di bonifica – Amministrazioni – Esecuzione d’ufficio – Onere reale e privilegio speciale sul fondo – Principio “chi inquina paga”.
 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 29 Settembre 2011
Numero: 1438
Data di udienza: 15 Giugno 2011
Presidente: Nicolosi
Estensore: Grauso


Premassima

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – M.I.S.E.  e bonifica – Richiesta di adozione di misure di M.I.S.E.  – Pretesa autoritativa – Esercizio del potere di cui agli artt. 242 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Adozione del provvedimento in esito a conferenza di servizi istruttoria – Conseguenze – Soggetti interessati non responsabili – Facoltà di eseguire le opere di bonifica – Amministrazioni – Esecuzione d’ufficio – Onere reale e privilegio speciale sul fondo – Principio “chi inquina paga”.
 



Massima

 

TAR TOSCANA,  Sez. 2^ – 29 settembre 2011, n. 1438


INQUINAMENTO DEL SUOLO – M.I.S.E.  e bonifica – Richiesta di adozione di misure di M.I.S.E.  – Pretesa autoritativa – Esercizio del potere di cui agli artt. 242 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Adozione del provvedimento in esito a conferenza di servizi istruttoria – Conseguenze.

La richiesta di adottare misure di M.I.S.E. e di presentare un nuovo progetto di bonifica delle acque di falda, corredata dei rispettivi termini per l’esecuzione e fondata sul riscontro del superamento delle CSC per i parametri triclorometano e tetracloroetilene, esprimendo chiaramente una pretesa autoritativa nei confronti della sua destinataria, non può che rappresentare un’espressione del potere disciplinato dagli artt. 242 e ss. del D.Lgs. n. 152/06, e come tale, a dispetto del mancato utilizzo di terminologie sacramentali e solenni, presenta indubbia valenza provvedimentale. In contrario non rileva  l’adozione dell’ordine di m.i.s.e. e di bonifica all’esito di una conferenza di servizi istruttoria, tale circostanza potendo, semmai, costituire vizio del procedimento suscettibile di riverberarsi sulla legittimità della “richiesta” finale, ma non sull’attitudine di quest’ultima a produrre, per il caso di sua inosservanza, gli effetti previsti dalle disposizioni di legge che ne costituiscono  titolo giuridico.

Pres. Nicolosi, Est. Grauso – E. s.r.l. (avv.ti Capria, Grassi e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)

INQUINAMENTO DEL SUOLO – M.I.S.E. e bonifica – Artt. 242 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Soggetti interessati non responsabili – Facoltà di eseguire le opere di bonifica – Amministrazioni – Esecuzione d’ufficio – Onere reale e privilegio speciale sul fondo – Principio “chi inquina paga”.

Il sistema delineato dagli artt. 242 e segg. del D.Lgs. n. 152/06, confermando il previgente assetto normativo, pone a carico dell’effettivo responsabile della contaminazione gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, obblighi il cui adempimento da parte dei soggetti interessati, ma non responsabili, è configurato come una semplice facoltà, al punto che, nel caso di mancata individuazione del responsabile, la legge stabilisce che le opere di messa in sicurezza e di bonifica non possano venire coattivamente addossate a terzi soggetti pur interessati, ma vadano realizzate dalle amministrazioni competenti. Queste ultime sono assistite, per il recupero delle spese sostenute, da un onere reale e da un privilegio speciale sul fondo, che tuttavia sono esercitabili nei confronti del proprietario incolpevole solo a seguito di provvedimento motivato che giustifichi, tra l’altro, l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile, o di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto, ovvero la loro infruttuosità.  Tale sistema risponde al principio “chi inquina paga” di derivazione europea, che consiste nell’imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2009, n. 3885).

Pres. Nicolosi, Est. Grauso – E. s.r.l. (avv.ti Capria, Grassi e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 2^ - 29 settembre 2011, n. 1438

SENTENZA

 

TAR TOSCANA,  Sez. 2^ – 29 settembre 2011, n. 1438

 

N. 01438/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00687/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 687 del 2010, proposto da:
Eaton S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonella Capria, Stefano Grassi e Teodora Marocco, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Firenze, corso Italia 2;

contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Dir. Gen. del Territorio e delle Risorse Idriche, Regione Toscana, Regione Toscana – Dip. Politiche Territoriali e Ambientali, Provincia di Massa Carrara, Comune di Massa, Provincia di Massa Carrara – Settore Ambiente e Trasporti, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Toscana, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Toscana – Dip. Prov.le di Massa e Carrara;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

– della Nota Prot. n. 5349/TRI/DI dell’11 marzo 2010 del Direttore Generale ad interim del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Ex Direzione Generale per la Qualità della Vita con cui si conferma “la richiesta all’Azienda, già formulata dalla Conferenza di Servizi istruttoria del 22/01/10, di avviare, entro 10 giorni dalla data di ricevimento dalla presente nota, idonei interventi di messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda in grado di impedire la diffusione della contaminazione all’esterno dell’area in esame nonché di presentare, entro 60 giorni dalla medesima data, il progetto di bonifica delle acque di falda medesime”;

– del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria, tenutasi il 22 gennaio 2010 presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ed avente ad oggetto il sito di interesse nazionale di Massa e Carrara con particolare riferimento al punto quarantaduesimo dell’ordine del giorno, in toto e comunque ove nelle “osservazioni” “La Direzione per la Qualità della Vita, (…), attesi i superamenti riscontrati nelle acque di falda (…) richiede all’Azienda di attivare, entro 10 giorni dalla presente Conferenza, idonei interventi di messa in sicurezza d’emergenza delle acque di falda consistenti nella realizzazione di una serie di pozzi di emungimento, comprendenti quelli risultati contaminati, e nel successivo trattamento delle acque di falda emunte, in grado di impedire la diffusione della contaminazione verso l’esterno dell’area in esame, nonché di presentare, entro 30 giorni dalla data della presente Conferenza, il progetto di bonifica delle acque di falda”;

– di ogni altro atto, presupposto, successivo o comunque connesso con gli atti impugnati, anche se non conosciuto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 giugno 2011 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 23 aprile 2010, e depositato il 30 aprile successivo, la Eaton S.r.l., proprietaria di un fondo di circa 79.315 mq con soprastante stabilimento industriale ubicato all’interno del sito inquinato di interesse nazionale di Massa Carrara, proponeva impugnazione avverso gli atti e provvedimenti in epigrafe, mediante i quali, rilevata la situazione di inquinamento della falda idrica sottostante all’area in questione, le era stato imposto di avviare idonei interventi di messa in sicurezza d’emergenza al fine di scongiurare la diffusione della contaminazione. La società ricorrente, ricostruite le vicende del procedimento di bonifica che sin dall’anno 2005 avevano interessato il sito, si affidava in diritto a sette motivi e concludeva per l’annullamento delle determinazioni assunte dall’amministrazione procedente, previa sospensiva.

Costituitosi in giudizio il Ministero dell’Ambiente, che resisteva al gravame, con ordinanza del 20 – 21 maggio 2010 il collegio accordava la misura cautelare richiesta.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 15 giugno 2011, preceduta dal deposito di memoria difensiva ad opera della sola Eaton.

DIRITTO

La Eaton S.r.l. impugna in via principale la nota dell’11 marzo 2010, con cui la Direzione generale per la qualità della vita del Ministero dell’Ambiente – confermando quanto già stabilito il 22 gennaio 2010 in sede di conferenza di servizi, le cui determinazioni sono pure oggetto di gravame – le ha fatto richiesta di avviare sull’area industriale, di proprietà della stessa ricorrente ed ubicata all’interno del sito inquinato di interesse nazionale di Massa Carrara, idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza, atti a impedire la diffusione verso l’esterno degli inquinanti (triclorometano e tetracloroetilene) rinvenuti nelle acque di falda, nonché di presentare il progetto per la definitiva bonifica delle acque medesime.

Il Ministero resistente eccepisce, pregiudizialmente, l’inammissibilità del ricorso, sostenendo che l’atto impugnato, non presentando i caratteri formali e sostanziali del provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi, sarebbe privo di immediata lesività. D’altro canto, la stessa conferenza in questione avrebbe natura istruttoria, di talché le determinazioni da essa assunte sarebbero, del pari, sprovviste di contenuto prescrittivo e, perciò, non autonomamente impugnabili.

L’eccezione è infondata.

La conferenza di servizi convocata presso il Ministero dell’Ambiente il 22 gennaio 2010 era finalizzata all’esame, fra l’altro, dei risultati della caratterizzazione integrativa e dell’intervento di rimozione e smaltimento presentati dalla odierna ricorrente relativamente all’area industriale di sua proprietà in Massa Carrara, interessata sin dal 2005 da un intervento volontario di bonifica (nell’ambito della più ampia bonifica del S.I.N. di Massa Carrara), e, nel corso del relativo procedimento, già restituita agli usi legittimi, con prescrizioni, dalla conferenza decisoria del 10 febbraio 2009. La “richiesta” di adottare misure di messa in sicurezza di emergenza e di presentare un nuovo progetto di bonifica delle acque di falda, contenuta nella nota ministeriale dell’11 marzo in conformità alle conclusioni raggiunte nella conferenza dei servizi, e corredata dei rispettivi termini per l’esecuzione, si fonda sul riscontro del superamento delle CSC per i parametri triclorometano e tetracloroetilene all’esito delle indagini supplementari eseguite in ottemperanza a quanto disposto, appunto, dalla conferenza decisoria del febbraio 2009; essa, esprimendo chiaramente una pretesa autoritativa nei confronti della sua destinataria, sul piano sostanziale non può che rappresentare un’espressione del potere disciplinato dagli artt. 242 e seguenti del D.Lgs. n. 152/06, e come tale, a dispetto del mancato utilizzo di terminologie sacramentali e solenni, presenta indubbia valenza provvedimentale.

In contrario non rileva, evidentemente, che l’adozione dell’ordine di m.i.s.e. e di bonifica sia stato adottato all’esito di una conferenza di servizi istruttoria, tale circostanza potendo, semmai, costituire vizio del procedimento suscettibile di riverberarsi sulla legittimità della “richiesta” finale, ma non sull’attitudine di quest’ultima a produrre, per il caso di sua inosservanza, gli effetti previsti dalle disposizioni di legge che ne costituiscono l’unico titolo giuridico ipotizzabile.

Nel merito, con il primo motivo di ricorso è dedotta innanzitutto la violazione degli artt. 240, 242 e 244 del D.Lgs. n. 152/06, nella misura in cui il Ministero avrebbe richiesto l’attivazione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza senza preventivamente verificarne la necessità: nonostante la presenza di una lieve contaminazione rispetto alle CSC, non sarebbe stata infatti accertata alcuna diffusione dell’inquinamento verso l’esterno e, d’altro canto, le acque interessate dal fenomeno sarebbero pur sempre pienamente conformi ai parametri di potabilità.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta che l’amministrazione avrebbe omesso di effettuare le dovute indagini circa la responsabilità della contaminazione, imponendo l’onere della messa in sicurezza e della bonifica al proprietario incolpevole. Se avesse svolto le opportune indagini, il Ministero avrebbe, invece, potuto verificare che gli inquinanti rinvenuti nella falda, con ogni verosimiglianza, provenivano da altre industrie presenti sul sito.

Con il terzo motivo, la ricorrente evidenzia come l’intervento richiestole sarebbe manifestamente sproporzionato con riguardo sia alla natura dell’inquinamento in atto, sia alle responsabilità imputabili ad essa Eaton nella produzione dell’inquinamento stesso. In particolare, la realizzazione di una serie di pozzi di emungimento ed il successivo trattamento delle acque emunte, come prescritti dalla conferenza di servizi del 22 gennaio 2010, sarebbero inidonei a far cessare la diffusione della contaminazione, proveniente dall’esterno del sito di proprietà della ricorrente.

Con il quarto motivo, la legittimità dell’ordine di provvedere al trattamento delle acque di falda emunte è evidenziata con riferimento al fatto che, pur se lievemente contaminate, si tratterebbe pur sempre di acque conformi ai limiti stabiliti dalla legge per lo scarico in acque superficiali.

Con il quinto motivo, si afferma che l’intervento richiesto dal Ministero a titolo di messa in sicurezza d’emergenza avrebbe un contenuto sostanzialmente coincidente con quello della bonifica, risultandone con ciò violate le lettera e la ratio dell’art. 242 D.Lgs. n. 152/06, oltretutto in assenza di qualsivoglia verifica circa la rispondenza di quell’intervento alle migliori tecniche disponibili, conformemente ai principi della materia.

Con il sesto motivo, la ricorrente si duole specificamente della richiesta, rivoltale dal Ministero, di presentare entro sessanta giorni un progetto di bonifica dell’area, senza attendere l’approvazione del documento contenente l’analisi dei rischi e la definitiva caratterizzazione del sito.

Con il settimo motivo, infine, è denunciata la violazione delle regole che governano il procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale a norma dell’art. 252 del più volte citato D.Lgs. n. 152/06. L’adozione del provvedimento direttoriale impositivo degli oneri di m.i.s.e. e di bonifica sarebbe seguito ad una conferenza di servizi istruttoria, e non a quella decisoria contemplata dalla legge; sarebbe mancata, inoltre, l’acquisizione del parere del Ministro dello Sviluppo Economico, prevista dalla norma.

I motivi, che saranno esaminati congiuntamente, sono fondati per quanto di ragione.

Il sistema delineato dagli artt. 242 e segg. del D.Lgs. n. 152/06, confermando il previgente assetto normativo, pone a carico dell’effettivo responsabile della contaminazione gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, obblighi il cui adempimento da parte dei soggetti interessati, ma non responsabili, è configurato come una semplice facoltà, al punto che, nel caso di mancata individuazione del responsabile, la legge stabilisce che le opere di messa in sicurezza e di bonifica non possano venire coattivamente addossate a terzi soggetti pur interessati, ma vadano realizzate dalle amministrazioni competenti. Queste ultime sono assistite, per il recupero delle spese sostenute, da un onere reale e da un privilegio speciale sul fondo, che tuttavia – ad ulteriore conferma del collegamento necessario tra responsabilità dell’inquinamento e obbligo di bonifica – sono esercitabili nei confronti del proprietario incolpevole solo a seguito di provvedimento motivato che giustifichi, tra l’altro, l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile, ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto, ovvero la loro infruttuosità.

Tale sistema risponde, com’è noto, al principio “chi inquina paga” di derivazione europea, che consiste nell’imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2009, n. 3885). Nella fattispecie, al contrario, le indagini circa il superamento delle CSC per i parametri triclorometano e tetracloroetilene, riscontrato nella falda sottostante l’area di proprietà della ricorrente, non sono accompagnate da alcun approfondimento in ordine alla effettiva imputabilità della contaminazione all’attività di Eaton S.r.l., a maggior ragione se si tiene conto del fatto che l’intera area del S.I.T. – e non soltanto la porzione di proprietà ed occupata dalla ricorrente – è interessata dalla presenza degli stessi e di altri inquinanti. L’imposizione alla ricorrente degli oneri di m.i.s.e. e di bonifica non poggia, dunque, su concrete risultanze istruttorie circa la effettiva riconducibilità degli inquinanti all’attività della Eaton, ma finisce per rivelarsi inammissibilmente fondata sull’equazione che fa discendere la responsabilità dalla titolarità del diritto dominicale sul fondo (a maggior ragione, se si considera che l’attività dello stabilimento Eaton era cessata da oltre un anno e mezzo, alla data di adozione del provvedimento impugnato).

Altrettanto viziata, sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione, risulta la determinazione del Ministero di imporre l’adozione di misure di messa in sicurezza d’emergenza volte ad impedire la diffusione della contaminazione della falda verso l’esterno. La scelta di fare luogo al confinamento idraulico della falda limitatamente al lotto della ricorrente non è, infatti, sorretta da alcuna confutazione delle approfondite osservazioni procedimentali formulate dalla Eaton (si veda la nota del 24 febbraio 2010), laddove viene evidenziato, sulla scorta di rilievi analitici, l’interessamento di un’area più vasta e, quindi, l’esigenza di fronteggiare la contaminazione in atto mediante una soluzione unitaria, coinvolgente l’intero S.I.N., piuttosto che attraverso interventi frazionati.

Del resto, gli atti impugnati non chiariscono se, e per quali motivi, le misure imposte alla ricorrente rappresentino la soluzione conforme alle migliori tecnologie disponibili, mancando sia una valutazione comparativa con altre soluzioni, sia una qualche ponderazione dei costi e benefici intrinsecamente connessi all’opzione prescelta.

Stante il carattere assorbente delle considerazioni esposte, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato ordine di m.i.s.e. e di bonifica, nonché degli atti ad esso presupposti e, segnatamente, del verbale della conferenza di servizi del 22 gennaio 2010, nella parte in cui si riferisce alla posizione della società ricorrente.

Le spese di lite seguono la soccombenza delle amministrazioni resistenti, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla gli atti e provvedimenti impugnati.

Condanna le amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 15 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario, Estensore
        
L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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