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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Armi Numero: 671 | Data di udienza: 24 Ottobre 2023

ARMI – Porto d’armi – Divieto detenzione armi e munizioni – Revoca porto di fucile – Inaffidabilità destinatario del divieto – Finalità divieto di detenzione di armi (Massima a cura di Lucrezia Corradetti)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Umbria
Città: Perugia
Data di pubblicazione: 29 Novembre 2023
Numero: 671
Data di udienza: 24 Ottobre 2023
Presidente: Ungari
Estensore: Daniele


Premassima

ARMI – Porto d’armi – Divieto detenzione armi e munizioni – Revoca porto di fucile – Inaffidabilità destinatario del divieto – Finalità divieto di detenzione di armi (Massima a cura di Lucrezia Corradetti)



Massima

TAR UMBRIA, Sez. 1^ – 29 novembre 2023, n. 671

ARMI – Porto d’armi – Divieto detenzione armi e munizioni – Revoca porto di fucile – Inaffidabilità destinatario del divieto – Finalità divieto di detenzione di armi.

Il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto ma un’eccezione al normale divieto di detenere armi che opera solo in relazione a soggetti per i quali sussista una completa e perfetta sicurezza circa il “buon uso” delle armi. Il divieto di detenzione delle armi è un provvedimento che non ha finalità sanzionatoria, bensì meramente cautelare. Il Prefetto, nel vietare la detenzione di armi, nell’esercizio della sua discrezionalità, può prescindere dalla piena prova o anche da fondati indizi di commissione di reati, potendo fare affidamento sul mero sospetto o pericolo per la sicurezza pubblica, sulla base di risultanze desumibili da qualsivoglia elemento a disposizione dell’Amministrazione.

Pres.Ungari, Est. Daniele – Omissis (avv.ti Colangeli e Marras) c. Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Perugia, Questura di Perugia (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR UMBRIA, Sez. 1^ – 29 novembre 2023, n. 671

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 601 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Giorgio Colangeli, Laura Marras, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giorgio Colangeli in Roma, via Trionfale 5637;

contro

Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Perugia, nonché Questura di Perugia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Perugia, via degli Offici, 14

per l’annullamento

previa sospensione cautelare:

– del decreto della Prefettura di Terni-Ufficio Territoriale del Governo, prot. n. -OMISSIS- datato -OMISSIS-, notificato in data -OMISSIS-, con cui è stato fatto divieto alla Sig.ra -OMISSIS- di detenere armi e munizioni;

– del provvedimento del Questore della Provincia di Terni prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, notificato in data -OMISSIS-, con cui è stata revocata alla Sig.ra -OMISSIS- la licenza di porto di fucile per uso caccia;

– di ogni altro atto/provvedimento presupposto e/o conseguente e/o connesso, ancorché non conosciuto dalla ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Terni e della Questura di Terni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2023 la dott.ssa Elena Daniele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La Sig.ra -OMISSIS- espone di essere titolare di licenza di detenzione di fucile ad uso venatorio dal 2019, senza rilievi; nel -OMISSIS- le veniva notificato dalla Prefettura di Terni un provvedimento di divieto di detenzione armi, cui seguiva la revoca del porto di fucile da parte della Questura. Entrambi i provvedimenti erano motivati sull’avvenuta emanazione di una ordinanza di custodia cautelare per il reato di omicidio a carico del compagno nonché padre dei suoi due figli -OMISSIS-.

2. Nello specifico l’Autorità di pubblica sicurezza riteneva che seppure la Sig.ra -OMISSIS- non fosse convivente con il -OMISSIS-, – che nelle more dell’emanazione dei provvedimenti veniva scarcerato a seguito di riesame dell’ordinanza coercitiva – l’abituale frequentazione con costui non la rendesse affidabile circa il buon uso delle armi, proprio per il rischio che il compagno potesse entrare in possesso delle armi da lei detenute.

3. La Sig.ra -OMISSIS- impugnava avanti a questo T.a.r. i provvedimenti limitativi dell’uso delle armi.

3.1. Con il primo motivo e il secondo motivo di ricorso, formalmente separati ma sostanzialmente omogenei, la ricorrente deduceva la violazione degli artt. 10, 11 e 43 del TULPS, nonché l’eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, omessa istruttoria e il difetto di motivazione. Risulterebbero del tutto assenti i presupposti di legge per l’applicazione di un provvedimento restrittivo in tema di armi, e, tra l’altro, l’amministrazione non motivava in alcun modo circa la presunta inaffidabilità della ricorrente, che era tuttora incensurata, quando invece la giurisprudenza richiede specifici indizi individualizzanti nei confronti del soggetto destinatario della misura. Inoltre il presupposto su cui poggiava il decreto prefettizio, ovvero la pendenza di un procedimento penale in capo al compagno non convivente, rendeva la determinazione di divieto nei confronti della Sig.ra -OMISSIS- palesemente sproporzionata rispetto al fine di tutela dell’ordine pubblico.

3.2. Con il terzo motivo di ricorso si impugnava per sola invalidità derivata la revoca della licenza di porto di fucile.

4. Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio segnalando, tra le altre cose, che la scarcerazione del Sig. -OMISSIS- aggravava le esigenze di tutela dell’ordine pubblico a sostegno delle misure gravate proprio perché costui, che aveva abituale accesso all’abitazione della ricorrente anche per la frequentazione con i figli, avrebbe potuto facilmente disporre delle armi.

5. Con ordinanza cautelare del -OMISSIS- veniva respinta l’istanza di sospensiva proposta in allegato al ricorso introduttivo.

6. In vista dell’udienza di discussione la parte ricorrente depositava il provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Terni del -OMISSIS-, con cui si rigettava l’opposizione delle persone offese e si archiviava il procedimento penale a carico di -OMISSIS-. All’udienza del 24 ottobre 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.

7. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

8. Il primo e il secondo motivo di ricorso, che possono trattarsi congiuntamente per l’omogeneità delle questioni trattate devono essere disattesi.

8.1. Secondo un orientamento più volte ribadito anche da questo Tribunale amministrativo regionale, il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, piuttosto, un’eccezione al normale divieto di detenere armi (sancito dall’art. 699, cod. pen., e dall’art. 4, comma 1, l. n. 110 del 1975); tale eccezione può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa il “buon uso” delle armi stesse, in modo tale da evitare qualsiasi dubbio o perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività (ex multis Cons. Stato, sez. III, 21.04.2020, n. 2544; Id., sez. VI, 14/02/2007, n. 616; T.A.R. Umbria, 04/05/2022, n. 259).

Inoltre come correttamente ricordato dalla difesa erariale, il divieto di detenzione delle armi è un provvedimento che non ha finalità sanzionatoria, bensì meramente cautelare: pertanto il Prefetto, nell’esercizio della sua ampia discrezionalità, può sicuramente prescindere dalla piena prova o anche da fondati indizi di commissione di reati, potendo fare affidamento sul mero sospetto o pericolo per la sicurezza pubblica, sulla base di risultanze desumibili da qualsivoglia elemento a disposizione dell’Amministrazione.

Più nello specifico, l’Amministrazione può legittimamente fondare il giudizio di ‘non affidabilità’ del titolare del porto d’armi valorizzando il verificarsi di situazioni genericamente non ascrivibili alla “buona condotta” dell’interessato, non rendendosi necessario al riguardo né un giudizio di pericolosità sociale del soggetto né un comprovato abuso nell’utilizzo delle armi in quanto, ai fini della revoca della licenza, l’Autorità di pubblica sicurezza può apprezzare discrezionalmente, quali indici rivelatori della possibilità d’abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale, indipendentemente dalla riconducibilità degli stessi alla responsabilità dell’interessato, purché l’apprezzamento non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo, all’esito di una valutazione ragionevole delle risultanze istruttorie e dei profili da cui desumere fondatamente la prognosi di inaffidabilità del richiedente. (Cons. Stato, sez. III, 28.12.2022, n. 11474).

8.2. I provvedimenti impugnati traggono la valutazione di inaffidabilità della ricorrente circa il buon uso delle armi dalla sua abituale frequentazione con il -OMISSIS-, sottoposto a procedimento penale per omicidio nei confronti della moglie. Detta valutazione viene corroborata da due elementi: la gravità del reato per il quale è indagato il -OMISSIS-, e l’importanza del legame di costui con la ricorrente, legame paragonabile ad un matrimonio, dato che seppure i due non erano formalmente conviventi all’epoca dei provvedimenti restrittivi, essi nondimeno risiedevano in due abitazioni vicine e condividono due figli minori.

8.3. A fronte di tali considerazioni non appare censurabile né sotto il profilo della ragionevolezza né sotto quello della proporzione la scelta, di natura squisitamente prudenziale, di privare della disponibilità di armi da fuoco la compagna di un soggetto sospettato di un delitto di sangue nei confronti di un prossimo congiunto, soggetto che proprio in virtù dei legami di familiarità con la ricorrente potrebbe facilmente avere accesso ai fucili detenuti da costei.

Infatti è stato affermato che anche la frequentazione di persone gravate da procedimenti penali di polizia ha un indubbio rilievo in sede di valutazione dell’affidabilità del titolare di una licenza di porto di fucile per uso caccia; in effetti, gli organi del Ministero dell’Interno ben possono rilevare come tali frequentazioni, da parte del titolare della licenza, possano dare luogo al rischio che l’arma sia presa dalle persone frequentate, e gravate da procedimenti penali, e sia impropriamente utilizzata: una tale valutazione risulta di per sé ragionevole, perché per una buona regola di prudenza è bene evitare che soggetti pregiudicati per gravi reati frequentino chi porti con sé armi, e viceversa. (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 26.07.2022, n. 2424). Tale valutazione risulta ancor più ragionevole quando la frequentazione sia stretta e continuativa come in una relazione sentimentale cementata dalla presenza di figli.

9. Dal rigetto dei primi due motivi deriva l’infondatezza anche del terzo, dato che il ricorrente censura la revoca della detenzione armi solo per illegittimità derivata, senza spiegare autonome censure, in considerazione della natura meramente consequenziale del decreto questorile di revoca del porto d’armi una volta che ne sia stata vietata la detenzione.

10. Peraltro di nessun rilievo ai fini del presente giudizio è la recente archiviazione del procedimento penale a carico del -OMISSIS-, giunta due anni più tardi rispetto all’emanazione dei provvedimenti impugnati, che quindi non potevano tenerne conto; detta positiva sopravvenienza potrà essere tuttavia indubbiamente valutata in sede di rivalutazione della posizione della Sig.ra -OMISSIS- a seguito di eventuale richiesta di revoca del divieto di detenzione armi.

11. Il ricorso deve quindi essere conclusivamente respinto.

12. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore del Ministero dell’Interno delle spese processuali, che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Pierfrancesco Ungari, Presidente

Daniela Carrarelli, Primo Referendario

Elena Daniele, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Elena Daniele

IL PRESIDENTE
Pierfrancesco Ungari

IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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