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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 1164 | Data di udienza: 12 Luglio 2012

* RIFIUTI –  Impianti di smaltimento – Rifiuti prodotti fuori dal territorio regionale – Art. 33,c- 3 l.r. Veneto n. 3/2000 – Implicita abrogazione per effetto della sopravvenuta norma di cui all’art. 182, c. 3, lett. b), d.lgs. n. 152/2006


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 21 Agosto 2012
Numero: 1164
Data di udienza: 12 Luglio 2012
Presidente: Di Nunzio
Estensore: Mielli


Premassima

* RIFIUTI –  Impianti di smaltimento – Rifiuti prodotti fuori dal territorio regionale – Art. 33,c- 3 l.r. Veneto n. 3/2000 – Implicita abrogazione per effetto della sopravvenuta norma di cui all’art. 182, c. 3, lett. b), d.lgs. n. 152/2006



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 21 agosto 2012. n. 1164


RIFIUTI –  Impianti di smaltimento – Rifiuti prodotti fuori dal territorio regionale – Art. 33,c- 3 l.r. Veneto n. 3/2000 – Implicita abrogazione per effetto della sopravvenuta norma di cui all’art. 182, c. 3, lett. b), d.lgs. n. 152/2006

 La disposizione di cui all’art. 33, c. 3, della l.r. Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (“in attuazione del principio per il quale i rifiuti devono essere smaltiti presso gli impianti appropriati più vicini al luogo di produzione dei rifiuti stessi, previsto dalla direttiva 91/156/CE e dal decreto legislativo n. 22/1997, i rifiuti speciali prodotti al di fuori del territorio regionale possono essere smaltiti nelle discariche di cui al comma 1, a condizione che nella Regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento”) è stata implicitamente abrogata per incompatibilità con la sopravvenuta norma di cui all’art. 182, comma 3, lett. b), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, riportata, senza soluzione di continuità all’art. 182 bis, comma 1, lett. b inserito dall’articolo 9 del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205, secondo cui lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di “permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti”. (cfr. sentenza Corte Costituzionale  n. 10 del 2009)

Pres. Di Nunzio, Est. Mielli – A.s.p.a. e altro (avv. Pellegrini) c. Regione Veneto (avv.ti Zanon, Mio e Munari) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 3^ - 21 agosto 2012. n. 1164

SENTENZA

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 21 agosto 2012. n. 1164


N. 01164/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02114/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2114 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Alles – Azienda Lavori Lagunari Escavo Smaltimenti Spa e Geo Nova Spa, rappresentati e difesi dall’avv. Vincenzo Pellegrini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Emanuela Rizzi in Venezia, Santa Croce, 312/A;

contro

Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ezio Zanon, Emanuele Mio e Tito Munari, domiciliata in Venezia, Cannaregio, 23;
Provincia di Treviso e Comune di Loria non costituitisi in giudizio;

per l’annullamento

A) quanto al ricorso originario:

– del decreto del Segretario Regionale Ambiente e Territorio della Regione Veneto (DSRAT) n. 41 del 30 giugno 2009, avente a oggetto l’autorizzazione ambientale integrata rilasciata alla società Alles ai sensi del Dlgs. n. 59/05 relativamente alla discarica per rifiuti speciali non pericolosi ex cava ai Ronchi in comune di Loria e, in particolare, del punto 7.3. del dispositivo, ove si prescrive che “il quantitativo massimo di rifiuti in conto terzi ammissibile nella discarica in parola sarà pari al 25 % del quantitativo complessivamente concesso”, nonché ogni altro atto connesso, ivi compresa la nota prot. n. 607846 del 14 novembre 2008, del Presidente della Commissione Regionale VIA, nella parte in cui si precisa che “la discarica in argomento deve intendersi in conto proprio, con la possibilità di conferimento di rifiuti conto terzi secondo quanto previsto dall’art. 33, commi 2 e 3, della l. reg. n. 3/00”;

B) quanto ai motivi aggiunti:

– del decreto del Segretario Regionale Ambiente e Territorio della Regione Veneto (DSRAT) n. 3 del 18 gennaio 2012 avente ad oggetto la modifica del decreto del Segretario Regionale Ambiente e Territorio della Regione Veneto (DSRAT) n. 41 del 30 giugno 2009 a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 244 del 2011 limitatamente ai punti 1 – A3 e 2 del dispositivo.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Vista la sentenza della Corte Costituzione n. 244 del 2011;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 luglio 2012 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Torna all’esame della Sezione la controversia che contrappone le ditte Alles – Azienda lavori lagunari escavo smaltimenti Spa e Geo Nova Spa, alla Regione Veneto, dopo che nell’ambito di questo giudizio la Corte Costituzionale con sentenza 25 luglio 2011, n. 244, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 2, legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, e l’inammissibilità della questione relativa all’art. 33, comma 3.

In punto di fatto va premesso che le Società ricorrenti hanno presentato alla Regione domanda di rilascio di un’autorizzazione per la realizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti non pericolosi nel Comune di Loria.

L’impianto avrebbe dovuto ricevere rifiuti provenienti da terzi fuori Regione per il 40% della propria capacità ricettiva, mentre la restante parte dei volumi sarebbe stata utilizzata per i rifiuti prodotti da Alles Spa.

Con deliberazione della Giunta regionale n. 3304 del 23 ottobre 2007, la Regione, sulla scorta del parere favorevole della commissione per la valutazione di impatto ambientale, ha espresso un giudizio di compatibilità ambientale favorevole.

In data 20 novembre 2007, è stata presentata domanda per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, che è stata accolta con decreto del Segretario regionale ambiente e territorio n. 41 del 30 giugno 2009.

Il punto 7.3 di tale decreto ha prescritto un limite al conferimento di rifiuti da terzi del 25% della capacità ricettiva, da intendersi riferito anche ai rifiuti provenienti da fuori Regione, richiamandosi alle disposizioni dei commi 2 e 3 dell’art. 33 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3.

Con il ricorso in epigrafe il decreto del Segretario Regionale Ambiente e Territorio della Regione Veneto n. 41 del 30 giugno 2009, unitamente alla nota regionale prot. n. 607846/4506 del 14 novembre 2008 (con la quale la Regione ha comunicato alla Provincia di Treviso di ritenere la possibilità di conferimento di rifiuti di terzi limitata nei limiti prescritti dall’art. 33, commi 2 e 3 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3), è impugnato sia nella parte in cui limita il conferimento di rifiuti provenienti da fuori Regione, sia nella parte in cui limita il conferimento di rifiuti provenienti da terzi nell’ambito della Regione, per le seguenti censure:

I a) violazione dell’art. 117 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2011, n. 3, violazione del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, dell’art. 33 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, carenza di presupposti, di istruttoria, irragionevolezza e difetto di motivazione in quanto la norma regionale va interpretata nel senso che deve ritenersi consentito lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi in conto terzi, provenienti da fuori regione, senza alcun limite quantitativo, perché al comma 3 di tale norma, correttamente interpretato alla luce di quanto ha disposto la Corte Costituzionale con sentenze n. 335 del 2001, n. 505 del 2002, e n. 10 del 2009, non può essere attribuito il significato di porre un limite predeterminato allo smaltimento in impianti regionali di rifiuti provenienti da fuori regione;

I b) erronea applicazione dell’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 33, perché tale norma deve intendersi implicitamente abrogata per incompatibilità con la sopravvenuta norma di cui all’art. 182, comma 3, lett. b), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, posto che l’incompatibilità risulta acclarata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2009 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di analoga norma contenuta nell’art. 3, comma 1, della legge regionale 31 ottobre 2009, n. 29, della Regione Puglia;

II) in via subordinata, illegittimità costituzionale dell’atto impugnato in via derivata per l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 33, in relazione agli artt. 117, comma 2, lett. s) e 120 della Costituzione;

III a) illegittimità degli atti impugnati per l’intervenuta abrogazione dell’art. 33, comma 2, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 33, perché contrario ai principi in materia;

III b) in via subordinata, illegittimità degli atti impugnati per illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 2, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 33, per violazione degli artt. 3, 41, 117, comma 2, lett, s), e 120 della Costituzione.

Si è costituita in giudizio la Regione Veneto sostenendo l’infondatezza delle censure proposte.

Con ordinanza n. 1047 del 18 novembre 2009, è stata respinta la domanda cautelare, per mancanza del requisito del periculm in mora.

A seguito della pubblica udienza del 18 febbraio 2010, con ordinanza collegiale n. 74 del 3 giugno 2010, è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 33, commi 2 e 3 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3.

La Corte Costituzionale con sentenza 25 luglio 2011, n. 244, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 2, della legge regionale, e inammissibile la questione dell’art. 33, comma 3.

Successivamente la Regione, affermando di volersi adeguare alla pronuncia della Corte Costituzionale, con decreto del Segretario regionale per l’ambiente n. 3 del 18 gennaio 2012, ha annullato in autotutela la prescrizione n. 7.3 del dispositivo del decreto del Segretario regionale ambiente e territorio n. 41 del 30 giugno 2009, e ha sostituito i considerando 30, 32 e 33 del medesimo.

In particolare la Regione afferma di aver ritenuto che, per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale, sia venuta meno la legittimità della prescrizione che ha limitato al 25% il quantitativo massimo di rifiuti in conto terzi che possono essere trattati nella discarica, ma al punto 1 A3) del dispositivo, sostituendo il punto 33 delle premesse del precedente decreto, ha stabilito che “il quantitativo massimo di rifiuti in conto terzi ammissibile nella discarica in parola sia fissato in conformità a quanto stabilito dall’art. 33 della L.R. n. 3 del 2000”, facendo in tal modo intendere di considerare ancora vigente il limite previsto dall’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, e affermando, nel punto 2 del dispositivo, che, salvo quanto non espressamente previsto dal nuovo decreto, tutte le indicazioni e prescrizioni del decreto n. 41 del 30 giugno 2009, devono intendersi confermate.

Con motivi aggiunti il decreto n. 3 del 18 gennaio 2012, è impugnato nei punti n. 1 A3) e n. 2 del dispositivo con un unico ed articolato motivo per le censure di violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2011, n. 3, violazione del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, carenza di presupposti, di istruttoria, irragionevolezza e difetto di motivazione perché l’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, deve intendersi implicitamente abrogato per incompatibilità con la sopravvenuta norma di cui all’art. 182, comma 3, lett. b), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, posto che l’incompatibilità risulta acclarata alla della sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2009 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di analoga norma contenuta nell’art. 3, comma 3, della legge regionale 31 ottobre 2009, n. 29, della Regione Puglia.

Alla pubblica udienza del 12 luglio 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità per difetto di interesse dell’impugnazione della nota regionale prot. n. 607846/4506 del 14 novembre 2008, perché atto endoprocedimentale privo di autonoma capacità lesiva.

1.1 Sempre in via preliminare va dichiarata cessata la materia del contendere relativamente alle censure del ricorso originario volte a ottenere l’annullamento del decreto del Segretario regionale ambiente e territorio n. 41 del 30 giugno 2009, aventi ad oggetto le prescrizioni, attuative della norma di legge dichiarata incostituzionale, dirette a limitare il conferimento di rifiuti provenienti da terzi al 25% della capacità ricettiva dell’invaso, e quindi delle censure sopra rubricate come III a) e III b).

Infatti il comma 2 dell’art. 33 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, prevedeva che nelle discariche per rifiuti speciali “è riservata una quota, non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva, per lo smaltimento di rifiuti speciali conferiti da soggetti diversi da quelli indicati al medesimo comma”, ed è stato dichiarato incostituzionale dalla sentenza Corte Costituzionale 25 luglio 2011, n. 244, limitatamente alle parole “non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva”.

La Regione con decreto del Segretario regionale per l’ambiente n. 3 del 18 gennaio 2012, ha annullato in autotutela la prescrizione n. 7.3 del dispositivo del decreto del Segretario regionale ambiente e territorio n. 41 del 30 giugno 2009, facendo così divenire inutile una pronuncia su una prescrizione ormai espunta dall’ordinamento.

2. La tecnica utilizzata dalla Regione, che ha disposto una novellazione anziché una sostituzione del provvedimento impugnato con il ricorso originario, implica la necessità di esaminare i motivi aggiunti unitamente alle censure del ricorso originario volte a contestare la legittimità delle prescrizioni che, in attuazione dell’art. 33, commi 2 e 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, dispongono che non possono essere conferiti rifiuti speciali da fuori Regione, se esistono discariche più vicine dal luogo di produzione nella stessa Regione e limiti quantitativi in ragione di qualità soggettive dei soggetti conferitori.

2.1 Il ricorso è fondato e deve essere accolto per le censure di cui al motivo sopra rubricato II b) del ricorso originario, e di cui ai motivi aggiunti, mentre devono considerarsi assorbite le censure di cui al motivo I a) e II) del ricorso originario volte a dare una lettura costituzionalmente orientata o a dimostrare l’illegittimità costituzionale della norma di cui all’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3.

Infatti la disposizione di cui all’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, è stata implicitamente abrogata per incompatibilità con la sopravvenuta norma di cui all’art. 182, comma 3, lett. b), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato (ora è all’art. 182 bis, comma 1, lett. b inserito dall’articolo 9 del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205).

La norma regionale prevede che “in attuazione del principio per il quale i rifiuti devono essere smaltiti presso gli impianti appropriati più vicini al luogo di produzione dei rifiuti stessi, previsto dalla direttiva 91/156/CE e dal decreto legislativo n. 22/1997, i rifiuti speciali prodotti al di fuori del territorio regionale possono essere smaltiti nelle discariche di cui al comma 1, a condizione che nella Regione nel cui territorio gli stessi sono stati prodotti manchino impianti più vicini adeguati allo smaltimento”.

L’art. 182, comma 3, lett. b, nel testo originario (ora la medesima disposizione è riporta tata, senza soluzione di continuità, all’art. 182 bis, comma 1, lett. b, inserito dall’articolo 9 del Dlgs. 3 dicembre 2010, n. 205) dispone che lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di “permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti”.

L’esistenza di un rapporto di incompatibilità tra tali norme è stata affermata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 10 del 2009, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di un’analoga norma contenuta nell’art. 3, comma 1, della legge regionale 31 ottobre 2009, n. 29, della Regione Puglia.

E’ opportuno riportare alcuni passaggi dei punto 9 in diritto di tale sentenza, dove la Corte afferma che “anche se l’impugnata disposizione regionale pone allo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non assoluto, ma relativo – in quanto consente lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi extraregionali «a condizione che quelli siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali» – non viene meno l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.

Questa Corte ha, infatti, già ritenuto che lo stabilire, da parte di una norma regionale, un divieto sia pur relativo e non assoluto, come quello del caso in esame, non «giustifica una valutazione diversa da quella riservata dalle citate sentenze alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto assoluto» (sentenza n. 505 del 2002). Pertanto, l’art. 3, comma 1, della legge della Puglia n. 29 del 2007 – in quanto prevede limitazioni, seppur relative, all’introduzione di rifiuti speciali nel territorio della regione – viola l’art. 120 della Costituzione, il quale vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che siano di ostacolo alla libera circolazione delle cose”.

La Corte al punto 10 in diritto ha quindi concluso nel senso che “la norma regionale impugnata – prevedendo un divieto, legato a limitazioni territoriali, allo smaltimento extraregionale dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi – viene a porsi in contrasto con quanto stabilito dal comma 3 dell’art. 182 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che riproduce l’espressione precedentemente contenuta nel comma 3 dell’art. 5 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), che non prevede specifici divieti, pur manifestando favore verso «una rete integrata ed adeguata di impianti» «per permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione o raccolta al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi». Laddove nella disciplina statale l’utilizzazione dell’impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne “permette” anche altre, nella disciplina regionale impugnata costituisce la soluzione obbligata. Tale divieto viene, altresì, a contrastare con lo stesso concetto di «rete integrata di impianti di smaltimento» che presuppone una possibilità di interconnessione tra i vari siti che vengono a costituire il sistema integrato e non ostruzioni determinate da blocchi che impediscano l’accesso ad alcune sue parti”.

Nel senso dell’abrogazione implicita si era peraltro già espressa la Sezione nell’ordinanza collegiale di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale n. 74 del 3 giugno 2010, allorquando ha affermato al punto 2.1 che “vanno perciò condivisi gli snodi dell’argomentazione sviluppata dalle ricorrenti a sostegno della tesi della intervenuta abrogazione della norma lesiva di cui all’art. 33, comma 3, esclusivamente nella parte in cui si dispone che lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali non pericolosi extraregionali resta subordinato all’avverarsi della condizione suindicata” e tale ricostruzione è stata indirettamente avallata dalla sentenza della Corte Costituzionale 25 luglio 2011, n. 244, che non l’ha contestata.

3. La Regione nelle proprie difese si limita a proporre ripetutamente come unico argomento a sostegno della tesi della non avvenuta abrogazione della norma, la tesi secondo cui il contrasto tra la norma statale e quella regionale comporta la vigenza della norma regionale fino a che non si sia pronunciata la Corte Costituzionale.

L’assunto è privo di fondamento.

Lo Stato nella materia della tutela dell’ambiente ha una competenza legislativa di tipo esclusivo ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), e pertanto la norma regionale antecedente incompatibile deve ritenersi abrogata dalla sopravvenuta norma legislativa statale, come è precisato dall’art. 1, comma 2, ultimo periodo, della legge 5 giugno 2003, n. 131, per il quale “le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia”.

Un tale effetto abrogativo non è dissimile dal c.d. effetto ghigliottina previsto, relativamente alle materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, dall’art. 10 della legge 10 febbraio 1953 n. 62, per il quale le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali nelle materie di potestà concorrente abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse.

Tale meccanismo abrogativo è stato ritenuto tutt’ora compatibile con la Costituzione anche dopo la riforma del Titolo V della Costituzione introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (cfr. Tar Veneto, Sez. I, 19 agosto 2005, n. 3200, il cui percorso argomentativo è stato peraltro avallato dalla stessa Corte Costituzionale nelle motivazioni della sentenza 21 giugno 2007, n. 222, che ha dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzione proposto avverso la predetta sentenza dalla Regione Veneto che negava la perdurante vigenza dell’effetto abrogativo; id. 28 novembre 2011, n. 1786; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 7 aprile 2008, n. 2; Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 ottobre 2008, n. 4793; Tar Liguria, Sez. I, 12 giugno 2010, n. 4666).

Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la Regione, non vi è alcun elemento che possa essere fondatamente posto a sostegno della tesi della perdurante vigenza dell’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, che è incompatibile con la norma di cui all’art. 182, comma 3, lett. b), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (nel testo vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato con il ricorso originario; la medesima disposizione è ora riportata, senza soluzione di continuità, all’art. 182 bis, comma 1, lett. b, inserito dall’articolo 9 del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205) emanata dallo Stato successivamente alla norma regionale, in un settore che rientra tra le materie di sua potestà legislativa esclusiva, quale è quello dei rifiuti, che va ricompreso nell’ambito della materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

Conseguentemente, dovendosi ritenere non operanti i divieti legati a limitazioni quantitative predeterminate sulla base della natura soggettiva del soggetto conferitore (per l’incostituzionalità dell’art. 33, comma 2, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3) e rigide e predeterminate limitazioni allo smaltimento extraregionale dei rifiuti speciali (per l’avvenuta abrogazione dell’art. 33, comma 3, delle legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3), in accoglimento dei motivi aggiunti e delle censure di cui ai motivi I b) del ricorso originario, devono essere annullati i punti n. 1 A3) e n. 2 del dispositivo del decreto del Segretario regionale ambiente e territorio n. 3 del 18 gennaio 2012, il considerando n. 33 del decreto del Segretario regionale ambiente e territorio n. 41 del 30 giugno 2009, come modificato dal decreto n. 3 del 18 gennaio 2012, e, come dedotto nel ricorso originario, le altre parti del medesimo che presuppongono la perdurante vigenza dell’art. 33, comma 3, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, inoltre va dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione della nota regionale prot. n. 607846/4506 del 14 novembre 2008, e cessata la materia del contendere rispetto alle censure III a) e III b) del ricorso originario, mentre restano assorbite le censure di cui ai motivi I a) e II) del medesimo.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, III Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe e relativi motivi aggiunti, li accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nel senso precisato in motivazione, in parte dichiara inammissibile e in parte cessata la materia del contendere del ricorso originario.

Condanna la Regione Veneto alla rifusione delle spese di lite in favore dei ricorrenti, liquidandole nella somma complessiva di € 4.000,00 (quattromila//00) per diritti, spese ed onorari oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore
Marco Morgantini, Primo Referendario

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/08/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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