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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 664 | Data di udienza: 10 Maggio 2018

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Aree dichiarate ad alte pericolosità idrogeologica – Interventi di ampliamento e rinnovamento del patrimonio edilizio esistente – Piano casa – Limiti – Artt- 3 quater e 9 l.r. Veneto n. 14/2009 – Art. 67, c. 6 d.lgs. n. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 21 Giugno 2018
Numero: 664
Data di udienza: 10 Maggio 2018
Presidente: Pasi
Estensore: Mielli


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Aree dichiarate ad alte pericolosità idrogeologica – Interventi di ampliamento e rinnovamento del patrimonio edilizio esistente – Piano casa – Limiti – Artt- 3 quater e 9 l.r. Veneto n. 14/2009 – Art. 67, c. 6 d.lgs. n. 152/2006.



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 2^ – 21 giugno 2018, n. 664


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Aree dichiarate ad alte pericolosità idrogeologica – Interventi di ampliamento e rinnovamento del patrimonio edilizio esistente – Piano casa – Limiti – Artt- 3 quater e 9 l.r. Veneto n. 14/2009 – Art. 67, c. 6 d.lgs. n. 152/2006.

 L’art. 3 quater della l.r. Veneto 8 luglio 2009, n. 14 deve essere letto alla luce di quanto prevede l’art. 9, comma 1, lett. g), e della circolare n. 1 del 13 novembre 2014, la quale ultima rinvia al d.lgs. n. 152/2006. Pertanto, nelle aree dichiarate ad alta pericolosità idrogeologica nelle quali non è consentita l’edificazione in base agli atti della pianificazione di settore prevista dal d.lgs. n. 152/2006, non sono ammessi gli interventi di ampliamento e di rinnovamento del patrimonio edilizio esistente previsti dalla legge sul c.d. “Piano casa”, ma solo gli interventi previsti dall’art. 3 quater. Tale conclusione è avvalorata da un’interpretazione di carattere sistematico: l’incentivo di carattere premiale previsto dal legislatore comporta infatti un consistente sacrificio per gli interessi pubblici coinvolti nella pianificazione urbanistica e cristallizzati nello strumento urbanistico vigente, perché viene ammesso che il nuovo edificio possa essere realizzato con un premio di volumetria del 50% anche in deroga ai parametri fissati dallo strumento urbanistico generale, e quindi anche in caso di saturazione dell’indice di zona, nonché, in caso di edifici residenziali, anche in zona agricola. Tale sacrificio, nell’ottica del legislatore, trova tuttavia un’adeguata giustificazione, limite e bilanciamento nell’interesse volto a eliminare i fattori di rischio dovuti alla presenza di edifici presenti in aree dichiarate ad alta pericolosità idrogeologica. Anche nel caso della norma statale di cui all’art. 67, c. 6 del d.lgs. n. 152/2006, il sacrificio dell’interesse pubblico (nella forma di incentivo economico) comporta che il privato non possa beneficiare dell’edificabilità dell’area in cui è presente l’edificio da demolire e rilocalizzare. E’ pertanto evidente che tali benefici non possano trovare applicazione laddove l’area sulla quale è presente l’edificio da demolire in base alla pianificazione di settore sia utilizzabile ai fini edificatori con interventi di nuova edificazione seppure condizionati all’esecuzione di opere di consolidamento previste dal Piano degli interventi.

Pres. Pasi, Est. Mielli – L. s.r.l. (avv.ti Bianchini e Busetto) c.  Comune di Malcesine (avv. Sartori)


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 2^ - 21 giugno 2018, n. 664

SENTENZA

 

TAR VENETO, Sez. 2^ – 21 giugno 2018, n. 664

Pubblicato il 21/06/2018

N. 00664/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00970/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 970 del 2017, proposto da
Laura Christina S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Bianchini e Francesca Busetto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Venezia, Piazzale Roma 464;

contro

Comune di Malcesine, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Rinaldo Sartori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Verona, Piazza Renato Simoni n. 1;

nei confronti

Gaia S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Arrigo Gianolio e Arnaldo Fenzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia – Mestre, via Mestrina n. 6;

per l’annullamento

– del permesso a costruire n. reg. PC/43/2016 del 1.6.2017 rilasciato dal Comune di Malcesine alla società Gaia s.r.l. in data 1.06.2017;

– del parere della Commissione Ambientale comunale del 31.3.2016 n. 151 e della relativa istruttoria;

– della autorizzazione paesaggistica comunale 09-11-2016;

– della relazione tecnica comunale illustrativa degli accertamenti esperiti e trasmissione proposta di autorizzazione ambientale del 20.4.2016;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Malcesine e di Gaia S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 maggio 2018 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Società ricorrente è proprietaria di alcuni mappali nel Comune di Malcesine e, essendo venuta a conoscenza dell’esistenza di un progetto di costruzione di un rilevante intervento edilizio interessante anche il mappale 835, confinante con i propri, ha presentato un’istanza di accesso, apprendendo che con permesso di costruire n. 43 del 1 giugno 2017 la controinteressata Gaia Srl era stata autorizzata a realizzare 11 villette a tre piani con annessa autorimessa coperta beneficiando di quanto previsto dalla norma speciale e derogatoria di cui all’art. 3 quater, comma 1, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14.

Tale disposizione prevede che “per gli edifici ricadenti nelle aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica è consentita l’integrale demolizione e la successiva ricostruzione in zona territoriale omogenea propria non dichiarata di pericolosità idraulica o idrogeologica, anche in deroga ai parametri dello strumento urbanistico comunale, con un incremento fino al 50 per cento del volume o della superficie”.

Ai fini dell’applicazione di tale norma la controinteressata ha presentato un progetto di demolizione di un fabbricato adibito a ristorante e a residenza situato in un mappale (Fg. 18 mapp. 336) distante più di 200 metri da quelli interessati dalla nuova edificazione.

L’edificio da demolire è stato realizzato in base alla concessione edilizia n. 105 del 1989 e alla concessione in sanatoria n. 211 del 1996, in un’area che, alla luce delle indicazioni fornite dal sopravvenuto Progetto di piano stralcio del territorio del Comune di Malcesine, è stata ricompresa all’interno del perimetro delle zone a pericolo di frana riconosciuta come “Area di frana attiva (Fa)” caratterizzata da pericolosità molto elevata, e quindi “dichiarata ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica” agli effetti di cui al citato art. 3 quater, comma 1, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14.

Tuttavia il Comune con deliberazione consiliare n. 23 del 19 giugno 2017, pochi giorni dopo il ritiro del permesso di costruire, ha adottato il PAT (Piano di Assetto del Territorio) il quale, nel recepire la riperimetrazione del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico) proposta dal Comune con deliberazione della Giunta comunale n. 16 del 29 gennaio 2013 (avente per oggetto "l’Analisi e presa d’atto della verifica di compatibilità idrogeologica delle aree in dissesto delimitate nell’ambito del PAI, ex art. 18 NTA del PAI") e approvata dalla deliberazione della Giunta regionale n. 290 dell’11 marzo 2014, ha diversamente classificato l’area in cui ricade l’immobile da demolire da “Area di frana attiva Fa” P4 – a pericolosità molto elevata, sulla quale ai sensi dell’art. 13 della norme tecniche di attuazione del PAT è del tutto esclusa la possibilità di realizzare interventi di nuova costruzione, a “Frana quiescente” P3 – a pericolosità elevata, nella quale, ai sensi dell’art. 13 della norme tecniche di attuazione del PAT, sono consentiti interventi di nuova costruzione “purchè consentiti dallo strumento urbanistico adeguato al presente Piano ai sensi e per gli effetti dell’art. 18 del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino del Fiume Po”.

La norma da ultimo citata prevede che i Comuni in sede di formazione e adozione degli strumenti urbanistici generali debbano procedere ad adeguarsi alle previsioni del PAI, ed a svolgere una verifica di compatibilità idraulica e idrogeologica con le condizioni di dissesto presenti o potenziali, con indicazione delle misure da adottare per rendere compatibili le previsioni urbanistiche relative a tali ambiti.

Con il ricorso in epigrafe la ricorrente impugna il permesso di costruire n. 43 del 1 giugno 2017, per i seguenti motivi:

I) violazione dell’art. 3 quater, comma 1, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, dell’art. 80 del regolamento edilizio del Comune di Malcesine e dell’art. 21 delle norme tecniche di attuazione perché:

– la predetta norma della legge regionale per il suo carattere derogatorio e speciale impone un rigoroso accertamento dell’effettiva consistenza dei volumi da demolire che costituisce la base di calcolo dei nuovi volumi da assentire, e della loro legittimità sotto il profilo urbanistico ed edilizio, che nel caso di specie è mancata;

– è stato in realtà autorizzato un intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio usufruendo di un beneficio volumetrico anche in deroga allo strumento urbanistico comunale che il legislatore ha riservato ai soli interventi volti a demolire gli edifici ricadenti in aree ad alta pericolosità idraulica, che nella fattispecie in esame non sussistono, come dimostrato dall’avvenuta adozione del PAT che riconosce l’area come edificabile dal punto di vista idrogeologico.

Con tale motivo, in particolare, la parte ricorrente lamenta:

A) che l’edificio da demolire ha un carattere complessivamente abusivo in quanto:

a) la sanatoria che lo ha legittimato di cui alla concessione edilizia n. 211 del 1996, era stata condizionata alla sostituzione dei serramenti in alluminio in color marrone della sala ristorante con serramenti di legno, e tale condizione non si è mai avverata per l’inadempimento della controinteressata;

b) la tettoia esistente, essendo diversa da quella indicata nella sanatoria, non è legittimata;

c) è presente un camino esterno in acciaio abusivo;

d) nelle varie tavole progettuali le misure dell’edificio variano e non sono omogenee, per cui vi è incertezza sul presupposto stesso sul quale applicare il beneficio della ricostruzione di un uguale volume che postula l’esatta individuazione dell’effettiva consistenza dell’edificio da demolire;

B) deve in ogni caso considerarsi erronea la volumetria assentita con il nuovo permesso di costruire in quanto:

1) il volume della tettoia non può essere computato perché essendo aperta su tre lati non determina volume, e comunque è diversa da quella a suo tempo assentita e legittimata (ha diversa superficie, sagoma e allocazione, poggia su tre pilastrini mentre quella autorizzata poggiava su di un muro di delimitazione, ed è coperta da semplice materiale plastico ondolux);

2) non può essere computato il sottotetto perché privo delle caratteristiche previste dall’art. 21, lett. e), delle norme tecniche di attuazione allegate al piano regolatore per le quali i sottotetti non sono computabili qualora “l’imposta del sottotetto, generata dall’intersezione delle falde del tetto con la muratura d’ambito, sia su almeno due lati, e in questo caso sui due lati maggiori, a distanza inferiore o uguale a cm. 40, misurata internamente dall’estradosso del solaio sottostante, e sempre che tale condizione si verifichi per almeno il 60% del perimetro dell’imposta”, come avviene nel caso all’esame in cui, come risulta dalla sezione B-B della tav. 01, l’intersezione della falda del tetto con la muratura d’ambito, ad ovest è di circa cm.15, mentre ad est è di cm. 0, ben inferiore alla soglia di 40 cm richiesta dalla norma tecnica;

3) non può essere computata la volumetria corrispondente alla sala ristorante perché era stata sanata alla condizione della sostituzione dei serramenti in alluminio con serramenti in legno, mai realizzata, e sono stati indebitamente calcolati come volumetria anche gli spessori dei solai, con la conseguenza che, sommando tutte le volumetrie che non avrebbero potuto essere riconosciute, risulta assentita una volumetria maggiore di 632,34 mc, corrispondente a circa il 25% del volume autorizzato;

II) difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione, travisamento e sviamento in quanto:

A) è mancata la verifica sulla legittimazione come risulta dalla circostanza che Gaia Srl nella domanda volta al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica si qualifica come proprietaria delle aree interessate dagli interventi, mentre nella relazione paesaggistica si qualifica come committente e non proprietaria, mentre risulta come committente nella scheda di esame istruttorio urbanistico;

B) vi sono irregolarità che riguardano anche profili oggettivi e, in particolare:

1) vi sono discrepanze tra gli elaborati depositati ai fini del rilascio del permesso di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica proprio con riguardo al calcolo delle volumetrie;

2) è stata consentita, ai fini del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, in luogo della produzione dei documenti normativamente necessari (una planimetria generale scala 1:500/1000 per un raggio di 20/100 m) di una semplice ortofoto che inquadra il sito, nonché dei prospetti con foto simulazioni;

3) non vi è stata un’effettiva istruttoria sul volume assentibile, ma un’acritica e passiva accettazione di quanto indicato dall’istante come dimostra la mancanza nel fascicolo istruttorio delle tavole progettuali relative alla concessione in sanatoria n. 211 del 1996;

4) manca un progetto relativo alle fognature delle villette da costruire;

5) manca un progetto per l’edificio da demolire che tenga conto del rischio geologico e del necessario smaltimento dell’amianto;

6) manca un progetto per l’impianto degli ulivi previsti dal progetto;

7) manca il rispetto della distanza di 10 metri dal vicino condominio Perla del Lago;

8) manca un’adeguata considerazione della situazione del lotto nel quale deve essere realizzato il nuovo edificio;

III) difetto di presupposto, di istruttoria e di motivazione perché, rispetto al mappale nel quale deve essere realizzato il nuovo intervento edilizio, non si è tenuto conto delle criticità emerse dalle relazioni geologica e geotecnica;

IV) violazione dell’art. 3 quater della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, sviamento ed irragionevolezza perché è stato riconosciuto il beneficio volumetrico previsto per l’abbattimento di edifici siti in aree ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica nonostante l’area in cui è presente l’edificio da demolire non avesse queste caratteristiche come riconosciuto, anche da un punto di vista formale, dal Piano di Assetto del Territorio adottato con deliberazione del Consiglio comunale n. 23 del 19 giugno 2017, pochi giorni dopo il ritiro del permesso di costruire; ciò denota un utilizzo sviato della norma per finalità diverse da quelle perseguite dal legislatore regionale, con riconoscimento di un indebito vantaggio alla controinteressata, che in tal modo può edificare sia una volumetria che altrimenti non avrebbe potuto realizzare in base allo strumento urbanistico vigente rispetto all’edificio di nuova realizzazione, sia una nuova volumetria nell’area nella quale è presente l’edificio da demolire che è potenzialmente edificabile dal punto di vista idrogeologico.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Malcesine e la controinteressata Gaia Srl replicando alle censure proposte e concludendo per la reiezione del ricorso.

La controinteressata ha altresì eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

Con ordinanza n. 456 del 28 settembre 2017, è stata accolta la domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 10 maggio 2018, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese e la controinteressata ha chiesto di rinviare la trattazione della controversia per attendere che il Giudice per le indagini preliminari si pronunci sulla richiesta di archiviazione del procedimento penale avviato in relazione ai predetti fatti, la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO

1. Preliminarmente deve essere respinta l’istanza formulata dalla parte controinteressata di rinvio della trattazione del ricorso motivata con riferimento alla necessità di attendere la pronuncia del Giudice per le indagini preliminari in ordine alla richiesta di archiviazione del procedimento penale formulata dal Pubblico Ministero il 29 marzo 2018, in merito ai fatti oggetto della controversia in esame.

Nel ricorso si deduce che il Comune è incorso in numerose violazioni nel rilascio del titolo edilizio oggetto di impugnazione alla Società controinteressata facendogli conseguire degli indebiti vantaggi con il ripetuto riferimento ad elementi di fatto astrattamente idonei a configurare reati perseguibili di ufficio.

Per tale ragione il Collegio già in sede cautelare, in adempimento dell’obbligo previsto dall’art. 331 c.p.p., comma 4, ha disposto la trasmissione di copia del fascicolo alla Procura della Repubblica competente per territorio.

L’adempimento di tale obbligo di trasmissione non implica tuttavia che sussista una qualche forma di pregiudizialità tra il processo amministrativo e il procedimento penale che possa giustificare la mancata trattazione del primo in attesa della definizione del secondo.

Infatti, come è noto, per il principio della parità ed originarietà dei diversi ordini giurisdizionali e della sostanziale autonomia e separazione dei giudizi, che trova esplicazione in particolar modo con riguardo alla possibile diversa qualificazione giuridica da dare ai fatti, e che trova eccezione solo per determinati tipi formali di pronuncia in ipotesi tassativamente prescritte (cfr. art. 654 c.p.p.), qualsiasi sia il provvedimento che adotterà il Giudice per le indagini preliminari, sarà comunque inidoneo ad esplicare efficacia nel presente giudizio.

La richiesta di rinvio della trattazione del ricorso deve pertanto essere respinta.

2. Sempre in via preliminare deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto la parte ricorrente contesta la realizzazione di un considerevole intervento edilizio consistente nella realizzazione di 11 villette in deroga ai parametri volumetrici previsti dallo strumento urbanistico in un mappale confinante con il proprio, rispetto al quale la vicinitas rappresenta un indice inequivocabile del pregiudizio subito, ed inoltre deduce anche la sussistenza di specifici pregiudizi di carattere idrogeologico per il mancato approfondimento delle problematiche evidenziate nelle relazioni elaborate per conto della stessa controinteressata, allegando la sussistenza di elementi sufficientemente idonei ad incidere negativamente sulle condizioni preesistenti del contesto (cfr. Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 4 maggio 2015, n. 1081; Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278).

3. Nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto per le censure comprese nell’ambito del primo motivo e più diffusamente trattate nel quarto motivo.

Il Comune di Malcesine ha rilasciato il permesso di costruire n. 43 del 1 giugno 2017 alla controinteressata Gaia Srl per realizzare un intervento di ristrutturazione edilizia, mediante demolizione e ricostruzione, beneficiando di quanto previsto dalla norma speciale e derogatoria di cui all’art. 3 quater, comma 1, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14.

Tale disposizione, che per chiarezza espositiva è opportuno riportare nel suo testo integrale, prevede che:

“1. Per gli edifici ricadenti nelle aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica è consentita l’integrale demolizione e la successiva ricostruzione in zona territoriale omogenea propria non dichiarata di pericolosità idraulica o idrogeologica, anche in deroga ai parametri dello strumento urbanistico comunale, con un incremento fino al 50 per cento del volume o della superficie.

2. Limitatamente agli edifici a destinazione residenziale, la ricostruzione di cui al comma 1 è consentita anche in zona agricola, purché caratterizzata dalla presenza di un edificato già consolidato e sempre che l’area non sia oggetto di specifiche norme di tutela da parte degli strumenti urbanistici o territoriali che ne impediscano l’edificazione.

3. La demolizione dell’edificio deve avvenire entro tre mesi dal rilascio del certificato di agibilità per gli edifici ricostruiti; in caso di mancata demolizione trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 31 del DPR n. 380/2001.

4. Agli edifici ricostruiti ai sensi del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4.”

Secondo la parte ricorrente nel caso di specie il Comune non poteva riconoscere alla controinteressata i benefici previsti da tale norma perché, a distanza di pochi giorni dal ritiro del permesso di costruire, è stata anche formalmente prevista una riclassificazione dell’area che da “Area di frana attiva Fa” P4 – a pericolosità molto elevata, sulla quale ai sensi dell’art. 13 della norme tecniche di attuazione del PAT è del tutto esclusa la possibilità di realizzare interventi di nuova costruzione, è divenuta “Frana quiescente” P3 – a pericolosità elevata, nella quale ai sensi dell’art. 13 della norme tecniche di attuazione del PAT sono consentiti interventi di nuova costruzione “purchè consentiti dallo strumento urbanistico adeguato al presente Piano ai sensi e per gli effetti dell’art. 18 del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino del Fiume Po”,.

Per la ricorrente pertanto, come reso palese dalla riclassificazione dell’area che non può essere definita come “ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica”, il permesso di costruire è illegittimo da un lato perché mancano i presupposti sostanziali per l’applicazione della norma, dall’altro perché il suo rilascio costituisce un utilizzo sviato della legge regionale con riconoscimento di un indebito ed ingiustificato vantaggio alla controinteressata che in un secondo tempo potrà costruire anche sull’area in cui è presente l’edifico da demolire.

Secondo il Comune tale censura deve essere respinta perché in realtà l’area dove è presente l’edificio da demolire non diverrà edificabile con l’adozione ed approvazione del PAT, ma solo a seguito dell’approvazione del Piano degli interventi che dovrà prevedere azioni di mitigazione del pericolo di dissesto, come è previsto per le aree con il grado di tutela di “Frana quiescente”, e pertanto la norma che si riferisce alle “aree ad alta pericolosità idrogeologica” deve trovare applicazione anche nella fattispecie in esame che ha ad oggetto un’area che è tutt’ora classificata come di “pericolosità elevata”.

Secondo la parte controinteressata invece, la censura deve essere respinta perché ciò che rileva è la circostanza che la norma non pone come requisito esplicito per la sua applicabilità l’inedificabilità dell’area in cui è presente l’edificio da demolire, e pertanto il beneficio volumetrico può essere concesso anche se la predetta area è edificabile, fermo restando che in realtà nel caso in esame l’edificabilità non è attuale, ma subordinata all’individuazione delle opere di bonifica, difesa e consolidamento da parte del Piano degli interventi.

4. Le censure proposte dalla parte ricorrente sono fondate e devono essere accolte, perché vi sono diversi elementi di carattere letterale e sistematico che inducono a ritenere che la norma di cui all’art. 3 quater ed i benefici volumetrici ivi previsti siano applicabili solo a quelle aree in cui è presente l’edificio da demolire per le quali i Piani stralcio del PAI prevedano il divieto di realizzare interventi di nuova costruzione a causa della presenza di condizioni di dissesto idraulico o idrogeologico.

In base ad un approccio di tipo sostanzialistico, è infatti evidente che altrimenti il soggetto interessato verrebbe a fruire ingiustificatamente della normativa premiale, che comporta la demolizione di un edificio e la ricostruzione altrove della sua volumetria aumentata fino al 50%, potendo comunque realizzare in un secondo tempo anche un intervento di nuova costruzione nella medesima area nella quale era presente l’edificio demolito, beneficiando pertanto delle misure incentivanti senza alcun vantaggio per gli interessi pubblici coinvolti.

4.1 Sul piano letterale è vero che il legislatore regionale con l’art. 3, quater, non ha fornito una definizione puntuale e tassativa dei presupposti necessari all’applicazione del premio volumetrico, dato che si riferisce alle “aree ad alta pericolosità idrogeologica”.

Tuttavia tale disposizione deve essere letta alla luce di quanto prevede l’art. 9, comma 1, lett. g).

Tale norma afferma che le disposizioni della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 sul c.d. “Piano casa”, non possono trovare applicazione per gli edifici “ricadenti in aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica e nelle quali non è consentita l’edificazione ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 <<Norme in materia ambientale>> e successive modificazioni, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 3 quater”.

La circolare n. 1 del 13 novembre 2014, nell’interpretare tale norma, chiarisce che la disposizione da ultimo citata “dispone l’esclusione degli edifici situati in <<aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica>> ai sensi del D.Lgs 152/2006 (Codice dell’Ambiente). Il rinvio a tale testo normativo va riferito al rischio idrogeologico atteso che il rischio idraulico e geologico rientrano nella più ampia definizione di <<difesa del suolo>> fornita dal Codice. E’ quindi implicito che siano escluse dall’applicazione della legge regionale gli edifici ricadenti in aree che presentino aspetti di pericolosità sia idraulica che geologica e per le quali la relativa pianificazione preveda l’inedificabilità. Per gli edifici ricadenti in dette aree è stato approvato l’articolo 3 quater che, invece, incentiva lo spostamento di detti edifici in aree non a rischio”.

Pertanto la disposizione di cui all’art. 9, comma 1, lett. g), deve essere letta nel senso che nelle aree dichiarate ad alta pericolosità idrogeologica nelle quali non è consentita l’edificazione in base agli atti della pianificazione di settore prevista dalla legge 3 aprile 2006, n. 152, non sono ammessi gli interventi di ampliamento e di rinnovamento del patrimonio edilizio esistente previsti dalla legge sul c.d. “Piano casa”, ma solo gli interventi previsti dall’art. 3 quater.

Ne discende che alla luce della lettura congiunta delle disposizioni di cui agli artt. 3 quater e 9, comma 1, lett. g), risulta che il legislatore ai fini dell’applicabilità dei benefici volumetrici richiede che la pianificazione di settore, ovvero il piano stralcio del PAI previsto dal Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, preveda l’impossibilità, a causa del rischio idraulico o idrogeologico esistente, di eseguire interventi di nuova edificazione sulle aree in cui è presente l’edificio da demolire.

4.2 Anche un’interpretazione di carattere sistematico avvalora tali conclusioni.

L’incentivo di carattere premiale previsto dal legislatore comporta infatti un consistente sacrificio per gli interessi pubblici coinvolti nella pianificazione urbanistica e cristallizzati nello strumento urbanistico vigente, perché viene ammesso che il nuovo edificio possa essere realizzato con un premio di volumetria del 50% anche in deroga ai parametri fissati dallo strumento urbanistico generale, e quindi anche in caso di saturazione dell’indice di zona, nonché, in caso di edifici residenziali, anche in zona agricola.

Tale sacrificio agli interessi pubblici connessi alla pianificazione nell’ottica del legislatore trova tuttavia un’adeguata giustificazione, limite e bilanciamento nell’interesse volto a eliminare i fattori di rischio dovuti alla presenza di edifici presenti in aree dichiarate ad alta pericolosità idrogeologica.

In questo senso la circolare n. 1 del 13 novembre 2014 sopra citata precisa che “la demolizione deve essere integrale; conseguentemente non è possibile avvalersi del bonus in caso di demolizioni parziali e ciò in quanto la finalità della norma è quella di liberare le aree a rischio da abitazioni ed edifici produttivi mediante lo spostamento degli stessi in zone sicure”.

Vi sono anche norme statali che nell’ottica della tutela dai rischi idrogeologici dispongono in modo analogo, presupponendo l’inedificabilità dell’area in cui è presente l’immobile da demolire.

L’art. 67, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n.152, prevede degli incentivi economici per l’eliminazione e la rilocalizzazione fuori dall’area di rischio di manufatti che determinano il rischio idrogeologico, prevedendo il loro abbattimento al quale consegue che “il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni”.

Anche nel caso della norma statale citata, il sacrificio dell’interesse pubblico (nella forma di incentivo economico) comporta che il privato non possa beneficiare dell’edificabilità dell’area in cui è presente l’edificio da demolire e rilocalizzare.

E’ pertanto evidente che tali benefici non possano trovare applicazione laddove, come nel caso di specie, l’area sulla quale è presente l’edificio da demolire in base alla pianificazione di settore sia utilizzabile ai fini edificatori con interventi di nuova edificazione seppure condizionati all’esecuzione di opere di consolidamento previste dal Piano degli interventi.

4.3 Infatti nel caso all’esame già nel 2014, per effetto della riperimetrazione del PAI approvata con deliberazione della Giunta regionale n. 290 dell’11 marzo 2014, su proposta del Comune che vi ha provveduto con la deliberazione della Giunta comunale n. 16 del 29 gennaio 2013 (avente per oggetto "l’Analisi e presa d’atto della verifica di compatibilità idrogeologica delle aree in dissesto delimitate nell’ambito del PAI, ex art. 18 NTA del PAI"), dal punto di vista idrogeologico le caratteristiche dell’area in cui è presente l’edificio da demolire consentivano interventi di nuova costruzione ai sensi dell’art. 9, comma 3, terzo trattino, delle norme tecniche di attuazione del piano stralcio del PAI.

Nonostante ciò il Comune ha rilasciato alla controinteressata il permesso di costruire n. 43 del 1 giugno 2017, finalizzato a consentire la demolizione dell’edificio e la sua ricostruzione in altro sito beneficiando del premio volumetrico, benché fosse possibile dal punto di vista idrogeologico per l’interessato realizzare una nuova volumetria sull’area dell’edificio da demolire, come chiarito anche dal PAT adottato con deliberazione consiliare n. 23 del 19 giugno 2017, pochi giorni dopo il ritiro del permesso di costruire, in sede di obbligatorio recepimento delle previsioni del piano stralcio del PAI.

Ne discende l’illegittimità del permesso di costruire perché è stato rilasciato in assenza dei necessari presupposti normativi, con un uso sviato dalla funzione tipica prevista dalla norma di cui all’art. 3 quater, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14.

Infatti, come sopra esposto, tale norma, deve essere interpretata nel senso che la possibilità di fruire dei benefici volumetrici ivi previsti, è subordinata alla circostanza che, in base alla pianificazione di settore in materia di assetto idrogeologico, nell’area ove è presente l’edificio da demolire, non sia possibile realizzare interventi di nuova costruzione.

In definitiva il ricorso deve essere accolto per le censure proposte nell’ambito del primo e quarto motivo. Il loro accoglimento, comportando in radice la non ammissibilità dell’intervento edilizio, comporta l’assorbimento delle ulteriori censure non espressamente esaminate.

Per il principio della soccombenza le spese di giudizio sono poste a carico del Comune di Malcesine e della controinteressata nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il permesso di costruire in epigrafe indicato.

Condanna il Comune di Malcesine e la controinterssata alla rifusione delle spese di giudizio in favore della parte ricorrente liquidandole nella somma di € 3.000,00, per ciascuna parte, a titolo di compensi e spese oltre ad iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Alberto Pasi, Presidente
Stefano Mielli, Consigliere, Estensore
Daria Valletta, Referendario

L’ESTENSORE
Stefano Mielli
        
IL PRESIDENTE
Alberto Pasi
        
        
IL SEGRETARIO
 

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