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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 259 | Data di udienza: 24 Novembre 2020

DIRITTO URBANISTICO-EDILIZIA – Adozione strumento urbanistico – Mancata astensione del consigliere comunale – Illegittimità – Influenza sulla particella del ricorrente (Massima a cura di Camilla della Giustina)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 25 Febbraio 2021
Numero: 259
Data di udienza: 24 Novembre 2020
Presidente: Nappi
Estensore: Bardini


Premassima

DIRITTO URBANISTICO-EDILIZIA – Adozione strumento urbanistico – Mancata astensione del consigliere comunale – Illegittimità – Influenza sulla particella del ricorrente (Massima a cura di Camilla della Giustina)



Massima

TAR VENETO, Sez. 1^ – 25 febbraio 2021, n.259

DIRITTO URBANISTICO-EDILIZIA – Adozione strumento urbanistico – Mancata astensione del consigliere comunale – Illegittimità – Influenza sulla particella del ricorrente.

La mancata astensione di un consigliere comunale alla seduta di adozione dello strumento urbanistico ne determina l’illegittimità solo se è provato che c’è stata influenza anche sulla particella del ricorrente (Cons. Stato Sez. IV, n. 4946 del 2018),

Pres. Nappi, Est. Bardini – D.D.V. (avv. Benedet) c. Comune di San Vito Cadore (avv. Barel).


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 1^ - 25 febbraio 2021, n.259

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2323 del 2004, proposto da
Doriana De Vido, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Dania Benedet, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di San Vito Cadore, non costituito in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 1132 del 2004, proposto da
Doriana De Vido, rappresentato e difeso dall’avvocato Dania Benedet, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di San Vito Cadore, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Bruno Barel, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Acerboni in Mestre-Venezia, via Torino, 125;

per l’annullamento

— quanto al ricorso n. 2323 del 2004:

– dell’art. 14, comma 4, del regolamento del Consiglio comunale;

– per quanto occorrer possa, della nota comunale del 19.12.2003 (prot. n.10599 Cat. 01) di integrazione dell’ordine del giorno del Consiglio comunale del 23.12.2003;

-della deliberazione del Consiglio Comunale n. 48 del 23.12.2003 con la quale è stata adottata “la variante parziale al P.R.G., concernente il dimensionamento dei nuovi fabbricati residenziali, come risultanti dai testi degli articoli 32,33,35 allegati”;

– dei conseguenti provvedimenti comunali 26.01.2004 – prot. 623-10 – e 11.2.2004 prot. 1082-10 (doc. 3 bís) di sospensione del procedimento afferente il rilascio della concessione edilizie per la costruzione di un fabbricato di civile abitazione in via Beata Vergine della Difesa ( N.C.T. fg. n. 25 porzione mapp.li n. 165 e 133);

— quanto al ricorso n. 1132 del 2004:

– della deliberazione del Consiglio Comunale n. 48 del 23/12/2003 con la quale è stata adottata la variante parziale al PRG, concernente il dimensionamento di nuovi fabbricati residenziali, come risultanti dai testi degli articoli 32, 33, 35 allegati, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente;

– nonché per il risarcimento del danno.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di San Vito Cadore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 24 novembre 2020, tenuta con le modalità di cui agli artt. 84, comma 6, D.L. n. 18 del 2020 e 4, comma 1, D.L. n. 28 del 2020 e 25, D.L. n. 137 del 2020, il dott. Nicola Bardino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso iscritto al n. 1132/2004 di R.G. la Sig.ra De Vido ha impugnato la deliberazione di adozione della variante al piano regolatore generale del Comune di San Vito di Cadore, ritenendola preclusiva delle possibilità edificatorie del lotto di proprietà, rispetto al quale aveva in precedenza intrapreso una pratica edilizia, prossima al suo perfezionamento che, mediante l’accorpamento di una vicina area di altra proprietà, oggetto di acquisto, avrebbe consentito l’edificazione di quattro unità immobiliari affiancate.

In seguito, con il ricorso iscritto al n. 2323/2004 R.G., la stessa ha impugnato la conseguente deliberazione consiliare di approvazione, ai sensi dell’art. 50, comma 3, L.R. n. 61 del 1985, della suddetta variante.

Entrambe le cause sono state chiamate all’udienza straordinaria, fissata per lo smaltimento dell’arretrato, del 24 novembre 2020, per ivi essere trattenute in decisione.

2. Nel primo ricorso, la Sig.ra De Vido, rilevato come l’edificazione sui propri terreni risultasse preclusa per l’entrata in vigore delle misure di salvaguardia, contesta l’inosservanza dei termini previsti per la comunicazione dell’ordine del giorno ai consiglieri comunali, ciò che determinerebbe l’invalidità della deliberazione. Censura poi aspetti motivazionali, ritenendo che la variante non sia sostenuta da idonea istruttoria.

Con il secondo ricorso, contesta la delibera di approvazione della variante, poiché avrebbero preso parte alla seduta consiglieri, così si afferma, in aperto conflitto di interessi. Contesta inoltre l’assenza di motivazione rispetto alle scelte pianificatorie, la previsione di limiti di superficie e volumetrici imposti all’edificabilità, nonché la mancata disapplicazione delle misure di salvaguardia, sostenendo di vantare un’aspettativa qualificata alla conservazione dell’assetto urbanistico previgente.

3. Va precisato che l’edificabilità veniva però stata ripristinata alla scadenza delle misure di salvaguardia, a seguito dell’approvazione regionale (DGR n. 2036 del 22 luglio 2008) che stralciava i limiti contestati nel presente giudizio. Il fabbricato oggetto del progetto iniziale, una volta ceduta l’area ad un valore inferiore a quello inizialmente auspicato, è stato realizzato da un soggetto terzo.

Spiega perciò la ricorrente vantare di tuttora un interesse alla decisione del ricorso, con ciò contrastando i rilievi di sopravvenuta improcedibilità formulati dalla difesa del Comune (costituitosi nel solo ricorso n. 1132/2004 R.G.) quanto meno ai fini della pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno, focalizzato sulla perdita patrimoniale causata dalla posticipazione della vendita del terreno; tale operazione veniva infatti conclusa solo dopo il ripristino dell’edificabilità, ma, lamenta ancora la ricorrente, ad prezzo inferiore a quello che si sarebbe potuto realizzare in precedenza, quando tuttavia l’intervento edilizio risultava di fatto precluso dall’entrata in vigore delle misure di salvaguardia.

4. In via preliminare deve essere disposta, ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm., la riunione dei due procedimenti, consideratane la chiara connessione oggettiva e soggettiva.

Sempre in via preliminare, va accolta l’eccezione di tardività della documentazione prodotta dal Comune in data 3 novembre 2020, formulata dalla difesa della ricorrente nel giudizio n. 1132/2004 R.G., pacificamente depositata oltre il termine di cui all’art. 73, comma 1, cod. proc. amm., dovendosene perciò sancire l’inutilizzabilità ai fini della decisione.

5. Venendo al merito, il Collegio, considerata la chiara infondatezza di entrambe le impugnazioni, ritiene di poter prescindere dalle eccezioni in rito formulate dalla difesa del Comune quanto al ricorso n. 1132/2004 R.G. (e dal loro eventuale rilievo officioso nel giudizio n. 2324/2004), nonostante l’emersione di un plausibile profilo di sopravvenuta carenza di interesse (depone, in tal senso, lo stralcio delle avversate prescrizioni urbanistiche, la cessione delle aree oggetto dei vincoli e la realizzazione, benché da parte di un soggetto terzo, degli auspicati interventi edilizi).

Può quindi soprassedersi, per quanto precede, anche dall’istanza di rinvio formulata dal Comune nella memoria di replica del 3 novembre 2020.

5.1 Con il primo motivo del ricorso n. 1132/2004 R.G., la ricorrente censura la deliberazione di adozione della variante non ritenendo validamente insediata la seduta del consiglio comunale, al cui esito essa è stata approvata. Rileva che la convocazione relativa a tale seduta sarebbe intervenuta con un preavviso di quattro giorni: ma l’art. 11 dello statuto comunale avrebbe invece imposto un preavviso ai consiglieri di almeno cinque giorni, salvo il caso d’urgenza. La ricorrente ritiene inoltre illegittimo il regolamento consiliare il quale consentirebbe, a prescindere dall’urgenza, lo riduzione del termine a ventiquattro ore per gli argomenti che (come avvenuti nella fattispecie) siano stati aggiunti ad un precedente ordine del giorno, tempestivamente comunicato.

Il motivo è inammissibile per difetto di legittimazione e di interesse. Le disposizioni volte a regolare il funzionamento degli organi comunali presidiano esclusivamente le prerogative riservate ai loro componenti, in capo ai quali soltanto potrebbe dunque radicarsi l’interesse a denunciarne la violazione.

La censura è inoltre infondata poiché l’art. 38 del T.U.E.L. ha riservato la disciplina del funzionamento del consiglio comunale alla specifica fonte regolamentare, a favore della quale deve quindi essere risolto l’eventuale contrasto con le concorrenti disposizioni statuarie. La convocazione, rispetto agli argomenti aggiuntivi posti all’ordine del giorno, deve essere quindi considerata tempestiva perché consegnata ventiquattro ore prima della riunione nella non contestata conformità all’art. 14, comma 4, del citato regolamento.

5.2 Con il secondo motivo, vengono contestati la mancanza della “relazione tecnica” indicante gli obiettivi perseguite dalle nuove scelte urbanistiche, nonché l’eccesso di potere per carenza di istruttoria e irragionevolezza, non essendo state chiarite le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a stabilire i limiti dimensionali minimi e massimi degli edifici nonché le corrispondenti unità di intervento.

La censura è reiterata, e variamente argomentata, nel secondo, nel terzo, nel quarto e nel quinto motivo del ricorso proposto avverso al delibera di approvazione della variante (giudizio n. 2324/2004)

Tali doglianze vanno complessivamente disattese.

Deve essere infatti considerato che la variante urbanistica costituisce l’estrinsecazione di un potere pianificatorio connotato da ampia discrezionalità, insuscettibile di sindacato sotto il profilo motivazionale, se non in relazione a quegli interventi puntuali, rispetto ai quali possa emergere (anche a prescindere dal rilascio del parere favorevole da parte della commissione edilizia su un progetto conforme al pregresso assetto urbanistico) un’aspettativa qualificata alla conservazione dell’assetto previgente (Cons. Stato, Sez. IV, n. 4343 del 2019), situazione, quest’ultima, estranea al caso in esame, vertendosi di una variante di carattere strettamente normativo (per ciò solo destinata a sovrapporsi alla preesistente disciplina – 3° e 5° motivo del secondo gravame) i cui effetti sono destinati a prodursi nella generalità del territorio comunale, peraltro ragionevolmente giustificata (anche in relazione alla reclamata disapplicazione delle norme di salvaguardia – 3° motivo) dalla necessità di mantenere intatti i preesistenti valori ambientali ed architettonici che caratterizzano l’area.

5.3 Può infine procedersi all’esame del primo motivo del ricorso n. 2323/2004 R.G., proposto avverso la delibera di approvazione della variante.

Viene qui contestata la partecipazione alla discussione e alla votazione di un consigliere appartenente ad una cooperativa, proprietaria di un terreno favorevolmente interessato dallo strumento urbanistico. Si configurerebbe una situazione di conflitto di interessi che avrebbe imposto a tale consigliere di astenersi dalla seduta, ai sensi dell’art. 78, T.U.E.L., pena l’invalidità della deliberazione.

La censura va disattesa, poiché la mancata astensione di un consigliere comunale alla seduta di adozione dello strumento urbanistico ne determina l’illegittimità solo se è provato che c’è stata influenza anche sulla particella del ricorrente (Cons. Stato Sez. IV, n. 4946 del 2018), circostanza che non si è verificata nel presente fattispecie (essendo contestati limiti dimensionali generali, distinti dalle disposizioni puntuali riguardanti il terreno della cooperativa), difettando, peraltro, qualsiasi allegazione capace di dimostrare che l’interesse in conflitto abbia influito specificamente e direttamente anche sulla specifica particella della ricorrente (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, n. 1298 del 2019).

6. Ritiene inoltre il Collegio di aggiungere, quanto alla domanda risarcitoria (cui la ricorrente ricollega, in definitiva, la persistenza dell’interesse all’esame dei motivi di impugnazione), come la stessa non risulti adeguatamente circostanziata, neppure sotto il profilo della prova del c.d. danno conseguenza (qui consistente nella perdita causata dalla posticipazione della vendita del terreno), risultando quest’ultima essenziale prova affidata alla produzione di una semplice scrittura privata, rappresentativa di un contratto preliminare di compravendita privo di data certa (apparentemente sottoscritto dal solo promissario acquirente il 24 febbraio 2003 – doc. 24), come tale non certo opponibile all’Amministrazione, e alla allegazione una laconica dichiarazione di stima, predisposta il 12 ottobre 2020 da una agente immobiliare della zona (e non invece da un professionista abilitato, sotto la propria responsabilità – doc. 29), per se stessa inidonea ad attestare la lamentata riduzione del prezzo.

7. Per quanto precede entrambi i ricorsi devono essere respinti.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo quanto al ricorso n. 1132/2004 R.G. e sono liquidate come da dispositivo, mentre non v’è luogo a provvedere sulle stesse nel ricorso n. 2323/2004 R.G., stante la mancata costituzione in giudizio del Comune intimato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa la loro riunione, li respinge.

Condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite al Comune di San Vito di Cadore, liquidate nell’importo di € 3.000,00 oltre ad accessori, quanto al ricorso n. 1132/2004 R.G.

Nulla per le spese, nel ricorso n. 2323/2004 R.G.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2020, tenuta in modalità videoconferenza, con l’intervento dei Magistrati:

Benedetto Nappi, Presidente

Nicola Bardino, Referendario, Estensore

Paolo Nasini, Referendario

L’ESTENSORE
Nicola Bardino

IL PRESIDENTE
Benedetto Nappi

IL SEGRETARIO

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