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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 480 | Data di udienza: 10 Febbraio 2022

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Installazione pergolato – Titolo edilizio – Ipotesi di esclusione – D.P.R. 380/2001 – Prescrizioni giurisprudenziali – Definizione di pergolato rilevante a fini edilizi (massima a cura di Camilla Della Giustina)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 22 Marzo 2022
Numero: 480
Data di udienza: 10 Febbraio 2022
Presidente: Filippi
Estensore: Dallari


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Installazione pergolato – Titolo edilizio – Ipotesi di esclusione – D.P.R. 380/2001 – Prescrizioni giurisprudenziali – Definizione di pergolato rilevante a fini edilizi (massima a cura di Camilla Della Giustina)



Massima

TAR VENETO, Sez. 2^ – 22 marzo 2022, n. 480

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Installazione pergolato – Titolo edilizio – Ipotesi di esclusione – D.P.R. 380/2001 – Prescrizioni giurisprudenziali – Definizione di pergolato rilevante a fini edilizi.

Da un punto di vista generale, l’installazione di un pergolato non risulta essere soggetta a titolo edilizio, a condizione che il manufatto sia suscettibile di essere ricondotto alle opere di cui all’art. 6, comma 1, lett. e quinquies) del D.P.R. 380/2001. A questo si aggiunge la necessità che esso rispetti le prescrizioni indicate dal Consiglio di Stato. In tale direzPres. Filippi, est. Dallari – V. s.r.l (avv.ti Ferrario eCrivelli) c. Comune di Verona (avv.ti Michelon e Squadronione, è stato evidenziato che, “il “pergolato”, rilevante ai fini edilizi, può essere inteso come un manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni.” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 settembre 2011, n. 5409; Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 luglio 2018, n. 4001; Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2022, n. 8).

Pres. Filippi, est. Dallari – V. s.r.l (avv.ti Ferrario eCrivelli) c. Comune di Verona (avv.ti Michelon e Squadroni)


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 2^ - 22 marzo 2022, n. 480

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1597 del 2009, proposto da Federico Faccin, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Zampieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Enrico Tonolo in Venezia, San Polo, 135;

contro

Comune di Zanè in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Mario Calgaro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

nei confronti

Domenico Vitale, Antonio Gasparella, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento del Comune di Zanè del 22/4/2009, n. 5670, recante ingiunzione di pagamento di euro 516,00 quale sanzione per la realizzazione di un pergolato in legno non coperto;

del provvedimento del Comune di Zanè del 23/04/2009, n. 5801, recante ingiunzione di pagamento di euro 20.000,00 per la realizzazione di una tettoia pertinenziale ad abitazione;

del provvedimento del Comune di Zanè n. 7670 di prot. del 28/5/2008, recante conferma delle ingiunzioni di pagamento.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Zanè;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2022 la dott.ssa Elena Garbari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente è proprietario dal 1986 di una porzione di fabbricato ad uso residenziale e della relativa area esterna di pertinenza ubicati nel territorio del Comune di Zanè (VI).

Con l’odierno gravame egli censura i provvedimenti con i quali l’amministrazione civica ha sanzionato ai sensi del d.P.R. 380/2001 la realizzazione in assenza di titolo edilizio di due tettoie nel cortile della sua abitazione utilizzate come autorimesse per gli autoveicoli (ed identificate, nel prosieguo, anche come Tettoia 1 e Tettoia 2).

L’esponente sostiene che il secondo manufatto, interrato, era presente in loco già al momento in cui ha acquistato il compendio ed era utilizzato come posto auto coperto; nell’inverno del 2006 gli eventi atmosferici ne hanno danneggiato la copertura, sicché egli l’ha ripristinata realizzando una struttura in legno e guaina granigliata verde; nello stesso periodo ha realizzato anche una seconda struttura, parzialmente interrata, in legno con tavolato aperto (T1) in altra area del parcheggio-giardino dell’abitazione.

All’esito di due sopralluoghi della polizia locale, che si sono svolti in assenza del proprietario, il Comune gli ha comunicato l’avvio del procedimento per violazione di norme urbanistiche ed edilizie; è iniziata così un’articolata interlocuzione con l’amministrazione, che ha richiesto all’interessato chiarimenti e documentazione ed effettuato un terzo sopralluogo.

Il Comune ha chiesto tra l’altro al Faccin di provare la conformità urbanistica dei manufatti depositando un rilievo quotato del lotto aggiornato alla data di esecuzione delle tettoie, che egli non ha prodotto; l’esponente si è poi opposto ad un ulteriore accesso del tecnico comunale per l’effettuazione delle operazioni di rilievo quotato.

Con nota del 29 dicembre 2008 il Comune di Zanè, qualificando gli interventi come privi del necessario titolo edilizio (DIA) e di conformità urbanistica, ha ingiunto ex articolo 37, comma 1, del TUE il pagamento di una sanzione complessiva per gli abusi pari a 46.000 euro.

L’esponente ha inviato -quindi- all’amministrazione alcune aerofotogrammetrie a colori dell’area scattate prima del 1990 e nel periodo 2005-6, al fine di comprovare la preesistenza del manufatto contestato come Tettoria 2; ha rimosso poi il tavolato della Tettoia 1, riducendola ad un pergolato di puro arredo.

A seguito di tale intervento il responsabile del procedimento ha archiviato la precedente ingiunzione e comminato una nuova sanzione, quantificata nella misura minima di 516 euro per il pergolato in legno (T1) e in 20.000 euro per la Tettoia 2, pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile principale conseguente alla sua realizzazione, determinato in base a perizia di stima. Tali statuizioni sono state confermate, a seguito delle diffide del ricorrente a ritirare le ingiunzioni di pagamento, con nota del 28 maggio 2009.

L’esponente deduce l’illegittimità di tali provvedimenti, articolando i seguenti motivi di gravame:

I. Violazione degli artt. 6 e 3 del DPR 380/2001, nonché dell’art. 3 del regolamento edilizio, perché l’intervento realizzato sulla Tettoia n. 2 consiste nel ripristino dell’originaria copertura e quindi costituisce mera manutenzione ordinaria di una costruzione preesistente, configurabile come attività libera ai sensi del D.P.R. 380/2001, mentre il pergolato (T1) non è soggetto ad alcun titolo edilizio, in quanto mera pertinenza consistente in un’opera di abbellimento o decoro, priva di carico urbanistico e quindi urbanisticamente irrilevante.

II. Eccesso di potere per errore sui presupposti, per travisamento dei fatti, per difetto di motivazione e di istruttoria e per sviamento. Eccesso di potere per errata qualificazione dell’intervento urbanistico realizzato. L’esponente afferma che la preesistenza della tettoia n. 2 è confermata dalle dichiarazioni sostitutive di atto notorio rimesse in atti, dalla perizia di parte e dalle aerofotogrammetrie a colori dell’area, l’una scattata nel 1990, l’altra nel periodo 2005-2006. Né in senso contrario assume rilievo, come ritenuto dal Comune, il fatto che la medesima tettoia non compaia nella aerofotogrammetria dell’area del 1998, in quanto la zona occupata dalla tettoia era coperta da un grosso albero e completamente in ombra e neppure il fatto che non sia rappresentata nella tavola allegata alla DIA del 2003 da lui presentata per altro intervento edilizio, in quanto nella documentazione fotografica allegata alla medesima DIA il manufatto risulta presente e visibile. Inoltre con riferimento al pergolato manca in radice il presupposto della sanzione irrogata, costituendo il manufatto opera di mero arredo.

III. Violazione dei principi generali dell’affidamento, di proporzionalità e della buona fede, violazione degli artt. 1399 e 1445 del c.c. nonché dell’art. 1 della legge 241/90. Il Comune non ha tenuto conto della rimozione della copertura della Tettoia 1 e non ha informato l’interessato prima di irrogare la nuova sanzione, ledendone la buona fede. Inoltre l’entità della sanzione è in contrasto con il principio di proporzionalità e per la Tettoia n. 2 viola i limiti previsti dall’articolo 37, commi 2 e 3 del D.P.R. 380/2001 (10.329 euro).

IV. Violazione dell’art. 3 della legge 241/90. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza e grave perplessità di motivazione. I provvedimenti censurati non esplicitano in modo puntuale i presupposti in fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, né i criteri di quantificazione della sanzione.

V. Violazione dell’art. 7 e ss. della l. n. 241/90 nonché dei principi di buon andamento, trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa e del giusto procedimento. Il Comune ha omesso di comunicare al ricorrente l’avvio del procedimento per l’adozione delle sanzioni.

VI. Violazione dell’art. 93 della L.R. Veneto n. 61/85 per mancata acquisizione del parere della commissione edilizia. Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di procedura. Il Comune non ha acquisito un nuovo parere della commissione edilizia prima di comminare la sanzione relativa al pergolato (T1) e di assumere il provvedimento relativo alla Tettoia 2.

VII. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e grave insufficienza di motivazione, perché, pur riconoscendo l’intervenuta rimozione della copertura, l’amministrazione ha immotivatamente irrogato una sanzione pecuniaria.

VIII. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 37 del DPR 380/2001. Eccesso di potere per sviamento e carenza di istruttoria. L’amministrazione, dopo aver avviato un procedimento unico per l’irrogazione delle sanzioni, non poteva poi suddividere l’istruttoria in due provvedimenti, duplicando le sanzioni applicabili.

IX. Violazione dell’art. 14 della L. n. 431/98. Erronea e falsa applicazione dell’art. 12 della legge 392/78. Il Comune ha determinato l’ammontare della sanzione facendo riferimento all’art. 12 della legge n. 382/1978, che risulta però abrogato.

X. Violazione, falsa applicazione ed errata interpretazione dell’art. 37 del DPR 380/01. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e falsa rappresentazione della realtà dei fatti. Eccesso di potere per incongruità della quantificazione delle sanzioni, nonché manifesta ingiustizia e irragionevolezza. Il calcolo effettuato dal Comune per determinare la sanzione per la Tettoia n. 2 è errato, come dimostrato dalla perizia dell’ing. Zuccolo prodotta in giudizio, secondo la quale l’aumento del valore dell’immobile derivante dalla presenza del manufatto sarebbe pari a soli 411,83 euro. Sul punto il ricorrente chiede disporsi verificazione o CTU.

Si è costituito in giudizio il Comune di Zanè, instando per la reiezione del gravame, perché infondato.

Con memoria di data 24 gennaio 2022 la difesa dell’amministrazione ha eccepito la tardività della “memoria di replica” depositata da parte ricorrente in data 19 gennaio 2022, in quanto avente i contenuti di una memoria vera e propria, e deducendone quindi l’inutilizzabilità.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 10 febbraio 2022.

DIRITTO

L’odierno contenzioso riguarda le sanzioni irrogate al ricorrente dal Comune di Zanè per la realizzazione, nell’anno 2007, di due manufatti nell’area di pertinenza della sua abitazione in assenza di titolo edilizio.

Preliminarmente, con riferimento all’eccezione di inammissibilità della memoria di replica prodotta dalla parte ricorrente, preme evidenziare che la stessa non reca elementi nuovi ed ulteriori rispetto agli argomenti contenuti nel ricorso introduttivo, sicché non risulta in alcun modo dirimente per la decisione del gravame.

Con i primi due motivi l’esponente contesta la qualificazione urbanistica dei manufatti operata dell’amministrazione comunale, sostenendo che il pergolato costituisce opera di mero arredo che non richiede alcun titolo edilizio, mentre l’intervento realizzato con riferimento alla tettoia n. 2 si riduce alla mera manutenzione di un manufatto preesistente, danneggiato dalle intemperie.

Le censure sono destituite di fondamento.

Il pergolato (T1) ha una superficie di 7,15×4,20 metri, un’altezza media pari a 2,93 metri, è costituito da pilastri e travi di legno ed è solidamente ancorato al terreno e al fabbricato residenziale di proprietà tramite staffe metalliche, bulloni, puntazze in ferro annegate su plinti di cemento. A seguito della rimozione del tavolato in legno di copertura il Comune, ritenendo comunque l’intervento soggetto a DIA, ha irrogato la sanzione minima di 516 euro prevista dall’articolo 37, comma 4 del d.P.R. 380/2001.

Tale ricostruzione risulta corretta in considerazione delle caratteristiche del manufatto che, pur privato di copertura, risulta saldamente ancorato al terreno e al fabbricato residenziale e pertanto non ha natura precaria e provvisoria, ma ha attitudine a garantire un’utilità prolungata nel tempo.

Con riferimento alla tipologia di opera edilizia e al relativo titolo edilizio richiesto, va sottolineato che “il “pergolato”, rilevante ai fini edilizi, può essere inteso come un manufatto avente natura ornamentale, realizzato in struttura leggera di legno o altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni.” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 settembre 2011, n. 5409; Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 luglio 2018, n. 4001; Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2022, n. 8).

L’installazione di un pergolato, generalmente, non è soggetta a titolo edilizio, purché il manufatto presenti le caratteristiche sopra descritte e sia, quindi, suscettibile di essere ricondotto alle opere di cui all’art. 6, comma 1, lett. e quinquies) del D.P.R. 380/2001.

Conferma tale ricostruzione, ancorché successivo al provvedimento oggetto dell’odierno contenzioso, anche il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 2 marzo 2018 che, nell’individuare le opere soggette ad edilizia libera, ha incluso i pergolati purché di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo.

Parimenti va disatteso l’argomento secondo cui il manufatto indicato come Tettoia n. 2 sarebbe il frutto di un mero intervento di manutenzione di una preesistente tettoia distrutta dalle intemperie, circostanza che era onere dell’interessato provare, in primis in sede procedimentale e poi nell’odierno giudizio, atteso che il manufatto non è stato assentito da alcun titolo edilizio né risulta dal Catasto Urbano.

Va evidenziato, anzitutto, che nel corso del procedimento il Comune ha ripetutamente e inutilmente richiesto al ricorrente di comprovare la preesistenza dell’opera, che appariva smentita dall’areofotogrammetria dell’area del 1988 e del 2001, dalle fotografie allegate dai denuncianti dell’abuso (nota 5 gennaio 2007) e da quelle allegate alla relazione della Polizia Locale del 4 giugno 2007, nonché dalla sua assenza nella planimetria dell’area esterna allegata dallo stesso ricorrente alla DIA (per cambio di destinazione d’uso senza opere di una porzione dell’edificio) di data 30 giugno 2003, di cui egli era anche progettista. Il ricorrente non ha fornito elementi a sostegno della dichiarata preesistenza limitandosi, in un secondo momento, a richiamare la documentazione fotografica allegata alla medesima DIA, che in tesi comproverebbe l’esistenza del manufatto, e le due aereofotometrie dell’area scattate nel 1990 e nel 2005/6; detta documentazione risulta peraltro pressoché illeggibile, mentre le dichiarazioni sostitutive di atto notorio prodotte sono rese da persone avvinte a lui da legami di parentela e, ulteriormente, descrivono il manufatto come “di dimensioni circa metri 3 per 4, alto circa 2 metri”, a fronte di una tettoia attualmente esistente di 5,90 per 4 metri.

Pertanto, anche assumendo la preesistenza di un manufatto, il ricorrente l’ha integralmente ricostruito, considerato tra l’altro che dai rilievi effettuati dalla Polizia Locale non è emersa alcuna traccia del mantenimento, in tutto o in parte, degli elementi costitutivi la dichiarata preesistenza, né il ricorrente ha fornito anche solo un principio di prova in merito alle sue caratteristiche prima dell’intervento di “manutenzione”.

Pertanto non può essere utilmente invocato il regolamento edilizio, che qualifica come opere di manutenzione esterna quelle che non comportino la modifica di materiali e delle tinte originali.

Si tratta quindi della realizzazione di un fabbricato pertinenziale non soggetto a permesso di costruire, ma subordinato a presentazione di Denuncia di Inizio Attività ai sensi dell’art. 3. punto e.6) del D.P.R. 6.06.2001 n. 380, per il quale il comune ha applicato la sanzione prevista dall’articolo 37, comma 1 del TUE per opere edilizie realizzate in assenza di titolo edilizio, non avendone l’interessato provato la conformità allo strumento urbanistico.

Vanno disattesi il terzo e il settimo motivo di gravame, considerato che – contrariamente a quanto ivi sostenuto – il Comune ha tenuto puntualmente in considerazione l’intervenuta rimozione della copertura della tettoia 1, tanto che in luogo della precedente sanzione ha riqualificato l’intervento e comminato al ricorrente la sanzione minima di 516 euro.

Alla sanzione per la tettoia 2 non sono poi applicabili i limiti massimi previsti dai commi 2 e 3 dell’articolo 37 del TUE, invocati dal ricorrente, atteso che tali disposizioni riguardano esclusivamente gli interventi di restauro e di risanamento conservativo.

La quarta censura, che deduce il difetto di motivazione degli atti impugnati, è destituita di fondamento. I provvedimenti comunali, infatti, ricostruiscono puntualmente i presupposti in fatto, l’istruttoria condotta dall’amministrazione e le ragioni delle misure disposte. Per quanto riguarda il quantum della sanzione rinviano poi per relationem alla più dettagliata perizia di stima redatta dall’Ufficio Tecnico Comunale in data 18.12.2008.

Infondata e smentita dalle circostanze in fatto si rivela la quinta doglianza, che stigmatizza l’omessa comunicazione di avvio del procedimento.

Il Comune di Zanè ha infatti notificato l’avvio del procedimento amministrativo in data 8.09.07, a mezzo messo Comunale, comunicando il nominativo del responsabile del procedimento ed invitando l’interessato a produrre memorie. Il ricorrente ha potuto ampiamente partecipare al procedimento, presentando osservazioni in data 10.10.2007, in data 11.12.2007, in data 23.06.08, in data 23.10.2008, in data 30.01.2009, in data 4.03.2009, in data 09.05.2009, in data 13.05.2009, alle quali il Comune ha dato riscontro.

Inconferente si rivela anche il sesto motivo di gravame, che assume l’illegittimità degli atti impugnati per omessa acquisizione del parere della Commissione edilizia comunale, atteso che la stessa in data 18.12.2008 si era già espressa favorevolmente sull’applicazione della sanzione amministrativa per la Tettoia 2, che è stata confermata, mentre successivamente alla rimozione della copertura della Tettoia 1 è stata disposta l’adozione della sola sanzione in misura minima.

L’ottavo motivo di ricorso sostiene che l’amministrazione avrebbe illegittimamente duplicato le sanzioni, perché ha assunto due diversi provvedimenti ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. 380/2001.

L’argomento non ha pregio: il Comune, preso atto della rimozione della copertura della tettoia n. 1, ha revocato il precedente provvedimento sanzionatorio che prevedeva una sanzione complessiva di 46.000 euro ed ha assunto due distinti provvedimenti con i quali ha ingiunto il pagamento del minimo di 516 euro per il pergolato (ex art. 37, comma 4 TUE) e di 20.000 euro per la tettoia n. 2 (ex art. 37, comma 1 TUE), sicché non ha duplicato ma, piuttosto, distinto le sanzioni.

Gli ultimi due motivi di censura si appuntano sulla perizia di stima redatta dal tecnico comunale.

Anzitutto va respinta la doglianza secondo cui il tecnico avrebbe erroneamente applicato l’art. 12 della legge 392/1978, pur abrogato, atteso che il perito non ha quantificato la sanzione in base a tale norma, ma ne ha richiamato i criteri per determinare il valore medio di costruzione dell’immobile residenziale.

Va disattesa anche la censura sul quantum stabilito.

L’articolo 37, comma 1 del TUE dispone che “La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla denuncia di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro”.

Il tecnico comunale ha preso a riferimento il valore di mercato dell’abitazione, pari a 868 euro al mq, ed ha applicato il coefficiente correttivo stabilito dal DPR 23 marzo 1998, n. 138, riducendolo al 50%, quantificando quindi il valore dell’autorimessa in euro 434,00 al mq.

In disparte i rilievi mossi avverso il coefficiente correttivo in specie applicabile, va rilevato che detto valore risulta in linea con i dati dell’Osservatorio Immobiliare dell’Agenzia del Territorio della Provincia di Vicenza – anno 2008, secondo semestre, che indica un valore di mercato delle autorimesse compreso tra 495 e 680 euro/mq.

La stima posta a fondamento della quantificazione della sanzione non palesa quindi elementi di inattendibilità o di illogicità nella valutazione, espressione di discrezionalità tecnica, operata dall’amministrazione, né per contro pare sostenibile l’esito della perizia di parte, secondo cui l’aumento di valore venale dell’immobile sarebbe pari a soli 411,83 euro, importo inferiore anche ai costi di costruzione del manufatto, non ricorrendo quindi i presupposti per disporre la richiesta istruttoria.

In conclusione i provvedimenti censurati risultano immuni dalle censure dedotte nel gravame, che va quindi respinto.

Le spese di lite sono liquidate in dispositivo secondo soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite al Comune di Zanè, che liquida in 3.000 euro, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Alberto Pasi, Presidente

Marco Rinaldi, Consigliere

Elena Garbari, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Elena Garbari

IL PRESIDENTE
Alberto Pasi

IL SEGRETARIO

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