+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Espropriazione Numero: 543 | Data di udienza: 28 Maggio 2020

ESPROPRIAZIONE – Procedimento ablatorio autonomo – onere motivazionale – ragioni impellente necessità – acquisizione delle aree verdi al patrimonio indisponibile del comune (massima a cura di Camilla Della Giustina)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 25 Giugno 2020
Numero: 543
Data di udienza: 28 Maggio 2020
Presidente: Pasi
Estensore: Amorizzo


Premassima

ESPROPRIAZIONE – Procedimento ablatorio autonomo – onere motivazionale – ragioni impellente necessità – acquisizione delle aree verdi al patrimonio indisponibile del comune (massima a cura di Camilla Della Giustina)



Massima

TAR VENETO, Sez. 2^ – 25 giugno 2020, n. 543

ESPROPRIAZIONE – Procedimento ablatorio autonomo – onere motivazionale – ragioni impellente necessità – acquisizione delle aree verdi al patrimonio indisponibile del comune.

La funzione propria del procedimento ablatorio autonomo consiste nel soddisfare esigenze impellenti di interesse pubblico perseguibili solo mediante il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera realizzata all’interno dell’infrastruttura sine titulo. Queste esigenze devono trovare riscontro in un processo decisionale stringente, rafforzato nel quale siano documentate rigorose garanzie partecipative (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 9 febbraio 2016, n. 2). Affinchè si possa ritenere assolto l’onere motivazionale è necessario che lo stesso contenga la descrizione dello stato dei fatti e che questa evidenzi in maniera idonea le ragioni di impellente necessità tali da giustificare l’esclusione di una soluzione meno afflittiva circa la posizione del privato (T.A.R. Lombardia sez. II – Brescia, 28 giugno 2016, n. 889).

Pres. Pasi, Est. Amorizzo – S. s.r.l. (avv. Mazzarolli) c. Comune Este (avv. Trivellato)


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 2^ - 25 giugno 2020, n. 543

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 537 del 2018, proposto da
Società Agricola Simec S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Mazzarolli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Padova, via Emanuele Filiberto n. 3;
contro
Comune Este, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Trivellato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

sul ricorso numero di registro generale 1030 del 2019, proposto da
Società Agricola Simec S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Mazzarolli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Mazzarolli in Padova, via Emanuele Filiberto n. 3;
contro
Comune di Este, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Trivellato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

sul ricorso numero di registro generale 1296 del 2019, proposto da
Società Agricola Simec S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Mazzarolli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Mazzarolli in Padova, via Emanuele Filiberto n. 3;
contro
Comune di Este, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Trivellato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 537 del 2018:
– della dichiarazione di pubblica utilità, resa con deliberazione di C.C. n. 34 in data 19/4/2000 avente ad oggetto progetto preliminare costituente variante al PIP , relativo a lavori di completamento di via Brunelli – Autoparco parte 1 ;
– della dichiarazione di p.u. di cui alla delibera di C.C. n. 101 del 4/10/2000 avente ad oggetto adozione di variante parziale del PRG ai sensi dell’art. 50 lett. F ) della L.R. n. 61/85 ed approvazione di progetto preliminare dei lavori di completamento di via Brunelli e di realizzazione Autoparco parte 1 ;
– della dichiarazione di pubblica utilità di cui alla delibera di G.C. n. 285 del 17/9/2001 di approvazione di progetto definitivo dei lavori;
– della dichiarazione di p.u. di cui alla delibera di G.C. n. 220 del 17/09/2001 di approvazione del progetto esecutivo e definitivo.
nonché per la condanna del Comune di Este al risarcimento in forma specifica;.
quanto al ricorso n. 1030 del 2019:
della delibera del Consiglio Comunale n. 26 DEL 24/04/2019 avente ad oggetto: l’“Acquisizione, ai sensi dell’art. 42 bis del d.p.r. 8giugno 2001 n. 327, di aree a pubblico utilizzo in forza dell’esecuzione di opere pubbliche, della ditta SIMEC srl. riconoscimento, ai sensi dell’art. 194 del d.lgs 267/2000, di legittimità del debito fuori bilancio per acquisizione sanante e variazione al bilancio di previsione 2019-2021.”
Con detta delibera l’Ente Territoriale ha stabilito di acquisire al Patrimonio indisponibile del Comune le aree catastalmente individuate al NCT del Comune di Este al Foglio n. 22 – Mappali n. 1012, 1101, 1006, 1097, 1010, 1008, 1099, 1107, 1019, 1108, 1018; e al Foglio n. 24 – mappali n. 489, 487, 485, 483, 508, 480, 481, per una superficie catastale complessiva di mq. 4.150, i sensi e per gli effetti dall’art. 42 bis del DPR n. 327/2001, di proprietà di SIMEC SRL ed illegittimamente occupate dall’Amministrazione a decorrere dal 27.12.2005.
quanto al ricorso n. 1296 del 2019:
per l’annullamento
Decreto n. 398 del 25 settembre 2019 del Dirigente della terza area del Comune di Este avente ad oggetto: l’“Decreto di acquisizione, ai sensi dell’art. 42 bis del D.p.r. 8 giugno 2001 n. 237, di aree della Società Agricola Simec Srl, ad uso pubblico, in forza dell’esecuzione di opere pubbliche” nonché e per quanto di necessità della determinazione n. 700/2019 del 24.9.2019 avente ad oggetto quantificazione dell’indennità di esproprio, ex art. 42 bis, DPR 8 giugno 200171 n. 327.
Con detto decreto l’Ente Territoriale ha stabilito di acquisire al Patrimonio indisponibile del Comune le aree catastalmente individuate al NCT del Comune di Este al Foglio n. 22 – Mappali n. 1012, 1101, 1006, 1097, 1010, 1008, 1099, 1107, 1019, 1108, 1018; e al Foglio n. 24 – mappali n. 489, 487, 485, 483, 508, 480, 481, per una superficie catastale complessiva di mq. 4.150, i sensi e per gli effetti dall’art. 42 bis del DPR n. 327/2001, di proprietà di SIMEC SRL ed illegittimamente occupate dall’Amministrazione a decorrere dal 27.12.2005.
Determinando quale importo necessario per provvedere all’acquisizione delle aree sopra indicate della superficie complessiva di mq. 4150, la somma di € 81.877,36 oltre a € 8.000,00 per spese e imposte connesse al trasferimento.
Il decreto difetta di un’autonoma valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati coinvolti, diversa rispetto a quella che aveva ispirato la pregressa illegittima occupazione dei fondi di proprietà di SIMEC; è anche omessa ogni verifica circa l’assenza di ragionevoli alternative all’acquisizione. Invero, l’Amministrazione con la delibera impugnata si è limitata ad una mera “sanatoria” della pregressa occupazione perpetrata dalla stessa contra ius. Il che integra una espropriazione indiretta certamente vietata dall’ordinamento.
Si contesta inoltre l’importo deliberato per procedere all’acquisizione che è irrisorio e non conforme ai parametri di cui all’art. 42 bis, comma 1 e 3, DPR N. 327/2001..

Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune Este e di Comune di Este e di Comune di Este;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 maggio 2020 la dott.ssa Mariagiovanna Amorizzo e trattenuta la causa in decisione, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente ha dedotto di essere proprietaria di aree site in zona P.I.P. del Comune di Este.
Con delibera di C.C. n. 101 del 4/10/2000 il Comune di Este ha approvato il progetto preliminare dei lavori di completamento di via Brunelli e di realizzazione dell’autoparco comunale (“Autoparco parte 1”) – destinate ad essere insediate, in parte, su aree di proprietà della ricorrente – dichiarandone la pubblica utilità. Con delibera di G. C. n. 285 del 17/9/2001 veniva approvato il progetto definitivo dei lavori, mentre con delibera di G.C. n. 220 del 17/09/2001 venivano approvati il progetto esecutivo e il piano particellare di esproprio.
Nel corso del procedimento sono state avviate trattative tra la soc. Simec ed il Comune per una cessione bonaria delle aree che non giungevano a buon fine. Con decreto n. 28097 prot. del 08/10/2001 veniva disposta l’occupazione d’urgenza delle aree interessate dalle suddette opere, al quale veniva data attuazione il successivo 13 novembre 2001. Le opere sono state realizzate e sono attualmente utilizzate dal Comune. Con Decreto Provinciale n. 2698 del 15 /04/2002 è stata determinata l’indennità di espropriazione provvisoria, che la società ricorrente ha accettato. Tuttavia, scaduto il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, pur perdurando l’occupazione, il Comune non emanava il decreto d’esproprio.
Rimasta senza esito la diffida della società alla restituzione dell’area, con il ricorso n. 537/2018 la società ricorrente ha agito in giudizio per ottenere:
– la declaratoria della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità delle opere di completamento di via Brunelli e dell’Autoparco parte 1;
– l’accertamento dell’illegittimità/illiceità dell’occupazione protrattasi fino all’attualità a partire dall’esecuzione del decreto di occupazione d’urgenza prot. n. 28097 dell’8 ottobre 2001;
– la condanna del Comune di Este alla restituzione, previa riduzione in pristino, delle aree ed al risarcimento del danno da illegittima occupazione dalla scadenza del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità all’attualità, per un corrispettivo quantificato in €. 54.000,00;
– In via subordinata, l’ordine di offrire alla ricorrente, entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione o notificazione dalla sentenza, una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno da occupazione illecita quantificata secondo i parametri previsi dal combinato disposto degli artt. 20, co. 1, 22 bis, comma 5 e 50 c.1 D.P.R. 327/2001, ovvero attraverso il legittimo acquisto della proprietà dell’area o con il consenso della controparte, previo pagamento del valore venale del bene pari ad €. 90000,00= o alla maggiore o minore che verrà ritenuta di giustizia oltre ad interessi legali e rivalutazione al saldo.
Con ordinanza collegiale n. 152/19 è stato chiesto al Comune, all’epoca non costituito in giudizio, di fornire notizie sulle iniziative eventualmente adottate per porre termine alla situazione di illecita occupazione delle aree.
Come preannunciato nella relazione istruttoria depositata in atti, il Consiglio comunale con delibera n. 26 del 24 aprile 2019, si è espresso sulla sussistenza dei presupposti per l’acquisizione delle aree ai sensi dell’art. 42-bis D.P.R. 327/2001, deliberando di adottare il relativo provvedimento.
Il provvedimento è stato impugnato con il ricorso n. 1030/2019, articolato in 5 censure.
Con le prime tre sono dedotti i vizi di eccesso di potere, difetto di istruttoria e difetto di motivazione sui presupposti del provvedimento acquisitivo.
Con il quarto motivo la ricorrente si duole dell’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia l’illegittimità del provvedimento per eccesso di potere, essendo la comparazione degli interessi inficiata dall’erronea determinazione dell’indennizzo che assume essere stato sottostimato.
Con il ricorso n. 1296/2019, la ricorrente ha impugnato, infine, – con censure integralmente sovrapponibili a quelle articolate con il ricorso n. 1030/19 – il Decreto dirigenziale n. 398 del 25 settembre 2019 con cui è stata data esecuzione alla delibera del Consiglio comunale n. 26 del 24 aprile 2019, nonché e per quanto di necessità, della determinazione n. 700/2019 del 24.9.2019 avente ad oggetto quantificazione dell’indennità di esproprio, ex art. 42 bis, DPR 8 giugno 2001 n. 327.
Si è costituito, nei tre giudizi, il Comune di Este, resistendo ai gravami.
All’udienza del 28 maggio 2020, svoltasi nelle forme previste dall’articolo 84, comma 5, D.L. 18/2020 è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare il Collegio, ritenendone sussistenti i presupposti di connessione soggettiva ed oggettiva, ritiene opportuna la riunione dei ricorsi ai sensi dell’articolo 70 cod. proc. amm.
2. Ragioni di pregiudizialità logica impongono di anteporre la trattazione dei ricorsi n. 1030/2019 e 1296/2019 aventi ad oggetto atti del procedimento di acquisizione delle aree ai sensi dell’art. 42-bis D.P.R. 327/2001. Le censure formulate avverso i due atti possono essere trattate congiuntamente, essendo integralmente sovrapponibili ed avendo ad oggetto due segmenti della medesima serie procedimentale.
3. In via preliminare, devono essere delibate le eccezioni di inammissibilità del ricorso n. 1030/19 formulate dal Comune resistente.
3.1 L’eccezione di irricevibilità per tardività dell’impugnazione è infondata. Ai sensi dell’art. 41, comma 2, cod. proc. amm. il termine per l’impugnazione degli atti decorre dalla scadenza del termine previsto per la pubblicazione solo per i soggetti diversi da quelli per i quali non sia richiesta la comunicazione o notificazione individuale. L’art. 42-bis D.P.R. 327/2001, al comma 4, prevede la notifica individuale del provvedimento al proprietario del bene espropriato, sì che il termine per l’impugnazione dello stesso non può che decorrere da tale data, ove non sia data prova dell’acquisita piena conoscenza dello stesso in data anteriore.
Tale prova non risulta acquisita al giudizio, neppure a voler accedere al più rigoroso orientamento secondo cui è sufficiente a determinare la piena conoscenza del provvedimento, il suo deposito in giudizio, atteso che, nel caso di specie, contrariamente a quanto dedotto dal Comune, il provvedimento risulta depositato nel giudizio n. 537/2018 solo in data 26 settembre 2019. In ottemperanza all’ordinanza istruttoria n. 152/19, infatti, il comune aveva depositato in data antecedente (24 maggio 2019) solo la relazione tecnica dell’ufficio competente e una nota a firma del segretario generale contenente gli estremi della sua emanazione.
3.2 E’ infondata anche l’eccezione di inammissibilità per l’omessa notifica ad almeno uno dei controinteressati. Il provvedimento di acquisizione ai sensi dell’art. 42-bis D.P.R. 327/2001 oggetto di censura è privo di controinteressati in senso tecnico-giuridico, che, peraltro, neppure il resistente è in grado di individuare.
4. I due ricorsi sono parzialmente fondati dovendosi ritenere provato il vizio motivazionale dedotto nei primi tre motivi limitatamente alle aree adibite ad autoparco, non essendo state evidenziate nel provvedimento le ragioni per le quali non siano praticabili soluzioni diverse dall’acquisizione coattiva per il perseguimento degli scopi di pubblico interesse avuti di mira dall’ente locale.
Va, infatti, considerato che l’istituto disciplinato dall’art. 42-bis d.p.r. 327/2001 ha superato il vaglio di legittimità costituzionale (cfr. Corte costituzionale, 30 aprile 2015, n. 71) e di compatibilità con il sistema di tutele delineato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr., ex plurimis, Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. II, 3 giugno 2014, Rossi e Variale; Sez. II, 14 gennaio 2014, Pascucci; Sez. II, 5 giugno 2012, Immobiliare Cerro; Grande Camera, 22 dicembre 2009, Guiso; Sez. II, 6 marzo 2007, Scordino; Sez. III, 12 gennaio 2006, Sciarrotta; Sez. II, 17 maggio 2005, Scordino; Sez. II, 30 maggio 2000, Soc. Belvedere alberghiera; Sez. II, 30 maggio 2000, Carbonara e Ventura) attraverso un’esegesi rigorosa dei suoi presupposti operato dalle magistrature superiori (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 9 febbraio 2016, n. 2, Corte di Cassazione, Sezioni unite, sentenze n. 735 del 19 gennaio 2015 e n. 22096 del 29 ottobre 2015) volto a valorizzarne la funzione di procedimento ablatorio autonomo rispetto a quello non concluso da cui è scaturita l’occupazione.
E’ stato, in special modo, evidenziato che lo scopo del suddetto procedimento “non è (e non può essere) quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall’Amministrazione (perché altrimenti integrerebbe una espropriazione indiretta per ciò solo vietata), bensì quello autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione di imperiose esigenze pubbliche, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera dell’infrastruttura realizzata sine titulo”.
Tale obiettivo “deve emergere necessariamente da un percorso motivazionale – rafforzato, stringente e assistito da garanzie partecipativo rigorose – basato sull’emersione di ragioni attuali ed eccezionali che dimostrino in modo chiaro che l’apprensione coattiva si pone come extrema ratio”, ovvero “solo quando siano stati escluse, all’esito di una effettiva comparazione con i contrapposti interessi privati, altre opzioni, compresa la cessione volontaria mediante atto di compravendita, e non sia ragionevolmente possibile la restituzione, totale o parziale, del bene, previa riduzione in pristino, al privato illecitamente inciso nel suo diritto di proprietà” (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 9 febbraio 2016, n. 2).
Un siffatto onere motivazionale, pur non richiedendo formule sacramentali, deve essere assolto quantomeno attraverso una descrizione dello stato dei fatti idonea ad evidenziare in modo univoco le ragioni imperiose che escludono una soluzione meno afflittiva della posizione del privato (T.A.R. Lombardia sez. II – Brescia, 28 giugno 2016, n. 889).
Nel caso di specie, il provvedimento evidenzia in modo sufficiente le ragioni di pubblico interesse sottese all’acquisizione dell’area adibita ad Autoparco comunale, non essendo revocabile in dubbio la rispondenza all’interesse generale della collettività locale dell’installazione in area P.I.P. di un parcheggio custodito per autocarri, aperto al pubblico e gestito direttamente dal Comune, trattandosi di opera funzionale allo svolgimento delle attività produttive insediate nell’area. Tuttavia, difetta un’adeguata rappresentazione delle motivazioni per le quali l’apprensione coattiva dell’area risulti l’unica possibile opzione per il perseguimento del suddetto interesse. La motivazione del provvedimento, infatti, non spiega le ragioni per le quali un’area su cui non risultano presenti strutture difficilmente rimovibili sia da ritenersi “irreversibilmente trasformata”, né esclude che, nell’area d’interesse, vi siano spazi adeguati già nella disponibilità del Comune da adibire alla medesima destinazione. A tale ultimo proposito, le deduzioni di parte ricorrente circa la presenza di un’area incolta adiacente a quella espropriata tuttora di proprietà comunale, sono rimaste senza replica.
Per quanto concerne, invece, i mappali utilizzati per il completamento di via Brunelli e della rotatoria di accesso alla zona P.I.P., il ricorrente non ha sollevato specifiche censure sulla sussistenza dei presupposti dell’acquisizione, che risultano autoevidenti sia con riguardo alle ragioni di interesse pubblico della loro permanenza nella disponibilità del Comune, che all’assenza di alternative possibili. Si tratta, infatti, di mappali inglobati in una più vasta opera viaria che si snoda su un percorso continuo coinvolgente altre proprietà, il cui tracciato è, già per tale sola ragione – e in assenza di specifiche deduzioni contrarie – presumibilmente immodificabile.
Il provvedimento, pertanto, deve ritenersi, in parte qua, immune dai vizi dedotti.
5. Non sono, invece, fondati il quarto ed il quinto motivo dei ricorsi n. 1030/19 e 1269/2019.
6. La comunicazione di avvio del procedimento è stata inviata alla società ricorrente che ha esercitato le proprie prerogative partecipative, che risultano valutate nel provvedimento finale.
7. Il vizio di eccesso di potere nella comparazione degli interessi per la sottostima dell’indennità – la cui cognizione rientra nell’ambito delle controversie devolute alla giurisdizione amministrativa essendo prospettato (al di là della rubrica) come vizio di legittimità della delibera di acquisizione – è, tuttavia, sguarnito di prova, non essendo stati individuati i parametri in base ai quali la ricorrente ha atteso alla quantificazione del valore venale dell’immobile e sulla cui base sono state computate le singole voci dell’indennizzo.
8. I ricorsi n. 1030/2019 e 1296/2019, pertanto, sono parzialmente fondati, nei limiti in precedenza esposti, per difetto di motivazione ed i provvedimenti con essi impugnati devono essere annullati nella parte in cui sono state acquisite le aree occupate per la realizzazione dell’autoparco comunale, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
13. Anche il ricorso n. 537/18 deve essere parzialmente accolto.
L’annullamento parziale dei provvedimenti con cui si è concretizzata l’acquisizione delle aree utilizzate per la realizzazione dell’Autoparco comunale rende procedibile, in parte qua, l’azione restitutoria con esso proposta. Resta, invece, improcedibile per quanto concerne le aree occupate per il completamento di via Brunelli e per la realizzazione della rotatoria di accesso all’area PIP.
Per la parte in cui è procedibile, inoltre, il ricorso è fondato, risultando espressamente ammessi da parte del Comune i fatti costitutivi del diritto alla restituzione, ovvero la scadenza del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e la mancata adozione di un decreto di espropriazione.
14. Il Comune, pertanto, fatto salvo il potere di rinnovare il provvedimento ex art. 42-bis D.P.R. 327/2001, deve essere condannato a restituire i fondi sui quali insiste l’Autoparco comunale, previa loro riduzione in pristino, entro 120 giorni dalla comunicazione, o, ove anteriore, dalla notificazione della presente sentenza.
15. Deve essere, altresì, condannato al risarcimento del danno da illecita occupazione protrattasi dal momento in cui è scaduto il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie (restituzione del bene ovvero sua acquisizione mediante l’adozione del provvedimento di cui al citato art. 42 bis o la stipula di un contratto).
Dall’esame degli atti risulta che il suddetto termine è scaduto in data 17/9/2006, atteso che la delibera n. 101/2000 del 4/10/2000 con cui è stata dichiarata la pubblica utilità delle opere ha fissato il termine per la conclusione delle procedure espropriative in cinque anni decorrenti dall’approvazione del progetto definitivo (cfr. punto 5 del dispositivo), approvazione avvenuta con delibera di Giunta comunale n. 220 del 17/9/2001.
16. Quanto al risarcimento del danno, il Collegio pronuncia sentenza ai sensi dell’art. 34, comma 4, del cod. proc. amm., stabilendo che parte resistente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ovvero della sua notifica su istanza di parte se anteriore, proponga a parte ricorrente il pagamento delle somme dovute – da quantificarsi secondo i criteri di liquidazione di seguito esposti – e proceda al relativo versamento entro i sessanta giorni successivi al raggiungimento del relativo accordo.
Nello specifico, stabilisce a tal fine il Collegio che:
– tale danno potrà quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c. ed in assenza di prova di un diverso ammontare, nell’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore all’art. 42 bis, comma 3, del d.P.R. n. 327/2001, suscettibile di applicazione analogica in quanto espressione di un principio generale (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 18 novembre 206, n. 4799, T.A.R. Campania, Napoli Sez. V, sentenza n. 4873/2019);
– quanto alla determinazione del valore venale del bene, da valutarsi unicamente per definire il parametro per la determinazione del danno patrimoniale da illegittima occupazione (pari al 5% annuo), il Comune intimato dovrà, tenuto conto della destinazione urbanistica dell’area:
i) utilizzare il metodo di stima diretta (o sintetica), che consiste nella determinazione del più probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa tipologia di quello oggetto di stima (atti di compravendita di terreni finitimi e simili), avuto, altresì, riguardo alle indicazioni della società ricorrente quanto all’accertamento del valore di mercato del terreno de quo;
ii) devalutare e rivalutare annualmente i valori medi a metro quadro indicati per il terreno interessato, secondo gli indici dell’andamento dei prezzi del mercato immobiliare pubblicati nei siti internet delle maggiori e più accreditate società di studi e di osservatori del mercato immobiliare, per comprendere il periodo che va dall’inizio dell’illegittima detenzione fino all’attualità;
iii) su tali ultimi valori – devalutati al momento dell’illegittimo possesso e aggiornati all’attualità – andranno, computati, a titolo di risarcimento del danno dovuto, gli interessi nella misura del 5% per ogni anno di occupazione illegittima sino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), riuniti i ricorsi, come in epigrafe proposti, definitivamente pronunciando, li accoglie in parte, nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto:
– in accoglimento dei ricorsi n. 1030/19 e 1296/19 annulla la delibera del Consiglio comunale n. 26 del 24 aprile 2019 e il Decreto dirigenziale n. 398 del 25 settembre 2019, nelle parti in cui è disposta l’acquisizione delle aree su cui insiste l’Autoparco comunale e in cui sono quantificati gli importi dell’indennizzo per la relativa acquisizione coattiva e del risarcimento per l’illegittima occupazione;
– in accoglimento del ricorso n. 537/2018:
– condanna il Comune di Este alla restituzione, previa riduzione in pristino, delle aree su cui insiste l’Autoparco comunale entro 120 giorni dalla comunicazione, o, ove anteriore, dalla notificazione della presente sentenza;
– condanna il Comune di Este a risarcire il danno da illecita occupazione protrattasi dalla data di scadenza della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (17/9/2006) fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie (restituzione del bene ovvero sua acquisizione mediante l’adozione del provvedimento di cui al citato art. 42 bis o la stipula di un contratto);
– Ordina, ai sensi dell’articolo 34, comma 4, cod. proc. amm., al Comune di Este proporre, entro 120 giorni dalla comunicazione, o ove anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, il pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno da illecita occupazione, quantificata secondo i parametri indicati in motivazione.
Condanna il Comune di Este al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi € 5.000,00, oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio tenutasi da remoto il 28 maggio 2020 in modalità videoconferenza, con l’intervento dei magistrati:
Alberto Pasi, Presidente
Marco Rinaldi, Primo Referendario
Mariagiovanna Amorizzo, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

Mariagiovanna Amorizzo

IL PRESIDENTE
Alberto Pasi
  

IL SEGRETARIO

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!