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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Rifiuti, Risarcimento del danno Numero: 138 | Data di udienza:

ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Immissione di acque reflue (liquide o semiliquide) tramite un sistema stabile di collettamento – Necessità del nesso funzionale e diretto – Procedure operative ed amministrative – RIFIUTI – Deposito di scarti/rifiuti di lavorazione dell’impresa – Applicabilità della disciplina dei rifiuti – Interventi e opere nei siti oggetto di bonifica – Monitoraggi svolti a cura dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria (Arpacal) – Artt. 434, 452 quater c.p. – Art. 74, d.lgs. n. 152/2006 – Obbligo di ripristino e smaltimento dei rifiuti – Obblighi di garanzia in capo al liquidatore della società responsabile dell’inquinamento in quanto detentore dei beni aziendali – Principio comunitario “chi inquina paga” – RISARCIMENTO DANNI – Parti civili – Risarcimento del danno – Fattispecie – Direttiva 2004/35/CE – Art. 257 d.lgs. n. 152/2006.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione:
Regione: Calabria
Città: COSENZA
Data di pubblicazione: 25 Gennaio 2024
Numero: 138
Data di udienza:
Presidente: FAMILIARI
Estensore: Familiari


Premassima

ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Immissione di acque reflue (liquide o semiliquide) tramite un sistema stabile di collettamento – Necessità del nesso funzionale e diretto – Procedure operative ed amministrative – RIFIUTI – Deposito di scarti/rifiuti di lavorazione dell’impresa – Applicabilità della disciplina dei rifiuti – Interventi e opere nei siti oggetto di bonifica – Monitoraggi svolti a cura dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria (Arpacal) – Artt. 434, 452 quater c.p. – Art. 74, d.lgs. n. 152/2006 – Obbligo di ripristino e smaltimento dei rifiuti – Obblighi di garanzia in capo al liquidatore della società responsabile dell’inquinamento in quanto detentore dei beni aziendali – Principio comunitario “chi inquina paga” – RISARCIMENTO DANNI – Parti civili – Risarcimento del danno – Fattispecie – Direttiva 2004/35/CE – Art. 257 d.lgs. n. 152/2006.



Massima

TRIBUNALE DI COSENZA, 25 gennaio 2024, Sentenza n. 138

 

ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Immissione di acque reflue (liquide o semiliquide) tramite un sistema stabile di collettamento – Necessità del nesso funzionale e diretto – Procedure operative ed amministrative – RIFIUTI – Deposito di scarti/rifiuti di lavorazione dell’impresa – Applicabilità della disciplina dei rifiuti – Interventi e opere nei siti oggetto di bonifica – Monitoraggi svolti a cura dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria (Arpacal) – Artt. 434, 452 quater c.p. – Art. 74, d.lgs. n. 152/2006.

Si deve applicarsi la disciplina dei rifiuti e non quella dello scarico di acque reflue, in tutti quei casi nei quali si è in presenza di una immissione di acque reflue (liquide o semiliquide) in uno dei corpi ricettori individuati dalla legge (acque superficiali, suolo, sottosuolo, rete fognaria) effettuato tramite un sistema stabile di collettamento, anche se in via periodica, discontinua o occasionale. In ogni altro caso, nel quale venga a mancare il nesso funzionale e diretto delle acque reflue con il corpo ricettore, si applicherà la disciplina dei rifiuti, ove configurabile. Nel caso di specie, non si riscontra il nesso funzionale e diretto appena descritto, in quanto le acque contenute nei laghetti non erano ivi immesse da alcun sistema stabile di collettamento, privo di soluzione di continuità, come previsto per lo “scarico” dall’art. 74, comma primo, lettera ff, del d.lgs. n. 152/2006, ma ivi giacevano depositate quali scarti/rifiuti della lavorazione dell’impresa.

RIFIUTI – Obbligo di ripristino e smaltimento dei rifiuti – Obblighi di garanzia in capo al liquidatore della società responsabile dell’inquinamento in quanto detentore dei beni aziendali – Principio comunitario “chi inquina paga” – Parti civili – Risarcimento del danno – Fattispecie – Direttiva 2004/35/CE – Art. 257 d.lgs. n. 152/2006.

L’obbligo di ripristino e smaltimento dei rifiuti, sussiste persino in capo al curatore fallimentare, in qualità di detentore ed amministratore dei beni oggetto dell’attivo fallimentare, pertanto, i relativi costi di bonifica devono gravare sulla massa fallimentare anziché sulla comunità, incolpevole dell’inquinamento; ciò in conformità al principio comunitario “chi inquina paga”, di cui alla direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, ma anche in conformità alla realtà economica sottesa alla relazione che intercorre tra il patrimonio dell’imprenditore e la massa fallimentare di cui il curatore ha la responsabilità che, sotto il profilo economico, si pone in continuità con il patrimonio dell’imprenditore fallito. E’ tale principio di diritto comunitario, già recepito dall’art. 257 d.lgs. n. 152/2006, a costituire la“legge”, fonte, nel caso di specie, dell’obbligo di provvedere alla bonifica previsto dall’art. 452 terdecies c.p..

Nel caso in esame, “sul piano soggettivo, la fattispecie contestata è a dolo generico e rileva, dunque, il mero dolo dell’omissione. Il fatto che l’impresa non avesse liquidità sufficiente a contenere i costi della bonifica è ininfluente ai fini dell’esclusione dell’elemento soggettivo, avendo ben potuto attivarsi l’imputato, ad esempio, al fine di coinvolgere il socio unico e/o chiedere un apposito finanziamento. Ad ogni modo, la mancanza di liquidità non può essere assimilata al caso fortuito o alla forza maggiore, che costituiscono i soli casi previsti dall’ordinamento idonei ad escludere l’”esigibilità” della condotta; ulteriori ipotesi di “inesigibilità” non possono essere individuate, in via interpretativa, dal giudice, stante la riserva di legge che permea la materia penale, compresa la disciplina delle cause di esclusione della punibilità e/o della colpevolezza. Ma vi è di più: non essendosi l’imputato neppure attivato ai fini di eseguire l’esame del rischio sito specifica, non è detto che i piani di bonifica dal medesimo redatti e sottoposti alle competenti autorità, per quanto eccessivamente “costosi”, fossero effettivamente adeguati e necessari al reale e specifico “rischio” del sito contaminato, in quanto, per l’appunto, tale rischio non era stato nemmeno calcolato. Alcun rilievo assume, nel contempo, ai fini dell’esclusione della penale responsabilità, la considerazione che l’imputato non avesse le cognizioni tecniche necessarie per elaborare un piano di bonifica, in quanto di professione commercialista. Trattasi di argomentazione difensiva del tutto infondata, posto che la contestazione penale non deriva dal fatto che il predetto non avesse provveduto “autonomamente” ad elaborare un “proprio” piano di bonifica che, necessariamente, richiede specifiche competenze tecniche, bensì dal rilievo che aveva omesso di reperire le risorse, sia umane che materiali, per rendere possibile, dapprima, l’elaborazione e, di seguito, l’esecuzione di un progetto di bonifica confacente al reale stato del sito. Infine, in merito al risarcimento del danno alle parti civili, l’avvenuto riconoscimento di responsabilità penale in ordine all’omessa bonifica giustifica la condanna generica (non essendo stata svolta alcuna istruttoria sull’effettiva entità dei danni) al risarcimento del danno in favore delle parti civili indicate in dispositivo: cittadini e imprese operanti nella zona contaminata, nonché l’associazione ambientalista…”.

Giud. Familiare

 
 

 

 


Allegato

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Titolo Completo

TRIBUNALE DI COSENZA 25/01/2024 Sentenza n. 138

SENTENZA

 

 

TRIBUNALE DI COSENZA Sentenza n. 138_2024

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