PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – COVID-19 – Misure di contenimento CORONAVIRUS – Autodichiarazione “falsa” consegnata ai Carabinieri – Configurabilità del reato – Esclusione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Assoluzione ex art. 129 c.p. perchè il fatto non sussiste – DIRITTO SANITARIO – Misure di contenimento della pandemia – Artt. 46, 47 e 76 DPR 445/2000 – Art. 483, 493, 495 c.p. – D.L. 25.3.2020 n.19.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: G.I.P.
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 16 Novembre 2020
Numero: 1940
Data di udienza:
Presidente: Crepaldi
Estensore:
Premassima
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – COVID-19 – Misure di contenimento CORONAVIRUS – Autodichiarazione “falsa” consegnata ai Carabinieri – Configurabilità del reato – Esclusione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Assoluzione ex art. 129 c.p. perchè il fatto non sussiste – DIRITTO SANITARIO – Misure di contenimento della pandemia – Artt. 46, 47 e 76 DPR 445/2000 – Art. 483, 493, 495 c.p. – D.L. 25.3.2020 n.19.
Massima
TRIBUNALE DI MILANO 16/11/2020 Sentenza n.1940
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – COVID-19 – Misure di contenimento CORONAVIRUS – Autodichiarazione “falsa” consegnata ai Carabinieri – Configurabilità del reato – Esclusione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Assoluzione ex art. 129 c.p. perchè il fatto non sussiste – DIRITTO SANITARIO – Misure di contenimento della pandemia – Artt. 46, 47 e 76 DPR 445/2000 – Art. 483, 493, 495 c.p. – D.L. 25.3.2020 n.19.
La dichiarazione di una mera intenzione nell’ambito di un modulo di autocertificazione, anche se consegnata a pubblico ufficiale, non può rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 493 c.p., limitato ai soli “fatti” già occorsi. Pertanto, non commette reato chi si limita a dichiarare una propria volontà, anche se si rivela ex post priva di riscontro. Ne consegue l’impossibilità di ritenere integrati gli estremi del delitto di cui all’art. 483 c.p. e di ogni altro reato in materia di falso, non rientrando nel novero dei “fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”, essendo estranei all’ambito di applicazione dell’art. 483 c.p. le dichiarazioni che non riguardino “fatti” di cui può essere attestata la verità hic et nunc ma che si rivelino mere manifestazioni di volontà, intenzioni o propositi. Il nostro ordinamento non incrimina qualunque dichiarazione falsa resa ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio ma costruisce i reati di falso secondo una sistematica casistica. Ne consegue che il rilievo della falsa dichiarazione è legato all’individuazione di una specifica norma che dia rilevanza al contesto e alla singola dichiarazione. Neppure potrebbe ritenersi integrato l’art. 495 c.p., risultando l’attestazione compiuta estranea al novero delle dichiarazioni espressamente indicate dalla norma, vale a dire l’identità, lo stato o altre qualità della propria o altrui persona.
Giudice dott. Roberto Crepaldi, Ric. omissis
Giurisprudenza richiamata in sentenza:
Tra le tante, Cass. pen., sez. III, 12.10.1982, n. 10, Sevino ha esplicitamente affermato che “l’atto deve provare la verità di fatti, attuali ed obiettivi, e non di manifestazioni di volontà esprimenti intendimenti o propositi futuri, poiché anche in quest’ultimo caso non costituisce reato. Il concorso di tali requisiti deve, naturalmente, sussistere anche quando il delitto di falsità ideologica in Atti pubblici sia addebitato al privato, il quale abbia scientemente indotto in errore il pubblico ufficiale, secondo il disposto dell’art. 48 cod. pen.. (fattispecie relativa a falsa dichiarazione di privato al pubblico ufficiale di destinare al diporto un natante ottenendo così la iscrizione nel relativo registro, che non ha la funzione di provare la verità di un fatto, cioè destinazione del natante ad uso diporto, ne’ la veridicità della dichiarazione del privato)”.
Cass. pen., sez. V, 3.12.1982, n. 2829, La Fortezza “sia nell’ipotesi di falsità ideologica del pubblico ufficiale in atto pubblico sia in quella di false attestazioni in atto pubblico commesse dal privato, la falsa dichiarazione deve riguardare fatti, non già meri intenti o propositi, poiché solo in ordine ai primi e cioè ad accadimenti già compiuti può aversi un contrasto con la realtà. Non è quindi configurabile il delitto di falsità ideologica di cui agli artt. 48 – 479 o 483 cod. pen. nel fatto del privato che, alfine di ottenere l’iscrizione di un proprio natante nell’apposito registro, dichiara una destinazione diversa da quella che effettivamente intende dare alla nave, trattandosi, appunto, non già di falsa attestazione di fatti, bensì di riserva mentale, il cui controllo peraltro è possibile soltanto “a posteriori”.
Cass. pen., sez. V, 15.6.1982, n. 92903, Marasca: “Il delitto di falsità ideologica commesso da pubblico ufficiale o da privato in atto pubblico, concerne la falsa attestazione di fatti e non anche di semplici giudizi o dichiarazioni di volontà. Pertanto, non è punibile a norma dell’art. 483 cod. pen. colui che, nel presentare la prescritta dichiarazione in ordine alla destinazione di un natante, sia stato mendace nel manifestare l’intenzione di destinarlo a diporto”. Nello stesso senso anche Cass. pen., sez. III, 2.12.1982, n. 891, Corruso.