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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Aree protette, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia, Pubblica amministrazione, Risarcimento del danno, Sicurezza sul lavoro Numero: 144 | Data di udienza: 23 Febbraio 2023

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Valanga e crollo dell’Hotel Rigopiano – Crollo colposo di una costruzione – Aree considerate soggette a pericolo di valanghe – Responsabilità colposa – PZEV Piano Zone Esposte a Valanga – Valutazione di rischi futuri – Carta dei Rischi – Vincoli di tipo paesaggistico di tutela ambientale e culturale – Zona vincolata dal Piano Regionale Paesistico PRP – AREE PROTETTE – Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Controlli da parte della PA – Costruzione pubbliche requisiti e regole – RISARCIMENTO DEL DANNO – Risarcimenti – SICUREZZA SUL LAVORO – Danni da risarcire connessi all’omissione di tutele sul lavoro – Contenuto del DVR – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati omissivi impropri – C.d. clausola di equivalenza causale


Provvedimento: SENTENZA
Sezione:
Regione: Abruzzo
Città: Pescara
Data di pubblicazione: 22 Maggio 2023
Numero: 144
Data di udienza: 23 Febbraio 2023
Presidente: Sarandrea
Estensore:


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Valanga e crollo dell’Hotel Rigopiano – Crollo colposo di una costruzione – Aree considerate soggette a pericolo di valanghe – Responsabilità colposa – PZEV Piano Zone Esposte a Valanga – Valutazione di rischi futuri – Carta dei Rischi – Vincoli di tipo paesaggistico di tutela ambientale e culturale – Zona vincolata dal Piano Regionale Paesistico PRP – AREE PROTETTE – Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Controlli da parte della PA – Costruzione pubbliche requisiti e regole – RISARCIMENTO DEL DANNO – Risarcimenti – SICUREZZA SUL LAVORO – Danni da risarcire connessi all’omissione di tutele sul lavoro – Contenuto del DVR – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati omissivi impropri – C.d. clausola di equivalenza causale



Massima

TRIBUNALE DI PESCARA Uff. del G.U.P., 22 maggio 2023, (Ud. 23/02/2023) Sentenza n. 144

 

 

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Pericolo per la pubblica incolumità – Crollo colposo di una costruzione – Delitti colposi di danno – Contrarietà della condotta ad una regola precauzionale – Nesso di causalità tra evento e condotta – Disastro.

Per l’integrazione dell’art. 449 c.p. è comunque necessario il pericolo per l’incolumità pubblica dovendosi accertare in concreto e con valutazione ex ante una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti dovendosi configurare considerarsi disastro il crollo colposo di una costruzione soltanto quando abbia assunto proporzioni tali da determinare l’insorgenza di un concreto pericolo per l’incolumità pubblica. Quanto alla condotta trattandosi di una fattispecie casualmente orientata e considerato che si tratta di fattispecie colposa bisognerà dapprima accertare ai sensi dell’art. 43 c.p. la contrarietà della condotta ad una regola precauzionale che miri ad evitare il verificarsi degli specifici eventi disastrosi, l’esistenza inoltre di siffatto evento con le caratteristiche richieste dalle varie norme ed il nesso di causalità tra quest’ultimo e la condotta. Quindi, in tema di delitti colposi nel giudizio di prevedibilità richiesto per la configurazione della colpa va dunque considerata anche la sola possibilità per il soggetto di rappresentarsi una categoria di danni sia pure indistinta potenzialmente derivante dalla sua condotta tale che avrebbe dovuto convincerlo ad adottare più sicure regole di prevenzione in altri termini ai fini del giudizio di prevedibilità deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione ex ante dell’evento dannoso quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravità ed estensione.

 

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Falsa dichiarazione del privato – Pubblico ufficiale inconsapevole che raccoglie dal privato una falsa attestazione – Falso ideologico per induzione.

In tema di falsità in atti, quando il pubblico ufficiale inconsapevolmente raccolga dal privato una falsa attestazione relativa a fatti dei quali essa è destinata a provare la verità e quando detta attestazione venga poi utilizzata dal soggetto ingannato per descrivere od attestare una situazione di fatto più ampia di quella certificata dal mentitore resta integrata la fattispecie del falso ideologico per induzione art. 48, 479, 48, 480, 481 c.p. la quale, nel caso di specie, concorre con il delitto di cui all’art. 483 c.p. atteso che la falsa dichiarazione del privato prevista di per sé come reato è in rapporto strumentale con la falsità ideologica che il pubblico ufficiale in quanto autore mediato ha posto in essere.

 

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Rifiuto di atti d’ufficio – Tutela il buon andamento della P.A. – Tempestività dell’azione pubblica – Verifica dell’omissione dell’atto – Natura di reato di danno astratto – L’inerzia amministrativa costituisce di per sé un danno – Art. 328 c.1 c.p.

Il reato di cui all’art. 328 comma 1 c.p. tutela il buon andamento della P.A. sotto forma dell’interesse alla tempestività dell’azione pubblica in relazione a quei casi in cui un azione tempestiva sia imposta da ragioni di giustizia sicurezza pubblica ordine pubblico igiene e sanità. Pertanto, le disposizioni di cui all’art 328 comma 1 c.p. relative al delitto di rifiuto di atti d’ufficio sanzionano penalmente il comportamento di rifiuto consapevole del pubblico ufficiale in relazione all’emanazione di atti che avrebbe dovuto adottare senza ritardo al fine di tutelare i beni pubblici in relazione ai quali gli erano state conferite quelle pubbliche funzioni.  Si ritiene che tale delitto non sia un delitto di danno concreto e dunque il giudice per riscontrarne la ricorrenza non è chiamato a giudicare se effettivamente l’omissione dell’atto abbia prodotto un danno effettivo ad un interesse di giustizia e degli altri valori richiamati dalla norma. Trattandosi, dunque, di un reato di danno astratto cioè un reato nel quale si presume come implicito un danno al bene protetto là dove si individui il bene protetto nell’interesse che la P.A. sia pronta reattiva e tempestiva in presenza di una richiesta d intervento riferita a certe urgenze è evidente che il fatto stesso dell’inerzia amministrativa costituisce di per sé un danno. L’art 328 comma 1 c.p. presuppone l’indebito rifiuto del pubblico ufficiale in presenza dei presupposti sopra elencati e sebbene la norma stabilisca in maniera espressa la natura indebita del rifiuto si ritiene che la menzione espressa dell’antidoverosità dell’omissione sia del tutto superflua in quanto già contenuta nella locuzione rifiuto di un atto dovuto. Pertanto, ai fini della configurabilità del reato di rifiuto di atti d ufficio è necessario che il pubblico ufficiale si rappresenti e voglia la realizzazione di un evento contra ius tale requisito di illiceità speciale delimita la rilevanza penale solamente a quelle forme di diniego di adempimento che non trovano alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il dovere di azione. Sicché, l’art 328 comma 1 non sanziona penalmente la generica negligenza o la scarsa sensibilità istituzionale del pubblico ufficiale ma il rifiuto consapevole di atti da adottarsi senza ritardo per la tutela di beni pubblici essendo dunque necessario che l’agente abbia non solo la consapevolezza di omettere rifiutare o ritardare un atto del proprio ufficio ma anche quella della violazione dei doveri imposti a difesa dell’interesse protetto. Occorre, che il pubblico ufficiale abbia consapevolezza del proprio contegno omissivo dovendo rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento contra ius senza che il diniego di adempimento trovi alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il dovere di azione.

 

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Attività del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio – Casi di non punibilità – Art .384 c.p.

Il delitto ex art .384 c.p. (Casi di non punibilità), si configura quale reato proprio dell’attività del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio la qualifica del quale deve preesistere alle indagini e deve porsi in rapporto di connessione funzionale con l’accertamento che si assume inquinato è noto che per tale ipotesi delittuosa non trovano applicazione le cause di non punibilità inerenti alla necessità di essere costretti di salvare sé o altri dal pericolo ai sensi dell’art 384 c.p.. L’indifferenza rispetto ai diritti personali o della considerazione dei vincoli familiari impone la preesistenza rispetto al fatto della qualità di pubblico ufficiale e ciò esclude dall’applicazione della fattispecie il testimone che acquisisce tale qualifica con l’assunzione della funzione. Solo tale vincolo riesce a caratterizzare in maniera riconoscibile il dolo specifico richiesto cosicché deve individuarsi l elemento tipico del reato nella violazione del dovere di fedeltà connesso alla preesistenza della qualifica rispetto al reato.

 

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Attività di pianificazione – Obblighi giuridici di controllo e di protezione – Posizioni di garanzia – Reato omissivo improprio – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati omissivi impropri – c.d. clausola di equivalenza causale – Obbligo giuridico di impedire un evento – Art. 40 c.p. – Titolare di una posizione di garanzia – Responsabilità colposa a carico del garante.

Il dato normativo che caratterizza i reati omissivi impropri è costituito dall’art. 40 cpv c.p. il quale nel prevedere che non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo introduce la c.d. clausola di equivalenza causale con la quale si realizza una nuova fattispecie penale data dalla confluenza dell’art. 40 cpv c.p. con i singoli reati di parte speciale. La titolarità di una posizione di garanzia non comporta infatti in presenza del verificarsi dell’evento un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante in quanto il principio di colpevolezza impone la verifica in concreto della sussistenza della violazione di una regola cautelare generica o specifica della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che tale regola violata mirava a prevenire della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso. Requisito necessario affinché dunque la violazione della regola cautelare di condotta che si rimprovera al soggetto agente e che qualifica la condotta da questi posta in essere come colposa possa essere considerata causa dell’evento lesivo verificatosi è quello della concretizzazione del rischio o dello scopo di protezione della norma dovendosi dunque verificare la sussumibilità dell’evento determinato dalla condotta trasgressiva di una regola cautelare nel novero di quegli eventi che la regola stessa mirava a scongiurare. La responsabilità colposa come più volte considerato non si estende dunque a tutti gli eventi che comunque siano derivati dalla violazione della norma ma è limitata agli specifici risultati che la norma stessa mira a prevenire. Tale esigenza conferma l’importante ruolo della prevedibilità ed evitabilità nella individuazione delle norme cautelari alla cui stregua va compiuto il giudizio ai fini della configurazione del profilo soggettivo della colpa. Infine, anche le norme che disciplinano l’attività di pianificazione possono prevedere obblighi giuridici di controllo e di protezione dai quali traggono origine posizioni di garanzia sulle quali fondare il giudizio di ascrivibilità del reato omissivo improprio.

 

 

SICUREZZA SUL LAVORO – Nesso causale in caso di condotta commissiva – Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto (art. 586 c.p.) – Concorso nel reato del proprietario anche se non committente.

Sul nesso causale in caso di condotta commissiva il giudizio controfattuale va effettuato valutando se l’evento si sarebbe ugualmente verificato anche in assenza della condotta senza ricorrere a criteri probabilistici. In tema di delitto ex art. 586 c.p. l’agente non risponde dell’evento non voluto soltanto se il nesso di causalità materiale risulti spezzato da qualche fattore eccezionale imprevisto e imprevedibile posto al di fuori del controllo del reo sussiste il concorso nel reato del proprietario anche se non committente nel caso in cui lo stesso abbia piena consapevolezza dell’esecuzione delle opere eseguite in assenza di titolo abilitativo da parte del coimputato. Al fine di escludere il concorso, è necessario che dagli atti emerga che il proprietario non abbia interesse all’abuso e non sia stato in condizione di impedire l’esecuzione dell’opera.

Giud. Sarandrea


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Titolo Completo

TRIBUNALE DI PESCARA Uff. del G.U.P., 22/05/2023, (Ud. 23/02/2023) Sentenza n. 144

SENTENZA

 

 

Si veda sentenza allegata in PDF (attendere il caricamento di 274 pp.)

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