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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Danno ambientale, Diritto sanitario, Inquinamento atmosferico, VIA VAS AIA Numero: 1277 | Data di udienza: 3 Ottobre 2023

DANNO AMBIENTALE – Reato di disastro innominato colposo – Disastro ambientale e/o sanitario – La struttura del reato di cui all’art. 434 c.p. – Pericolo per la pubblica incolumità – Effetti diretti sulla salute umana – Rapporti con l’art. 452 quater c.p. – Alterazione dell’equilibrio di un ecosistema – Deterioramento della qualità dell’aria e nella rarefazione della flora lichenica – Omessa copertura del parco carbone – Tutela della salute – Principio di precauzione – Interpretazione giuridica – Fattispecie – VIA VAS AIA VINCA AUA – Provvedimenti autorizzativi rilasciati per l’esercizio della centrale – Condotte anteriori al rilascio dell’ A.I.A. – Inottemperanza alle prescrizioni contenute nel provvedimento di non assoggettabilità a V.I.A. del gruppo a ciclo combinato VLS – Autorizzazioni ambientali – Violazioni delle prescrizioni impartite – Poteri del giudice – Sussistenza dell’elemento normativo – INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Improvvisi surplus o picchi di emissioni di breve durata – Riscontro concreto – Necessità- Superamento dei valori – Disastro ambientale – Depenalizzazione della fattispecie- Art. 191 c.2 T.E.U.E. (già art. 74 Trattato CE) – Artt. 3 ter, 29 nonies, 29 quattuordecies D.Lgs. n.152/2006 – DIRITTO SANITARIO – Disastro sanitario – Effetti pregiudizievoli per la salute umana dei prodotti della combustione del carbone – Indagine epidemiologica – Eccesso di mortalità e morbilità – Pericolo per la pubblica incolumità – Immissioni inquinanti attribuite alla centrale – Elemento costitutivo del reato – Conseguenze sanitarie tra la popolazione esposta alle emissioni di sostanze inquinanti – Nesso di causalità – Rapporto tra prova epidemiologica e ragionevole dubbio


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: Penale
Regione: Liguria
Città: Savona
Data di pubblicazione: 2 Gennaio 2024
Numero: 1277
Data di udienza: 3 Ottobre 2023
Presidente: Giannone
Estensore: Giannone


Premassima

DANNO AMBIENTALE – Reato di disastro innominato colposo – Disastro ambientale e/o sanitario – La struttura del reato di cui all’art. 434 c.p. – Pericolo per la pubblica incolumità – Effetti diretti sulla salute umana – Rapporti con l’art. 452 quater c.p. – Alterazione dell’equilibrio di un ecosistema – Deterioramento della qualità dell’aria e nella rarefazione della flora lichenica – Omessa copertura del parco carbone – Tutela della salute – Principio di precauzione – Interpretazione giuridica – Fattispecie – VIA VAS AIA VINCA AUA – Provvedimenti autorizzativi rilasciati per l’esercizio della centrale – Condotte anteriori al rilascio dell’ A.I.A. – Inottemperanza alle prescrizioni contenute nel provvedimento di non assoggettabilità a V.I.A. del gruppo a ciclo combinato VLS – Autorizzazioni ambientali – Violazioni delle prescrizioni impartite – Poteri del giudice – Sussistenza dell’elemento normativo – INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Improvvisi surplus o picchi di emissioni di breve durata – Riscontro concreto – Necessità- Superamento dei valori – Disastro ambientale – Depenalizzazione della fattispecie- Art. 191 c.2 T.E.U.E. (già art. 74 Trattato CE) – Artt. 3 ter, 29 nonies, 29 quattuordecies D.Lgs. n.152/2006 – DIRITTO SANITARIO – Disastro sanitario – Effetti pregiudizievoli per la salute umana dei prodotti della combustione del carbone – Indagine epidemiologica – Eccesso di mortalità e morbilità – Pericolo per la pubblica incolumità – Immissioni inquinanti attribuite alla centrale – Elemento costitutivo del reato – Conseguenze sanitarie tra la popolazione esposta alle emissioni di sostanze inquinanti – Nesso di causalità – Rapporto tra prova epidemiologica e ragionevole dubbio



Massima

TRIBUNALE DI SAVONA, Sez. PENALE, 2 gennaio 2024 (ud. 03/10/2023) Sentenza n. 1277

 

 

DANNO AMBIENTALE – Reato di disastro innominato colposo – Disastro ambientale e/o sanitario – La struttura del reato di cui all’art. 434 c.p. – Pericolo per la pubblica incolumità – Effetti diretti sulla salute umana – Rapporti con l’art. 452 quater c.p. – Alterazione dell’equilibrio di un ecosistema – Deterioramento della qualità dell’aria e nella rarefazione della flora lichenica – Omessa copertura del parco carbone – Fattispecie.

In tema di configurabilità dell’ipotesi di disastro innominato ai sensi dell’art. 434 c.p., la nozione di “disastro sanitario” non può in realtà essere intesa quale riferimento all’evento naturalistico che integra la fattispecie quanto piuttosto alla proiezione in termini di pericolo per la pubblica incolumità. Pertanto, in tema di disastro ambientale, la rarefazione della flora lichenica non appare in realtà in sé configurabile quale evento disastroso autonomamente rilevante ai fini del reato di cui all’art. 434 c.p. Ciò in quanto si tratta dell’alterazione di una matrice ambientale rispetto alla quale non si riesce a ravvisare alcuna diretta proiezione in termini di pericolo per la pubblica incolumità. A differenza infatti di altre situazioni nelle quali la contaminazione della flora può arrecare pregiudizio alla vita od all’integrità fisica delle persone (attraverso l’ingestione, il contatto od altro utilizzo che queste possano farne), nella fattispecie in esame la riduzione e persino, nei casi più gravi, la scomparsa della biodiversità lichenica, di per sé, non risulta in grado di produrre effetti diretti sulla salute umana. In ogni caso, in termini assoluti la capacità di bioaccumulo dei licheni rispetto ai quantitativi di inquinanti immessi nell’ambiente non appare tale da far ritenere (o quanto meno, da consentire di verificare) che la minore diffusione dei licheni su un territorio determini un pregiudizio concreto e diretto sulla salute delle persone che vi vivono. In altri termini, la rarefazione lichenica va considerata, piuttosto che come un evento aggiuntivo, come un riflesso dell’alterazione della qualità dell’aria, che costituisce l’unico evento di disastro sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 434 c.p., potendo da essa solo evidentemente derivare (allorché sia integrato il requisito “dimensionale” dell’eccezionale gravità del fenomeno distruttivo) un pregiudizio per la pubblica incolumità, sotto forma appunto di esposizione a sostanze inquinanti in misura superiore a quella consentita. Per contro, la rarefazione lichenica potrebbe autonomamente venire in considerazione (in linea del tutto astratta, atteso che tale ipotesi di reato, introdotta successivamente e punita più gravemente, è ovviamente inapplicabile nel caso di specie) unicamente ai fini della fattispecie di disastro ambientale delineata dall’art. 452 quater c.p., che, come detto, considera il pericolo per la pubblica incolumità non più quale elemento costitutivo ma come uno tra i possibili eventi contemplati in via alternativa, rispetto ai quali potrebbe ricorrere quello previsto dalla norma al n. 2) del primo comma ossia “l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali”.

 

VIA VAS AIA VINCA AUA – Provvedimenti autorizzativi rilasciati per l’esercizio della centrale – Condotte anteriori al rilascio dell’ A.I.A. – Inottemperanza alle prescrizioni contenute nel provvedimento di non assoggettabilità a V.I.A. del gruppo a ciclo combinato VLS – Autorizzazioni ambientali – Violazioni delle prescrizioni impartite – Poteri del giudice – Sussistenza dell’elemento normativo.

Anche nel settore delle autorizzazioni ambientali, il giudice penale, in presenza di un provvedimento amministrativo di autorizzazione per l’esercizio della centrale (o alla gestione dei rifiuti) non conforme alla normativa che ne regola l’emanazione o alle disposizioni di settore, è tenuto a valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie. Richiamando, Cass. Sez. II, n. 27148/2023, i precedenti intervenuti in materia di autorizzazioni urbanistiche, l’affermazione per cui “in disparte l’ipotesi dell’illiceità del provvedimento, la illegittimità rilevante per il giudice penale non può che essere quella derivante dalla non conformità del titolo abilitativo alla normativa che ne regola l’emanazione o alle disposizioni normative di settore”.

 

INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Improvvisi surplus o picchi di emissioni di breve durata – Riscontro concreto – Necessità- Superamento dei valori – Disastro ambientale – Depenalizzazione della fattispecie – DIRITTO SANITARIO – Disastro sanitario – Effetti pregiudizievoli per la salute umana dei prodotti della combustione del carbone – Indagine epidemiologica – Art. 191 c.2 T.E.U.E. (già art. 74 Trattato CE) – Artt. 3 ter, 29 nonies, 29 quattuordecies D.Lgs. n.152/2006.

La mera constatazione di una condotta colposa alla quale non possa essere ricollegato alcun evento non può assumere alcuna rilevanza neppure indiretta al fine di lumeggiare ulteriori condotte tenute dal soggetto agente, non ricorrendo in tal caso la necessaria “concretizzazione del rischio”. Nella specie, la mera imposizione di un tetto alle emissioni massime non sarebbe sufficiente a scongiurare il rischio di consistenti e improvvisi surplus o picchi di emissioni di breve durata, anch’essi potenzialmente dannosi per la salute, seppur condivisibile si riduce ad un’affermazione di portata generale, non corroborata da alcun riscontro concreto e come tale priva di specificità rispetto alla fattispecie in esame, ancor prima che di rilevanza causale. In sintesi, il contributo della centrale “TIRRENO POWER” in termini di immissioni inquinanti sul territorio in esame è stato compensato integralmente o quanto meno in larga misura, dopo la chiusura dei gruppi a carbone, da variazioni di fattori naturali (l’aumento di intensità dei venti e la riduzione delle precipitazioni piovose) o di fattori antropici (l’aumento del traffico stradale e navale) aventi pur sempre carattere ordinario, non può affermarsi che il medesimo contributo, fino a che è stato riconducibile alla centrale, abbia invece assunto il carattere di eccezionale gravità che deve connotare il fenomeno naturalistico “distruttivo” affinché possa essere ravvisato un disastro rilevante ai sensi dell’art. 434 c.p.. Inoltre, per l’effetto, l’affermazione dell’esistenza di una correlazione causale tra esposizione ed incidenza dell’evento sanitario dev’essere fondata su un giudizio che valuti non solo il dato statistico (e dunque l’esistenza di eccessi di rischio tra la popolazione esposta o maggiormente esposta), ma anche, al fine di evitare che tale risultato sia inquinato da fattori di confondimento e dunque spurio, quello biologico, ossia l’individuazione del meccanismo che collega, quanto meno in termini di plausibilità scientifica, l’esposizione ad un determinato fattore di rischio e l’insorgenza di una o più patologie.

 

DIRITTO SANITARIO – Disastro sanitario (eccesso di mortalità e morbilità) – Pericolo per la pubblica incolumità – Immissioni inquinanti attribuite alla centrale – Elemento costitutivo del reato – Conseguenze sanitarie tra la popolazione esposta alle emissioni di sostanze inquinanti – Nesso di causalità – Rapporto tra prova epidemiologica e ragionevole dubbio.

Con riferimento al “disastro sanitario”, l’eccesso di mortalità e morbilità oggetto di contestazione non integra (in conformità a quanto già detto nell’esposizione introduttiva circa la struttura del disastro innominato) un elemento costitutivo del reato, ma unicamente la proiezione offensiva, in termini di pericolo per la pubblica incolumità, del fenomeno naturalisticamente inteso. Per cui “il pericolo per la pubblica incolumità non può essere ritenuto, in quanto tale un macroevento naturalistico, costituendo sul piano dogmatico l’espressione di un giudizio qualitativo di probabilità, che consente di collegare causalmente due fatti materiali”, deve però coerentemente trarsi la conseguenza che solo per brevità e non in senso proprio possono essere intesi i riferimenti ad un “disastro sanitario” effettivamente verificatosi ed a decessi e ricoveri, numericamente determinati (con le oscillazioni riportate nel capo di imputazione, in base ai risultati delle diverse indagini condotte), “sicuramente attribuibili alle immissioni della centrale, sia come causa esclusiva che come concausa prevalente”. Pertanto, le conseguenze sanitarie tra la popolazione esposta alle emissioni (o meglio, alle immissioni, ossia alle quantità di sostanze inquinanti concretamente ricadute sul territorio in esame) della centrale vanno indagate nel loro complesso, appunto come espressione dell’aumento, associato al progressivo maggior grado di esposizione, del rischio per la popolazione stessa di decedere o contrarre le patologie dell’apparato cardiaco e respiratorio oggetto di osservazione. In definitiva, semplificando gli obiettivi a cui è finalizzata la trattazione dell’ampia parte relativa all’avvenuta verificazione, nel caso di specie, di un disastro, può trarsi la conclusione per cui: a) l’unico evento propriamente qualificabile in termini di disastro è quello consistente nella grave alterazione della qualità dell’aria; b) rispetto ad esso, la rarefazione della flora lichenica si presenta sostanzialmente quale effetto secondario e riscontro dell’estensione e gravità del fenomeno distruttivo, mentre le conseguenze sanitarie sulla popolazione esposta, accertate attraverso gli studi epidemiologici, rappresentano le proiezioni della condotta in termini di offensività, ai fini dunque dell’integrazione del “secondo” evento, quello di pericolo, necessario ai fini della configurabilità del reato di disastro nella sua forma colposa.

 

DANNO AMBIENTALE – Tutela della salute – Principio di precauzione – Interpretazione giuridica.

Il principio di precauzione non può essere utilmente richiamato in presenza di fenomeni sicuramente pericolosi e come tali già normati, in particolare attraverso la previsione di soglie ed altri limiti alla produzione (quali appunto i macroinquinanti in esame), neppure al fine di ritenere doveroso il rispetto di valori emissivi inferiori a quelli normativamente fissati, a fronte della possibilità che tali sostanze siano pregiudizievoli anche in concentrazioni inferiori rispetto a quelle autorizzate. In altri termini, si ritiene che il principio di precauzione non possa valere di per sé ad individuare un comportamento doveroso ulteriore e di contenuto più rigoroso rispetto a quello già delineato da una norma cautelare; né possa essere lo strumento teorico utile a rendere doverosa l’osservanza di M.T.D. o B.A.T. allorché esse, come nella fattispecie in esame, non sono cogenti. Sicché, il c.d. “principio di precauzione” non ha una diretta efficacia nel diritto penale ma è volto soltanto ad ispirare le pubbliche autorità nelle scelte di regolamentare o vietare l’esercizio di determinate attività quando esista il “sospetto” di una loro pericolosità che però mai ha trovato conferma. Il presupposto per questi interventi è costituito dall’incertezza scientifica sulla dannosità per la persona umana, per es., di una determinata esposizione ad un agente di cui non siano ancora conosciuti gli effetti. È ovvio che, fino a quando non si abbia una conferma scientifica degli effetti dannosi di queste esposizioni sulla persona umana il problema non riguarda il diritto penale ma è rivolto alle scelte politico-amministrative che possono essere o meno ispirate ad un rigore preventivo per evitare danni ad oggi non confermati trattandosi di ipotesi prive di conferma e quindi di concretezza, evidenziando, che in presenza di un’esposizione ad una fonte di cui sia già dimostrata la nocività il richiamo al principio di precauzione non risulta pertinente, potendo ogni questione essere risolta alla luce dei criteri della colpa generica (punto ribadito, di recente, dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5377/2023). È dunque connaturato al principio di precauzione come sin qui delineato il fatto che esso debba orientare l’agire della pubblica amministrazione (ed ancor prima degli organi legislativi) piuttosto che dei privati, la cui responsabilità penale non può che continuare ad essere valutata secondo i canoni ordinari della colpevolezza. Pertanto, rispetto al privato non può ravvisarsi nel principio di precauzione l’espressione di alcuna regola cautelare oggettiva e predeterminata come necessario, ma piuttosto di un’esigenza meramente “cautelativa”, talmente anticipata ed ampia da risultare inidonea a fondare un giudizio di colpevolezza.

Giudice dott. Francesco Giannone


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Titolo Completo

TRIBUNALE DI SAVONA, Sez. PENALE, 2 gennaio 2024 (ud. 03/10/2023) Sentenza n.1277

SENTENZA

 

TRIBUNALE DI SAVONA, Sez. PENALE, 3 ottobre 2023 (dep. 2 gennaio 2024), Sentenza n.1277

Pagine 160

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