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Provvedimento: Decreto Ministeriale | Tipo: Nazionale | Numero: 173
Argomento: Legislazione | Categoria: Inquinamento del mare
| Organo emanante: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare | Data: 15 Luglio 2016
Pubblicato su: Gazzetta Ufficiale | Numero Gazzetta: 208 | Supplemento: Supplemento Ordinario
Data pubblicazione: 6 Settembre 2016 | Numero supplemento: 40 | Data suplemento: 6 Settembre 2016
Allegato:
Riassunto: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Regolamento recante modalita’ e criteri tecnici per l’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini. (GU n.208 del 6-9-2016 – Suppl. Ordinario n. 40)

 

Decreto 15 luglio 2016, n. 173

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Regolamento recante modalita’ e criteri tecnici per l’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini.

(GU n.208 del 6-9-2016 – Suppl. Ordinario n. 40)

IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

 di concerto con

IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

 IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

 IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge 25 gennaio 1979, n. 30 «Ratifica ed esecuzione della convenzione
Sulla salvaguardia  del  Mar Mediterraneo dall’inquinamento, con due protocolli e relativi allegati, adottata a Barcellona il 16 febbraio 1976»;
Vista la legge 31 dicembre 1982, n. 979, «Disposizioni per la difesa del mare» e in particolare l’articolo 1, comma 7;
Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni;
Vista la legge 6 dicembre 1991, n. 394, «Legge quadro sulle aree protette»;
Visto l’articolo 5-bis, comma 8, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, «Riordino delle legislazione in materia portuale» inserito dall’articolo 48, decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27;
Visto l’articolo 80, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante «Conferimento e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»;
Vista la legge 27 maggio 1999, n. 175, concernente la ratifica ed esecuzione dell’atto finale della Conferenza dei plenipotenziari sulla Convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento, con relativi protocolli, tenutasi a Barcellona il 9 e 10 giugno 1995;
Visto l’articolo 21 della legge 31 luglio 2002, n. 179, recante «Disposizioni in materia ambientale», che individua nella regione l’Autorita’ competente per l’istruttoria e il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 152/1999 nel caso di interventi di ripascimento della fascia costiera nonche’ di immersione di materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi all’interno di casse di colmata, di vasche di raccolta o comunque di strutture di contenimento poste in ambito costiero;
Visto l’articolo 109, commi 1, 2 e 5-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale»;
Vista la legge 13 febbraio 2006, n. 87, recante l’adesione della Repubblica italiana al Protocollo del 1996 alla Convenzione del 1972 sulla prevenzione dell’inquinamento dei mari causato dall’immersione di rifiuti, fatto a Londra il 7 novembre 1996, con allegati;
Visto il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e in particolare l’articolo 28 che ha istituito l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) con il compito di svolgere, tra l’altro, le funzioni dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) e dell’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM);
Visto l’articolo 24 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo», convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, che ha trasferito dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare alle regioni la competenza per l’istruttoria ed il rilascio delle autorizzazioni di immersione in mare di materiale derivante da attivita’ di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi di cui all’articolo 109 del decreto legislativo 152/2006, fatta eccezione per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394;
Vista la legge 9 agosto 2013, n. 98 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 «Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia» e in particolare l’articolo 41 comma 2;
Visto l’articolo 3, comma 3, della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»;
Visto il decreto legislativo 13 ottobre 2015, n. 172, recante l’Attuazione della direttiva 2013/39/UE, che modifica le direttive 2000/60/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque;
Visto il decreto del Ministero dell’ambiente del 24 gennaio 1996 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio 1996, n. 31, recante «Direttive inerenti le attivita’ istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 11 della legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modifiche e integrazioni, relative allo scarico nelle acque del mare o in ambienti ad esso contigui, di materiali provenienti da escavo di fondali di ambienti marini o salmastri o di terreni litoranei emersi, nonche’ da ogni altra movimentazione di sedimenti in ambiente marino»;
Visto il decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 novembre 2010, n. 260, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio 2011, n. 30, supplemento ordinario, recante «Regolamento recante i criteri tecnici per la classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali, per la modifica delle norme tecniche del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell’articolo 75, comma 3, del medesimo decreto legislativo»;
Acquisito il formale concerto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con nota n. 18552 del 9 maggio 2016;
Acquisito il formale concerto del Ministro dello sviluppo economico espresso con nota n. 13656 del 9 giugno 2016;
Acquisito il formale concerto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali con nota n. 5156 del 10 maggio 2016;
Acquisita l’intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nella seduta del 17 dicembre 2015 e nella seduta del 8 marzo 2016;
Udito il parere interlocutorio del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 28 gennaio 2016;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 24 marzo 2016;
Vista la nota n. 12833 del 13 giugno 2016, con cui e’ stata resa alla Presidenza del Consiglio dei ministri la comunicazione ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

 A d o t t a
il seguente regolamento:

 Art. 1
 Ambito di applicazione ed esclusioni

 1. Al fine della tutela dell’ambiente marino, il presente regolamento determina:
 a) le modalita’ per il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 109, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per l’immersione deliberata in mare dei materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi di cui al comma 1, lettera a) del medesimo articolo 109;
 b) i criteri omogenei per tutto il territorio nazionale, per l’utilizzo di tali materiali ai fini di ripascimento o all’interno di ambienti conterminati, ai quali le regioni conformano le modalita’ di caratterizzazione, classificazione ed accettabilita’ dei materiali in funzione del raggiungimento o mantenimento degli obiettivi di qualita’ ambientale dei corpi idrici marino costieri e di transizione;
 c) la gestione dei materiali provenienti dal dragaggio delle aree portuali e marino costiere non comprese in siti di interesse nazionale;
 d) la gestione dei materiali provenienti dai siti di interesse nazionale risultanti da operazioni di dragaggio nelle aree portuali e marino costiere, al di fuori di detti siti.
2. Il presente regolamento non si applica:
 a) agli spostamenti in ambito portuale e alle operazioni di ripristino degli arenili, cosi’ come definite al successivo articolo 2;
 b) alle movimentazioni di sedimenti in loco funzionali all’immersione dei materiali di cui all’articolo 109, comma 1, lettera b, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

 Art. 2
 Definizioni

 1. Ai fini del presente regolamento si intende per:
 a) autorita’ competente: la regione costiera nel cui territorio avviene l’immersione dei materiali di cui all’articolo 1 ovvero il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa acquisizione del nulla osta da parte degli enti di gestione delle aree marine protette o dell’ente parco, per le autorizzazioni relative ad immersioni deliberate in mare ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979, e 6 dicembre 1991, n. 394;
 b) immersione deliberata in mare: deposizione di materiali di cui all’articolo 1 in aree ubicate ad una distanza dalla costa superiore a 3 (tre) miglia nautiche o oltre la batimetrica dei 200 (duecento) metri;
 c) immersione in ambiente conterminato: utilizzo di materiali di cui all’articolo 1 mediante deposizione in strutture di contenimento a diverso grado di permeabilita’;
 d) ripascimento: utilizzo di materiali di cui all’articolo 1 mediante apporto sulla spiaggia emersa e/o sommersa, prioritariamente in relazione a fenomeni di erosione della costa;
 e) escavo di fondali marini: dragaggio di sedimenti marini per il mantenimento, il miglioramento o il ripristino delle funzionalita’ di bacini portuali, della riapertura di foci fluviali parzialmente o totalmente ostruite per la realizzazione di infrastrutture in ambito portuale o costiero o per il prelievo di sabbie a fini di ripascimento;
 f) spostamenti in ambito portuale: movimentazione dei sedimenti all’interno di strutture portuali per le attivita’ di rimodellamento dei fondali al fine di garantire l’agibilita’ degli ormeggi, la sicurezza delle operazioni di accosto ovvero per il ripristino della navigabilita’, con modalita’ che evitino una dispersione dei sedimenti al di fuori del sito di intervento;
 g) operazioni di ripristino degli arenili: tutte le attivita’ che si svolgono nell’ambito di uno stesso sito con ciclicita’ stagionale o comunque a seguito di mareggiate che hanno determinato l’accumulo di materiali in una determinata area e consistenti nel livellamento delle superfici, mediante lo spargimento e la ridistribuzione dei sedimenti accumulati in piu’ punti dello stesso sito per il ripristino degli arenili che comportano la movimentazione di materiali per quantitativi inferiori a 20 (venti) metri cubi per metro lineare di spiaggia.

 Art. 3
Caratterizzazione e classificazione dei materiali

 1. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, comma 1, il richiedente provvede con oneri a proprio carico, alla caratterizzazione, alla classificazione e alla individuazione delle possibili opzioni di gestione dei materiali secondo le modalita’ tecniche di cui all’allegato che forma parte integrante del presente decreto.


 Art. 4
 Modalita’ per il rilascio della autorizzazione alla immersione deliberata in mare

 1. L’immersione deliberata in mare dei materiali di cui all’articolo 109, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, fatta salva l’osservanza delle altre specifiche norme per la tutela dell’ambiente marino, puo’ essere autorizzata dall’autorita’ competente per quei materiali di escavo dei fondali marini che sulla base della caratterizzazione e classificazione di cui all’articolo 3, siano compatibili con l’immersione in mare e per le quali siano state verificate le ulteriori opzioni di utilizzo dei materiali di cui al successivo comma 3.
2. L’autorizzazione di cui al comma 1 e’ rilasciata nel rispetto delle indicazioni tecniche e operative relative alle operazioni di escavo, trasporto e immersione in mare dei materiali, alla individuazione e caratterizzazione dell’area marina destinata all’immersione dei materiali e alle attivita’ di monitoraggio ambientale, di cui all’Allegato.
3. Il soggetto che intende ottenere l’autorizzazione all’immersione deliberata in mare ai sensi del comma 1 presenta apposita domanda di autorizzazione all’autorita’ competente, corredata dalla documentazione tecnica prevista nell’allegato e da idonea documentazione intesa a dimostrare di aver prioritariamente valutato le opzioni di utilizzo dei materiali ai fini di ripascimento e di immersione in ambiente conterminato, nonche’ le motivazioni in base alle quali tali opzioni sono state scartate.
4. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione l’autorita’ competente acquisisce il parere della commissione consultiva locale per la pesca e l’acquacoltura, ove istituita, o degli uffici regionali competenti, che attesti la sostenibilita’ delle attivita’ previste con riguardo alle risorse alieutiche e la loro compatibilita’ con la pesca e l’acquacoltura, nonche’ i pareri delle autorita’ marittime competenti per le aree interessate. Qualora le suddette amministrazioni non si esprimano nei termini previsti dalle norme vigenti, superato il termine di sessanta giorni dalla richiesta, l’Autorita’ competente puo’ procedere comunque all’adozione del provvedimento finale congruamente motivato.
5. L’Autorita’ competente puo’ avvalersi di enti o istituti pubblici per la valutazione della documentazione tecnica allegata alla domanda. L’autorita’ competente puo’, altresi’, richiedere al soggetto istante di cui al comma 3, chiarimenti o approfondimenti anche analitici da condurre secondo specifiche prescrizioni.
6. Il procedimento di rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, si conclude con provvedimento espresso da adottarsi entro novanta giorni dalla data di presentazione della domanda di cui al comma 3. Nei casi di richiesta di integrazioni di cui al comma 5, i termini del procedimento vengono interrotti sino al ricevimento dei suddetti approfondimenti.
7. Nel caso di interventi di competenza delle regioni, al fine di adempiere alle
Prescrizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti sulla materia di cui al presente decreto, l’autorita’ competente e’ tenuta a trasmettere, per il tramite dell’Autorita’ marittima, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare le informazioni tecniche relative all’autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 1 e necessarie alla compilazione del reporting annuale del dumping secondo l’articolo 4 della London Convention nonche’ l’articolo 9 del Protocollo del 1996.
8. L’autorizzazione all’immersione deliberata in mare, in zone ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, e’ rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo nulla osta dell’ente parco o dell’ente gestore dell’area marina protetta, nel rispetto delle specifiche misure di salvaguardia, per i soli materiali di escavo che, in base alle risultanze della caratterizzazione, risultino compatibili con la classe di gestione A di cui all’allegato del presente decreto.
9. L’autorizzazione di cui al comma 1, e’ valida per l’intera durata dei lavori di escavo e comunque non oltre trentasei mesi dalla data di rilascio, fatto salvo quanto previsto nel successivo articolo 6.

 Art. 5
 Modalita’ per il rilascio dell’autorizzazione agli interventi diversi dall’immersione deliberata in mare

 1. L’autorizzazione per gli interventi di ripascimento e di immersione in ambiente conterminato con i materiali di cui all’articolo 109, comma 1, lettera a, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, fatta salva l’osservanza delle altre specifiche norme per la tutela dell’ambiente marino, e’ rilasciata nel rispetto delle indicazioni tecniche e operative di cui all’allegato, relative alle operazioni di escavo, trasporto e immersione in mare dei materiali, alla individuazione e caratterizzazione dell’area marina destinata all’immersione dei materiali e alle attivita’ di monitoraggio ambientale.
2. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione l’autorita’ competente acquisisce il parere della Commissione consultiva locale per la pesca e l’acquacoltura, ove istituita, o degli uffici regionali competenti, che attesti la sostenibilita’ delle attivita’ previste con riguardo alle risorse alieutiche e la loro compatibilita’ con la pesca e l’acquacoltura. Qualora le suddette amministrazioni non si esprimano nei termini previsti dalle norme vigenti, superato il termine di sessanta giorni dalla richiesta, l’autorita’ competente puo’ procedere comunque all’adozione del provvedimento finale congruamente motivato.
3. L’autorizzazione di cui al comma 1 e’ valida per l’intera durata dei lavori di escavo e comunque non oltre trentasei mesi dalla data di rilascio, fatto salvo quanto previsto nel successivo articolo 6.


 Art. 6
 Scheda di inquadramento dell’area di escavo

 1. La scheda di inquadramento dell’area di escavo, conforme al modello di cui all’allegato tecnico del presente decreto, deve essere presentata unitamente all’istanza finalizzata ad ottenere l’autorizzazione alle operazioni.
2. La scheda di inquadramento dell’area di escavo dovra’ essere aggiornata ogni ventiquattro mesi e comunque a seguito di eventi eccezionali che possano aver determinato una modifica significativa delle caratteristiche dei fondali.
3. In presenza di una scheda di inquadramento dell’area di escavo aggiornata nel rispetto delle prescrizioni di cui al precedente comma 2, l’autorita’ competente, su richiesta, puo’ prorogare la validita’ dell’autorizzazione, rilasciata ai sensi dei precedenti articoli 4 e 5, di ulteriori trentasei mesi.

 Art. 7
 Modifica, sospensione o revoca della autorizzazione

 1. L’autorizzazione di cui agli articoli 4 e 5 puo’ essere in qualsiasi momento modificata, sospesa o revocata dall’autorita’ competente, con motivato provvedimento, nel caso in cui il titolare non osservi le prescrizioni contenute nell’autorizzazione o in tutti i casi in cui non risulti garantita la compatibilita’ delle operazioni effettuate con la salvaguardia dell’ambiente marino, delle coste e di qualsiasi altro uso legittimo del mare.
2. Qualora si verifichino situazioni di emergenza nell’area di prelievo o di immersione, o fenomeni di inquinamento che modifichino le caratteristiche dei materiali oggetto della autorizzazione, il Capo del compartimento marittimo competente puo’ procedere, con provvedimento motivato, all’immediata sospensione di tutte o di parte delle attivita’ oggetto dell’autorizzazione anche a tempo indeterminato, fermo restando l’obbligo di darne immediata comunicazione all’autorita’ competente per l’eventuale adozione dei provvedimenti conseguenti.


 Art. 8
 Verifiche, vigilanza, e monitoraggio

 1. Le verifiche di ottemperanza alle prescrizioni contenute nell’autorizzazione sono svolte dall’autorita’ competente. La vigilanza sul regolare svolgimento delle attivita’ viene espletata dal Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera. Restano in capo al medesimo Corpo e agli altri organi di polizia giudiziaria, in conformita’ al dettato dell’articolo 135, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, l’accertamento e la repressione di eventuali violazioni.
2. Le attivita’ di monitoraggio di cui all’allegato, sono svolte con oneri a carico del soggetto titolare dell’autorizzazione. Le relative risultanze devono essere illustrate in apposita relazione tecnica, che deve essere inviata all’autorita’ competente secondo le modalita’ definite nel provvedimento di autorizzazione.

 Art. 9
 Aggiornamento degli allegati

 1. L’aggiornamento delle procedure tecniche e operative contenute nell’allegato al presente decreto e’ effettuato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

 Art. 10
 Disposizioni transitorie, finali e abrogazioni

 1. Le caratterizzazioni e conseguenti classificazioni effettuate ai sensi delle norme previgenti e ancora valide alla data di entrata in vigore del presente regolamento, nonche’ le autorizzazioni rilasciate ai sensi delle succitate norme ancora in corso di validita’ alla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono fatte salve.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono abrogate tutte le norme tecniche relative alle attivita’ disciplinate nel presente decreto gia’ contenute nel decreto del Ministero dell’ambiente del 24 gennaio 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio 1996.
3. Sono comunque fatte salve tutte le disposizioni contenute nel citato decreto del 24 gennaio 1996 connesse alle attivita’ di movimentazione di sedimenti marini per la posa in opera di cavi e condotte sottomarine.
4. L’allegato costituisce parte integrante del presente decreto.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.

Roma, 15 luglio 2016

 Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
Galletti

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
 Delrio

 Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
 Martina

 Il Ministro dello sviluppo economico
 Calenda

 Registrato alla Corte dei conti il 25 agosto 2016 Ufficio di controllo atti Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, registro n. 1, foglio n. 2809

 

Decreto attuativo dell’art. 109, comma 2 lettera a), D.lgs. 152/2006  e ss.mm.ii.

Allegato Tecnico

SOMMARIO

PREMESSA

CAPITOLO 1 – SCHEDA DI INQUADRAMENTO DELL’AREA DI ESCAVO
1.1. Informazioni generali sull’ubicazione dell’area di escavo
1.1.1. Indicazioni del “tipo” di area Aree afferenti al Percorso I Aree afferenti al Percorso II
1.1.2. Breve descrizione delle caratteristiche generali dell’ambiente circostante l’area di escavo e periodo di riferimento delle informazioni.
1.2. Analisi delle principali pressioni che insistono sull’area
1.3. Analisi dei principali elementi di pregio naturalistico e degli obiettivi sensibili presenti in aree limitrofe (entro un raggio di 5 MN)
1.4. Analisi e mappatura (scala 1:5000) dei principali elementi di pregio naturalistico, delle aree di tutela e degli obiettivi sensibili presenti nell’area di escavo e in aree limitrofe (entro un raggio di 3 MN).
1.5. Informazioni sulle caratteristiche idrodinamiche e chimico-fisiche della colonna d’acqua
1.6. Informazioni sulle attivita’ di escavo pregresse
1.7. Informazioni sulle caratteristiche morfo-batimetriche e sulle caratteristiche dei fondali
1.8. Informazioni sulle caratteristiche chimiche dei sedimenti dell’area di escavo
1.9. Informazioni sugli organismi animali e vegetali dell’area di escavo
1.10. Informazioni pregresse sulle attivita’ di immersione/utilizzo
1.11. Informazioni sulle precedenti attivita’ di monitoraggio ambientale
1.12. Programmazione delle attivita’ di escavo e gestione dei materiali
1.13. Riduzione delle fonti di inquinamento

CAPITOLO 2 – CARATTERIZZAZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI MATERIALI DELL’AREA DI ESCAVO DI FONDALI MARINI
2.1. Percorsi di caratterizzazione
2.1.1. Disegno di campionamento
2.2. Modalita’ di prelievo, conservazione ed analisi dei campioni
2.2.1. Relazione tecnica
2.3. Caratterizzazione e classificazione ecotossicologica
2.3.1. Batteria di saggi biologici
2.3.2. Classificazione ecotossicologica
2.4. Caratterizzazione e classificazione chimica
2.4.1. Caratterizzazione chimica
2.4.2. Classificazione chimica dei materiali
2.5. Caratterizzazione fisica
2.6. Caratterizzazione biologica
2.6.1. Caratterizzazione microbiologica
2.6.2. Analisi delle comunita’ bentoniche
2.7. Classificazione di qualita’ dei materiali di escavo
2.8. Opzioni di gestione
2.9. Ulteriori semplificazioni inerenti la gestione
APPENDICE 2A: INFORMAZIONI DA RIPORTARE NEI RAPPORTI DI PROVA RELATIVI ALLE INDAGINI ECOTOSSICOLOGICHE
APPENDICE 2B: CRITERI DI INTEGRAZIONE PONDERATA PER LA VALUTAZIONE DELLE RISULTANZE ECOTOSSICOLOGICHE
APPENDICE 2C: CRITERI DI INTEGRAZIONE PONDERATA PER L’ELABORAZIONE DEI DATI CHIMICI
APPENDICE 2D: INDIVIDUAZIONE DEI LIVELLI CHIMICI DI RIFERIMENTO LOCALI SOTTO IL PROFILO AMBIENTALE (L1LOC)
APPENDICE 2E: CRITERI DI INTEGRAZIONE PONDERATA PER L’ELABORAZIONE DEI DATI DI BIODISPONIBILITA’ (BIOACCUMULO)
APPENDICE 2F: CRITERIO PER LA STIMA DEL LIVELLO DI EFFETTO GRAVE (LEG)

CAPITOLO 3 – INDICAZIONI TECNICHE PER LA GESTIONE DEI MATERIALI
3.1. Indicazioni tecniche per l’individuazione e la caratterizzazione dell’area destinata all’immersione dei materiali di escavo
3.1.1. Area marina per l’immersione dei materiali di escavo (oltre le 3 mn dalla costa)
3.1.2. Area di spiaggia da sottoporre a ripascimento
3.1.3. Ambienti conterminati
3.2. Indicazioni tecniche per le modalita’ di escavo, trasporto e immersione dei materiali dragati
3.2.1. Immersione in aree marine dei materiali di escavo (oltre le 3 mn dalla costa)
3.2.2. Ripascimento con materiali di escavo
3.2.3. Immersione in ambiente conterminato di materiali di escavo
3.3. Attivita’ di monitoraggio ambientale
3.3.1. Monitoraggio delle attivita’ di escavo
3.3.2. Monitoraggio delle attivita’ di trasporto dei materiali
3.3.3. Monitoraggio delle attivita’ di immersione in aree marine (oltre le 3 mn dalla costa)
3.3.4. Monitoraggio delle attivita’ di ripascimento
3.3.5. Monitoraggio delle attivita’ di immersione in ambiente conterminato
3.4. Movimentazione di sedimenti in ambito portuale

 PREMESSA
In Figura 1 e’ riportato uno schema sintetico della procedura per la caratterizzazione, classificazione e gestione dei materiali di escavo. Le indicazioni di dettaglio vengono riportate nei Capitoli 1, 2 e 3. L’entita’ delle indagini ambientali richieste segue un criterio di semplificazione graduale in relazione al livello di inquinamento presunto. Le informazioni pregresse relative all’area di intervento devono essere riportate nella “Scheda di inquadramento dell’area di escavo” di cui al Capitolo 1. Le attivita’ di caratterizzazione e classificazione dei materiali da dragare vengono descritte nel Capitolo 2.

Omissis
 Figura 1 – Quadro generale per la caratterizzazione, classificazione e gestione dei materiali.

Nel Capitolo 3 vengono riportate le indicazioni tecniche per la gestione dei materiali: individuazione e caratterizzazione dell’area destinata all’immersione dei materiali di escavo (area oltre le 3 mn, area di spiaggia, area conterminata); modalita’ di escavo, trasporto e immersione dei materiali; monitoraggio ambientale delle attivita’ di escavo, trasporto e immersione.

 Capitolo 1 – Scheda di inquadramento dell’area di escavo
Laddove non espressamente indicato con risposte precompilate da contrassegnare o con documentazione da allegare, e’ necessario predisporre un documento tecnico secondo le indicazioni riportate nei paragrafi del presente Capitolo, mantenendo la medesima numerazione dei paragrafi.

1.1. Informazioni generali sull’ubicazione dell’area di escavo 1.1.1. Indicazioni del “tipo” di area Sulla base della tipologia dell’area di escavo, deve essere seguito uno specifico percorso di indagine (Percorso I o Percorso II), secondo quanto riportato nel Capitolo 2.
Aree afferenti al Percorso I
 • area interna ad un porto anche parzialmente industriale, commerciale, di servizio passeggeri, pescherecci.
 • area portuale esterna all’imboccatura e/o passo di accesso al porto per un volume complessivo ≥ 40000 m³
Aree afferenti al Percorso II
 • area interna ad un porto esclusivamente turistico
 • area portuale esterna all’imboccatura e/o passo di accesso al porto per un volume complessivo < 40000 m³
 • area di foce fluviale non portuale
 • area costiera non portuale L’area di dragaggio con i relativi confini deve essere restituita su mappa o carta nautica in idonea scala, non superiore a 1:10.000. L’informazione cartografica andra’ restituita
in
versione informatizzata (formato shape file . shp o cad .dwg), sistema di riferimento UTM WGS 84 Fusi 32-33. Riportare l’area su idonea mappa o carta nautica di idonea scala, con i riferimenti geografici e i relativi confini, da allegare alla presente scheda. 1.1.2. Breve descrizione delle caratteristiche generali dell’ambiente circostante l’area di escavo e periodo di riferimento delle informazioni. 1.2. Analisi delle principali pressioni che insistono sull’area

 Tabella 1.1 – Tipologia e livelli di pressioni
Omissis

 1.3. Analisi e mappatura (scala 1:5000) dei principali elementi di pregio naturalistico, delle aree di tutela e degli obiettivi sensibili presenti nell’area di escavo e in aree limitrofe (entro un raggio di 5 MN).
• Siti della rete Natura 2000
• Ecosistemi fragili e protetti: praterie di posidonia, zone a coralligeno, etc.
• Specie protette
• Aree marine protette
• Parchi nazionali
• Santuario dei Cetacei
• Aree archeologiche a mare e altre aree di interesse paesaggistico a valenza regionale o provinciale
• Zone di tutela biologica
• Aree destinate ad usi legittimi (cavi, condotte e installazioni petrolifere, poligoni militari, maricoltura, trasporti marittimi, barriere artificiali, terminali off-shore, ecc.).
• Altro

1.4. Informazioni sulle caratteristiche idrodinamiche e chimico-fisiche della colonna d’acqua . Regime correntometrico; . Torbidita’ . Temperatura . PH . Salinita’ . Conducibilita’

1.5. Informazioni sulle attivita’ di escavo pregresse Deve essere fornita una planimetria in scala opportuna che evidenzi se l’area o parte di essa sia stata oggetto di interventi di dragaggio negli ultimi 5 anni e comunque dell’ultimo intervento effettuato in ordine temporale. La raccolta dei dati relativi al singolo dragaggio deve seguire lo schema di cui alla Tabella 1.2.

 Tabella 1.2 – Dati relativi alle singole operazioni di dragaggio
Omissis

 1.6. Informazioni sulle caratteristiche morfo-batimetriche e sulle caratteristiche dei fondali Riportare l’area su mappa o carta nautica di idonea scala, con i principali riferimenti morfologici e batimetrici. Riportare i fondali molli o rocciosi presenti nell’area. Riportare una descrizione della tessitura e della mineralogia dei sedimenti, nonche’ delle principali caratteristiche ecotossicologiche.

1.7. Informazioni sulle caratteristiche chimiche dei sedimenti dell’area di escavo Le informazioni richieste devono essere fornite per entrambi i percorsi previsti. In particolare, per usufruire della procedura semplificata di caratterizzazione prevista per il Percorso II (Capitolo 2), le informazioni chimiche disponibili devono essere IDONEE e SUFFICIENTI. Queste ultime devono essere valutate da un soggetto del Sistema Nazionale delle Agenzie (ISPRAARPA- APPA) o da altro Istituto Scientifico Pubblico diverso da quello eventualmente coinvolto nelle indagini ambientali di caratterizzazione dell’area. L’idoneita’ delle informazioni sulle caratteristiche chimiche dei sedimenti dell’area di escavo viene valutata secondo i seguenti criteri:
• le metodologie analitiche impiegate per la determinazione dei parametri chimici devono essere metodiche normalizzate (es. UNI EN, ISO, USEPA), o riportate nei Manuali e Linee Guida ISPRA;
• i valori medi delle concentrazioni misurate, la cui deviazione standard sia inferiore al medesimo valore medio, devono essere inferiori al corrispondente valore di L1 locale (qualora disponibile), o inferiore ai valori di L1 stabiliti a livello nazionale (Capitolo 2). La sufficienza delle informazioni chimiche e’ determinata da dati idonei non antecedenti 5 anni e provenienti dall’area di escavo, purche’ non si siano verificati eventi naturali e/o artificiali tali da modificarne lo stato di qualita’ ambientale. Le informazioni possono essere ritenute sufficienti anche in assenza di dati sull’area di intervento, ma in presenza di idonei dati in aree immediatamente contigue e con le medesime caratteristiche ambientali (dinamica di sedimentazione, correnti, fonti antropiche, ecc.). Sulla base delle informazioni pregresse selezionare i dati che si intende utilizzare ai fini della valutazione della idoneita’ e sufficienza degli stessi dati, secondo lo schema di Tabella 1.3, al fine di potersi avvalere di una procedura semplificata.

Tabella 1.3 – Valutazione delle informazioni pregresse per l’area di escavo
 Omissis

 1.8. Informazioni sugli organismi animali e vegetali dell’area di escavo Riportare una descrizione delle principali comunita’ bentoniche presenti nell’area mediante l’individuazione delle liste faunistiche e floristiche delle biocenosi presenti, nonche’ una descrizione delle popolazioni ittiche demersali ed aree di nursery, con particolare riferimento a specie di interesse commerciale. Qualora disponibile, riportare la definizione dello stato ecologico della prateria di Posidonia oceanica e anche una valutazione quantitativa delle comunita’ macrozoobentoniche, mediante l’utilizzo dei parametri strutturali di comunita’, incluso l’indice Biotico M-AMBI (Multimetric- AZTI Marine Biotic Index) e gli eventuali impatti noti.

1.9. Informazioni pregresse sulle attivita’ di immersione/utilizzo Riportare le informazioni richieste per interventi di immersione/utilizzo negli ultimi 5 anni e comunque per l’intervento piu’ recente effettuato, secondo la Tabella 1.4 riguardo a:
1. aree d’immersione in mare (oltre le 3 mn);
2. aree di ripascimento costiere (spiaggia sommersa e/o emersa);
3. altri utilizzi (es.: vasca di colmata, terrapieni, riempimenti di banchine, ecc.).

Tabella 1.4 – Schema per la restituzione dei dati relativi alla destinazione del materiale dragato
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 1.10. Informazioni sulle precedenti attivita’ di monitoraggio ambientale Descrivere sinteticamente le attivita’ di monitoraggio ambientale eseguite nell’area di escavo negli ultimi 5 anni e i principali risultati. Descrivere sinteticamente le attivita’ di monitoraggio ambientale eseguite nell’area di immersione/deposizione negli ultimi 5 anni e i principali risultati.

1.11. Programmazione delle attivita’ di escavo e gestione dei materiali Fornire informazioni sintetiche sulla programmazione delle attivita’ di movimentazione e gestione dei materiali su base pluriennale (per un massimo di 5 anni) secondo le indicazioni di cui alla Tabella 1.5. nonche’ sulle iniziative intraprese o da intraprendere per migliorare la qualita’ dei fondali, favorendo l’uso sostenibile delle risorse. Dovranno essere fornite planimetrie dei siti da sottoporre a movimentazione (dragaggio/deposizione) in scala opportuna. Dovranno essere fornite planimetrie dei siti da sottoporre a movimentazione (dragaggio/deposizione) in scala opportuna.

1.12. Riduzione delle fonti di inquinamento Fornire informazioni sintetiche sulle iniziative intraprese o da intraprendere per migliorare la qualita’ dei fondali, favorendo l’uso sostenibile delle risorse, in accordo con le indicazioni internazionali di riduzione delle fonti di inquinamento.

Tabella 1.5 – Scheda delle informazioni sintetiche sulla programmazione delle attivita’ di movimentazione e gestione dei materiali

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 Capitolo 2 – Caratterizzazione e classificazione dei materiali dell’area di escavo di fondali marini

2.1. Percorsi di caratterizzazione
Sulla base della tipologia dell’area di escavo di cui al Capitolo 1 deve essere seguito uno dei due percorsi di indagine seguenti:
• Percorso I che prevede una caratterizzazione COMPLETA
• Percorso II dove puo’ essere eseguita una caratterizzazione SEMPLIFICATA Vengono di seguito riportate le indicazioni tecniche comuni ad entrambi i percorsi, evidenziando nei riquadri le specifiche per ciascun percorso.
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Rientrano nel Percorso I:
• le aree interne ai porti anche parzialmente industriali, commerciali, di servizio passeggeri, pescherecci (paragrafo 1.1.1);
• le aree poste all’esterno dell’imboccatura dei porti e/o le aree soggette a ostruzione ricorrente o accidentale del passo marittimo di accesso per volumi annui complessivi di materiale uguali o superiori a 40.000 m³.
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Rientrano nel Percorso II:
• le aree costiere non portuali;
• le aree di foce fluviale non portuale;
• le aree interne ai porti esclusivamente turistici;
• le aree poste all’esterno dell’imboccatura dei porti e/o le aree soggette a ostruzione ricorrente o accidentale del passo marittimo di accesso per volumi annui complessivi di materiale inferiori a 40.000 m³
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 2.1.1. Disegno di campionamento La strategia ottimale di campionamento deve consentire una caratterizzazione rappresentativa dell’intera superficie e del volume di materiale da sottoporre a movimentazione.
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Percorso I
• Strategia di campionamento per aree portuali Aree unitarie Sono previste tre tipologie di aree unitarie, da posizionare a ridosso dei manufatti interni al porto (Tipologia 1), nelle zone centrali del porto (Tipologia 2) e presso le zone all’ingresso dei porti (Tipologia 3).
• Tipologia «1»
 Lungo la perimetrazione interna caratterizzata dalla presenza di manufatti, quali ad esempio pontili, darsene e banchine, all’area da sottoporre a escavo deve essere sovrapposta una griglia a maglia quadrata di 50 m x 50 m. Eventuali aree residue, risultanti dal frazionamento nei lotti di 2.500 m², possono essere tralasciate se di superficie inferiore a 1.500 m² (figure 1 – 4).
• Tipologia «2»
 Nelle zone interne a distanze dai manufatti superiori a 50 m, all’area da sottoporre a dragaggio deve essere sovrapposta una griglia a maglia quadrata di lato pari a 100 m. Tale griglia di aree unitarie deve essere posizionata in contiguita’ con le eventuali aree unitarie di tipo «1» e «3». Eventuali aree residue, risultanti dal frazionamento nei lotti di 10.000 m², possono essere tralasciate se di superficie inferiore a 5.000 m² (figure 1-2).
• Tipologia «3»
 Nell’ambito delle imboccature portuali, delle zone esterne al porto a esso adiacenti, lungo le dighe di protezione esterna e le barriere frangiflutto, all’area da sottoporre a dragaggio deve essere sovrapposta una griglia a maglia quadrata di lato pari a 200 m. Tale griglia di aree unitarie deve essere posizionata in contiguita’ con le griglie di aree unitarie «1» e «2» ove presenti. Eventuali aree residue, risultanti dal frazionamento nei lotti di 40.000 m², possono essere tralasciate se di superficie inferiore a 10.000 m² (figura 2).
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Figura 1 – Esempio di posizionamento delle aree unitarie di tipologia 1 e 2.

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Figura 2 – Esempio di posizionamento delle aree unitarie di tipologia 1, 2 e 3.

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Figura 3 – Esempio di posizionamento delle aree unitarie di tipologia  1 in canali di larghezza superiore a 100 m.

Omissis
Figura 4 – Esempio di posizionamento delle aree unitarie di tipologia 1 in canali di larghezza inferiore a 100 m.
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Percorso II
• Strategia di campionamento per aree costiere non portuali e aree di foce fluviale non portuale Aree unitarie In aree di foce fluviale, nelle zone da sottoporre a dragaggio deve essere sovrapposta una griglia a maglia quadrata di lato fino a 100 m; in aree costiere deve essere sovrapposta una griglia a maglia quadrata di lato fino a 200 m. Eventuali Aree Unitarie residue possono essere tralasciate se di superficie inferiore al 50% della misura adottata.
• Strategia di campionamento per porti turistici o aree di accesso al porto Deve essere seguita la medesima “Strategia di campionamento per aree portuali” di cui al Percorso I.
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 Stazioni di campionamento All’interno di ciascuna area unitaria (maglia quadrata di campionamento) e per tutte le tipologie deve essere individuato un punto di campionamento, rappresentativo dell’area unitaria, posizionato in funzione del volume di materiale da dragare, della morfologia del fondale e della distanza dal punto delle aree unitarie contigue. In caso di superficie di escavo limitata ad una o due aree unitarie, il numero delle stazioni per l’intera area da sottoporre a dragaggio non deve essere comunque inferiore a 3, con la facolta’ di ricorrere alla costituzione di campioni compositi accorpando le aliquote delle medesime sezioni del sedimento.

2.2. Modalita’ di prelievo, conservazione ed analisi dei campioni Campionamento La tecnica di campionamento da utilizzare e’ prioritariamente quella del carotaggio. Nel caso di indagini riguardanti strati maggiori di 50 cm, l’altezza di ciascuna carota deve essere almeno pari allo spessore di materiale da asportare previsto nel punto di campionamento, minimizzando rimescolamenti o diluizioni della matrice solida del sedimento. Nel caso di indagini limitate ai primi 50 cm del fondale possono essere utilizzate anche altre tecniche, quali benne o box-corer. Le carote di sedimento devono essere preventivamente decorticate della parte piu’ esterna a contatto con le pareti interne al liner o al carotiere, per evitare la contaminazione da trascinamento. Le attrezzature utilizzate che prevedono il contatto con il sedimento devono essere accuratamente pulite prima del loro reimpiego. Per ciascuna carota devono essere individuate sezioni di 50 cm, 100 cm o 200 cm, o sezioni residue di almeno 20 cm rappresentative del livello piu’ profondo, secondo le seguenti modalita’:
• le carote fino a 1 m di altezza devono essere suddivise in due sezioni, di cui la prima di 50 cm a partire dalla sommita’;
• per carote con altezza superiore ai 1 metro e fino a 2 m, oltre alle 2 sezioni di cui al punto precedente, deve essere individuata almeno una sezione rappresentativa del metro successivo al primo;
• per carote con altezza superiore ai 2 m, oltre alle 3 sezioni di cui ai punti precedenti, deve essere individuata una sezione rappresentativa di ogni successivo intervallo di 2 m;
• qualora sia accertato il raggiungimento del substrato geologico naturale costitutivo dell’area, opportunamente documentato nella relazione tecnica, per il quale si possa escludere qualunque contaminazione antropica, e’ sufficiente l’individuazione di sezioni rappresentative dell’intero strato.
Preparazione del campione Da ciascuna sezione deve essere prelevata una aliquota di sedimento in modo tale da garantire la massima rappresentativita’ del campione. Il campione prelevato deve essere omogeneizzato e suddiviso nelle aliquote previste per le diverse analisi. La quantita’ di materiale prelevata per ciascun campione deve essere sufficiente a garantire tutte le analisi fisiche, chimiche, microbiologiche ed ecotossicologiche, compresa l’aliquota di riserva da conservare per eventuali approfondimenti e/o verifiche. Dal campione, prima delle analisi, devono essere rimosse manualmente le componenti di origine antropica (es.: frammenti di plastica, vetro, metallo, ecc.) e naturale (ciottoli, organismi del macrobenthos) di dimensioni comunque superiori a 5 mm. Qualora il campione cosi’ ottenuto sia costituito da oltre l’80% di ghiaia (diametro > 2 mm), le analisi chimiche possono essere omesse, a meno di macroscopiche evidenze di inquinamento. In questo caso, la classe di qualita’ deve seguire il criterio riportato al paragrafo 2.7. All’atto del campionamento deve essere compilata una apposita “Scheda di campo” contenente almeno le informazioni identificative della stazione di prelievo (coordinate proiettate UTM WGS84 fuso 32/33) e dei campioni da avviare alle successive analisi.
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Percorso I
Per le aree del Percorso I tutti campioni prelevati devono essere avviati alla successiva fase di analisi e classificazione. Qualora, per ragioni tecniche e/o economiche, il proponente intenda perseguire come unica opzione di gestione la deposizione in ambiente conterminato, analogamente a quanto previsto per il Percorso II e ad esclusione di aree collocate all’interno di Siti di Bonifica (Paragrafo 2.8), viene introdotta la possibilita’ di formare campioni compositi per le successive analisi, ottenuti miscelando i campioni singoli provenienti da aree unitarie contigue aventi caratteristiche macroscopiche similari, fermo restando la possibilita’ di analizzare i singoli campioni di cui deve essere sempre disponibile una aliquota conservata. I campioni compositi da sottoporre ad analisi, ottenuti per miscelazione “a fresco” di aliquote di pari volume (minimo 100 cc), rappresentative di ciascun campione da miscelare, possono rappresentare volumi contigui massimi da dragare di 10.000 m³ se provenienti da aree unitarie di Tipologia 1 (50 x 50 m), di 20.000 m³ se provenienti da aree unitarie di Tipologia 2 (100 x 100 m) e di 40.000 m³ se provenienti da aree unitarie di Tipologia 3 (200 x 200 m) (Percorso II – Tabella 2.1). Deve comunque essere conservata a -20 °C una aliquota di almeno 250 ml di ciascun campione (accorpato e non accorpato) per eventuali accertamenti o approfondimenti.
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Percorso II Ad esclusione di aree collocate all’interno di Siti di Bonifica (Paragrafo 2.8) , per le aree del Percorso II viene introdotta la possibilita’ di formare campioni compositi per le successive analisi, ottenuti miscelando i campioni singoli provenienti da aree unitarie contigue aventi caratteristiche macroscopiche similari, fermo restando la possibilita’ di analizzare i singoli campioni di cui deve essere sempre disponibile una aliquota conservata. Sulla base delle informazioni pregresse e’ infatti possibile l’analisi di tutti o parte dei campioni (non accorpati) in quelle zone identificate come aree o strati del fondale a maggiore potenziale inquinamento. La procedura semplificata prevede la formazione di campioni compositi da sottoporre ad analisi, ottenuti per miscelazione “a fresco” di aliquote di pari volume (minimo 100 cc), rappresentative di ciascun campione da miscelare. Essi possono rappresentare volumi contigui massimi da dragare di 10.000 m³ se provenienti da aree unitarie di Tipologia 1 (50 x 50 m), di 20.000 m³ se provenienti da aree unitarie di Tipologia 2 (100 x 100 m) e di 40.000 m³ se provenienti da aree unitarie di Tipologia 3 (200 x 200 m) (Tabella 2.1).
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Tabella 2.1 – Criterio di accorpamento di campioni provenienti da aree unitarie contigue.
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|              |            |  N. campioni da   |  N. campioni da   |
|              | Volumi max |   accorpare per   |   accorpare per   |
|Tipologia Area|    (m³)    | spessori di 0.5 m |  spessori di 1 m  |
+==============+============+===================+===================+
|      1       |   10.000   |     fino a 8      |     fino a 4      |
+————–+————+——————-+——————-+
|      2       |   20.000   |     fino a 4      |     fino a 2      |
+————–+————+——————-+——————-+
|      3       |   40.000   |     fino a 2      |      nessuno      |
+————–+————+——————-+——————-+

Deve comunque essere conservata a -20 °C una aliquota di almeno 250 ml di ciascun campione (accorpato e non accorpato) per eventuali accertamenti o approfondimenti.
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 Conservazione del campione Le modalita’ di trasporto e di conservazione dei campioni sono indicate nella Tabella 2.2. Il periodo di conservazione dell’aliquota di materiale destinata a eventuali controanalisi e/o verifiche non deve essere inferiore a 3 mesi dal termine delle attivita’ di gestione dei materiali dragati. Si precisa che non viene considerato il periodo necessario alle attivita’ di monitoraggio Post operam. Le metodologie analitiche da utilizzare per la determinazione dei parametri fisici, chimici, microbiologici ed ecotossicologici devono essere conformi a protocolli nazionali e/o internazionali standardizzati o riportati su Manuali e Linee Guida del Sistema Nazionale delle Agenzie.

Tabella 2.2 – Modalita’ di trasporto e di conservazione dei campioni
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 |    PARAMETRO     |CONTENITORE|TRASPORTO (°C)|CONSERVAZIONE (°C)|
 +==================+===========+==============+==================+
 |                  |plastica o |              |                  |
 |  GRANULOMETRIA   |   vetro   |    4 – 6     |      4 – 6       |
 +——————+———–+————–+——————+
 |SOSTANZA ORGANICA |  vetro o  |              |                  |
 |      O TOC       |polietilene|    4 – 6     |     ≤ -20(1)     |
 +——————+———–+————–+——————+
 |                  |  Vetro o  |              |                  |
 | CHIMICA ORGANICA |polietilene|    4 – 6     |    ≤ – 20(1)     |
 +——————+———–+————–+——————+
 |    METALLI E     |polietilene|              |                  |
 |    INORGANICI    |  o vetro  |    4 – 6     |    ≤ – 20(1)     |
 +——————+———–+————–+——————+
 |                  |polietilene|              |                  |
 |                  |     o     |              |                  |
 |                  |polistirolo|              |                  |
 | MICROBIOLOGIA(2) |  sterili  |    4 – 6     |      4 – 6       |
 +——————+———–+————–+——————+
 |                  |polietilene|              |                  |
 |ECOTOSSICOLOGIA(3)|  o vetro  |    4 – 6     |      4 – 6       |
 +——————+———–+————–+——————+

 (1) solo per campioni che non siano stati liofilizzati
 (2) da allestire in coltura sul campioni fresco entro 36 ore
 (3) da eseguire sul campione fresco (paragrafo 3.1).
 Qualita’ del dato A garanzia della qualita’ del dato:
• devono essere garantite le prestazioni di qualita’ di cui al D.Lgs 219/2010, come recepimento della Direttiva 90/2009/EC, fatta eccezione per quanto riportato al Capitolo 3;
• le indagini devono essere condotte da Enti e/o Istituti Pubblici di comprovata esperienza, oppure da laboratori privati accreditati da organismi riconosciuti ai sensi della norma UNI CEI EN 17011/05 per i parametri utilizzati ai fini della classificazione di qualita’ dei materiali di cui al presente Capitolo 1; in entrambi i casi viene richiesto il possesso di certificazioni nazionali e/o internazionali relative all’inserimento in circuiti di calibrazione specifici (es. QUASIMEME, etc.) laddove esistenti, che diano dimostrazione della qualita’ delle analisi;
• i risultati delle analisi e delle relative misure di controllo qualita’ per ciascun parametro fisico, chimico, ecotossicologico, devono essere riportati su rapporti di prova rilasciati dai laboratori e nella Relazione tecnica che deve contenere anche i dati relativi all’analisi delle comunita’ bentoniche e delle biocenosi presenti redatti da tecnico qualificato, secondo le indicazioni riportate nei paragrafi specifici. Le risultanze analitiche sono considerate valide per un periodo diverso per il Percorso I o per il Percorso II, a seconda si tratti di sedimenti soggetti a rimescolamento o sedimenti dello strato profondo non interessato da fenomeni di perturbazione. In linea generale si assume che in un’area portuale, costiera o fluviale, i primi 50 cm di fondale siano soggetti a fenomeni di perturbazione.
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Percorso I Le risultanze analitiche sono considerate valide per un periodo di 2 anni, purche’ non si siano verificati eventi naturali o artificiali che abbiano modificato la situazione ambientale dal momento del campionamento. Tale validita’ puo’ essere estesa fino a 3 anni, con la sola ripetizione delle analisi fisiche ed ecotossicologiche, almeno sui campioni compositi dello strato superficiale (0-50 cm) del fondale, ottenuti con i medesimi criteri di miscelazione descritti per la procedura semplificata nel presente paragrafo.
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Percorso II Le risultanze analitiche sono considerate valide per un periodo di 3 anni, purche’ non si siano verificati eventi naturali o artificiali che abbiano modificato la situazione ambientale dal momento del campionamento. Tale validita’ puo’ essere estesa fino a 5 anni, con la sola ripetizione delle analisi fisiche ed ecotossicologiche, almeno sui campioni compositi dello strato superficiale (0 -50 cm) del fondale, ottenuti con i medesimi criteri di miscelazione descritti nel presente paragrafo.
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 L’estensione della validita’ delle analisi per l’intero spessore viene confermata se il livello di tossicita’ della batteria di saggi ecotossicologici ripetuti (secondo le modalita’ di cui al paragrafo 2.3), risulti uguale o inferiore a quello precedentemente ottenuto, e comunque “basso” o “assente”. Nel caso il livello di tossicita’ dei campioni ripetuti risulti piu’ alto o comunque “medio” o “alto”, dovranno essere ripetute anche le analisi chimiche sui medesimi campioni (secondo le modalita’ di cui al paragrafo 2.4) e lo strato di sedimenti nuovamente caratterizzato dovra’ essere classificato secondo i criteri di cui alle tabelle 2.5 o 2.6 (criterio tabellare o ponderato). In tal caso la validita’ delle analisi e la conseguente classificazione degli strati sottostanti viene comunque estesa in funzione del percorso.
2.2.1. Relazione tecnica Tutti i dati relativi al campionamento, alla caratterizzazione, alle prestazioni analitiche (QA/QC), alla classificazione e alle opzioni di gestione proposte devono essere riportate in una relazione tecnica con allegate:
• la Scheda di inquadramento dell’area di escavo di cui al Capitolo 1;
• le “Schede di campo” di cui ai Capitoli 1 e 5;
• i rapporti di prova. La classificazione delle singole aree unitarie deve essere rappresentata (per livelli) su carta rispetto alla batimetria, a partire dalla quota di dragaggio e fino alla quota l.m.m. del fondale al momento del campionamento. Un esempio viene riportato in Figura 5.

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 Figura 5 – Sezione longitudinale del volume di sedimento da dragare: rappresentazione delle classi di qualita’ riferite a ciascuna sezione delle carote prelevate (P1-P5).

 2.3. Caratterizzazione e classificazione ecotossicologica
2.3.1. Batteria di saggi biologici I saggi biologici devono essere eseguiti su tutti i campioni destinati alle analisi, singoli o accorpati. I risultati devono essere riportati su rapporti di prova rilasciati dai laboratori, indicando, oltre ai dati grezzi, il metodo ed i parametri statistici necessari, a supporto della affidabilita’ del dato, cosi’ come riportato in Appendice 2A; in particolare:
• nel caso di utilizzo dei criteri di integrazione ponderata di cui all’Appendice 2B, i risultati devono essere espressi come effetto misurato nel campione (± scarto tipo σ) e nel controllo negativo (± scarto tipo σ), riferito alla massima concentrazione del campione testata (compatibilmente al metodo del saggio impiegato);
• nel caso della classificazione ecotossicologica secondo il criterio tabellare ottenuto nell’ambito della batteria di saggi biologici utilizzata, i risultati devono essere espressi come EC20 e/o EC50 con i relativi limiti fiduciali o come effetto (± scarto tipo σ) rispetto al controllo negativo (riportando il dato anche di quest’ultimo) e riferito alla massima concentrazione del campione testata in relazione al metodo del saggio impiegato. I medesimi risultati, inclusi i dati relativi ai controlli positivi (rapportati alla carta di controllo del laboratorio), in forma riepilogativa tabellare, devono essere comunque riportati e discussi nella Relazione tecnica. Salvo specifiche indicazioni del metodo adottato, il sedimento intero o la frazione solida del sedimento deve essere saggiata a fresco (non congelata, non essiccata ne’ liofilizzata) prima possibile e comunque non oltre 15 giorni di conservazione a 4 – 6 °C al buio; la frazione liquida (acqua interstiziale o elutriato 1:4 p/v) deve essere preparata entro 10 giorni dal sedimento tal quale conservato a 4°C al buio e, se non saggiata entro le 24 h dalla preparazione, conservata a -20°C fino al momento dell’analisi. I contenitori con la matrice di prova non devono presentare spazio d’aria. La batteria di minima deve essere composta da almeno 3 organismi appartenenti a gruppi tassonomici ben distinti, scegliendo una delle combinazioni di cui alla Tabella 2.: per ciascuna delle tipologia 1, 2 e 3 deve essere selezionato un saggio biologico a scelta tra quelli indicati con il segno “X”. La combinazione deve essere la stessa per la totalita’ dei campioni previsti nell’ambito della medesima istruttoria. A titolo esemplificativo una combinazione e’ la seguente: 1ª tipologia: saggio sulla fase solida. Bioluminescenza con Vibrio fischeri su sedimento privato dell’acqua interstiziale; 2ª tipologia: saggio su fase liquida. Inibizione di crescita algale con Pheodactylum tricornutum o Dunaliella tertiolecta o Skeletonema costatum su elutriato; 3ª tipologia: saggio con effetti cronici/sub-letali/a lungo termine e di comprovata sensibilita’. Embriotossicita’ con Paracentotus lividus, Mytilus galloprovincialis o Crassostrea gigas su elutriato. In caso di sedimento con percentuali di sabbia/ghiaia (diametro > 0,63 mm) maggiori del 90%, in considerazione dei possibili falsi positivi o della impossibilita’ di eseguire il saggio, la prova su fase solida puo’ essere sostituita con almeno un ulteriore saggio a scelta su fase liquida tra quelli indicati in Tabella 2.3 come 2a tipologia.

Tabella 2.3 – Saggi biologici utili per l’allestimento della batteria. Con la “x” vengono indicati i possibili saggi alternativi per ciascuna tipologia

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 2.3.2. Classificazione ecotossicologica
Completata la fase di campionamento e analisi, sulla base delle risultanze ottenute si procede con la classificazione ecotossicologica di ciascun campione di sedimento basata sull’utilizzo dei criteri di integrazione ponderata di cui ali’ Appendice 2B. Tuttavia, nell’ambito di indagini con elevata numerosita’ campionaria, in cui la stragrande maggioranza dei campioni risulti particolarmente tossica o non mostri effetti, e’ possibile semplificare la procedura di classificazione avvalendosi del criterio tabellare riportato in Figura 6. In particolare, il criterio tabellare puo’ essere applicato a tutti i campioni analizzati nei seguenti casi:
a) oltre il 90% dei campioni analizzati mostrino Tossicita’ “assente” per l’intera batteria di saggi biologici impiegati e le concentrazioni chimiche dei medesimi campioni risultino < L2 (Capitolo 2.4, tabella 2.5);
b) oltre il 90% dei campioni analizzati mostrino Tossicita’ ≥ “alta” per l’intera batteria di saggi biologici impiegati;
c) debba essere confermata l’estensione della validita’ delle analisi di cui al Capitolo 2;

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Figura 6 – Classificazione ecotossicologica tabellare ottenuto nell’ambito della batteria di saggi biologici utilizzata. L’effetto ormetico e’ esclusivamente riferito alla biostimolazione nei saggi algali.

 Percorso II La classificazione ecotossicologica riferita a ciascun campione di sedimento basata sul criterio tabellare puo’ essere applicata anche per confermare la possibilita’ di una caratterizzazione chimica mirata, di cui al successivo Capitolo 4.
2.4. Caratterizzazione e classificazione chimica 2.4.1. Caratterizzazione chimica La caratterizzazione chimica puo’ risultare differente nei due percorsi.
——————————————————————— Percorso I
• Caratterizzazione chimica standard: per la totalita’ dei campioni e’ prevista l’analisi dei parametri chimici standard (Tabella 2.4). Sulla base di indagini pregresse e/o delle caratteristiche desunte dalla Scheda di Inquadramento dell’area di escavo (Capitolo 1) e’ facolta’ dell’autorita’ competente al rilascio del’autorizzazione, che puo’ avvalersi di soggetto del Sistema Nazionale delle Agenzie (ISPRAARPA- APPA) o di altro Istituto Scientifico Pubblico diverso da quello coinvolto nelle indagini ambientali di caratterizzazione dell’area, richiedere l’analisi di sostanze aggiuntive di cui si presume la pericolosita’ ambientale e/o sanitaria.
———————————————————————

 Tabella 2.4 – Parametri chimici standard da analizzare

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 ———————————————————————

Percorso II Qualora si voglia usufruire del percorso semplificato, le analisi chimiche devono essere precedute dalle analisi ecotossicologiche. Una volta eseguite le analisi ecotossicologiche e le analisi granulometriche sui campioni singoli o compositi, purche’ la tossicita’ della batteria sia risultata bassa o assente, si puo’ procedere con la verifica della idoneita’ e sufficienza dei dati chimici disponibili. Solo in questo caso sui corrispondenti campioni a disposizione opportunamente conservati si dovra’ procedere con l’analisi dei soli parametri chimici non idonei o non sufficienti (Allegato 1). La caratterizzazione chimica dei campioni segue quindi i seguenti criteri:
• Caratterizzazione chimica mirata: sui campioni classificati con tossicita’ bassa o assente e con informazioni idonee e sufficienti (Capitolo 1) e’ possibile procedere all’analisi di una lista ridotta di parametri chimici (parametri mirati). Su questi campioni devono essere analizzati i soli parametri chimici di cui non siano disponibili le informazioni, mentre per ciascuno degli altri parametri viene assunto il valore di concentrazione corrispondente alla media geometrica di tutti i valori considerati idonei.
• Caratterizzazione chimica standard: sui campioni classificati con tossicita’ media o alta o per i quali le informazioni non siano ritenute idonee e/o sufficienti (Capitolo 3), si deve procedere con l’analisi dei parametri chimici standard (Tabella 2.4). Sulla base di indagini pregresse e/o delle caratteristiche desunte dalla Scheda di Inquadramento dell’area di escavo (Capitolo 1) e’ facolta’ dell’autorita’ competente al rilascio del’autorizzazione, che puo’ avvalersi di soggetto del Sistema Nazionale delle Agenzie (ISPRAARPA- APPA) o di altro Istituto Scientifico Pubblico diverso da quello coinvolto nelle indagini ambientali di caratterizzazione dell’area, richiedere l’analisi di sostanze aggiuntive di cui si presume la pericolosita’ ambientale e/o sanitaria.
———————————————————————
 Qualora il campione sia costituito da oltre l’80% di ghiaia (diametro > 2 mm), le analisi chimiche possono essere omesse, a meno di macroscopiche evidenze di inquinamento. I risultati delle analisi chimiche devono essere riportati su rapporti di prova rilasciati dai laboratori. Le seguenti informazioni:
• percentuale di recupero rispetto a materiali standard certificati;
• limite di quantificazione (garantendo quelli di cui alla Tabella 2.4);
• incertezza estesa;
• valutazioni di QA/QC; possono essere inserite sui medesimi rapporti o riportate nella Relazione tecnica. I medesimi risultati, in forma riepilogativa tabellare, devono essere riportati e discussi nella Relazione tecnica.
2.4.2. Classificazione chimica dei materiali La classificazione chimica dei materiali e’ basata sui livelli chimici di riferimento (L1 e L2), di cui alla Tabella 2.5. Tali valori possono essere aggiornati a livello nazionale. I valori di riferimento L1 relativi al gruppo degli “Elementi in tracce” possono essere sostituiti su base locale dai valori corrispondenti al cosiddetto “fondo naturale” e inseriti nei Piani di gestione dei bacini idrografici. In alternativa, i valori di riferimento L1 per la totalita’ dei parametri chimici possono altresi’ essere sostituiti su base locale (L1loc ) secondo quanto riportato nell’Appendice 2D. Nel caso in cui il valore di L1loc calcolato per un “elemento in tracce” risulti uguale o superiore al valore di L2 nazionale, dovra’ essere stabilito dall’Autorita’ competente al rilascio, sulla base delle indagini del sistema nazionale delle agenzie e con il supporto degli Enti scientifici nazionali (ISPRA, CNR, ISS), un valore di L2 “locale”, seguendo il medesimo criterio utilizzato per il calcolo dell’L2 nazionale. Qualora per le analisi ecotossicologiche siano stati applicati i criteri di integrazione ponderata di cui all’Appendice 2B, si dovra’ seguire il medesimo criterio anche per le analisi chimiche, la cui procedura e’ descritta in Appendice 2C; il tool applicativo per eseguire automaticamente tale elaborazione dei dati e’ scaricabile dal sito istituzionale dell’ISPRA. Qualora non siano stati utilizzati i criteri di integrazione ponderata di cui all’Appendice 2B per le analisi ecotossicologiche, i risultati delle analisi chimiche devono essere confrontati con i Livelli chimici di riferimento (L1 e L2) di cui alla Tabella 2.5.

 Tabella 2.5 – Livelli chimici di riferimento nazionali

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 2.5. Caratterizzazione fisica La descrizione delle caratteristiche fisiche e’ riportata in Tabella 2.. La descrizione macroscopica deve essere particolarmente accurata per l’area di prelievo e per l’area di deposizione nel caso una possibile opzione di gestione dei materiali da dragare possa essere l’attivita’ di ripascimento costiero; in particolare per la descrizione del colore devono essere utilizzate tavole cromatiche con la medesima scala per entrambi i siti.

Tabella 2.6 – Parametri fisici e relative specifiche

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 La descrizione macroscopica deve essere riportata nella “scheda di campo”, di cui al paragrafo 1.1, assieme ai dati di campo ritenuti piu’ significativi. Nella Relazione tecnica devono essere riportate le principali classi granulometriche per ciascun campione analizzato, ovvero:
• ghiaia (> 2 mm);
• sabbia (2 mm < x < 0,063 mm);
• pelite (silt: 0,063 mm < x < 0,004 mm + argilla: < 0,004 mm). Nel caso di ripascimenti costieri deve essere prodotta anche la curva di distribuzione granulometrica cumulata e la ripartizione delle differenti frazioni sabbiose. La metodologia preferibile per le analisi mineralogiche (facoltative) e’ mediante tecniche di diffrattometria a raggi X.

2.6. Caratterizzazione biologica
2.6.1. Caratterizzazione microbiologica Dragaggio, immersione in mare oltre le 3 mn e ripascimenti costieri Attualmente non risulta possibile definire valori limite di carattere sanitario per le abbondanze di indicatori di contaminazione fecale e singoli microrganismi patogeni nei sedimenti e nelle sabbie. Sulla base delle informazioni di cui alla Scheda di inquadramento dell’area (Capitolo 1), qualora i siti di dragaggio e/o di immersione oltre le 3 mn e/o di ripascimento siano situati nei pressi di aree destinate all’acquacoltura o alla balneazione, in queste ultime deve essere garantito il rispetto dei requisiti di qualita’ previsti nella normativa vigente per il comparto acque (decreto legislativo 152/2006; Reg. CE 854/2004; Decreto Legislativo 30 maggio 2008, n. 116 e Decreto 30 marzo 2010 del Ministero della Salute). In caso di ripascimenti costieri, i sedimenti possono essere collocati nel sito di destinazione solo al di fuori della stagione balneare.

2.6.2. Analisi delle comunita’ bentoniche Fornire una descrizione:
– delle comunita’ fito-zoobentoniche esistenti nell’area di intervento (lista specie, gruppi ecologici, gruppi trofici), con l’identificazione delle biocenosi piu’ importanti, con particolare riferimento alla eventuale presenza di biocenosi di elevato pregio conservazionistico (praterie di fanerogame marine, coralligeno, beach rocks, ecc.), anche desumibili dalla Scheda di inquadramento dell’area di escavo (Capitolo 1).
– delle popolazioni ittiche demersali ed aree di nursery, con particolare riferimento a specie di interesse commerciale.

2.7. Classificazione di qualita’ dei materiali di escavo Qualora per le analisi ecotossicologiche e chimiche siano stati applicati i criteri di integrazione ponderata di cui alle Appendici 2B e 2C, si deve procedere con la loro integrazione, al fine di determinare la classe di qualita’ dei sedimenti.
Classificazione ponderata L’attribuzione della Classe di Qualita’ dei materiali scaturisce dalla integrazione della classificazione chimica ed ecotossicologica ottenute attraverso l’applicazione dei criteri di integrazione ponderata di cui alle Appendici 2B e 2C. In particolare, la classificazione ecotossicologica e’ basata su un giudizio di pericolo ecotossicologico (da Assente a Molto alto) elaborato dalla integrazione ponderata dei risultati di tutte le componenti dell’intera batteria di saggi biologici. La classificazione chimica e’ basata sull’elaborazione di un indice Hazard Quotient chimico (HQc) che considera la tipologia e il numero dei parametri non conformi, nonche’ l’entita’ di tali superamenti e sulla sua successiva attribuzione in una classe di pericolo (da assente a Molto alto), (Tab. 2.7). Qualora non siano stati utilizzati i criteri di integrazione ponderata in base ai casi di cui al paragrafo 3.2, deve essere adottata la classificazione dei materiali secondo quanto riportato in tabella 2.8. Con concentrazioni chimiche > L2 e tossicita’ “assente” o “bassa” la classificazione dovra’ procedere comunque con i criteri di integrazione ponderata di cui alla Tabella 2.7. Qualora il campione sia costituito da oltre l’80% di ghiaia (diametro > 2 mm) e quindi non sia possibile definire una classe chimica, la classe di qualita’ del materiale corrisponde alla migliore tra quelle previste dalla classe di tossicita’ rilevata (Tabella 2.8).

Tabella 2.7 – Classificazione della Qualita’ dei sedimenti secondo i criteri di integrazione ponderata. HQC = Hazard Quotient (chimico)

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 Tabella 2.8 – Classificazione dei sedimenti basata sui criteri tabellari; [C] = concentrazione chimica.

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 2.8. Opzioni di gestione Le opzioni di gestione, in funzione della classe di qualita’ dei materiali determinata secondo quanto riportato nelle tabelle 2.7 e 2.8, sono rappresentate in Figura 7, con ulteriori indicazioni di seguito descritte.

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Figura 7 – Opzioni di gestione compatibili con la classificazione di qualita’ dei materiali da dragare

 Sedimenti di classe “A” che possono essere utilizzati per ripascimenti in presenza di impianti di acquacoltura Per i sedimenti destinati a ripascimento della spiaggia emersa e/o sommersa, qualora nel raggio di 3 mn dal sito di destinazione siano presenti in mare impianti di acquacoltura, devono essere applicate specifiche misure di prevenzione e di controllo degli organismi destinati all’alimentazione umana, come dettagliato nel Capitolo 3 (paragrafo 3.3.4).
Sedimenti di classe “D” che possono essere immersi in ambienti conterminati in grado di trattenere tutte le frazioni granulometriche del sedimento I sedimenti di classe D possono essere trattati come di classe C e pertanto immersi in ambienti conterminati in grado di trattenere tutte le frazioni granulometriche del sedimento nei seguenti casi:
• con tossicita’ del sedimento “Assente” o “Bassa” (secondo il criterio ponderato o tabellare), purche’ collocati non a contatto con le pareti laterali o il fondo del bacino conterminato parzialmente o totalmente emerso;
• la tossicita’ del sedimento valutata secondo i criteri tabellari di cui alla figura 5 sia interamente dovuta alla fase solida;
• il pericolo ecotossicologico valutato secondo i criteri di integrazione ponderata di cui all’Appendice 2B sia dovuto per 2/3 alla fase solida.
Sedimenti di classe “E” che possono essere immersi in ambienti conterminati impermeabilizzati: stima del Livello di Effetto Ecotossicologico Grave (LEG) In relazione al potenziale pericolo ecotossicologico valutato tramite criteri di integrazione ponderata, al fine di meglio discriminare la qualita’ dei materiali di classe E, viene indicata una procedura statistica per la derivazione di un ulteriore Livello Chimico di riferimento sito specifico: il Livello di Effetto Grave (LEG). Tale livello, stabilito per ottimizzare la gestione di sedimenti dragati da collocare in ambienti conterminati impermeabilizzati, puo’ essere definito come “la concentrazione del contaminante in corrispondenza del quale sono attesi effetti ecotossicologici gravi (medi, alti o molto alti) con una probabilita’ del 95%” e per i quali occorre adottare particolari misure di salvaguardia ambientale. Nel caso sia possibile calcolare il LEG, la procedura e’ descritta in Appendice 2F e il relativo tool applicativo e’ disponibile sul sito istituzionale ISPRA. I materiali da dragare di classe E che presentano valori di contaminazione chimica inferiori al LEG possono essere gestiti secondo quanto previsto per i materiali di classe D. I materiali da dragare che presentano valori di contaminazione chimica superiore al LEG rimangono di classe E, e devono essere gestiti con particolari cautele ambientali, in tutte le fasi di gestione, dal dragaggio alla destinazione finale.
Sedimenti posti all’interno di Siti di Interesse Nazionale da gestire all’esterno dei SIN Qualora, all’interno di un Sito di bonifica di Interesse Nazionale, si intenda gestire i sedimenti da dragare al di fuori del corpo idrico da cui provengono (ovvero al di fuori del SIN), deve essere attuata una caratterizzazione che soddisfi quanto previsto dall’Allegato A al D.M. 7 novembre 2008 e dal presente Allegato Tecnico. Entrambe le procedure di caratterizzazione vengono soddisfatte operando secondo quanto di seguito riportato. Riguardo alla caratterizzazione ecotossicologica devono essere eseguite le analisi secondo quanto previsto al Capitolo 2 del presente Allegato Tecnico sui campioni dei livelli delle carote prelevate ai sensi dell’Allegato A al D.M. 7 novembre 2008, come di seguito specificato: .0-50 cm; .50-100 cm; .100-200 cm (aliquota derivante dall’accorpamento e successiva omogenizzazione dei livelli 100-150 cm e 150-200 cm); .200-400 cm (aliquota derivante dall’accorpamento e successiva omogeneizzazione dei livelli 200-300 cm e 300-400 cm) e analogamente per gli eventuali successivi livelli da 2 m o frazioni superiori al metro. Riguardo alla caratterizzazione chimica e’ fatto salvo quanto previsto dal D.M. 7 novembre 2008, ritenendo valide le risultanze analitiche ottenute. In particolare, per le aliquote derivanti dagli accorpamenti sopra indicati e’ ammesso l’utilizzo dei valori medi delle concentrazioni riferite ai due campioni analizzati separatamente. Per i parametri chimici di cui al presente Allegato Tecnico non previsti dall’Allegato A al D.M. 7 novembre 2008 si dovra’ procedere all’analisi dei campioni sopra indicati.

2.9. Ulteriori semplificazioni inerenti la gestione Nell’ottica di isolare eventuali “hot spot” ed ottimizzare la gestione compatibile, una volta completata la caratterizzazione e alla luce delle risultanze analitiche, sono possibili successive e ulteriori caratterizzazioni delle aree unitarie con risoluzioni minime fino a 300 m³ di materiale da dragare. Con la finalita’ di ottimizzare la gestione di lotti di materiale il piu’ possibile omogenei da sottoporre alla medesima opzione di gestione, ad esclusione delle attivita’ di ripascimento della spiaggia emersa e ad esclusione dei casi in cui sia stata operata una riduzione dei campioni nella fase di caratterizzazione (mediante formazione di campioni compositi), una volta ottenuta la classificazione dei singoli volumi unitari associati a ciascun campione (non composito), e’ possibile gestire con la medesima opzione lotti contigui accorpati appartenenti al medesimo livello batimetrico, purche’ la differenza sia di una sola classe di qualita’ e il volume di materiale di classe peggiore non costituisca piu’ del 20% del volume complessivo.

APPENDICE 2A: INFORMAZIONI DA RIPORTARE NEI RAPPORTI DI PROVA RELATIVI ALLE INDAGINI ECOTOSSICOLOGICHE

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|Campione                        |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Data campionamento              |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Matrice                         |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Concentrazione/i testata/e:     |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Organismo test                  |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Metodo utilizzato               |                                  |
+——————————–+———————————-+
|End point misurato              |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Sostanza tossica di riferimento |                                  |
|(controllo positivo)            |                                  |
+——————————–+———————————-+
|EC50 e limiti fiduciali         |                                  |
|(controllo positivo)            |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Range di riferimento e/o carta  |                                  |
|di controllo                    |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Acqua usata per il test come    |                                  |
|controllo/diluente              |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Parametri di controllo (es.     |                                  |
|salinita’, pH, Temperatura)     |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Nr. repliche                    |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Tempo di esposizione            |                                  |
+——————————–+———————————-+
|EC20 con limiti fiduciali       |                                  |
+——————————–+———————————-+
|EC50 con limiti fiduciali       |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Effetto percentuale medio alla  |                                  |
|conc. max                       |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Dev. St. delle repliche alla    |                                  |
|conc. max                       |                                  |
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|                                                                   |
+——————————————————————-+
|        Per il saggio in fase solida con Vibrio fischeri           |
+——————————–+———————————-+
|Tossicita’ misurata (TU50) ± Lim|                                  |
|fiduc. ( 95%)                   |                                  |
+——————————–+———————————-+
|R²                              |                                  |
+——————————–+———————————-+
|Sediment Toxicity Index (STI)   |                                  |
+——————————————————————-+

   
Dati da utilizzare per l’applicazione  dei  criteri  di  integrazione ponderata
   

+————–+—————+—————+——————–+
|¹Misura       |               |Deviazione     |                    |
|dell’endpoint |Media          |standard       |Nr. repliche        |
+————–+—————+—————+——————–+
|              |Media delle    |Deviazione     |                    |
|              |letture delle  |standard tra le|                    |
|              |repliche alla  |repliche alla  |                    |
|              |massima concen-|massima concen-|Nr. Repliche alla   |
|Controllo     |trazione       |trazione       |massima concen-     |
|negativo      |testata        |testata        |trazione            |
+————–+—————+—————+——————–+
|              |Media delle    |Deviazione     |                    |
|              |letture delle  |standard tra le|                    |
|              |repliche alla  |repliche alla  |                    |
|              |massima concen-|massima concen-|Nr. Repliche alla   |
|Campione      |trazione       |trazione       |massima concen-     |
|(trattato)    |testata        |testata        |trazione            |
+————–+—————+—————+——————–+

   
   

+——————————————————————-+
|      Solo per saggio in fase solida mediante Vibrio fischeri      |
+——————————————————————-+
|          |                  |Deviazione       |                   |
|          |Media             |standard         |Nr. repliche       |
+———-+——————+—————–+——————-+
|          |                  |CV delle letture |                   |
|          |                  |di controllo I0  |                   |
|          |                  |[(dev. Std. I0 / |                   |
|          |                  |media I0         |                   |
|          |                  |controllo] * 100)|                   |
|          |                  |espresse in TU   |                   |
|          |                  |proporzionali    |                   |
|          |                  |rispetto alla    |                   |
|          |Soglia Tossicita’ |Soglia di        |                   |
|Controllo |Naturale stimata  |Tossicita’       |Numero repliche    |
|negativo  |(TU50)            |Naturale         |controllo          |
+———-+——————+—————–+——————-+
|          |                  |¼ dei limiti     |                   |
|          |Tossicita’        |fiduciali della  |                   |
|          |misurata riferita |tossicita’       |                   |
|Campione  |al peso secco     |misurata riferita|                   |
|(trattato)|(TU50)            |al peso secco    |2                  |
+——————————————————————-+

¹ Test algale: densita’ cellulare o tasso di crescita; test di fecondazione/ sviluppo lavale: % fecondati/sviluppati; test di mortalita’/immobilizzazione: numero sopravvissuti; test con Vibrio fischeri su fase liquida: % bioluminescenza.

APPENDICE 2B: CRITERI DI INTEGRAZIONE PONDERATA PER LA VALUTAZIONE DELLE RISULTANZE ECOTOSSICOLOGICHE
I criteri di integrazione ponderata considerano aspetti importanti e caratteristiche specifiche dei saggi biologici inclusi nella batteria utilizzata, tra cui la significativita’ statistica della differenza di effetto tra campione e controllo (contemplando la variabilita’ tra le repliche, sia nel controllo, sia nel campione); la severita’ dell’effetto (inteso come gravita’ del danno biologico misurato dallo specifico end-point); la tipologia di esposizione (acuta o a breve termine, cronica o a lungo termine); la rappresentativita’ ambientale della matrice testata. Per ciascuno dei saggi previsti nelle diverse tipologie di batterie utilizzabili e’ indicata una “soglia” di effetto che rappresenta la variazione minima ritenuta biologicamente significativa per ciascuna condizione sperimentale (Tabella A1); vengono anche riportati i “pesi” attribuiti a ciascun saggio in funzione della rilevanza biologica dell’end-point misurato, della durata dell’esposizione, della matrice testata (Tabella A2).

Tabella A1 – Valori di soglia attribuiti ai saggi biologici previsti nelle batterie.

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 Tabella A.2 – Pesi attribuiti in funzione della rilevanza dell’endpoint biologico, la matrice, il tempo di esposizione ed utilizzati per il calcolo del coefficiente W2. Vengono riportati anche i valori per la biostimolazione algale.

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 Vengono di seguito descritti i passaggi e le procedure di calcolo per l’integrazione dei risultati e la formulazione del giudizio di tossicita’ di cui e’ riportato uno schema complessivo nella Figura A1:
• dopo la verifica dei dati, per ciascun saggio biologico viene calcolato l’effetto (Ei ), inteso come variazione percentuale dell’endpoint misurato e compensato tramite la correzione di Abbott rispetto alle variazioni osservate nel controllo (eq. 2 del flow-chart di Figura A1);
• l’effetto Ei viene corretto in base alla significativita’ statistica della variazione rispetto ai controlli, applicando il coefficiente Z che viene calcolato in funzione del valore ottenuto dal test T per dati con varianza disomogenea (punto 3 del flow-chart di Figura A1). Il coefficiente Z ha un valore pari a 1 (nessuna riduzione dell’effetto) quando il campione risulta significativamente diverso dal controllo (p < 0.05); esso decresce con il diminuire della significativita’, passando in maniera lineare da 1 a 0.5 quando p cresce da 0.05 a 0.06. Per valori di p superiori a 0.06, il coefficiente Z diminuisce rapidamente in maniera non lineare fino a 0.2, quando p tende a 1. Questa correzione riduce progressivamente il peso complessivo di un saggio non statisticamente significativo, ma non ne elimina completamente il contributo alla batteria;
• ciascun effetto (Ei ) moltiplicato per il suo coefficiente Z, viene rapportato con la “soglia” specifica per quel saggio (eq. 4 del flow-chart di figura A1); l’effetto corretto (Eiw ) cosi’ ottenuto indica di quante volte la variazione misurata in un saggio supera quella ritenuta biologicamente rilevante;
• solo per i saggi algali, in caso di un effetto di biostimolazione, viene assegnato un valore di Eiw pari a 0 se l’effetto e’ < 40%, 1.25 se l’effetto e’ > 40% ma < 100%, pari a 1.5 se l’effetto e’ > 100%;
• l’indice di pericolo complessivo della batteria di saggi ecotossicologici (Hazard Quotient, HQBatteria ) viene calcolato come sommatoria degli effetti pesati (Eiw ) dei singoli saggi (eq. 5 del flow-chart di figura A1), ulteriormente corretti secondo il fattore W2 che corrisponde al prodotto dei pesi assegnati in funzione della rilevanza biologica dell’endpoint considerato, della rilevanza ecologica della matrice testata, della esposizione acuta o cronica degli organismi (Tabella A2).
• per l’attribuzione del livello di pericolo derivante dalla batteria di saggi ecotossicologici, il valore ottenuto per l’indice HQBatteria e’ normalizzato ad una scala compresa tra 0 e 10 (eq. 6 del flow-chart di figura A1), dove 1 corrisponde al valore di soglia della batteria (cioe’ il valore di HQ che si otterrebbe se tutti i saggi della batteria mostrassero un effetto pari alla rispettiva soglia) e 10 corrisponde al valore massimo della batteria (quando tutti i saggi mostrano il 100% di effetto). A seconda del valore dell’HQBatteria normalizzato, il livello di pericolo ecotossicologico viene attribuito ad una classe di gravita’ (da assente a molto alto), identificata da un diverso colore: Assente/bianco se < 1; Basso/azzurro se HQBatteria ≥ 1 e < 1.5; Medio/giallo se HQBatteria ≥ 1.5 e < 3; Alto/rosso se HQBatteria ≥ 3 e < 6; Molto Alto/nero se HQBatteria ≥ 6 (Tabella A3).

Tabella A3 – Classi di pericolo ecotossicologico rispetto ai valori di HQ (Hazard Quotient) della batteria di saggi.
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Figura A1 – Procedura per l’elaborazione dei dati dei saggi ecotossicologici.

APPENDICE 2C: CRITERI DI INTEGRAZIONE PONDERATA PER L’ELABORAZIONE DEI DATI CHIMICI
I criteri di integrazione ponderata considerano la tipologia dei parametri, il numero dei contaminanti che eccedono il riferimento specifico, nonche’ l’entita’ di tali sforamenti rispetto ai limiti previsti. Viene dunque abbandonata la logica del mero superamento del valore tabellare, anche minimo e da parte di un unico parametro, come principio fondamentale per la classificazione chimica. Tutti i parametri chimici di cui e’ prevista l’analisi, hanno un “peso” (da 1 a 1.3) a seconda che non siano contemplati dalla Direttiva 2013/39/UE (peso 1), o che al contrario siano inseriti nella lista delle sostanze “prioritarie” (peso 1.1) o in quella delle sostanze “pericolose e prioritarie” (peso 1.3), o siano annoverati nella convenzione di Stoccolma sui POP) (peso 1.3 ). Il diverso peso assegnato ai vari composti ha lo scopo di conferire una maggiore rilevanza nella classificazione chimica dei sedimenti alla variazione di quegli inquinanti che siano caratterizzati da una piu’ elevata tossicita’, tendenza al bioaccumulo e persistenza nell’ambiente o che debbano essere soggetti ad una progressiva riduzione nell’ambiente secondo gli obiettivi posti dalla Direttiva Quadro sulle Acque (Tabella C1).

Tabella C.1- Lista dei parametri e dei relativi pesi previsti perl’elaborazione dei dati chimici

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Vengono di seguito descritti i passaggi e le procedure di calcolo per l’integrazione dei risultati e la classificazione chimica; lo schema complessivo e’ riassunto nella Figura C1. L’elaborazione dei dati chimici inizia con il confronto delle concentrazioni misurate nei sedimenti con L1 e L2 di cui alla Tabella 2.5 (e suoi successivi aggiornamenti); il confronto puo’ essere effettuato con “riferimenti” sito-specifici (ad esempio L1loc e L2loc ), qualora tali livelli siano stati definiti a livello locale secondo i criteri di cui all’Appendice 2D. In funzione del riferimento, per ciascun parametro chimico analizzato, viene calcolata la variazione rispetto al limite, ovvero il Ratio To Reference (RTR) (eq. 3 del flow-chart di Figura C1); il valore di RTR viene corretto in funzione del “peso” del contaminante per ottenere un valore di RTRw (eq. 4 del flow-chart di figura C1), al fine di enfatizzare l’importanza delle variazioni osservate per i contaminanti piu’ pericolosi. Il calcolo dell’indice di pericolo quantitativo (Hazard Quotient), specifico per la caratterizzazione chimica dei sedimenti (HQC ), e’ ottenuto dalla media di tutti gli RTRw dei parametri con RTR ≤ 1 (cioe’ valori inferiori rispetto al limite del riferimento), addizionato con la sommatoria ∑ degli RTRw di tutti i contaminanti con RTR >1 (eq. 5 del flow-chart di figura C1):
 

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dove N and M sono il numero dei parametri con RTR rispettivamente ≤ o >1, mentre j e k sono indici che permettono di ripetere il calcolo per N o M volte. Con tale procedura di calcolo, l’indice di pericolo chimico (HQC ) varia in funzione del numero di parametri che superano i riferimenti (i cui RTRw sono addizionati nella sommatoria ∑), dell’entita’ del superamento e della tipologia dei contaminanti. L’indice chimico HQC e’ assegnato ad una classe di pericolo (da assente a molto alto), identificata da un diverso colore: Assente/bianco se HQC < 0.7; Trascurabile/verde se 0.7 ≥ HQC < 1.3; Basso/azzurro se 1.3 ≥ HQC < 2.6; Medio/giallo se 2.6 ≥ HQC < 6.5; Alto/rosso se 6.5 ≥ HQC < 13; Molto Alto/nero se HQC ≥ 13 (eq. 6 del flow-chart di Figura C1 e Tabella C2). Poiche’ la procedura di calcolo non cambia in funzione del tipo di riferimento scelto per il confronto, i dati chimici vengono elaborati contemporaneamente per ottenere un valore di HQC ed una classe di pericolo chimico nei confronti di tutti i riferimenti adottati.

 Tabella C.2 – Classi di pericolo chimico rispetto ai valori di HQC

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Figura C1 – Procedura per l’elaborazione dei dati di  caratterizzazione chimica dei sedimenti.

APPENDICE 2D: INDIVIDUAZIONE DEI LIVELLI CHIMICI DI RIFERIMENTO LOCALI SOTTO IL PROFILO AMBIENTALE (L1LOC)
Procedura per l’individuazione del L1 Locale (L1loc ) Il Livello Chimico L1 e’ la concentrazione di una determinata sostanza presente nella matrice sedimento, in miscela con altri eventuali contaminanti, in corrispondenza della quale sono attesi generici effetti tossici e di bioaccumulo con scarsa probabilita’. Per ciascuna sostanza L1loc e’ dato dal 90° percentile della distribuzione di dati giudicati “non tossici”. E’ indispensabile utilizzare una numerosita’ campionaria di almeno 30 campioni risultati privi di pericolo ecotossicologico (HQ < 1) secondo i criteri di integrazione ponderata (Appendice 2B), di cui almeno 15 con bioaccumulo ricadente nella classe “Absent” o “Slight”, secondo quanto riportato nell’Appendice 2E. Le analisi ecotossicologiche devono rispondere ai requisiti di cui al paragrafo 3.1. Sono utilizzabili soltanto i dati di campioni per i quali sono disponibili sia analisi chimiche che ecotossicologiche. Tali analisi possono essere riferite anche a tempi differenti, purche’ non antecedenti 10 anni e basate su “coppie” di dati associati (chimici ed ecotossicologici riferiti al medesimo campione), indipendentemente dal periodo in cui essi sono stati acquisiti. L’utilizzo di dati recenti permettera’ di descrivere una situazione piu’ “fedele” allo stato attuale dei luoghi. Ciascun valore di riferimento cosi’ individuato ha un campo di applicazione ottimale nei confronti di sedimenti locali con concentrazioni ricadenti nel medesimo range individuato dal set di dati utilizzato per le elaborazioni. Pertanto, l’estensione dell’utilizzo dei valori di riferimento a sedimenti con caratteristiche diverse deve tener conto dell’entita’ di tali differenze, valutando l’opportunita’ di una rielaborazione dei dati che includa tutte le misure effettuate, eventualmente ottenute anche da indagini integrative.

APPENDICE 2E: CRITERI DI INTEGRAZIONE PONDERATA PER L’ELABORAZIONE DEI DATI DI BIODISPONIBILITA’ (BIOACCUMULO)
L’applicazione dell’indice sintetico sulla biodisponibilita’ permette di stabilire quali e quanti contaminanti sono associati ai sedimenti, nonche’ il rischio associato al loro possibile trasferimento al comparto biotico. L’indice segue i seguenti principi:
• la biodisponibilita’ dei contaminanti e’ valutata sulla base del confronto tra concentrazioni analizzate negli organismi esposti e quelle dei controlli negativi;
• applicabilita’ a diversi organismi e diversi tessuti;
• il bioaccumulo complessivo e’ inteso come numero di contaminanti accumulati, loro tipologia e entita’ delle variazioni osservate rispetto ai controlli. Inoltre:
• e’ possibile selezionare la specie su cui testare la biodisponibilita’, scegliendo in una lista di numerosi vertebrati o invertebrati tra quelli maggiormente utilizzati come bioindicatori in Mediterraneo (ad esempio mitili, vongole, ostriche, policheti e numerose specie ittiche);
• e’ possibile selezionare il tessuto/i in cui sono condotte le analisi, e la condizione sperimentale che puo’ prevedere popolazioni naturali, organismi trapiantati o esposti in condizioni di laboratorio ad esempio al sedimento tal quale, all’elutriato, o ad altre matrici. Il pericolo biodisponibilita’ per ciascun parametro viene calcolato come variazione di concentrazione rispetto ai controlli, ovvero come rapporto Ratio To Reference (RTR) tra la concentrazione tissutale misurata nei campioni rispetto al controllo (eq. 3 del flow chart di figura D1), corretto in funzione della tipologia del contaminante (RTRp ) (punto 5 del flow chart di figura D1), e ulteriormente corretto per un coefficiente di significativita’ statistica; questo e’ calcolato sulla base di una funzione che puo’ lasciare invariato l’RTR o diminuirne il contributo in funzione della sua significativita’ (punto 4 del flow chart di figura D1). A seconda dell’entita’ della variazione, ciascun parametro analizzato viene attribuito ad una di 5 classi di effetto (punto 6 del flow chart di figura D1), diversamente pesata nel calcolo del valore complessivo di HQ biodisponibilita’. La stima dell’HQ complessivo viene effettuata mediando il contributo di quei parametri che presentano variazioni “basse” in termini di bioaccumulo, e addizionando la sommatoria degli RTRw di tutti quei parametri con effetto ≥ “moderato” (eq. 7 del flow chart di figura D1). La classe di pericolo biodisponibilita’ viene calcolata in funzione della distribuzione % dei parametri nelle varie classi di effetto ed assegnata ad uno di cinque livelli: da Assente a Molto alto (eq. 8 del flow chart di figura D1).

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Figura D1 – Procedura per l’elaborazione dei dati di caratterizzazione chimica dei sedimenti.

APPENDICE 2F: CRITERIO PER LA STIMA DEL LIVELLO DI EFFETTO GRAVE

 (LEG)
Per i soli sedimenti di classe E, al fine di stimare la probabilita’ di gravi effetti tossici in relazione alla concentrazione del contaminante possono essere utilizzati i Modelli Additivi Generalizzati (modelli GAMs; Hasti e Tibshirani, 1990). I modelli additivi generalizzati (GAMs; Hasti e Tibshirani, 1990) sono estensioni semiparametriche dei piu’ classici modelli lineari. Non conoscendo esattamente la migliore interpolazione tra probabilita’ di effetti tossici e contaminante, essi costituiscono un approccio flessibile all’identificazione e alla descrizione di relazioni di tipo non lineare, non essendo legati a particolari forme funzionali. Questo puo’ essere realizzato introducendo una funzione di smoothing per ciascun predittore, ottenendo la seguente struttura:

 Parte di provvedimento in formato grafico dove le funzioni s sono i lisciatori di regressione (smoothers) e g e’ detta “funzione di link”. Sono, quindi, basati sulla somma di p funzioni non parametriche relative a p variabili, oltre al termine costante e sull’impiego di una funzione legame (g) parametrica nota che collega la parte additiva del modello alla parte dipendente. La sola assunzione e’ che le variabili risposta (Y) siano indipendenti e che abbiano una distribuzione di probabilita’ nota. Rispetto ai modelli lineari, quindi, il vantaggio principale e’ quello di poter includere nel modello i predittori con una forma interamente determinata dalle informazioni contenute nei dati. Una volta selezionati i dati idonei e costruito il database da utilizzare nella elaborazione, verra’ costruita la variabile Y binaria con valori:

 Parte di provvedimento in formato grafico Tale funzione avra’ una distribuzione di probabilita’ nota: la distribuzione binomiale. Quindi, il modello GAM piu’ adatto alla presente finalita’ utilizza una distribuzione dell’errore binomiale e come funzione di link la funzione “logit” = log[(probabilita’ tossico)/(probabilita’ non tossico)]. Tramite la funzione logit la variabile binaria (non tossico-debolmente tossico/mediamente tossico – altamente tossico) viene trasformata in una variabile con range da 0 a 1, che rappresenta la probabilita’ (p) che ci sia un effetto tossico ad ogni concentrazione [X] del contaminante. Stimate le probabilita’, e’ possibile derivare la concentrazione del contaminante in corrispondenza di qualunque valore di p compreso tra 0 e 1. In particolare, il “Livello di Effetto Grave (LEG)” sara’ il piu’ piccolo valore del contaminante con p = 0.95. La procedura individua livelli chimici di riferimento solo per quei parametri che, nell’ambito del range di concentrazione individuato, contribuiscono in misura statisticamente evidenziabile alla tossicita’ complessiva rilevata nel campione. La stima della funzione di smoothing viene determinata mediante la procedura descritta in Wood (2000), utilizzando le “penalized regression splines” con piu’ polinomi di grado non superiore a 3 per diversi intervalli della variabile esplicativa. In questo modo viene stimata la forma funzionale che interpola meglio i dati, basata quindi esclusivamente sulle informazioni contenute nei campioni osservati. Per uniformare la stima delle differenti forme funzionali ottenibili, e’ stato scelto di imporre nella presente proposta un limite massimo pari a 4 gradi di liberta’, come migliore compromesso tra curve con gradi di liberta’ inferiori, e quindi troppo smussate, e superiori, quindi troppo sinuose. Il modello valuta l’effetto del contaminante sulla probabilita’ di ottenere risposte tossicologiche da medie a molto gravi, analizzando l’esposizione diretta degli organismi test ai campioni, che devono essere quindi rappresentativi dell’area indagata. La classificazione dei risultati ecotossicologici  per l’individuazione del LEG potrebbe essere effettuata mediante due sistemi alternativi, in funzione dei percorsi 1 o 2, con diverso grado di complessita’ e quindi di affidabilita’ e oggettivita’. Sistema 1 Il metodo di piu’ semplice applicazione e’ basato sull’approccio di cui alla Figura 6. In particolare ai campioni verra’ attribuito il codice binario “0” quando risulteranno con tossicita’ assente o bassa e “1” quando risulteranno con tossicita’ media o alta. Sistema 2 Criteri di integrazione ponderata di cui all’Appendice 2B. I campioni saranno considerati tossici se appartenenti alle classi di pericolo HQ “medio”, “alto” o “molto alto” secondo quanto riportato all’Appendice 2B. Requisiti del set analitico per l’elaborazione dei LEG Ai fini dell’applicazione della procedura descritta, finalizzata alla stima della migliore funzione della probabilita’ di effetti attesi tramite applicazione del modello binario GAM, vengono di seguito indicati i requisiti minimi del set di dati da utilizzare:
• sono ammissibili soltanto i dati di campioni per i quali sono disponibili sia analisi chimiche che ecotossicologiche;
• le concentrazioni di ciascun contaminante dovrebbero essere distribuite all’interno di un ampio range rappresentativo dell’area di interesse;
• i risultati ecotossicologici dovrebbero essere ripartiti tra campioni tossici e non tossici;
• e’ necessario che la distribuzione binomiale dei dati descriva una funzione con pendenza positiva (seppur variabile), ovvero con tendenza all’aumento di p, ovvero della probabilita’, all’aumentare della concentrazione [X] del contaminante.

 Capitolo 3 – Indicazioni tecniche per la gestione dei materiali
Nel presente Capitolo 3, in relazione alle possibili opzioni di gestione di cui alla Figura 1, vengono specificate le indicazioni tecniche relative alle seguenti attivita’:
• individuazione e caratterizzazione dell’area
destinata all’immersione dei materiali di escavo (area oltre le 3mn, area di spiaggia, area conterminata);
• modalita’ di escavo, trasporto e immersione dei materiali;
• monitoraggio ambientale delle attivita’ di escavo, trasporto e immersione;
• spostamenti in aree contigue.

3.1. Indicazioni tecniche per l’individuazione e la caratterizzazione dell’area destinata all’immersione dei materiali di escavo

L’area di immersione non deve ricadere su habitat e specie di interesse conservazionistico quali praterie di Posidonia oceanica o aree a coralligeno.

3.1.1. Area marina per l’immersione dei materiali di escavo (oltre le 3 mn dalla costa) Individuazione del sito La ricerca del sito di immersione dove collocare i materiali dragati deve tener conto delle caratteristiche di un’area vasta all’interno della quale poter disporre di differenti alternative finalizzate alla scelta della soluzione a minore impatto. Attraverso informazioni reperibili in letteratura e/o indagini mirate rappresentative della stato ambientale recente, devono essere acquisiti i seguenti elementi conoscitivi riguardanti l’area vasta nella quale localizzare il sito:
1. caratteristiche dinamiche della massa d’acqua;
2. caratteristiche fisiche e chimiche della colonna d’acqua;
3. caratteristiche del fondale (morfologia, batimetria) e dei sedimenti superficiali (granulometria, chimica, ecotossicita’);
4. principali biocenosi bentoniche (con verifica
della presenza/distribuzione di habitat e specie di interesse conservazionistico), popolazioni ittiche demersali e aree di nursery, con particolare riferimento a specie di interesse commerciale;
5. individuazione e descrizione dei vincoli e degli usi del mare: altri siti di immersione autorizzati, Aree Marine Protette, Parchi Nazionali, Siti Rete Natura 2000, Aree Archeologiche Marine, Zone di Tutela Biologica (ZTB), grandi infrastrutture (strutture offshore, cavi, condotte, oleodotti, rigassificatori), attivita’ antropiche (acquacoltura), poligoni militari, aree di divieto di ancoraggio e pesca. Sulla base delle informazioni di cui ai punti 1-5, anche mediante tecniche di overlay mapping dei dati processati e cartografati in un sistema G.I.S., viene individuato lo specifico sito di immersione. Il sito specifico d’immersione deve essere restituito su carta nautica prodotta dall’Istituto Idrografico della Marina (IIM) in scala opportuna, riportando, per un raggio di almeno 10 mn le aree a vario titolo protette. La localizzazione del sito di immersione deve essere indicata mediante i seguenti parametri:
• coordinate proiettate UTM WGS84 fuso 32/33 dei vertici del sito e delle singole aree Unitarie, nonche’ delle aree di controllo;
• distanza minima e massima dalla costa (in miglia nautiche);
• profondita’ minima e massima (in metri). I siti di immersione devono essere ubicati ad una distanza dalla costa superiore a 3 mn, ovvero oltre la batimetrica dei 200 m qualora questa sia a distanza inferiore. Nelle aree marine a vario titolo protette l’immersione dei materiali deve rispettare la sostenibilita’ ambientale di tale operazione nei confronti di quegli elementi di natura biologica o di altra origine che hanno generato il regime di protezione.
Caratterizzazione del sito Il sito deve essere dimensionato in funzione dei volumi di materiale da immergere (ricoprimento teorico medio massimo pari a 5 cm), in considerazione anche dell’eventualita’ di ulteriori immersioni da ripetere periodicamente, secondo la programmazione di gestione dei materiali di cui alla Scheda di inquadramento dell’area (Capitolo 1). La forma del sito di immersione deve essere definita secondo geometrie regolari suddivisibili in Subaree Unitarie di superficie pari a 1 miglio nautico (mn) x 1 miglio nautico (mn), nelle quali differenziare temporalmente i volumi di materiale da immergere. Nel caso di siti ubicati entro la batimetrica dei 200 m, devono essere individuate almeno due aree di controllo con superficie di almeno 1 mn2 ciascuna, che abbiano le stesse caratteristiche del sito di immersione e relativamente prive di impatto di origine antropica e, presumibilmente, non influenzabili dalle attivita’ di scarico. Nel sito d’immersione e nelle aree di controllo, quando ubicate sulla piattaforma continentale, il piano di indagine e campionamento di sedimenti superficiali deve prevedere:
• il posizionamento di un numero di stazioni non inferiore a 3 per siti di immersione con superficie minore di 2 mn2;
• il posizionamento di un numero di stazioni non inferiore a 2 per ogni mn2 per siti di immersione con superficie maggiore di 2 mn2;
• il posizionamento di un numero di stazioni non inferiore a 3 per ogni mn2 nelle aree di controllo. Se il sito e’ situato oltre la batimetrica dei 200 m le indagini di caratterizzazione devono essere opportunamente mirate. In particolare devono essere eseguite indagini ambientali in almeno tre stazioni di controllo prospicienti le zone costiere potenzialmente influenzate dallo scarico o altre aree da attenzionare per eventuali e potenziali vulnerabilita’ ambientali, tenendo conto dell’idrodinamismo locale prevalente. La tipologia di indagine dovra’ riguardare almeno la caratterizzazione chimica, fisica ed ecotossicologica dei sedimenti superficiali. E’ richiesta altresi’ la produzione cartografica di rilievi morfologici del sito di immersione e delle aree di controllo, attraverso indagini acustiche (es. Multibeam, Sise Scan Sonar) in scala adeguata. I campioni di sedimento superficiale devono essere prelevati mediante benna di tipo Van Veen, con l’ausilio di box corer e/o carotiere a seconda della tipologia di analisi. I campioni devono essere sottoposti alle seguenti indagini:
• analisi chimiche, fisiche del sedimento, secondo quanto indicato all’Capitolo 2; queste ultime devono essere eseguite solo qualora siano presenti impianti di acquacoltura nel raggio di 5 mn;
• descrizione delle comunita’ fito-zoobentoniche esistenti nell’area di intervento (lista specie, gruppi ecologici, gruppi trofici), con l’identificazione delle biocenosi piu’ importanti e con particolare riferimento alla presenza/distribuzione di habitat e specie di interesse conservazionistico (praterie di fanerogame marine, coralligeno, beach rocks, ecc.); inoltre:
 – per il macrozoobenthos, analisi dei parametri strutturali di comunita’ e calcolo dell’indice biotico M-AMBI (Multimetric-AZTI Marine Biotic Index);
 – per le fanerogame, definizione dello stato ecologico della prateria;
• analisi ecotossicologiche secondo i criteri di cui all’Capitolo 2; Le indagini devono essere condotte da Enti e/o Istituti Pubblici di comprovata esperienza, oppure da laboratori privati accreditati da organismi riconosciuti ai sensi della norma UNI CEI EN 17011/05 per le specifiche prove previste, inseriti in circuiti di intercalibrazione nazionali e/o internazionali ove esistenti. La caratterizzazione del sito di immersione puo’ essere omessa qualora le informazioni richieste siano desumibili o da precedenti caratterizzazioni effettuate secondo il presente Capitolo 3 o dalla Scheda di inquadramento dell’area (Capitolo 1), purche’ realizzata negli ultimi 3 anni. Tale periodo puo’ essere esteso fino a 5 anni con la ripetizione delle analisi fisiche ed ecotossicologiche, almeno sui campioni dello strato superficiale del fondale soggetto a possibili variazioni (0 – 10 cm). L’estensione della validita’ viene confermata solo se la tossicita’ della batteria di saggi ecotossicologici, elaborata secondo i criteri dell’Capitolo 2, risulta collocata nella medesima classe o inferiore a quella precedentemente misurata. In assenza di dati confrontabili, verra’ considerata valida la nuova caratterizzazione ecotossicologica. Se l’area di scarico e’ stata utilizzata in precedenti operazioni di immersione, deve essere formulata una valutazione delle possibilita’ di riutilizzo in relazione alle attivita’ di monitoraggio pregresse e alle risultanze della caratterizzazione aggiornata. Tale valutazione e’ finalizzata alla verifica del ripristino delle condizioni ambientali dell’area rispetto alle caratteristiche rilevate prima delle attivita’ di immersione.

3.1.2. Area di spiaggia da sottoporre a ripascimento L’attivita’ di ripascimento puo’ interessare la spiaggia emersa e/o la spiaggia sommersa ed essere realizzata attraverso interventi da mare o da terra con mezzi idraulici. Per spiaggia emersa si intende quella porzione di arenile al di sopra del limite superiore della piu’ alta “alta marea sizigiale”, mentre per spiaggia sommersa s’intende quella zona posta al di sotto del limite inferiore della piu’ bassa “bassa marea sigiziale” e al di sopra della profondita’ di chiusura della spiaggia sommersa, oltre la quale i sedimenti del fondo non subiscono rimaneggiamento per azione del moto ondoso. La conseguente distinzione utilizzata tra ripascimenti della spiaggia emersa e sommersa e’ da considerarsi di carattere puramente operativo, dovuta alle modalita’ di deposizione, in quanto, al termine dell’intervento di ripascimento destinato al ripristino e/o mantenimento e/o avanzamento della linea di riva, i materiali raggiungeranno una condizione di equilibrio, in funzione dell’idrodinamismo locale, delle caratteristiche granulometriche, ecc. Si possono distinguere tre casi:
Caso 1: Piccoli interventi Per piccoli interventi annuali che comportano un apporto complessivo di sabbia inferiore a 5.000 m³, ai fini della compatibilita’ ambientale e’ sufficiente seguire un criterio “non peggiorativo” rispetto alla qualita’ dell’ambiente recettore. Il materiale utilizzabile per queste attivita’ e’ quello di origine marina che periodicamente e/o naturalmente si accumula su fondali limitrofi, in assenza di eventi che ne abbiano modificato le caratteristiche fisiche (granulometria e mineralogia) e la qualita’ ambientale. Accertato una prima volta il non peggioramento della qualita’ ambientale, attraverso l’analisi delle caratteristiche fisiche, chimiche, ecotossicologiche, biocenotiche ed eventualmente microbiologiche del materiale da utilizzare e dell’area di deposito secondo i criteri descritti nell’Capitolo 2, per i successivi interventi, occasionali o periodici, per un periodo complessivo massimo di 10 anni, le indagini ambientali di caratterizzazione possono essere limitate ai soli parametri ecotossicologici (almeno un saggio tra quelli indicati come tipologia 2 in Tabella 2.4), prevedendo un unico campione composito (ottenuto dall’accorpamento dei 3 minimi previsti). Qualora risulti misurabile almeno un EC20, la caratterizzazione deve essere ripetuta secondo quanto indicato nell’Capitolo 2.
Caso 2: Interventi di media entita’ Per interventi annuali di entita’ complessiva superiore a 5.000 m³ e fino a 40.000 m³ di materiale dragato, puo’ essere utilizzato solo materiale di Classe A, secondo quanto riportato nell’Capitolo 1, incluso i casi particolari di cui al paragrafo 7.1. Ai fini della determinazione di compatibilita’ ambientale dei sedimenti di apporto, devono essere disponibili le seguenti informazioni relative al sito da ripascere:
1. cartografia dell’area, comprensiva delle isobate ed eventuale relativa documentazione fotografica;
2. caratteristiche meteo marine e climatologiche annuali, stagionali ed estreme;
3. regime sedimentario e trasporto solido litoraneo nel tratto di costa interessato;
4. analisi storiografica dell’andamento della linea di costa, dei fondali e delle eventuali opere o interventi di protezione;
5. analisi delle pressioni e dello stato ambientale delle spiagge da ripascere (superficie emersa e sommersa);
6. caratteristiche cromatiche, mineralogiche, granulometriche, ecotossicologiche e chimiche, microbiologiche (qualora indicate dal soggetto tecnico pubblico deputato al controllo);
7. principali biocenosi bentoniche (con verifica della presenza/distribuzione di habitat e specie di interesse conservazionistico);
8. popolazioni ittiche e aree di nursery con particolare riferimento a specie di interesse commerciale. Qualora le informazioni di cui ai punti 6 e 7 non siano disponibili o non siano rappresentative dello stato recente dei luoghi (ultimi 10 anni), dovra’ essere eseguita una specifica indagine integrativa. Tale indagine dovra’ prevedere il prelievo e l’analisi di almeno 2 campioni superficiali rappresentative del livello 0-10 cm da prelevare con le modalita’ previste nel Capitolo 2, all’interno dell’area interessata al ripascimento, e ulteriori 2 di controllo all’esterno di essa, prelevati dalla spiaggia sommersa in funzione del tipo di intervento e delle correnti prevalenti nell’area, uno a monte ed una a valle della medesima area di intervento. I parametri da analizzare devono essere i medesimi di quelli ricercati nella fase di caratterizzazione dell’area di escavo. Per aree di intervento particolarmente estese (> 1 km) le stazioni da considerare per le caratteristiche sopra descritte devono essere opportunamente incrementate, in funzione della eventuale disomogeneita’ dell’area, comprese tra un minimo di 1 stazione ogni 500 metri lineari (o sua frazione residua), ed un massimo di 1 campione ogni 250 metri lineari di spiaggia (o sua frazione residua).
Caso 3: Interventi di notevole entita’ Per volumi complessivi superiori ai 40.000 m³ annui, oltre quanto previsto per gli interventi di media entita’, la fase di caratterizzazione deve prevedere:
• riguardo il comparto sedimenti, lo studio delle comunita’ fito-zoobentoniche esistenti nell’area di intervento (lista specie, gruppi ecologici, gruppi trofici), con l’identificazione delle biocenosi piu’ importanti e con particolare riferimento alla presenza/distribuzione di habitat e specie
di
interesse conservazionistico (praterie di fanerogame marine, coralligeno, beach rocks, ecc.); inoltre:
 – per il macrozoobenthos, analisi dei parametri strutturali di comunita’ e calcolo dell’indice biotico M-AMBI (Multimetric-AZTI Marine Biotic Index);
 – per le fanerogame, definizione dello stato ecologico della prateria;
• riguardo il comparto colonna d’acqua una specifica indagine dei profili chimico-fisici in situ con idonee sonde multiparametriche e/o tramite analisi condotte su campioni di acqua prelevati mediante bottiglia tipo Niskin, durante almeno due campagne di monitoraggio, con misurazioni rappresentative dell’intera colonna (anche miscelando aliquote di differenti livelli in funzione della profondita’). I risultati delle misurazioni rappresentative di condizioni meteo marine differenti comprendenti possibili apporti terrigeni e/o risospensioni dei sedimenti per il transito delle imbarcazioni saranno utilizzati per avere informazioni sui livelli di base (medi, massimi e distribuzione dei percentili) di torbidita’ e/o contenuto di solidi sospesi delle acque dell’area di studio. Tali rilevamenti dovranno successivamente consentire di stabilire un valore di riferimento al fine di valutare, in occasione delle varie fasi di intervento (attivita’ di deposizione del materiale dragato) e relativo monitoraggio ambientale, eventuali anomalie, in particolare lungo percorsi preferenziali di trasporto verso zone di interesse alieutico (pesca e/o itticoltura) e/o ricreativo, e le conseguenti prescrizioni. Per valutare l’impatto eventuale sulla qualita’ microbiologica di queste zone, e’ necessario effettuare le analisi degli indicatori di contaminazione fecale previsti nella normativa nazionale (Reg. CE 853/2004; Decreto Legislativo 30 maggio 2008, n. 116 e Decreto 30 marzo 2010 del Ministero della Salute).

3.1.3. Ambienti conterminati Gli ambienti conterminati si distinguono in strutture portuali completamente sommerse (tra cui l’attivita’ di capping), parzialmente sommerse (vasche di colmata, banchine portuali, bacini costieri e darsene) e strutture emerse (bacini costieri demaniali completamente emersi nei quali il materiale dragato e’ trasportato a destinazione finale tramite mezzi navali). La collocazione del materiale dragato nei diversi ambienti conterminati viene indicata indifferentemente come immersione o deposizione e deve essere accompagnata da idonee attivita’ di monitoraggio di cui al Paragrafo 3.3.5.
Capping Trattasi di un intervento in situ finalizzato a isolare il materiale dragato rispetto alle matrici ambientali circostanti, rimanendo nel medesimo ambiente marino. L’attivita’ di “capping” consiste nel posizionamento di uno strato di sabbia/ghiaia non contaminati oppure di uno o piu’ strati di geotessile distribuiti sui sedimenti depositati in un sito predisposto ad accoglierli. Possono essere previste delle variazioni del capping con l’impiego di una copertura a seguito di una rimozione dei sedimenti preesistenti. In questo ultimo caso deve essere pianificata una caratterizzazione adeguata del volume di materiale da rimuovere. Il capping puo’ essere eseguito con sedimenti di classe B o C. Qualora i sedimenti depositati nel bacino sommerso siano di classe C e’ necessaria una copertura con uno strato di almeno 0,50 m di sedimenti di classe A o B. La posa in opera puo’ essere realizzata solo meccanicamente con draghe o benne. Il deposito dei materiali deve avvenire lentamente e in maniera uniforme, per permettere la stratificazione ed evitare la dispersione o il mescolamento con i sedimenti contaminati sottostanti. Il rivestimento subacqueo o “tappo” non deve risentire del passaggio di natanti o di altre attivita’ di movimentazione. La misurazione reale della copertura e le analisi ambientali su acque e sedimenti devono essere programmate nell’ambito di uno specifico piano di monitoraggio. Deve essere verificata la mobilita’ geochimica degli elementi in relazione alle caratteristiche chimico-fisiche del sedimento per verificare tipologia di materiale di ricopertura e soprattutto spessori.
Vasche di colmata, bacini conterminati e banchine Sono ambienti caratterizzati da una struttura parzialmente sommersa o emersa, conterminata con materiali che assicurino un diverso grado di trattenimento delle particelle solide o liquide (bacini impermeabilizzati) e all’interno dei quali vengono depositati i materiali di dragaggio. Una volta riempito e stabilizzato, lo spazio soprastante puo’ essere convertito a piazzali per lo stoccaggio delle merci o altre funzioni. Nel sito sul quale dovra’ sorgere la struttura di contenimento dei materiali dragati devono essere note le seguenti informazioni:
1. caratteristiche meteo marine;
2. caratteristiche batimetriche, geologiche, geotecniche e geomorfologiche;
3. caratteristiche granulometriche, chimiche, ecotossicologiche e biocenotiche. Tali informazioni possono essere ottenibili da indagini di campo mirate o dalla letteratura specifica e dalla Scheda di Inquadramento dell’area di escavo (Capitolo 1), qualora la zona di intervento sia stata oggetto di precedenti indagini non antecedenti i 3 anni e non si siano verificati eventi che abbiano modificato la stato ambientale preesistente. La caratterizzazione del sedimento deve riguardare almeno lo spessore del materiale coinvolto nella eventuale movimentazione del fondale durante la costruzione del bacino di contenimento e la sua gestione. In ogni caso deve essere caratterizzato uno spessore di 50 cm in corrispondenza di quello che e’, o sara’, il fondo dell’intera superficie occupata dall’opera. Sulle stazioni di campionamento, per il materiale da rimuovere e per la caratterizzazione dei 50 cm del fondo della struttura di contenimento, devono essere eseguite le indagini come da Capitolo 2 (Capitoli 3, 4 e 5), con l’eccezione delle analisi microbiologiche, salvo specifiche variazioni (riduzioni o estensione dei parametri da considerare) giustificate dalle informazioni desumibili dalla Scheda di Inquadramento dell’area. Il sito specifico di deposizione deve essere riportato su cartografia ufficiale comprensiva della batimetria (Carta Tecnica Regionale e/o carte nautiche dell’Istituto Idrografico della Marina) in scala opportuna, riportando per un raggio di almeno 3 miglia nautiche:
1. aree protette, habitat e specie di interesse conservazionistico (praterie di fanerogame marine, biocenosi del coralligeno, ecc.);
2. zone di maricoltura, pesca, aree di nursery, zone di tutela biologica, aree di coltivazione di sabbie relitte, aree di transito di specie ittiche migratorie e di mammiferi marini;
3. cavi, zone di ancoraggi, condotte, impianti di desalinizzazione, piattaforme e pozzi per la coltivazione di idrocarburi, rotte principali di natanti, siti militari, rigassificatori offshore, ecc. Nel caratterizzare il sito di deposizione devono essere individuati e descritti anche i seguenti dati riguardanti l’uso del territorio:
1. destinazioni d’uso finale dell’area;
2. prossimita’ alle aree urbane e industriali;
3. contaminazioni storiche nel sito proposto (desumibili anche dalla Scheda di Inquadramento di cui al Capitolo 1.

3.2. Indicazioni tecniche per le modalita’ di escavo, trasporto e immersione dei materiali dragati Le modalita’ di escavo, trasporto e immersione devono essere tali da non comportare un peggioramento delle condizioni ambientali preesistenti nelle aree circostanti l’area di attivita’ ed in particolare arrecare disturbo per le risorse di interesse alieutico. A tal fine l’attivita’ di escavo, trasporto e immersione, qualsiasi modalita’ venga scelta (dragaggio meccanico o idraulico) e seguendo il principio di gradualita’ a seconda della classe di qualita’ e del potenziale trasferimento della contaminazione alla colonna d’acqua e al biota, devono essere programmate in dettaglio e monitorate, ponendo particolare attenzione alle vie/aree di eventuale dispersione del materiale verso zone di valenza ambientale. Se tali attivita’ si svolgono in prossimita’ di aree di interesse alieutico e interessano materiali di classe C o D, esse devono avvenire in modo tale da minimizzare la dispersione di sedimento, in particolare della frazione piu’ fine e comunque evitando eccessivi approfondimenti localizzati, in modo da non influenzare la dinamica del moto ondoso e delle correnti dell’area. Durante il trasporto devono essere effettuati controlli relativi ai mezzi navali atti a prevenire dispersioni e rilasci accidentali di materiali. Devono essere utilizzati strumenti di navigazione di precisione per il monitoraggio in tempo reale delle rotte seguite durante il trasporto, che devono essere rese disponibili su richiesta degli organismi di controllo.

3.2.1. Immersione in aree marine dei materiali di escavo (oltre le 3 mn dalla costa) Le operazioni di immersione in mare dei materiali di escavo devono avvenire attuando un monitoraggio ambientale che ponga particolare attenzione alle vie di eventuale dispersione verso le zone costiere o di particolare valenza ambientale (paragrafo 3.3).

3.2.2. Ripascimento con materiali di escavo L’attivita’ di ripascimento deve avvenire secondo un piano di intervento che renda massimo l’apporto di sabbia alla spiaggia e contrasti i fenomeni di erosione nel tratto di costa individuato. L’attivita’ deve avvenire evitando manovre dei mezzi meccanici tali da costituire un rischio di impatto per eventuali habitat di interesse conservazionistico (tipologia di eventuali ancoraggi, movimento delle eliche a pieno carico, ecc.). Deve essere fornita una documentazione tecnica contenente le specifiche progettuali dell’attivita’, comprese le eventuali strutture fisse di protezione, le modalita’ e il cronoprogramma delle stesse, nonche’ le valutazioni sulla necessita’ di ripetere gli interventi nel tempo (piano di manutenzione), attraverso la previsione della stabilita’ e durevolezza dell’opera. Deve essere fornita una sintetica descrizione dei possibili impatti che tali attivita’ possono causare all’ambiente, tra cui gli effetti di un aumento della torbidita’ sui popolamenti macrobentonici ed ittici in prossimita’ del sito da ripascere ed essere esplicitate le eventuali misure di mitigazione. Le attivita’ di ripascimento devono evitare il seppellimento di praterie di fanerogame marine o coralligeno e comunque una compromissione del loro stato di salute (paragrafo 3.4), evidenziabile attraverso idonei e commisurati piani di monitoraggio. Poiche’ le indagini devono tener conto dell’area di influenza dell’opera e’ utile individuare i limiti dell’Unita’ Fisiografica (U. F.) e il relativo paraggio costiero, il cui limite a mare e’ dato dalla profondita’ di chiusura della spiaggia sommersa, oltre la quale i sedimenti del fondo non subiscono rimaneggiamento per azione del moto ondoso.

3.2.3. Immersione in ambiente conterminato di materiali di escavo Indicazioni tecniche per la realizzazione di ambienti conterminati sommersi, parzialmente sommersi o demaniali emersi. La progettazione dell’opera deve prevedere, al fine dei successivi controlli ambientali, in funzione della capacita’ volumetrica e delle caratteristiche strutturali, una analisi delle probabili vie di fuga degli inquinanti, anche in caso di incidenti. La conterminazione deve riguardare il fondo della vasca e le pareti delle dighe di contenimento laterali e deve possedere caratteristiche strutturali tali da evitare la diffusione di eventuali contaminanti all’esterno dell’ambiente conterminato. Per utilizzi del materiale dragato che prevedano il riempimento di strutture conterminate devono essere fornite informazioni relative a:
1. caratteristiche geologiche del sito, caratteristiche litologiche dei materiali sottostanti la struttura e di quelli costituenti la conterminazione laterale (incluse informazioni relative alla permeabilita’ e al consolidamento dei materiali gia’ presenti e di quelli da allocare);
2. principali caratteristiche tecniche progettuali delle strutture e delle dighe/barriere di contenimento (i.e. tipologie dei materiali utilizzati, dimensionamenti);
3. principali caratteristiche idrologiche e meteoclimatiche dell’area interessata dalla struttura (i.e. regime pluviometrico, livelli, flusso e direzione della falda) e gestione/regolamentazione delle acque meteoriche, di eventuali scarichi idrici e corsi d’acqua esistenti;
4. caratteristiche biologiche ed ambientali: habitat, prossimita’ di aree a vario titolo protette e/o sensibili, presenza di insediamenti produttivi, vie di accesso all’area per automezzi e persone, destinazione d’uso e reali opportunita’ di utilizzo finale del sito.
Indicazioni tecniche per la deposizione in ambienti conterminati sommersi, parzialmente sommersi o demaniali emersi.
Particolare attenzione deve essere posta alla gestione degli scarichi idrici (acque di efflusso) e delle acque meteoriche provenienti dall’ambiente conterminato, ponendo in atto misure per la riduzione degli apporti solidi all’esterno (i.e. vasche di sedimentazione e/o chiarificazione delle acque, sistemi di filtrazione), pozzetti d’ispezione e prelievo campioni (i.e. pozzi piezometrici lungo gli argini, almeno fino allo strato sottostante il fondale naturale dell’area). Di seguito sono rappresentate alcune indicazioni generali relative alle modalita’ di deposizione di materiali in tali strutture:
1. collocare il materiale dragato ad elevata concentrazione di solido, evitando lo stramazzo non controllato di materiale di risulta;
2. favorire e diversificare i processi di sedimentazione dei materiali (i.e. tramite la compartimentalizzazione del bacino di contenimento, la creazione di zone di amplificazione o sedimentazione forzata, la creazione di barriere mobili, predisposizione di percorsi di intercettazione, ecc.), incrementando il tempo di ritenzione, la profondita’ dello specchio acqueo e la lunghezza dei percorsi e del numero delle vie di uscita della matrice acquosa;
3. evitare l’uso di additivi chimici che possano compromettere la qualita’ delle acque e dei sedimenti presenti all’interno delle conterminazioni e nelle acque di efflusso;
4. agevolare la raccolta, il trattamento ed il riutilizzo dei flussi di acqua (acque di superficie, effluente, percolato, acque di drenaggio) come acque reflue, anche impiegando processi naturali di abbattimento dei contaminanti disciolti;
5. deporre i sedimenti meno contaminati (di classe migliore) sul fondo della vasca, lungo i perimetri esterni e nella parte superiore della stessa (deposizione selettiva);
6. creare le condizioni per il monitoraggio della qualita’ delle acque in uscita dalle vasche, come effluenti superficiali, o lungo i perimetri esposti al mare, attraverso la predisposizione di piezometri posizionati lungo gli argini e negli strati significativi del fondale.
3.3. Attivita’ di monitoraggio ambientale Indicazioni generali Le attivita’ di dragaggio, trasporto e immersione devono essere sottoposte ad un monitoraggio ambientale con l’obiettivo di verificare l’ipotesi di impatto, ovvero l’entita’ degli effetti sul comparto abiotico e biotico e verificare la tendenza al ripristino delle condizioni precedenti le attivita’ di movimentazione, ponendo particolare attenzione alla variazione della biodisponibilita’ di sostanze potenzialmente tossiche, alla comparsa di modificazioni “precoci” (biomarker) nei sistemi biologici indicatori e di effetti tossici a breve o piu’ lungo termine, nonche’ alle alterazioni a carico delle biocenosi, soprattutto di habitat e specie di interesse conservazionistico. Tali indagini devono riguardare la valutazione dei possibili impatti sulla colonna d’acqua e/o sul fondale, privilegiando l’utilizzo di bioindicatori. Le attivita’ di dragaggio, trasporto e immersione devono essere sottoposte ad un monitoraggio ambientale secondo il principio della gradualita’: il numero delle stazioni, i parametri da monitorare nella colonna d’acqua, nel sedimento superficiale e nel biota devono essere commisurati alla qualita’ e alla quantita’ dei materiali da sottoporre a movimentazione, alla durata e alle modalita’ operative relative alla localizzazione degli specifici interventi. Tali attivita’ devono essere descritte in un Piano di Monitoraggio che si articola in fasi distinte: ante operam, in corso d’operea e post operam. La fase ante operam puo’ essere esclusa o opportunamente ridotta tenendo conto di quella parte di indagine gia’ effettuata nella fase di caratterizzazione qualora non siano trascorsi 3 anni e non si siano verificati eventi tali da aver modificato lo stato dei luoghi. Il Piano di Monitoraggio e’ parte integrante della documentazione tecnica necessaria ai fini dell’autorizzazione. Le indagini devono essere condotte da Enti e/o Istituti Pubblici di comprovata esperienza, oppure da laboratori privati accreditati da organismi riconosciuti ai sensi della norma UNI CEI EN 17011/05 per le specifiche prove previste, inseriti in
circuiti di intercalibrazione nazionali e/o internazionali ove esistenti.

3.3.1. Monitoraggio delle attivita’ di escavo Relativamente all’area portuale, fluviale e litoranea, il monitoraggio deve tener conto dei seguenti aspetti relativi ai comparti sedimento, colonna d’acqua e biota, nelle aree circostanti la zona di dragaggio:
• variazioni nella qualita’ dei sedimenti superficiali tramite analisi chimiche dei parametri risultati piu’ critici nella fase di caratterizzazione ed esecuzione di saggi ecotossicologici;
• variazioni nella qualita’ della colonna d’acqua tramite il controllo dei livelli di torbidita’ e/o concentrazione di solidi sospesi in particolare lungo percorsi preferenziali di trasporto verso zone di interesse alieutico e/o ricreativo, nonche’ variazioni della biodisponibilita’ e/o ecotossicita’ (bioaccumulo, saggi in situ, saggi biologici di tipo 3 di cui alla Tabella 2., biomarker e/o accumulatori passivi che consentono la rilevazione anche di basse concentrazioni di elementi nella frazione disciolta);
• eventuali alterazioni delle principali biocenosi bentoniche (con verifica della presenza/distribuzione di habitat e specie di interesse conservazionistico). Nella fase “ante operam” occorre individuare un valore di riferimento relativo alla torbidita’ e/o concentrazione dei solidi sospesi nella colonna d’acqua, corrispondente al 90° percentile del set di misure sufficientemente ampio da risultare
rappresentativo
della variabilita’ dell’area, qualora non sia desumibile da letteratura o da indagini pregresse, o diversamente stabilito dal Piano di monitoraggio che deve anche prevedere le opportune misure da intraprendere in caso di difformita’. Nella fase “in corso d’opera”, deve essere verificato che le eventuali variazioni della torbidita’ e/o della concentrazione di solidi sospesi siano contenute entro il valore di riferimento definito nell’ambito delle indagini “ante operam”. In fase post operam, condotta al termine delle operazioni di dragaggio deve essere verificato il ripristino delle condizioni ambientali “ante operam” o definite nella fase di caratterizzazione.

3.3.2. Monitoraggio delle attivita’ di trasporto dei materiali L’attivita’ di trasporto dei materiali verso la specifica collocazione deve essere sottoposta ad un monitoraggio ambientale qualora sussistano rischi di “sversamenti” di materiale lungo i tragitti stabiliti, in particolare nei confronti di habitat e specie di interesse conservazionistico (praterie di Posidonia oceanica, coralligeno, beach rocks, ecc.), nonche’ transiti in zone limitrofe destinate ad attivita’ di acquacoltura.

3.3.3. Monitoraggio delle attivita’ di immersione in aree marine (oltre le 3 mn dalla costa) A completamento di quanto previsto ed effettuato nella fase di caratterizzazione (Paragrafo 1.1), devono essere eseguite indagini ambientali nel sito e nelle aree di controllo. Nel caso il sito di immersione sia localizzato entro la batimetrica dei 200 m devono essere condotte tutte le attivita’ indicate in Tabella 3.1; nel caso il sito sia localizzato oltre tale batimetrica devono essere condotte le attivita’ indicate alle lettere “B” e “C”, nelle zone costiere potenzialmente influenzate dallo scarico, secondo quanto dettagliato nel Piano di monitoraggio. In particolare, nel caso il sito di immersione sia localizzato oltre il limite della batimetrica dei 200 m, devono essere eseguite le indagini ambientali di cui sopra in almeno tre stazioni di controllo prospicienti le zone costiere potenzialmente influenzate dallo scarico. Le indagini ambientali relative alla fasi “Ante operam, in corso d’opera e Post operam” devono essere eseguite in stazioni scelte tra quelle utilizzate nella fase di caratterizzazione e indicate nel Piano di monitoraggio.

Tabella 3.1 – Tipologia e tempistica orientativa delle attivita’ da eseguire in relazione all’immersione dei materiali nelle aree marine oltre le 3 mn (sulla piattaforma/ oltre la piattaforma), da dettagliare nel Piano di monitoraggio.
=====================================================================
|       TIPOLOGIA DI INDAGINE       |             FASE              |
+===================================+===============================+
|                                   |Ante operam (qualora non       |
|                                   |desumibili da letteratura e    |
|                                   |indagini pregresse) e Post     |
|A. MORFOLOGIA E BATIMETRIA DEL SITO|operam                         |
+———————————–+——————————-+
|B. CHIMICO-FISICA DELLA COLONNA    |                               |
|D’ACQUA (SST, profilo batimetrico  |                               |
|di Torbidita’, Temperatura,        |                               |
|Ossigeno disciolto ed altri        |                               |
|parametri previsti dal Piano di    |Ante operam , In corso d’opera,|
|monitoraggio)                      |Post operam                    |
+———————————–+——————————-+
|                                   |In corso d’opera, Post operam e|
|                                   |ogni 12 mesi successivi per un |
|                                   |minimo di un anno,             |
|                                   |limitatamente ai               |
|                                   |parametri/sostanze ritenuti    |
|                                   |maggiormente di interesse in   |
|                                   |base alla qualita’/quantita’   |
|C. CHIMICA , FISICA,               |dei materiali sversati e dei   |
|ECOTOSSICOLOGIA E MICROBIOLOGIA DEI|sedimenti superficiali del sito|
|SEDIMENTI DI FONDO                 |antecedenti l’immersione.      |
+———————————–+——————————-+
|                                   |Ante operam , In corso d’opera |
|                                   |(da valutare in base alla      |
|                                   |durata dell’opera), Post       |
|                                   |operam, in relazione a quanto  |
|                                   |gia’ eseguito in fase di       |
|                                   |caratterizzazione del sito     |
|D. COMUNITA’ BENTONICHE            |(Paragrafo 3.1.1).             |
+———————————–+——————————-+
|                                   |In caso di presenza di sostanze|
|E. BIOACCUMULO E/O BIOMARKER E/O   |con valori superiori a LCL nel |
|ALTRE VALUTAZIONI ECOTOSSICOLOGICHE|materiale sversato, Ante operam|
|RELATIVE AD ORGANISMI STANZIALI CON|, Post operam ed ogni 12 mesi  |
|PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE SPECIE|dopo il termine dei lavori, per|
|ITTICHE DI INTERESSE COMMERCIALE   |un minimo di un anno.          |
+———————————–+——————————-+

 3.3.4. Monitoraggio delle attivita’ di ripascimento L’attivita’ di monitoraggio deve essere commisurata ai volumi e alla qualita’ del materiale, nonche’ alle caratteristiche dell’area ricevente, e deve essere sviluppata nello spazio e nel tempo. Tale sviluppo puo’ prevedere fasi successive (Ante operam, in corso d’opera e Post operam). Riguardo i piccoli interventi (Caso 1), di cui al paragrafo 1.3 dell’Capitolo 2, non sono richieste ulteriori attivita’ di monitoraggio. Riguardo i casi di media e notevole entita’ (Casi 2 e 3), di cui al paragrafo 1.3 dell’Capitolo 2, deve essere previsto uno specifico piano di monitoraggio Ante, durante e Post operam, dell’area e delle aree limitrofe che consideri almeno i seguenti parametri riferiti ai fondali e alla colonna d’acqua:
• granulometria dei sedimenti superficiali dell’area di ripascimento e delle aree limitrofe;
• livelli di torbidita’ nell’area e nelle immediate vicinanze del sito da ripascere;
• principali popolamenti fito-zoobentonici e, nel caso 3, anche analisi della struttura della comunita’ presenti nel sito di ripascimento e nell’area circostante, ripetendo le medesime indagini eseguite nella fase di caratterizzazione dell’area di intervento, con particolare riferimento alla presenza di Posidonia oceanica; in tal caso l’indagine deve essere estesa al limite superiore della prateria, valutando anche eventuali effetti sul suo stato di salute. La ricerca di parte o tutti i parametri della caratterizzazione standard (Tabella 2.) sui sedimenti dell’area da ripascere e nelle immediate vicinanze deve essere orientata dalla presenza di eventuali valori critici di concentrazione chimica, da difformita’ rispetto alle misure effettuate sui sedimenti dell’area di prelievo, o da eventuali evidenze di ecotossicita’ riscontrate nella fase di caratterizzazione dei sedimenti dell’area di escavo e/o dell’area da ripascere. Nel caso 3, con particolare riferimento al comparto biota, il monitoraggio deve comprendere misure di bioaccumulo in organismi indicatori rappresentativi del comparto sedimenti e/o della colonna d’acqua, e/o prove con accumulatori passivi. Le prove di bioaccumulo possono essere condotte in situ con il bivalve Mytilus galloprovincialis (Mussel Watch). I risultati possono essere valutati utilizzando i criteri di valutazione ponderata
riportati nell’Appendice 2E. Nel caso di ripascimento con sedimenti di classe A e con tossicita’ bassa, deve essere verificata l’ecotossicita’ sui sedimenti superficiali dell’area tramite l’impiego di saggi biologici, secondo quanto previsto al Capitolo 2 (Tabella 2.) e/o la misura di biomarker in organismi indicatori. Nei Casi 2 e 3, qualora nel raggio di 3 mn dal sito di destinazione siano presenti in mare impianti di acquacoltura, la deposizione dei materiali di escavo dovra’ tener conto dell’idrologia e delle correnti presenti nell’area al fine di limitare per quanto possibile l’impatto sulla qualita’ di queste acque. Dovranno inoltre essere effettuate le attivita’ di monitoraggio finalizzate al controllo degli organismi destinati all’alimentazione umana da parte delle autorita’ sanitarie locali secondo la normativa vigente. Per valutare l’efficacia dell’intervento e’ necessario prevedere un ulteriore Piano di monitoraggio (diverso da quello indicato nel presente Capitolo), finalizzato alla valutazione della compatibilita’ tessiturale e relativa stabilita’ e durevolezza dell’opera, che comprenda, nel tempo, rilievi topografici della linea di riva, rilievi batimetrici dell’area di intervento e della costa limitrofa.

3.3.5. Monitoraggio delle attivita’ di immersione in ambiente conterminato Le attivita’ di monitoraggio devono essere commisurate alla qualita’ e quantita’ del materiale dragato e deposto in ambiente conterminato e alle caratteristiche della struttura di contenimento. Considerata l’eterogeneita’ degli ambienti, dei materiali da collocare e delle modalita’ operative di deposizione, le indicazioni di dettaglio devono essere descritte nel Piano di monitoraggio che deve prevedere almeno l’acquisizione delle informazioni relative a:
1. la qualita’ fisica, chimica, ecotossicologica e la presenza di solidi sospesi nelle aree in corrispondenza della reimmissione in mare delle acque di efflusso in uscita dagli ambienti conterminati;
2. la qualita’ delle acque piezometriche ospitate nei depositi naturali e nei materiali costituenti la conterminazione laterale e del fondo del bacino;
3. la qualita’ delle acque, dei sedimenti e del biota nell’area marina circostante il bacino, privilegiando l’impiego di indicatori biologici;
4. le possibili perdite di materiale e il rilascio di contaminanti sia nell’effluente, sia da vie preferenziali;
5. i dati meteomarini ai fini della valutazione del grado di ingressione marina. In particolare, per conferimenti in ambienti conterminati con materiali di classe A (Capitolo 2), deve essere predisposto uno specifico “Piano di monitoraggio” che preveda il controllo dei soli parametri fisici nelle aree circostanti l’area di deposizione e/o in corrispondenza della reimmissione in mare delle acque di efflusso; nel caso di materiali di classe da B ad E (Capitolo 2), deve essere predisposto uno specifico “Piano di monitoraggio” commisurato alle peculiarita’ degli ambienti di prelievo e di deposizione, alla qualita’/quantita’ di materiale da conferire, suddiviso in differenti fasi temporali: ante operam, in corso d’opera e post operam. Possono essere previste vasche di stoccaggio temporaneo dei sedimenti, anche finalizzate al recupero di materiali da riutilizzare prima o al termine di eventuali attivita’ di trattamento che ne migliorino la classe di qualita’. In questo caso devono essere garantite misure di isolamento appropriate sul fondo e lungo le pareti in funzione della qualita’ del materiale e dei tempi di permanenza e deve essere fornita una programmazione delle attivita’ previste per il ripristino delle condizioni ambientali iniziali. L’intera attivita’ di realizzazione e gestione dello stoccaggio temporaneo deve essere attentamente monitorata dal punto di vista ambientale, in funzione delle caratteristiche del materiale e del sito di stoccaggio.

3.4. Movimentazione di sedimenti portuali in aree contigue Le movimentazioni di sedimenti portuali, diversi dagli spostamenti in ambito portuale di cui all’art. 2, lettera f) ed effettuate mediante il semplice spostamento di sedimenti in aree immediatamente contigue per il ripristino della navigabilita’, nonche’ per agevolare l’operativita’ portuale, sono consentite sulla base delle risultanze delle sole analisi ecotossicologiche (Capitolo 2) alle seguenti condizioni:
• i quantitativi coinvolti siano inferiori a 10.000 m³;
• i sedimenti coinvolti presentino tossicita’ “assente” (Capitolo 2);
• siano esclusi impatti su biocenosi sensibili presenti in loco.
   
 
 

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