Argomento: Legislazione | Categoria: Diritto venatorio e della pesca
| Organo emanante: Ministero delle Politiche Agricole e Forestali | Data: 28 Dicembre 2016
Pubblicato su: Gazzetta Ufficiale | Numero Gazzetta: 63 | Supplemento:
Data pubblicazione: 16 Marzo 2017 | Numero supplemento: | Data suplemento:
Allegato:
Riassunto: Ministero delle Politiche Agricole e Forestali Adozione del Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2017-2019. (GU n.63 del 16-3-2017)
Decreto 28 dicembre 2016
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali Adozione del Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2017-2019.
(GU n.63 del 16-3-2017)
IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Visto il decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, recante «Modernizzazione del settore della pesca e dell’acquacoltura, a norma dell’art. 1, comma 2, legge 7 marzo 2003, n. 38»;
Visto il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni dalla legge n. 10 del 26 febbraio 2011, recante «Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie»;
Visto in particolare l’art. 2, comma 5-decies del sopracitato decreto-legge n. 225 del 29 dicembre 2010, che dispone che il Programma nazionale triennale della pesca, contenente gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell’ecosistema marino e della concorrenza e competitivita’ delle imprese di pesca nazionali sia adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca e l’acquacoltura;
Visti gli Orientamenti per l’esame degli aiuti di Stato nel settore della pesca e dell’acquacoltura (2015/C 217/01 del 2 luglio 2015);
Visto l’art. 29, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche’ interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale», convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, il quale ha previsto procedure finalizzate alla soppressione e all’accorpamento delle strutture delle Amministrazioni statali;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 105 del 27 febbraio 2013 recante organizzazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, a norma dell’art. 2, comma 10-ter, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
Visto l’art. 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, rubricato «Riduzione degli organismi collegiali e di duplicazioni di strutture»;
Visto il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 7 agosto 2012, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» con il quale la Commissione consultiva centrale per la pesca e l’acquacoltura e’ stata definitivamente soppressa;
Preso atto quindi che, ai sensi di tale normativa, le attivita’ della Commissione consultiva di cui sopra sono definitivamente trasferite al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
Vista la legge 8 agosto 1991, n. 267, recante attuazione del terzo Piano triennale della pesca marittima e misure in materia di credito peschereccio, nonche’ di riconversione della unita’ adibite alla pesca con reti da posta derivante;
Visto in particolare l’art. 2 della sopracitata legge che demanda alla legge finanziaria la determinazione, in apposita tabella, della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati per il bilancio pluriennale per leggi di spesa permanente di natura corrente ed in conto capitale;
Considerato che la legge 28 dicembre 2015, n. 208 «disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilita’ 2016), all’art. 1, comma 490, ha prorogato al 31 dicembre 2016 il Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2013/2015;
Considerate le consultazioni con i soggetti portatori dei diversi interessi del settore in conformita’ alle norme del procedimento amministrativo volte ad assicurare la partecipazione diretta degli interessati;
Ravvisata pertanto l’esigenza di procedere, ai sensi del sopracitato art. 2, comma 5-decies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, all’adozione del Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura contenente gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell’ecosistema marino e della concorrenza e competitivita’ delle imprese di pesca nazionali, nel rispetto dell’art. 117 della Costituzione ed in coerenza con la normativa comunitaria;
Decreta:
Articolo unico
1. Al fine di assicurare la tutela dell’ecosistema marino e della concorrenza e garantire la competitivita’ del settore ittico, e’ adottato il Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2017-2019 allegato al presente decreto di cui costituisce parte integrante.
2. Per l’attuazione del Programma nazionale di cui al precedente comma, sono utilizzati gli stanziamenti iscritti nei pertinenti capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per gli anni 2017-2019 come indicati dalla tabella allegata al medesimo Programma.
Il presente decreto e’ inviato agli organi di controllo per la registrazione ed e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 28 dicembre 2016
Il Ministro: Martina
Registrato alla Corte dei conti il 17 febbraio 2017 Ufficio di controllo sugli atti del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, n. 134
Allegato
Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2017-2019
Ai sensi dell’art. 2, comma 5-decies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 1.
Introduzione.
Il Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura per il triennio 2017-2019, oltre ad essere l’unico strumento programmatico del settore delle produzioni acquatiche nell’ambito della politica agroalimentare italiana, rappresenta anche lo strumento ricognitivo dei risultati conseguiti ai vari livelli nel perseguimento degli obiettivi prefissati nella pregressa programmazione 2013-2015, ed assume, nella fase attuale, una dimensione strategica sia per la ridefinizione delle priorita’ del sistema pesca-acquacoltura nazionale sia per la valutazione degli impatti sociali, economici ed ambientali che il Programma produrra’, nell’ambito di un contesto in cui il processo gestionale operato dall’Amministrazione procedente e’ comunque il risultato di una «cogestione» con piu’ Amministrazioni nazionali e locali, a qualche titolo competenti nelle materie direttamente e/o indirettamente correlate (ambiente, sanita’, economia, lavoro e previdenza, trasporti, ecc..). e dipende fortemente dalle scelte fatte a livello dell’UE e dalle modalita’ applicative esplicate dalla Commissione europea.
La programmazione, inoltre, deve rispondere ad impegni assunti sul piano internazionale dal nostro Paese e dalla UE, ad obblighi di natura raccomandatoria o mandatoria recepiti a seguito della partecipazione attiva ai lavori di molteplici Organismi permanenti operanti negli assetti sistemici internazionali e regionali, in modo coerente con il contributo fornito dal nostro Paese in occasione di importanti eventi e dibattiti per la determinazione delle politiche di rilancio delle attivita’ della pesca e dell’acquacoltura.
Molti degli accordi internazionali sono inseriti in un quadro giuridico del diritto internazionale, ed il mancato rispetto degli stessi puo’ portare a forme di sanzione dirette ed indirette, comunque ad una caduta di reputazione che puo’ avere effetti sull’immagine del Paese.
Allo stesso tempo la compilazione dei contenuti del Programma nazionale non puo’ prescindere dalle caratteristiche strutturali ed operative dell’apparato nazionale – nelle sue articolazioni a livello centrale e locale – dalla corretta applicazione delle misure legislative, amministrative e regolamentari, dai dati inerenti la crescita del settore della pesca-acquacoltura e la competitivita’ degli operatori sulla base di parametri quali il reddito e lo sviluppo occupazionale.
Nel quadro della programmazione 2017-2019, che comunque si inscrive nell’ambito della PCP, tutte le opportunita’ d’intervento devono tener conto della imprescindibile necessita’ di tutela delle risorse ittiche, come componente della Biodiversita’, dalle risorse genetiche agli ecosistemi marini. Quanto sopra in un quadro da sottoporre a monitoraggio continuo, al fine di assicurare la conservazione della biodiversita’ per perseguire la sostenibilita’ ambientale, sociale ed economica delle attivita’ di cattura, secondo i principi dell’approccio ecosistemico che integra conservazione ed attivita’ umane.
Nel contesto politico ed economico attuale e’ essenziale, innanzitutto, procedere ad una valutazione ed eventuale rielaborazione dei modelli di gestione e di razionalizzazione e modernizzazione delle capacita’ in capo agli Enti decisionali ed agli operatori del settore della pesca e acquacoltura nell’esercizio della loro attivita’. Poiche’ il settore della pesca italiano presenta una serie di specificita’ strutturali ed operative, l’opportunita’ di mettere a sistema le conoscenze e le esperienze gia’ realizzate puo’ rappresentare un fattore chiave per la razionalizzazione e valorizzazione della produzione ittica nazionale, nel rispetto dei principi e delle regole internazionali ed europee.
Un elemento fondamentale nella programmazione e gestione delle attivita’ settoriali sara’ anche l’adozione e l’efficiente utilizzo di misure adeguate per il controllo della pesca e di tutte le attivita’ connesse al fine di prevenire, contrastare e sanzionare eventuali violazioni della legislazione comunitaria, nazionale e locale in vigore.
Il coinvolgimento attivo del mondo cooperativo, associativo e sindacale che agisce in rappresentanza degli operatori del settore della pesca e dell’acquacoltura in Italia e’ vitale per la traduzione degli obiettivi della programmazione in risultati concreti. La definizione di priorita’ politiche, economiche, sociali, ambientali e la correlata adozione di misure legislative e regolamentari di cui gli operatori sono diretti destinatari implica necessariamente una partecipazione a titolo sia individuale che collettivo affinche’ le predette istanze possano contribuire al meglio in questo esercizio di competenza degli enti decisionali sia centrali che locali.
Cosi’ come risulta essenziale il processo di partecipazione della societa’ civile del mondo della ricerca al fine di fornire all’Amministrazione un quadro indipendente, rispettando il processo di partecipazione delle parti all’attuazione di modelli di sostenibilita’, soprattutto nelle realta’ locali.
Si ritiene, inoltre, fondamentale rafforzare gli strumenti di tutela della concorrenza e della competitivita’ delle imprese del settore, ed in questo ambito rafforzare le possibilita’ di accesso ed utilizzo degli strumenti assicurativo – finanziari da parte degli operatori della pesca e dell’acquacoltura, prevedendo l’adozione di correttivi migliorativi di tali strumenti, nella prospettiva che il comparto possa essere ulteriormente sostenuto nel perseguimento degli obiettivi di sostenibilita’ economica, sociale ed ambientale.
I controlli delle attivita’ di pesca a terra ed in mare risultano molto onerosi e solo pescatori responsabili e consapevoli del loro ruolo risultano l’arma vincente per garantire simultaneamente la creazione di ricchezza ed occupazione gestendo al meglio la rinnovabilita’ delle risorse biologiche. In questo quadro la funzione dei corpi intermedi che rappresentano le istanze della «pesca reale» e della societa’ e che trasferiscono nelle marinerie gli articolati processi decisionali, spesso di natura internazionale, risulta strumento irrinunciabile a supporto degli obiettivi di politica pubblica.
Il settore della pesca vive di risorse primarie, nei casi della pesca da cattura si basa sulla stessa biodiversita’ naturale, operando nei grandi spazi marini. In questo ultimo contesto, in cui le attivita’ umane si basano esclusivamente sulla natura, conoscere lo stato dell’ambiente, degli stock ittici, nonche’ gli effetti degli impatti antropici sulle dinamiche naturali e’ la base irrinunciabile per emanare misure gestionali. Questo approccio richiede una capacita’ di acquisire e gestire dati e conoscenze, anche al fine di misurare gli effetti delle misure stesse. Senza alcun dubbio lo strumento per il quale il nostro Paese, gia’ nella precedente programmazione, si e’ contraddistinto sul piano internazionale ed europeo, e’ stato quello della promozione dei processi di indagine, di analisi e di studio di carattere scientifico. L’Italia e’ stata certamente il primo attore nella promozione di programmi di studio sulla pesca Mediterranea nell’ambito FAO e CGPM FAO, dando centralita’ al nostro Paese nel complesso articolatissimo di un Mediterraneo scenario di conflitti e migrazioni epocali. La ricerca italiana, inoltre, puo’ contare su importanti conoscenze ed esperienze che dovranno essere ulteriormente ampliate per migliorare le capacita’ di valutazione e definizione delle strategie gestionali, ricorrendo alle opportunita’ offerte dalle nuove tecnologie della societa’ dell’informazione; questo richiede la disponibilita’ di adeguate risorse umane e finanziarie.
La ricerca italiana in pesca nei repertori scientifici internazionali (…) si e’ classificata, per il lavoro degli ultimi anni, tra le prime a livello globale, questo a testimonianza di una corretta utilizzazione delle risorse messe a disposizione.
In ultimo, al fine di individuare quali obiettivi prioritari dovranno essere perseguiti nel prossimo futuro, occorre prevedere nella programmazione un’attenta valutazione dell’attuale stato dell’arte – che poggi su criteri e parametri internazionalmente riconosciuti e condivisi anche con gli operatori del settore – ed una efficiente azione di monitoraggio delle azioni previste dal documento di programmazione settoriale.
2. La situazione del settore della pesca e dell’acquacoltura.
Per una ricostruzione complessiva della situazione del settore della pesca e dell’acquacoltura in Italia, con particolare riferimento allo stato delle risorse biologiche marine di pertinenza nazionale da un lato e alla dimensione strutturale ed operativa delle imprese attive in questo settore, e’ importante ricordare che il nostro Paese ha assunto un impegno circostanziato in ordine alla conservazione dell’ambiente ed alla promozione di un processo di sviluppo economico e sociale in favore dei soggetti attuatori presenti nel comparto pesca nell’ambito della definizione degli obiettivi strategici della Programmazione dell’Unione europea 2014-2020 (vedi l’adozione dell’Accordo di partenariato) e della trasmissione periodica di dati quantitativi inerenti la dimensione delle flotte dedite alle attivita’ di pesca, le stime di crescita del comparto in termini di competitivita’, la disponibilita’ e l’accesso alle risorse finanziarie pubbliche.
2.1 Stato delle risorse biologiche
Le informazioni utilizzate per valutare lo stato degli stock commerciali nei mari italiani derivano dai dati raccolti nell’ambito del Programma nazionale raccolta dati alieutici (reg. CE n. 199/08) e comprendono sia dati diretti dalla pesca (campagne di ricerca a mare come il MEDITS e il MEDIAS), sia dati del monitoraggio degli sbarcati della pesca a livello commerciale.
La valutazione sullo stato degli stock condivisi con altri Paesi del Mediterraneo viene realizzata in ambito CGPM- FAO con il supporto dei progetti regionali FAO (AdriaMed, MedSudMed e EastMed). La valutazione degli stock sfruttati da pescherecci italiani viene condotta anche dal gruppo di lavoro sul Mar Mediterraneo del Comitato Scientifico, Tecnico ed Economico per la pesca (CSTEP) istituito presso la Commissione europea.
I risultati delle valutazioni scientifiche sui principali stock commerciali confermano una situazione di eccessivo sfruttamento, anche se la situazione non e’ omogenea nelle diverse sub-aree geografiche (GSA).
Per le risorse demersali, sussiste una condizione di eccessivo sfruttamento di diverse specie. In particolare, il nasello (Merluccius merluccius) si trova in uno stato di sovrasfruttamento in tutte e 7 le GSA italiane, con una mortalita’ per pesca corrente (Fcur) largamente superiore alla proxy per la mortalita’ sostenibile (FMSY). La triglia (Mullus barbatus) si trova a un livello di sfruttamento prossimo a quello sostenibile nel Mare Adriatico Meridionale (GSA 18), mentre e’ ampiamente sovrasfruttata nel Mare Adriatico Settentrionale (GSA 17) e nel Mar Ionio occidentale (GSA 19). Una situazione di eccesso di pesca si registra anche per la sogliola (Solea solea) nella GSA 17.
Per quanto riguarda i crostacei, il gambero rosso (Aristaemorpha foliacea) e il gambero rosa (Parapenaeus longirostris) risultano sfruttati in maniera sostenibile nel Tirreno Settentrionale (GSA 9) e sovrasfruttati nelle altre GSA. Nel Canale di Sicilia (GSA 16 e GSA adiacenti) tali specie risultano sfruttate ad un livello leggermente superiore a quello sostenibile, analogamente al gambero rosso nelle GSA 18-19. La valutazione della pannocchia (Squilla Mantis) in Adriatico (GSA 17-18) indica un lieve eccesso di pesca nel corso degli ultimi anni.
Per quanto riguarda i piccoli pelagici, perdura una situazione di pesca eccessiva nel Mare Adriatico (GSA 17 e GSA18) sia per l’acciuga (Engraulis encrasicolus) che per la sardina (Sardina pilchardus).
Per i grandi pelagici, rappresentati da specie migratorie di particolare importanza, sia in termini ecologici che economici e gestionali, gli stock di pescespada risultano eccessivamente sfruttati, cosi’ come il tonno rosso, anche se quest’ultimo e’ in progressivo recupero e gia’ oggetto di gestione delegata e controllata in sede ICCAT con particolare attenzione, rispetto agli altri grandi pelagici.
Lo stato delle risorse ittiche deve essere valutato anche in relazione agli habitat ed al loro stato ed in particolare nelle zone costiere, nelle aree marine protette e nelle zone di tutela biologica affinche’ si assicurino adeguate politiche di conservazione in tali aree, il tutto basato su una razionale ed attenta gestione. Scelte gestionali e controllo dei risultati ottenuti debbono basarsi su una affidabile base di dati e sulla circolazione delle informazioni utili da correlare ai processi di sviluppo economico locale, considerando anche i livelli di integrazione tra pesca ed altre attivita’ con risvolti sociali ed economici rilevanti.
Solo corretti modelli gestionali e livelli di condivisione e partecipazione degli attori interessati a vario titolo potranno dare la garanzia di una concreta sostenibilita’ ambientale, nella sua accezione complessa ovvero riferita alle dimensioni della protezione ambientale, dell’equita’ e della coesione sociale, e della crescita economica. Inoltre, mediante la predisposizione di piani di ricostituzione degli stock, di piani di adeguamento dello sforzo di pesca e di piani di gestione nazionali e locali, si e’ previsto poi di procedere con un approccio adattativo alle diversificate condizioni che variano nel tempo e nello spazio. Questa impostazione ha richiesto e richiedera’ l’adozione di un approccio integrato per affrontare, in modo proporzionato e coerente anche l’impatto di altri settori sulle risorse ittiche. Ad esempio i grandi cambiamenti climatici, i cui effetti cominciano ad essere evidenti sulle dinamiche degli ecosistemi marini, richiederanno di rivedere alcune strategie gestionali, la capacita’ di prevedere le dinamiche potra’ consentire programmi adattativi e di riconversione. Al contempo, risultera’ essenziale riportare gli stock ittici a livelli atti a garantire il rendimento massimo sostenibile ricorrendo, ad esempio, alla misura del divieto di rigetto, che, anche nella prossima programmazione, implichera’ un maggiore impegno in termini di controllo, nel rispetto e nell’applicazione della legislazione in vigore. Mentre, seppure appare evidente che la significativa riduzione di capacita’ di pesca non ha consentito di registrare i generali miglioramenti attesi sullo stato delle risorse biologiche, sara’ ancora importante assicurare il contenimento
della sovracapacita’ della flotta peschereccia in ragione della stazza, della potenza media e delle innovazioni tecnologiche adottate, fattori che aumentando l’efficienza di cattura, a parita’ di stazza, agiscono sulla crescente mortalita’ da pesca, alla base del degrado delle risorse.
2.2 La flotta e le condizioni socio-economiche
La flotta presente nell’Archivio licenze di pesca al 31 dicembre 2015 e’ pari a 12.325 battelli per un tonnellaggio di stazza lorda di 157.819 GT ed una potenza motore di 984.788 kW. La flotta oceanica e’ composta da 9 navi per complessivi 6.236 GT e 13.064 kW, mentre la flotta operante nelle acque del Mediterraneo e’ composta da 12.316 battelli, per un totale di 151.583 GT e 971.724 kW.
Nel periodo 2004-2015, la capacita’ della flotta peschereccia si e’ ridotta del 17% in termini di numero di battelli, del 26% in termini di tonnellaggio e del 21% in termini di potenza motore (kW). Il ridimensionamento della capacita’ di pesca e’
stato particolarmente consistente tra il 2010 e il 2012, con la fuoriuscita spontanea di numerosi pescherecci, incentivata dalla misura di arresto definitivo prevista dal FEP.
Nei prossimi anni, con l’attuazione del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP), e’ previsto un ulteriore ridimensionamento della capacita’ di pesca. Nella Relazione annuale sugli sforzi compiuti dall’Italia nel 2015 per il raggiungimento di un equilibrio sostenibile tra la capacita’ e le possibilita’ di pesca (art. 22 del regolamento (CE) n. 1380/2013), si propone un piano d’azione per ridurre significativamente la mortalita’ da pesca. Al fine di raggiungere gli obiettivi di adeguamento fissati e sulla base del citato piano d’azione verra’ attivato, tra l’altro, lo strumento dell’arresto definitivo delle attivita’ di pesca di cui all’art. 34 del reg. (UE) n. 508/2014. La prevista riduzione della capacita’ di pesca, pari a circa 9.000 GT, e’ individuata in funzione delle disponibilita’ economiche stanziate dal Programma Operativo del FEAMP 2014/2020.
La ripartizione della flotta per sistemi di pesca (1) , effettuata sulla base della frequenza di utilizzo degli attrezzi, conferma la prevalenza numerica della piccola pesca (battelli con attrezzi passivi e lunghezza < 12 mt) che con 8.763 motopesca costituisce il 71,15% della flotta italiana. Tuttavia, le ridotte dimensioni del segmento determinano una bassa rappresentanza in termini di tonnellaggio, pari al 14,14%, che sale al 30,20% in termini di potenza motore. La flotta operante con reti a strascico e’ di 2.291 motopesca, pari al 18,60% del totale nazionale, ma in termini dimensionali assume carattere prevalente con una quota del 61,78% del GT complessivo e del 47,67% della potenza motore totale. In termini numerici segue il segmento delle draghe idrauliche, con 704 imbarcazioni ed una quota del 5,72% su base nazionale, quota che equivale al 6,16% del tonnellaggio ed al 7,85% della potenza motore. Una quota significativa del tonnellaggio nazionale complessivo viene rappresentata anche dalle volanti a coppia (TM) pari al 6,03% e dalla circuizione (PS) che rappresenta l’8,32% comprese le navi della flotta dedita alla pesca del tonno rosso.
La ripartizione della flotta in base alle Geographical Sub Areas (GSA), vede prevalere il nord Adriatico dove in termini numerici risulta iscritto il 24,7% dei motopesca nazionali, la quota aumenta al 29,6% per il tonnellaggio ed al 29,9% per la potenza motore. Considerando il numero di battelli segue l’area del basso Tirreno con una quota del 21,1%, che si traduce nel 12,7% del tonnellaggio e nel 14,7% della potenza motore. Considerando la copertura assunta dal tonnellaggio di stazza lorda e della potenza motore, si registra l’importanza assunta dalle marinerie del Canale di Sicilia (Sicilia meridionale), dove si concentra anche il 18,8% del GT ed il 12,8% del kW a fronte di una quota nel numero di motopesca del 9,3%.
Nel corso del 2015 la flotta da pesca nazionale operante nel Mediterraneo ha registrato un volume di sbarco pari a circa 189 mila tonnellate ed il corrispondente valore economico si attesta a 890 mln di euro. Tra il 2004 ed il 2015 il livello delle catture e’ passato da 288 mila a 190 mila tonnellate, pari ad una riduzione del 34%, con una flessione complessiva dei ricavi di 35 punti e con una perdita annuale media di 50 milioni di euro.
Tuttavia, i risultati produttivi del 2015 mostrano un recupero rispetto al 2014, con un aumento sia dei volumi di sbarco che del corrispondente valore economico. Il prezzo medio della produzione alla prima vendita e’ aumentato di 3,2 punti percentuali, passando da 4,53 euro/kg del 2014 a 4,68 euro/kg del 2015.
La composizione del pescato nel 2015, in linea con gli anni precedenti, e’ costituita in prevalenza da acciughe, seguite da sardine e vongole. Il volume degli sbarchi di acciughe nel 2015 si attesta complessivamente a 37.321 tonnellate, quantita’ che segna una variazione positiva di ben 16 punti percentuali rispetto al 2014. In aumento anche la produzione di sardine pari a 28.907 tonnellate; oltre 12 punti percentuali in piu’ rispetto al dato 2014. L’andamento degli sbarchi di vongole cresce in modo piu’ modesto rispetto alle acciughe ed alle sardine, infatti si registra un piu’ 3,8% per un totale di 14.660 tonnellate. Tra le specie demersali, si segnalano gli sbarchi di nasello, gamberi rosa e triglie di fango, target primari della pesca a strascico e specie piu’ pescate dopo le tre summenzionate. Tutte e tre le specie registrano una variazione positiva delle quantita’ rispetto al 2014: il nasello si attesta a 8.994 tonnellate rispetto alle 8.735 tonnellate del 2014 (+3%); le catture del gambero rosa sono pari a 9.090 tonnellate contro le 7.675 del 2014 (+18,4%); infine, gli sbarchi di triglie sono pari a 6.266 tonnellate stabili a fronte delle 6.270 tonnellate del 2014. In termini economici il valore del nasello pari a 69 mln di euro contribuisce con il 7,72% al ricavo complessivo; seguono le acciughe con 63 mln di euro pari al 7,04%, i gamberi bianchi con 58 mln di euro equivalenti ad un contributo del 6,46%, quindi gamberi rossi e seppie con un contributo che oscilla intorno al 6%.
I risultati produttivi del 2015 in lieve recupero indicano che, all’interno di una condizione di ridimensionamento che ha interessato il comparto negli ultimi dieci anni, si registra una inversione del trend.
La ripresa dei livelli produttivi e’ da associare a una maggiore attivita’ di pesca e ad un miglioramento della produttivita’ media. Le politiche di contenimento della capacita’ di pesca, associate a misure tecniche di regolamentazione degli attrezzi e chiusura spazio-temporale di aree sensibili stanno fornendo i primi risultati in termini di ripresa degli stock ittici e, infatti, alcuni primi segnali incoraggianti provengono dagli indicatori biologici relativi allo stato di sfruttamento di alcune specie ittiche. La produzione media giornaliera e’ tornata a crescere negli ultimi 2 anni, invertendo il trend negativo registrato fino al 2013. L’attivita’ di pesca, grazie alla riduzione del costo del gasolio, ha registrato un aumento dopo anni di contrazione; infatti, a causa della crisi economica, gli operatori, nel tentativo di perseguire il contenimento dei costi, avevano limitato il numero di uscite in mare oppure avevano scelto aree di pesca meno distanti ma meno pescose. Con la riduzione del costo del gasolio, iniziato nel 2014 e proseguito nel 2015, il numero medio di giorni a mare e’ tornato a aumentare.
La riduzione di costi operativi ha avuto ripercussioni positive anche sul profitto e valore aggiunto del settore, in linea con gli andamenti registrati a livello europeo nel comparto della pesca (2) .
Nel 2015, il valore aggiunto prodotto dalla pesca marittima e’ stato pari a circa 551 milioni di euro, di cui 277 milioni sono stati destinati alla remunerazione del lavoro e la restante parte ha rappresentato il profitto lordo del settore. Il valore aggiunto e’ aumentato del 20% rispetto al 2014. Tale aumento e’ dovuto al contemporaneo aumento dei ricavi e alla riduzione dei consumi intermedi. In particolare, la riduzione dei consumi intermedi e’ stata trainata dalla riduzione del prezzo del carburante, che e’ passato da 0,75 € / lt nel 2013 a 0,53 € / lt nel 2015.
Nonostante negli ultimi due anni si siano registrati dei segnali di miglioramento e di ripresa del conto economico settoriale, vanno, comunque, segnalati alcuni elementi di debolezza del comparto quali:
il continuo calo degli occupati nella pesca associato alla contrazione della capacita’ di pesca e al basso ricambio generazionale; tali andamenti stanno determinando un costante declino delle comunita’ costiere dedite alla pesca;
la stagnazione dei prezzi medi alla produzione da collegare allo scarso potere contrattuale e alla bassa concentrazione dell’offerta; tali elementi non consentono una partecipazione significativa nella dinamica che caratterizza la formazione del prezzo, con evidenti perdite economiche da parte dei pescatori a vantaggio del sistema distributivo;
il basso livello degli investimenti che determinano inefficienze e maggiori costi operativi; in particolare, l’efficienza energetica del naviglio da pesca nazionale non e’ migliorata negli ultimi anni al contrario di quella delle flotte europee che hanno investito in attrezzi di pesca a maggiore efficienza energetica.
2.3. Acquacoltura
Il comparto dell’acquacoltura nel 2014 e’ costituito da 814 impianti attivi, di cui il 49% dedicati alla produzione di pesci, il 49% a quella dei molluschi e il 2% circa a crostacei o misti. L’Italia e’ fra i leader europei per la produzione di trota, orata e branzino, oltre a mitili e vongole veraci, nonostante il ritardo nello sviluppo di tecnologie atte al miglioramento produttivo (riduzione dei costi di alimentazione, anche con proteine animali trasformate) e funzionale (resistenza alle malattie) delle specie allevate. L’acquacoltura italiana e’ caratterizzata da una forte diversificazione produttiva che va dalle tradizionali tecniche estensive (lagune costiere, delta, valli, stagni) alle moderne produzioni intensive (bacini, vasche e gabbie in mare), oltre alla molluschicoltura. I segmenti delle produzioni alimentari acquatiche da allevamento maggiormente in sofferenza risultano quelli a forte capitalizzazione, quali gli impianti in gabbie o quelli in vasche. La sfida del settore riguarda quindi, in via principale, la capacita’ di offrire produzioni di qualita’ e di reggere alla competizione con altre produzioni mediterranee offerte sugli stessi mercati, oltre che puntare su metodiche di allevamento e produzioni ecologicamente sostenibili, in linea con le diverse direttive europee.
Tra le maggiori criticita’ del settore si possono individuare:
la complessita’ e la non coerenza dell’apparato legislativo vigente di riferimento, soprattutto se esaminato nel rapporto verticale tra organismi centrali ed enti territoriali;
le difficolta’ procedurali dovute ad un limitato dialogo con le autorita’ amministrative e da una scarsa semplificazione della regolamentazione vigente in materia;
i costi elevati delle concessioni demaniali (per le imprese non cooperative) e la debolezza degli strumenti di sostegno finanziario ed assicurativo in favore degli operatori del settore;
le difficolta’ di accesso al credito per le imprese – prevalentemente micro-imprese o imprese familiari – per la creazione di nuovi insediamenti come anche per l’ammodernamento degli impianti esistenti e, piu’ in generale, per il potenziamento delle strutture logistiche a terra;
l’assenza di una pianificazione spaziale delle aree marine e della conseguente individuazione di zone prioritarie
per l’acquacoltura (AZA), secondo i principi dell’approccio ecosistemico, con l’indicazione di criteri ed indicatori appropriati, anche al fine di ottemperare agli impegni internazionali assunti dall’Italia;
gli impatti potenziali sulle attivita’ di acquacoltura delle diverse direttive europee (Direttiva quadro per la strategia marina, Direttiva quadro sulle acque) e della conformita’ con gli obiettivi conservazionisti delle aree Natura 2000;
la ridotta diversificazione di specie allevate, anche a seguito di un ritardo segnato nelle innovazioni tecnologiche, in controtendenza a quanto fatto dall’Italia nelle fasi pionieristiche dell’acquacoltura marina mediterranea;
l’assenza di politiche di marchio, di qualificazione del prodotto nazionale e di certificazione di standard di qualita’, a tutela delle produzioni italiane ed europee;
la necessita’ di sviluppare linee di mangimi di qualita’ e sostenibili (basso contenuto in proteine e olii di pesce);
la necessita’ di sviluppare soluzioni tecnologiche e commerciali ancora piu’ avanzate (vaccini, presidi terapeutici) per la diagnosi, la profilassi ed il trattamento dei pesci allevati;
la necessita’ di aumentare gli investimenti nell’innovazione del prodotto anche per offrire prodotti mirati per fasce di consumatori.
3. Quadro comunitario
In relazione al quadro normativo europeo, il riferimento principale rimane la Politica Comune della Pesca (PCP), che trova il suo fondamento giuridico negli articoli da 38 a 44 del titolo III del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), con l’insieme degli atti normativi ad essa ricollegati. Riformata a partire dal 1° gennaio 2014 con il regolamento (UE) 1380/2013, dalla PCP scaturisce l’obbligo della gestione del settore pesca nell’Unione europea attraverso piani pluriennali (delegando maggiori responsabilita’ a livello regionale e nazionale) formulati con un approccio eco-sistemico e considerando il principio di precauzione, adottando una dimensione di sostenibilita’ anche in ambito sociale ed economico, coerentemente con le strategie marittime dell’UE.
La nuova PCP ed il suo quadro normativo intendono indirizzare le politiche gestionali verso l’obbligo di recupero degli stock ittici a livelli sostenibili, attraverso l’utilizzo sempre piu’ diffuso di pratiche di pesca capaci di eliminare lo spreco di risorse e la definizione di nuove sfide/opportunita’ in grado di creare occupazione e crescita nelle aree costiere. Nell’ottica della nuova PCP, il raggiungimento di questi obiettivi e’ da garantire anche attraverso il divieto dei rigetti in mare (che diventera’ gradualmente operativo in piu’ fasi entro il 2019), l’eventuale attribuzione di nuovi diritti nel settore ittico, lo sviluppo dell’acquacoltura, il sostegno alla piccola pesca, l’incremento delle attivita’ di ricerca scientifica riguardanti lo stato degli stock, e l’assunzione di responsabilita’ nelle acque dei Paesi terzi attraverso accordi internazionali dell’Unione europea.
La nuova PCP e’ articolata in quattro settori principali:
gestione degli stock ittici, mirata a: sviluppare elevati rendimenti nel lungo termine grazie alla ricostituzione degli stock, anche attraverso la individuazione e la tutela, su indicazione dello Stato membro, di Zone di Tutela Biologica (ZTB) per le principali specie di interesse commerciale; definire strategie mirate ad una industria ittica piu’ redditizia; tutelare la biodiversita’ e le risorse marine viventi:
gestione delle attivita’ di pesca al di fuori dell’Unione europea, attraverso la definizione di accordi bilaterali e multilaterali atti a regolare l’attivita’ di pescherecci europei operanti fuori dall’ambito geografico dell’Unione;
migliore gestione ed organizzazione del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, in modo da: promuovere un uso sostenibile da parte degli operatori del settore, sviluppare un quadro piu’ approfondito di norme per la commercializzazione e la tutela della concorrenza, promuovere una maggiore trasparenza ed informazione per i consumatori;
gestione dei finanziamenti per le politiche relative alle attivita’ di pesca attraverso il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e della Pesca (FEAMP).
Il nuovo FEAMP, che si basa sui regolamenti (UE) 1303/2013 e (UE) 508/2014, sostituisce dal 2014 il vecchio Fondo Europeo per la Pesca (FEP) e rappresenta uno dei cinque Fondi Strutturali e di Investimento europei per il periodo 2014-2020. In particolare il fondo mira a:
sostenere i pescatori nella transizione verso una pesca sostenibile;
aiutare le comunita’ costiere a diversificare le loro economie;
finanziare nuovi progetti che creano nuovi posti di lavoro e migliorano la qualita’ della vita nelle regioni costiere europee;
agevolare l’accesso ai finanziamenti.
Le risorse del FEAMP vengono integrate dalle risorse nazionali per finanziare innanzitutto le attivita’ e i progetti nel quadro della nuova PCP, ma anche le proposte promosse dalla Politica Marittima Integrata (PMI) e dalla strategia Europa 2020. In particolare, la PMI si propone con un approccio coerente alle questioni marittime caratterizzate da una trasversalita’ settoriale, tenendo conto, quindi, dell’interconnessione delle diverse economie e delle attivita’ dell’uomo incentrate sul mare. Tra le politiche trasversali coordinate in seno alla PMI, risulta di fondamentale importanza la «Crescita Blu», strategia di lungo termine che riconosce la funzionalita’ di mari e oceani come motore trainante per l’economia europea e ne promuove una crescita sostenibile, riconciliando cosi’ gli obiettivi della PMI con la visione di Europa 2020. Quest’ultima pone le premesse per la definizione di strategie di lungo periodo anche nel comparto delle politiche europee per la pesca tra cui la creazione di nuove e importanti opportunita’ economiche, la razionalizzazione della produttivita’, la riduzione dei costi e il rafforzamento della competitivita’. Indubbiamente l’adattamento del quadro di gestione della pesca e dell’acquacoltura del sistema italiano a quello europeo risulta collegato e coerente al continuo processo di evoluzione normativa operato dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione.
4. Una nuova politica italiana della pesca e dell’acquacoltura
Il rispetto dei principi e delle regole costitutive del diritto internazionale e delle norme dell’Unione europea sulla pesca e acquacoltura assumono un rilievo centrale nella programmazione 2017-2019.
Ed in questo quadro l’Italia, nello stretto rispetto degli accordi e degli impegni assunti, vuole giocare un ruolo sempre piu’ attivo al fine di rappresentare al meglio le specificita’ Mediterranee che sono di carattere ambientale e socio-politico. In questo senso lo strumento di programmazione nazionale viene considerato come base di riferimento per l’attuazione della PCP, ma anche il sistema per rilevarne sul campo i punti di debolezza al fine di portare in sede comunitaria le proposte per una continua ottimizzazione. Tale impostazione portera’ anche ad una armonizzazione tra le popolazioni costiere, di cui la pesca e’ parte integrante, e le logiche di una Europa di tutti. Per quanto riguarda il quadro internazionale e’ necessario fare riferimento a molteplici richieste provenienti dalle maggiori organizzazioni in cui gli Stati membri hanno contribuito per la formulazione dei principi e delle regole sopra richiamate.
L’ottimale gestione delle capacita’ operative dell’apparato nazionale, centrale e locale, del settore della pesca deve necessariamente poggiare:
su una dimensione delle flotte che sia equilibrata con le opportunita’ di pesca, in modo da garantire la rinnovabilita’ degli stock;
sulla loro razionalizzazione e dislocazione;
su una adeguata regolamentazione delle attivita’;
sul rispetto delle norme da parte di operatori responsabili;
su una ampia base conoscitiva qualificata ed indipendente;
sul processo di partecipazione degli attori e sulla libera circolazione delle informazioni, per la trasparenza dell’azione amministrativa.
Cio’ assume una particolare importanza nella programmazione e gestione degli interventi, nonche’ nella verifica periodica dei risultati prefissati, in conformita’ agli impegni che il nostro Paese ha assunto mediante la conclusione di accordi multilaterali per la disciplina dello sfruttamento congiunto delle risorse ittiche condivise tra le flotte del nostro e di altri Paesi, prevalentemente nel quadro regionale europeo/mediterraneo.
In questo ambito lo strumento prioritario e’ rappresentato dalla formulazione di appositi piani di gestione, in linea con gli obiettivi adottati dalla PCP e dalla programmazione italiana, nei quali i soggetti istituzionali competenti e gli operatori del comparto pesca concordino con il partenariato le modalita’ di uso sostenibile delle risorse ittiche.
In tal senso va ricordato che l’Italia opera nel Mediterraneo e che gran parte dei Paesi che pescano in questo mare e che condividono acque internazionali con i nostri pescatori non sono membri dell’UE, dunque la sede delle decisioni comuni, con forza giuridica, e’ la CGPM (FAO) che e’ l’organismo regionale della pesca per questo Mare. Ed anche in questo contesto i piani pluriennali di gestione e la subregionalita’ sono alla base delle strategie comuni, unica via per una pesca italiana armonizzata nel suo contesto ambientale. Rispetto a quanto occorso nella precedente programmazione nazionale 2013-2015 per alcuni sistemi di cattura, i piani di gestione multi annuali previsti dalla PCP riformata dovranno essere adottati per stock, e quindi per GSA (o insieme di GSA).
Nell’ottica di una complessiva evoluzione del sistema pesca nazionale, e’ necessario da un lato riorganizzare e rilanciare il dialogo tra i vari attori a diverso titolo in esso presenti, dall’altro ridisegnare il settore individuando e distinguendo i diversi comparti ai quali corrisponderanno specifiche politiche in funzione delle loro peculiarita’, pur sempre inquadrate in un coerente quadro normativo e programmatorio nazionale ed europeo.
In tal senso possono essere considerati:
il comparto della pesca alle specie demersali (distinto tra lo strascico indirizzato alla pesca delle principali specie demersali e alla pesca dei gamberi);
il comparto della pesca dei grandi pelagici (comprensivo dei diversi sistemi di cattura esistenti: circuizione, palangari, tonnare fisse, pesca ricreativa);
il comparto della pesca ai molluschi effettuato attraverso le draghe idrauliche;
il comparto della pesca dei piccoli pelagici (comprensivo dei battelli a volante e a circuizione);
il comparto della pesca ricreativa su target specifici.
La piccola pesca costiera rappresenta un comparto a se’ stante al quale corrisponderanno specifiche politiche di settore. Tale comparto sara’ distinto tra pesca artigianale ad alta valenza sociale e imprese di piccola pesca attive sul mercato, operative su specie target stagionalmente variabili.
Su questa nuova impostazione, riferita agli stock target da gestire e non piu’ alla variegata composizione della flotta italiana segmentata per sistemi di cattura, potra’ essere ripensato il sistema delle licenze aprendo un confronto con le Associazioni di categoria.
Sul piano territoriale dovranno inoltre essere considerate le distinzioni tra:
la piccola pesca, nell’area marina compresa tra 0 e 6 miglia dalla costa, che riguarda un alto numero di specie ittiche e che viene operata da una flotta con una ampia varieta’ di strumenti di cattura;
le attivita’ di pesca condotte nel mare territoriale per lo sfruttamento pressoche’ esclusivo delle flotte dello Stato costiero;
le attivita’ di pesca condotte nel mare territoriale ed in altre aree marine da parte sia dello Stato costiero che di altri Stati membri dell’Unione europea;
la pesca condotta nelle acque internazionali da parte di un cospicuo numero di Stati, membri e non dell’Unione europea nonche’ membri della CGPM FAO.
L’approccio gestionale deve prevedere altresi’ la pianificazione di attivita’ di ricerca e di raccolta dati che permettano di avere un quadro completo ed aggiornato delle condizioni dell’ecosistema marino e delle risorse ittiche, oltre a misure finalizzate al conseguimento di benefici economici, sociali e ambientali in favore delle imprese e dei lavoratori del settore.
Ai fini del soddisfacimento degli obiettivi della programmazione 2017-2019, le misure di intervento di carattere gestionale, anche attraverso quanto previsto nel PON/FEAMP, dovranno consistere:
nella razionalizzazione delle capacita’ del settore della pesca;
nelle attivita’ di monitoraggio e ricerca finalizzate alla raccolta dati di tipo quantitativo e qualitativo e alla formulazione di piani di gestione;
nel contrasto alla cattura di taglie illegali (applicando l’obbligo di sbarco e aumentando la selettivita’ degli strumenti di cattura) e di specie protette o – se sottoposte a piani di gestione – oltre i limiti o le quote consentite;
sulla cooperazione tra Stati per una gestione sostenibile delle capacita’ dei rispettivi settori nazionali della pesca;
nella pianificazione spaziale, basata sugli strumenti innovativi che la ricerca scientifica offre, delle attivita’ di cattura nelle aree di pesca, con la creazione di riserve, ed aree soggette a misure di riduzione dello sforzo temporaneo, per la ricostituzione e tutela degli stock ittici (ZTB), tenendo in debita considerazione le zone di conservazione gia’ esistenti;
nel contenimento dello sforzo di pesca nella componente dell’attivita’, con la prosecuzione dei fermi tecnici e temporanei continuativi, anche prescindendo dal sostegno finanziario alle imprese;
nell’attuazione di attivita’ di sensibilizzazione ed informazione destinate agli operatori del comparto pesca per una migliore gestione del sistema ed esecuzione dei piani in essere;
nel miglioramento dell’organizzazione di mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura e nella promozione dei settori della trasformazione e commercializzazione;
nel contrasto ad ogni forma di pesca illegale.
Un elemento portante della programmazione 2017-2019 consiste nella nuova definizione delle priorita’ strategiche nazionali sia a sostegno del consolidamento dei risultati gia’ raggiunti dal settore della pesca e dell’acquacoltura in Italia sia in funzione di una prospettiva di rafforzamento, attraverso una elevata compliance degli impegni assunti sul piano internazionale ed europeo, e che va assicurata a tutti i livelli.
E’ quindi essenziale delineare un rinnovato assetto della governance nella programmazione 2017-2019, che miri:
ad una semplificazione delle procedure di dialogo e coordinamento tra il livello centrale e quello locale e ad una definizione di migliori modalita’ di confronto tra il livello istituzionale e gli operatori del comparto nazionale della pesca e dell’acquacoltura;
alla definizione di linee guida, ispirate alle regole standard adottate a livello internazionale ed europeo, riportate in specifici documenti di dettaglio nei quali la governance assuma una dimensione funzionale al soddisfacimento di obiettivi-tipo di natura politica, economica, sociale ed ambientale;
al rilancio di processi virtuosi di crescita e di competitivita’ del settore nazionale della pesca e dell’acquacoltura attraverso una corretta pianificazione di attivita’ di gestione degli interventi e di valutazione quantitativa e qualitativa dei risultati – alla ricostituzione e tutela degli stock ittici, alla regolamentazione delle attivita’ di pesca in rapporto al potenziale di rinnovabilita’ biologica delle risorse ittiche, alla introduzione di metodologie e di tecnologie innovative a sostegno della sostenibilita’ delle attivita’ alieutiche, alla promozione di azioni associative.
Tali misure dovranno agevolare un processo di crescita del settore nazionale della pesca e dell’acquacoltura che sia connotato da una marcata dinamicita’ e competitivita’ di tutte le realta’ imprenditoriali presenti nel nostro Paese, appartenenti alla filiera pesca e acquacoltura – produttori, distributori e commercianti – nel suo complesso.
Per quanto riguarda specificamente il settore dell’acquacoltura, questo riveste una rinnovata importanza nella programmazione 2017-2019, in un contesto che, rispetto alle criticita’ di carattere strutturale e procedurale riscontrate in passato dagli operatori del comparto pesca, potra’ costituire, adeguatamente configurato e coordinato in linea con i principi e le regole adottate nei sistemi internazionali e regionali, e nel contesto piu’ ampio di riferimento della Politica marittima integrata e della «Crescita Blu», una nuova opportunita’ di sviluppo economico, sociale ed ambientale sul duplice piano centrale e locale.
Sulla base delle criticita’ elencate al par. 2.3., tenendo anche presente le precedenti valutazioni d’impatto della Commissione pesca europea sull’efficacia della Strategia per lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura europea, e considerando gli obiettivi strategici gia’ espressi nel precedente Programma triennale 2013-2015, i principi dell’innovazione e della sostenibilita’ dovranno guidare tutti gli interventi e le azioni di investimento mirate ad accrescere la competitivita’ e la redditivita’ delle imprese che operano nel settore dell’acquacoltura, in funzione della diversificazione, della qualita’ e della sicurezza del prodotto ittico.
Lo sviluppo del settore dovra’ anche considerare i 4 macro obiettivi formulati nell’ambito del Piano strategico nazionale per lo sviluppo dell’acquacoltura, che fissa appunto obiettivi, azioni ed interventi prioritari da programmare.
In questo assetto il FEAMP verra’ utilizzato innanzitutto per il conseguimento degli obiettivi generali della Strategia Europa 2020, in particolare per facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese acquicole di piccole e medie dimensioni, garantendo anche l’ingresso di nuovi operatori nel settore.
5. Obiettivi e strumenti.
Il sistema nazionale della pesca e dell’acquacoltura poggia su una appropriata pianificazione degli interventi necessari per consolidarne l’impianto e per rendere esecutivi gli impegni assunti da parte degli Organi decisionali di natura politica ed amministrativa, con l’ausilio ed attraverso il coordinamento con le Associazioni degli operatori del settore (cooperative, imprese, sindacati dei lavoratori).
La programmazione richiede innanzitutto che siano soddisfatte in via preliminare due condizioni:
1) una elevata compliance del sistema nazionale rispetto alla normativa elaborata ed adottata nei principali sistemi internazionali e regionali i cui Organi hanno un mandato specifico per la regolamentazione delle attivita’ e degli interventi in materia di pesca e acquacoltura;
2) un soddisfacente quadro di governance, nel quale siano parte integrante ed attiva tutti gli Enti di natura istituzionale e gli operatori sia pubblici che privati, in forma individuale o collettiva.
Cio’ premesso, per favorire il superamento della sfavorevole congiuntura che ha attraversato negli ultimi anni il Paese e superare i limiti strutturali del settore, considerato anche il riformato quadro comunitario e le importanti risorse destinate all’attuazione del Piano operativo nazionale FEAMP, si ritiene di dover improntare il presente Programma da un lato ad una assoluta aderenza agli obiettivi della PCP, dall’altro alla complementarieta’ degli strumenti e delle azioni previsti nel nuovo fondo strutturale, e cio’ attraverso una concentrazione dell’uso delle risorse su progetti finalizzati al perseguimento di macro obiettivi quali.
a) Lo sviluppo sostenibile della pesca con:
il pieno adeguamento del settore ittico italiano agli standard europei;
un maggiore equilibrio tra sforzo e opportunita’ di pesca;
la ricostituzione degli stock ittici ed il raggiungimento degli obiettivi posti dalla PCP (MSY, eliminazione rigetti; regionalizzazione) ed in generale della sostenibilita’ ambientale, economica e sociale del settore.
b) Lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura:
perseguendo cio’ attraverso il contrasto ad ogni forma di pesca illegale, la promozione del dialogo sociale e la partecipazione degli stakeholders al processo decisionale con la centralita’ del sistema associativo e sindacale nazionale, la creazione di strumenti per favorire la competitivita’ delle imprese, l’intensificazione delle attivita’ di ricerca scientifica, la promozione del settore e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla sostenibilita’ delle attivita’ di pesca e acquacoltura e la salubrita’ dei prodotti ittici.
5.1 Sviluppo sostenibile della pesca.
Lo sviluppo sostenibile della pesca, partendo dalla attuale situazione degli stock che in Mediterraneo risultano per oltre il 90% sovrasfruttati, non puo’ che essere dipendente dalla adozione di una strategia finalizzata alla rapida ricostituzione delle risorse ittiche e dalla adozione di modelli gestionali che contengano elementi innovativi rispetto a quelli finora esistenti.
La riduzione, anche significativa, della capacita’ della flotta nazionale (GT, Kw), l’attuazione di arresti temporanei e tecnici, le misure tecniche imposte dai regolamenti comunitari, quanto effettuato in Piani di gestione locale e nazionale, non ha dato e non sta dando i risultati auspicati e rendono l’obiettivo del raggiungimento del MSY per tutti gli stock entro il 2020 sempre piu’ arduo da raggiungere in mancanza di nuove misure.
Partendo quindi dalle esperienze fin qui condotte e considerati i limiti di accettabilita’ degli inevitabili impatti sociali ed economici delle limitazioni all’attivita’ di pesca, si considera prioritaria l’adozione di una nuova strategia incentrata su:
la riduzione dello sforzo di pesca con un ulteriore ritiro definitivo delle capacita’ (su fondi FEAMP), oltre alla prosecuzione dell’arresto temporaneo continuativo;
pianificazione spaziale delle aree di pesca, con la chiusura permanente o temporanea delle aree sensibili (ZTB, nurseries) alle attivita’ di cattura;
l’intensificazione delle attivita’ di contrasto alla pesca illegale (anche contando sulla collaborazione delle Associazioni nazionali) e di controllo a terra nei luoghi di sbarco e sui mercati.
5.1.1. Riduzione dello sforzo di pesca
Dai piu’ recenti dati sulla valutazione degli stock (che seppure ancora in numero relativamente ridotto rappresentano una frazione significativa delle principali specie target della pesca nazionale) risulta evidente il perdurare di un generalizzato stato di sofferenza delle risorse ittiche, con una Fcurr (mortalita’ da pesca attuale) molto al di sopra della Fmsy (mortalita’ da pesca riferita alla massima cattura sostenibile) obiettivo della PCP per tutti gli stock entro – al piu’ tardi – il 2020.
Per quanto sia sempre piu’ diffusa la percezione che una tale situazione degli stock non sia dovuta esclusivamente alla pressione della pesca, ma anche ad altre fonti di impatto che dovrebbero essere nel prossimo futuro meglio valutate nell’ambito della definizione del (GES) per tutti i bacini europei, come previsto dalla direttiva sulla Marine Strategy, risulta urgente adottare misure in grado di produrre a breve termine una chiara inversione di tendenza, con una riduzione di F ed un aumento delle taglie medie del prodotto sbarcato.
La individuazione di queste misure non puo’ prescindere da quanto gia’ attuato nelle ultime decadi in materia di gestione dello sforzo di pesca, ed in particolare:
riduzione delle capacita’ (GT, Kw) della flotta nazionale;
contenimento dell’attivita’ di cattura in mare attraverso fermi tecnici e arresto temporaneo continuativo;
applicazione delle misure tecniche ex reg. (CE) 1967/2006;
attuazione dei Piani di gestione nazionali (per sistemi di cattura) e locali.
Considerato che cio’ non e’ risultato ancora sufficiente a produrre risultati soddisfacenti, risulta necessario ed urgente sia rafforzare l’insieme di misure sopra indicate, sia introdurre ulteriori misure. Per quanto riguarda il rafforzamento delle misure e’ stato adottato, al fine di ridurre la capacita’, un nuovo bando per arresti definitivi dell’attivita’ di pesca nei termini previsti dal FEAMP, mantenendo le limitazioni dell’attivita’ gia’ attuate e quelle introdotte dalle raccomandazioni CGPM relativamente ai piccoli pelagici in Adriatico, e dall’ICCAT per quanto riguarda il tonno rosso. Dovra’ inoltre essere assicurata la massima compliance alle misure tecniche e gestionali vigenti con il rafforzamento delle attivita’ di controllo e contrasto alla pesca illegale.
Ulteriori misure saranno definite e sviluppate attraverso una pianificazione spaziale delle aree di pesca, con la chiusura totale o temporanea di aree sensibili e delle nurseries delle specie target, come gia’ allo studio nel Canale di Sicilia in ambito CGPM.
5.1.2 Pianificazione spaziale
La Pianificazione spaziale, come anche emerso chiaramente nel Seminario di alto livello tenuto dalla Commissione europea a Catania nel febbraio 2016, costituisce oggi uno dei principali assi verso un nuovo approccio nella gestione della pesca, superando la storica mancanza di strumenti sulla valutazione dell’attivita’ delle flotte nello spazio e nel tempo possibile a cominciare dalla combinazione del VMS (Vessel Monitoring System) e dell’AIS (Automatic Identification System), considerato comunque che una gestione sulle specie target come indipendenti al contesto ecosistemico e spaziale e’ insufficiente.
La tecnologia del «remote sensing», del GIS, e dei modelli basati su analisi geo-statistica rappresentano oggi l’insieme degli strumenti su cui basare le diagnosi e valutazioni in materia di gestione della pesca, arrivando ad una conoscenza delle reali zone di pesca – indipendenti dai porti di provenienza delle navi – e dell’andamento delle attivita’ di cattura nel tempo.
Questo, attraverso lo sviluppo di modelli bio-economici, consente oggi di prevedere gli effetti della gestione della pesca a breve termine sulle specie target e le performances della flotta considerando catture, costi e ricavi.
Su questa base sara’ quindi possibile migliorare gli exploitation patterns migliorando le condizioni degli stock e gli effetti sul piano socio-economico, oltre ad identificare e tutelare le aree biologicamente sensibili per la riproduzione e concentrazione degli stadi giovanili delle specie target in cui certe attivita’ di pesca dovranno essere temporaneamente o permanentemente bandite o ristrette.
5.1.3 Controllo e contrasto alla pesca illegale
La rilevanza assunta dagli strumenti internazionali di natura convenzionale e, in particolare, del Piano d’azione sulla pesca illegale non riportata e non regolata (INN), e’ stata sostenuta e continuera’ ad essere assicurata dal nostro Paese, da parte dell’apparato istituzionale e dagli operatori del comparto pesca, anche attraverso il monitoraggio e la sorveglianza delle attivita’ condotte dalle flotte nelle aree costiere, nel mare territoriale e nelle acque internazionali. In questa accezione, considerato che la pesca illegale costituisce una delle attivita’ che mette in evidente pericolo l’ecosistema marino e le risorse ittiche, si reputa quanto mai necessario contrastare tale pratica attraverso una serie di misure che, nella programmazione 2017-2019, dovranno essere lette anche in funzione del consolidamento della posizione italiana sul tema.
La creazione di un appropriato quadro legislativo e regolamentare di riferimento costituisce il primo passaggio fondamentale a cui si collega la responsabilita’ dello Stato e dei suoi operatori, sia pubblici che privati, nella prevenzione delle attivita’ di pesca illegale. In questo quadro e’ essenziale attivare un meccanismo di registrazione delle flotte nel quale siano riportate le informazioni di base, comprensive della presunta o comprovata attivita’ di pesca illegale condotta e delle sanzioni comminate a carico dell’armatore, con funzionalita’ di costante aggiornamento e di accesso su richiesta da parte di Stati e di Organismi internazionali che necessitino dei dati in esso contenuti. E’ poi essenziale la configurazione di un sistema sanzionatorio che presenti una chiara proporzionalita’ della sanzione rispetto alla gravita’ della violazione. Un secondo passaggio dovra’ riguardare la individuazione delle capacita’ nazionali di monitoraggio, controllo, sorveglianza, contrasto, repressione e comminazione di adeguate sanzioni a fronte della commissione di dette attivita’, corredate in via complementare dalla partecipazione a meccanismi cooperativi di natura regionale ed internazionale istituiti a tal fine.
In questo tipo di azione si include anche il monitoraggio e la punizione di atti che si sostanzino nel trasbordo del quantitativo di pescato in via illegale. Un obiettivo ulteriore, legato a questa seconda misura d’azione, potra’ consistere nello sviluppare dialogo e confronto con gli operatori per elaborare dei documenti guida per la migliore gestione degli apparati nazionali di contrasto al fenomeno in questione. Va sottolineato che l’impegno italiano in materia deve essere collegato alla strategia globale dell’Unione europea contro le attivita’ non controllate e non regolamentate nelle acque europee ed internazionali.
In base al quadro definito dal regolamento (CE) 1005/2008, l’attivita’ di controllo e contrasto si applica a pescherecci impiegati in attivita’ di pesca INN (assenza di permessi, pesca in zone di divieto, pesca di specie non autorizzate, falsificazione ed occultamento di identita’, ostacolo all’attivita’ degli ispettori), comprendendo la definizione di misure sanzionatorie e la definizione di una maggiore cooperazione tra le autorita’ amministrative degli Stati membri. La competenza di tale intervento, per gli aspetti finanziari, e’ rimessa al FEAMP: il Fondo sosterra’ l’attuazione del regime di controllo, ispezione ed
esecuzione
attraverso l’operativita’ di meccanismi di sorveglianza per il contrasto effettivo alla pesca illegale e, in funzione esecutiva della PCP (con particolare riferimento ai regolamenti (UE) 1380/2013 e 812/2015 che dispongono in materia di divieto dei rigetti in mare).
Per fare in modo che tutti gli operatori, pubblici e privati vi partecipino attivamente il FEAMP supportera’ altresi’
la interoperabilita’ di tutti i meccanismi in essere, deputati alla raccolta ed allo scambio di dati ed informazioni utili, comprensivi anche delle attivita’ legate alla PMI ed alla Sorveglianza marittima integrata. In questa ultima prospettiva rileva peraltro il conseguimento degli obiettivi enunciati dal Consiglio dell’Unione nel documento adottato nel 2014 intitolato «Achievements and future development of the Maritime Agenda for growth and jobs», nel quale il tema viene affrontato nell’ottica dell’impatto economico del meccanismo di sorveglianza a favore della crescita blu, a partire dalla conoscenza dell’ecosistema marino per una adeguata promozione dello sviluppo sostenibile e delle opportunita’ tecnologiche.
Lo Stato, in questo quadro dovra’ coinvolgere attivamente i rappresentanti del mondo della pesca ed il mondo sindacale per programmi di formazione e sensibilizzazione dei pescatori che – se consapevoli – assumeranno il ruolo di «presidio essenziale» per il perseguimento degli obiettivi di sostenibilita’.
5.2 Sviluppo sostenibile dell’acquacoltura
L’acquacoltura italiana e’ stata considerata nel sistema delle produzioni alimentari italiane di origine acquatica come parte integrante del sistema pesca. La programmazione italiana e’ stata coerente con le tendenze internazionali e comunitarie di integrare e non contrapporre produzioni da pesca e produzioni da allevamento.
Il Piano si pone dunque come strumento di programmazione che deve promuovere le interazioni positive, riducendo potenziali conflitti di varia natura (mercato, spazi marini,ecc.), tra pesca ed acquacoltura. Cio’ anche attraverso la armonizzazione tra interventi regionali e strumenti nazionali di intervento.
Le prospettive di sviluppo sostenibile dell’acquacoltura nazionale poggiano sullo specifico Piano formulato a corredo del PON e sul pieno impego delle risorse del FEAMP per le seguenti linee d’azione:
Priorita’ per l’innovazione e la ricerca:
promozione di studi funzionali per la pianificazione delle aree vocate all’acquacoltura, nell’ambito della Gestione integrata delle zone costiere;
attivita’ di ricerca per la individuazione di nuove specie candidate per ampliare la gamma produttiva della acquacoltura marina italiana.
Pianificazione spaziale coordinata:
sviluppo di linee guida, strumenti tecnici (indicatori, protocolli, modelli di carrying capacity e sistemi di georeferenziazione) per la pianificazione spaziale, l’identificazione di aree vocate all’acquacoltura.
Processo produttivo: Nuove tecnologie di produzione per l’aumento di competitivita’
Sviluppo di tecnologie innovative nel quadro di attivita’ d’allevamento integrato (specie e sistemi) per aumentare la competitivita’ delle imprese, la gamma di prodotti ed innovazioni, ottimizzando la gestione di allevamento, riducendo l’impatto ambientale (es. acquacoltura multitrofica);
sviluppo di tecnologie innovative e soluzioni ingegneristiche per produzioni d’acquacoltura in aree offshore, anche diversificate e integrate con altre attivita’ produttive (es. piattaforme eoliche, sistemi rilevamento dati);
sviluppo di nuove tecniche d’allevamento, in collaborazione con gli operatori, per la produzione di nuove specie per la piscicoltura e la molluschicoltura (ostreicoltura);
sviluppo di nuovi vaccini e presidi terapeutici per migliorare le condizioni di biosicurezza e ridurre le perdite aziendali;
ricerca di materie prime sostenibili (sostituzione di farine e olii di pesce) e di ingredienti alternativi per la produzione di mangimi di qualita’ con l’obiettivo di ridurre i costi di produzione nella piscicoltura marina e d’acqua dolce;
sviluppo di nuove tecnologie per il recupero degli scarti (proteine e oli di pesce) della pesca e della trasformazione in acquacoltura;
sviluppo di nuove tecnologie per migliorare i processi di integrazione verticale in azienda e mettere a punto, sul fronte della ricerca, prodotti d’acquacoltura funzionali in grado di rispondere a specifiche esigenze nutrizionali e alle preferenze dei consumatori;
sviluppo di tecnologie e metodi di analisi per il controllo della contaminazione chimica, microbiologica e da biotossine nei prodotti d’acquacoltura, con particolare riferimento alla molluschicoltura;
sviluppo di nuove tecnologie per la produzioni di giovanili di specie per interventi controllati di ripopolamento (stock enhancement e sea ranching);
ricerca di nuove tecnologie per l’incremento della «shelf life» del pesce, soprattutto dei prodotti ittici trasformati, per la lavorazione, produzione/estrazione di polpa di pesce, per la realizzazione di nuove tecnologie di packaging. Nuove tecnologie per la riduzione generalizzata degli input
Sviluppo di «tecniche blu» per l’acquacoltura blu (es. policolture, riutilizzo reflui), per un uso piu’ efficiente degli input (acqua, nutrienti, antiparassitari) e la minimizzazione degli impatti sull’ambiente;
applicazione di nuove tecnologie per migliorare l’efficienza energetica, promozione della produzione di energia eolica, solare, riutilizzo dei reflui e lo smaltimento/riuso degli effluenti e degli scarti di lavorazione;
supporto della ricerca per l’estensione e l’uso di presidi chemioterapici commerciali per le diverse specie allevate per un miglior controllo delle patologie in acquacoltura e per la riduzione dei rischi di trasferimento di patogeni nell’ambiente;
sviluppo di protocolli e nuove tecnologie (reti, ancoraggi, certificazione ISO) per la prevenzione delle fughe nell’ambiente;
creazione di una rete informativa integrata e coordinata (Ministero salute e IZS, Ministero politiche agricole, Ministero dell’ambiente e ARPA) per aggiornare costantemente le informazioni scientifiche disponibili sulle patologie di maggiore impatto nell’acquacoltura, utili a definirne l’epidemiologia e gli effetti sulla salute;
sviluppo di sistemi innovativi per la tracciabilita’ dei prodotti d’acquacoltura (freschezza, provenienza, ciclo di vita del prodotto) e per implementare i meccanismi di controllo;
iniziative di sviluppo del mercato e piani di mercato, con particolare riferimento alle realta’ produttive in ritardo verso la dimensione internazionale, facilitandone il collegamento con le catene di produzione e il posizionamento sui mercati esteri del prodotto nazionale;
iniziative di individuazione e promozione degli interventi volti ad un ripristino funzionale e produttivo degli ambienti estensivi, in un contesto di sostenibilita’ ecologica compatibile con l’importanza ambientale e conservazionista degli ambienti stessi. Sistema della ricerca e della conoscenza a supporto delle imprese
migliorare il coordinamento, evitando duplicazioni, e dare impulso ai meccanismi di cooperazione e collaborazione (Universita’, centri di ricerca, aziende) a diversi livelli;
migliorare l’uso dei risultati delle ricerca, sviluppare strumenti e percorsi idonei al trasferimento delle conoscenze dalla ricerca all’industria ed ai decisori politici.
Qualita’ e sicurezza delle produzioni ittiche
Definizione dei criteri basilari di un prodotto dell’acquacoltura: sicurezza e credibilita’ presso il consumatore; qualita’; tracciabilita’ e rintracciabilita’;
consumo responsabile e sostenibile mediante politiche informative chiare basate sulla reale conoscenza della qualita’ del prodotto e della sua sostenibilita’;
approfondimenti sul rapporto tra le varie fasi delle filiere produttive e la sicurezza, qualita’ e conservabilita’ del prodotto ittico;
approfondimento delle conoscenze riguardanti il rapporto tra composizione e qualita’ delle materie prime del mangime/qualita’ e sicurezza d’uso del prodotto;
approfondimento delle conoscenze tra la metodica di allevamento e la sicurezza e qualita’ del prodotto;
caratterizzazione degli scarti della pesca e dei loro sottoprodotti per l’impiego quali alimenti per l’acquacoltura;
valorizzazione della molluschicoltura per il ruolo ecologico e le elevate caratteristiche alimentari;
valorizzazione delle produzioni ittiche delle lagune per la loro valenza ecologica, la salvaguardia di prodotti tipici e tradizionali ed i risvolti turistico-ricreativi;
promozione della filiera corta.
5.3 Competitivita’ delle imprese
La fragilita’ strutturale delle imprese del settore e’ determinata da diverse concause, tra cui le principali riguardano la difficolta’ di accesso al credito, le carenze del sistema assicurativo e l’esposizione a vari tipi di rischi ed eventi naturali.
5.3.1 Strumenti assicurativi e finanziari
La configurazione del nuovo assetto europeo della Politica comune della pesca impone l’adozione di una serie di misure finalizzate a sostenere il comparto ed i suoi operatori con il fine ultimo di sostenere l’impegno produttivo in termini di concorrenza e competitivita’, quand’anche attraverso strategie di portata multi-settoriale.
In linea generale il FEAMP opera per il rafforzamento della competitivita’ della componente imprenditoriale al livello centrale e locale, in conformita’ con le esigenze di gestione sostenibile degli stock. La sostenibilita’ ambientale viene posta come prerequisito per il raggiungimento della sostenibilita’ economica e sociale, essendo la conservazione delle risorse ittiche il presupposto della continuazione delle attivita’ di pesca, anche per evitare che la riduzione degli stocks si traduca in una maggiore dipendenza del mercato nazionale dalle importazioni. Ecco perche’ mediante il FEAMP si intende finanziare lo sviluppo di strumenti atti a creare sinergie fra le iniziative adottate nei diversi settori che riguardano i mari, gli oceani e le coste in linea con le priorita’ fondamentali della Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
Perche’ cio’ sia possibile, la programmazione dovra’ poggiare sul contemperamento di fattori quali l’impatto limitato sull’ecosistema marino ed il livello di mortalita’ degli stocks da un lato ed il Rendimento Massimo Sostenibile (RMS), ovvero la cattura ottimale che puo’ essere prelevata da uno stock ittico dall’altro, senza mettere a rischio la sua rinnovabilita’.
Muovendo da tale principio, sara’ fondamentale operare per:
il sostegno all’evoluzione strutturale e organizzativa per la competitivita’ delle singole imprese del settore della pesca e dell’acquacoltura, tenendo nella dovuta considerazione criteri quali la sostenibilita’ ambientale, l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici, la qualita’ della produzione, l’innovazione e la sicurezza del lavoro, l’accesso al credito, le opportunita’ derivanti dall’internazionalizzazione;
il potenziamento degli investimenti nella filiera di riferimento, sulla base dei fabbisogni individuati in via preliminare, con l’obiettivo di generare effetti diffusi sulla vitalita’ delle imprese e sul miglioramento complessivo della competitivita’ al livello centrale e, soprattutto, locale;
il ricambio generazionale nella gestione imprenditoriale, attraverso ad esempio azioni di tutoraggio e servizi di supporto per lo start-up di nuove imprese.
La forte competitivita’ che caratterizza il mercato ittico dovra’ essere indirizzata in modo da garantire la redditivita’ della pesca e dell’acquacoltura, adottando disposizioni relative all’attuazione del regolamento (UE) 1379/2013. L’intento e’ quello di raggiungere una maggiore stabilizzazione dei mercati e delle attivita’ di commercializzazione e di trasformazione, ed e’ teso alla forte valorizzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, attraverso una catena di approvigionamento che consiste nell’utilizzo di processi e metodi innovativi da trasmettere anche agli operatori della pesca costiera «artigianale».
5.3.2 Fondo di solidarieta’
Il Parlamento nel 1992 (legge 5 febbraio 1992) ha emanato una legge che in occasione di fenomeni di calamita’ naturale, ad avversita’ meteomarine ed ecologiche, prevedeva interventi di natura economica a copertura dei danni subiti dalle imprese, con la finalita’ di aiutare la ripresa delle attivita’ produttive interrotte o di risarcire parzialmente l’impresa per le strutture danneggiate a causa degli eventi.
La legge del 1992 accompagnata dal decreto attuativo (inerente specifiche modalita’ tecniche) del 3 marzo 1992 e’ stata sostituita nel 2004 dal decreto legislativo n. 154 che all’art. 14 ne individuava le modalita’ di attivazione e prevedeva peraltro per la prima volta un risarcimento alle famiglie di marittimi deceduti per cause di servizio. Con il decreto ministeriale 8 gennaio 2008 venivano definite e precisate le modalita’ attuative per il Fondo di solidarieta’.
In seguito, con particolare riferimento agli impianti di allevamento l’art. 1 del decreto legislativo 27 maggio 2005 n. 100 ha previsto (sull’esempio del comparto agricolo) alcuni aggiustamenti che introducono un programma assicurativo annuale, auspicando l’introduzione di una assicurazione preventiva in sostituzione dell’intervento compensativo. L’intervento pubblico si concretizza cosi’ in un intervento, come contributo pubblico, sui premi assicurativi.
Negli ultimi 24 anni di intervento il fondo di solidarieta’ e’ stato ampiamente utilizzato dalle imprese della pesca e dell’acquacoltura salvandole dalla chiusura; tale importante ruolo tuttavia non ha impedito che negli ultimi anni lo stesso fondo fosse non rifinanziato sebbene continui episodi di carattere meteomarino (causa l’evidente e repentino cambiamento climatico globale) e episodi anche gravi di inquinamento richiedessero un rafforzamento di tale strumento normativo.
Inoltre, il nuovo regolamento europeo n. 508/2014 (FEAMP) introduce una copertura assicurativa destinata alle imprese dell’acquacoltura salvaguardando cosi’ il reddito di tali imprese messe in pericolo da calamita’ naturali, cambiamenti della qualita’ delle acque, eventi climatici, malattie del settore acquicolo, etc.. L’art. 57 prevede infatti un contributo per una assicurazione che copra le perdite dell’impresa quando questa abbia avuto una perdita di almeno il 30% sul fatturato annuo. Una compensazione e’ concessa inoltre dall’art. 55 del regolamento ai molluschicoltori che a causa di ragioni di ordine sanitario sono costretti ad interrompere la raccolta dei molluschi allevati. Anche in questo caso la perdita dell’impresa deve superare il 25% del fatturato.
Infine, per le imprese della pesca il regolamento 508/2014 all’art. 35 prevede un contributo (fondo di mutualizzazione) alle imprese per una assicurazione che copra eventi quali emergenze ambientali, incidenti in mare, eventi climatici avversi, purche’ anche qui l’impresa abbia avuto perdite sul fatturato maggiori del 30%.
Pertanto, sulla base della dotazione finanziaria degli strumenti normativi esistenti ed a complemento del fondi di mutualizzazione previsto dal FEAMP, il Programma 2017-2019 potra’ prevedere specifiche attivita’, in attesa che l’auspicato Piano assicurativo nazionale della pesca possa regolare la materia in termini piu’ organici.
5.4 Partecipazione mondo associativo e sindacale
La definizione delle priorita’ strategiche della programmazione triennale per il periodo 2017-2019 non puo’ prescindere dal contributo delle Associazioni nazionali maggiormente rappresentative del settore, nelle componenti armatoriali, cooperative, delle imprese di acquacoltura, dei lavoratori. La partecipazione delle professionalita’ del settore in occasione dei processi decisionali che riguardino in modo diretto la materia sara’ considerata preminente e dovra’ essere assicurata a tutti i livelli, mediante le strutture ed i meccanismi di rappresentanza in essere o da istituire nuovamente per far fronte a tale esigenza partecipativa.
Soltanto attraverso un’analisi complessiva delle attuali criticita’ in essere ed alla contestuale presenza di rilevanti capacita’ strutturali e di gestione e di monitoraggio delle attivita’ legate al mondo della pesca e dell’acquacoltura, la connotazione multifunzionale del comparto potra’ essere messa a sistema per il conseguimento di un soddisfacente livello di sviluppo economico, sociale ed ambientale nel medio e lungo periodo, in linea con gli impegni assunti dall’Italia sul piano internazionale ed europeo.
In altre parole l’obiettivo generale della prossima programmazione consiste nel promuovere la crescita delle relazioni positive tra amministrazione ed addetti, che deve tradursi in un solido dialogo sociale a livello nazionale, regionale o locale tra pescatori, parti sociali ed altre parti interessate. Si includono in questa prospettiva molteplici misure d’azione a sostegno dello sviluppo delle capacita’ del comparto:
una adeguata disponibilita’ di risorse finanziarie corrispondente alle esigenze concrete di operativita’ del settore, che non si traduca in eccessivo sfruttamento dell’ecosistema e delle risorse ittiche ivi contenute, anche per consentire la operativita’ del mondo associativo nazionale, chiamato ad una intensa attivita’ partecipativa a livello centrale e periferico nonche’ all´assunzione di sempre maggiori ruoli e responsabilita’ nell`ottica della pesca e acquacoltura responsabile;
la garanzia di un meccanismo trasparente e semplificato di accesso ed utilizzo delle risorse medesime;
il reale rispetto di standard minimi di sicurezza sul luogo di lavoro;
la garanzia di misure di protezione e sicurezza sociale nell’esercizio della professione e in un momento successivo alla conclusione di tale esercizio;
il rafforzamento della sostenibilita’ occupazionale in termini di reddito e di ricambio generazionale;
la previsione di misure complementari ed alternative per la copertura di reddito minimo;
la distribuzione equa dei benefici nel settore;
l’opportunita’ di utilizzo delle risorse e degli introiti in investimenti di carattere tecnologico e ad impatto eminentemente sostenibile;
una nuova dimensione delle professionalita’ del comparto, tenendo in considerazione le categorie dimensionali interessate, da cui la configurazione e la realizzazione, in continuita’ con il passato, di percorsi di base e di specializzazione della professione.
Certamente il tema dell’apprendimento permanente, della formazione e della sensibilizzazione mira a strutturare le risorse umane a lavoro nella filiera ittica, e potra’ essere finanziato nel quadro del FEAMP allo scopo di accrescere
competenze tecnico-professionali trasversali, per supportare la filiera ittica nel campo della gestione della flotta e delle risorse, del miglioramento della produzione, della valorizzazione e qualita’ del prodotto/processo, della gestione dei mercati, della sicurezza sul lavoro, della sicurezza alimentare, etc.
Affinche’ gli obiettivi del presente Programma triennale vengano perseguiti concretamente, alle professionalita’ del comparto e’ richiesto non soltanto di sostenere il dialogo con l’interlocutore istituzionale al livello centrale e locale, ma anche di utilizzare le proprie conoscenze in una prospettiva di condivisione delle informazioni e dei dati di carattere scientifico, di diffondere tali conoscenze presso il pubblico dei non addetti ai lavori al fine di sensibilizzarlo in funzione della preservazione dell’ecosistema marino nel suo complesso, di agevolare la costituzione di partenariati di settore per la migliore gestione delle capacita’ in un assetto condiviso.
E’ inoltre necessaria la prosecuzione, o l’eventuale rinnovamento, delle modalita’ proprie della sensibilizzazione dell’opinione pubblica circa lo stato dell’ecosistema marino e delle risorse ittiche, attraverso appropriati strumenti e misure di carattere divulgativo, in linea con le azioni prefigurate sul piano bilaterale e multilaterale, regionale e globale. In questo ambito il ruolo del mondo associativo si rileva essenziale in quanto strumentale per agevolare il conseguimento dell`obiettivo mediante la condivisione, in un formato ed un linguaggio semplice e chiaro, di informazioni, conoscenze, buone pratiche con i destinatari diretti del prodotto ittico ma anche dei principi e delle regole assunti sul piano internazionale ed europeo a tutela dell’ecosistema marino.
L’assunzione da parte del sistema associativo nazionale di ulteriori ruoli e responsabilita’, anche in materia di controllo e prevenzione, di monitoraggio e sorveglianza ambientale, di pulizia dei fondali, di forme di autogestione, di collaborazione con gli istituti scientifici attivi nel settore, costituiranno la naturale evoluzione dello sviluppo dei processi partecipativi sopra delineati.
5.5 Promozione e sensibilizzazione
Le nuove e sempre piu’ diffuse sensibilita’ ed esigenze dei consumatori in tema di sicurezza alimentare e salubrita’ dei prodotti ha determinato su tutte le filiere agroalimentari adeguamenti di vario tipo, dalle politiche di marchio certificato, all’incremento degli standards qualitativi, alle nuove tecnologie di conservazione e confezionamento, alla evoluzione del marketing.
I prodotti ittici in questo quadro stanno scontando un certo ritardo, sia per l’atteggiamento «conservatore» o tradizionalista dei nostri produttori, sia per le difficolta’ oggettive dovute all’alta deperibilita’ dei prodotti, ma anche per le difficolta’ di rilanciare gli investimenti in ricerca ed innovazione.
Questa situazione, su cui pesa il calo dei consumi delle famiglie italiane a seguito della crisi economica da cui sta ancora uscendo il Paese (calo che ha colpito tutti i generi alimentari della fascia di prezzo medio-alta tra cui i prodotti ittici), e l’effetto sull’opinione di allarmi e campagne
allarmistiche sulla sostenibilita’ della pesca e sulla salubrita’ dei prodotti ittici, contribuiscono alla esistenza di un problema concreto di immagine del settore e dei suoi prodotti.
Non si tratta, come in passato, di intraprendere campagne per promuovere il consumo di un particolare prodotto (ad es. pesce azzurro), ma di recuperare il favore oggi incrinato dei consumatori, che guardano oggi con diffidenza alla pesca.
A questa esigenza si somma la necessita’ di diffusione presso il ceto peschereccio e di sensibilizzazione di tutti gli operatori della pesca sui temi della sostenibilita’, del rispetto delle norme, della tutela dell’ambiente, proseguendo gli sforzi nella costruzione della figura del pescatore responsabile a cui si collega il Codice di condotta della FAO del 1995.
Sara’ quindi importante, nel Programma 2017-2019 sviluppare campagne ed iniziative particolarmente mirate per affrontare quelli che oggi risultano essere dei veri e propri fattori limitanti per il rilancio del settore.
6. La ricerca scientifica.
Nella programmazione 2017-2019, in linea con quanto delineato nel precedente assetto programmatico, un ruolo fondamentale per la crescita del settore della pesca e dell’acquacoltura assume la ricerca scientifica, impegnata in programmi mirati alla crescita economica grazie all’innovazione, in linea con le priorita’ delineate sul piano internazionale ed europeo nei principali sistemi intergovernativi di riferimento.
Gli sforzi e le risorse impiegate negli ultimi anni (vedi il Programma italiano per la raccolta dei dati alieutici in accordo con il reg. (CE) n. 199/2008 e relativi regolamenti applicativi) hanno consentito al nostro Paese, attraverso le sue strutture di ricerca pubbliche e private, di costruire una base dati completa e fruibile da parte della comunita’ di amministratori e ricercatori: cio’ e’ ancora oggi essenziale per la determinazione degli obiettivi operativi e gestionali che incontrano le istanze e soddisfano i bisogni degli operatori del comparto.
In linea generale la ricerca scientifica dovra’ essere promossa in funzione della garanzia di raggiungere obiettivi di sostenibilita’ delle attivita’ che hanno impatti sugli ecosistemi marini e sulla biodiversita’. La conservazione della biodiversita’ e’ essenziale per la durata nel tempo delle attivita’ economiche della pesca, solo assicurandone la preservazione e lo sfruttamento nel rispetto di alti standard di sicurezza e qualita’ del prodotto si potra’ avere una pesca vitale nel futuro. La sostenibilita’, infatti, e’ centrale nella predisposizione di ogni intervento che deve disporre di una solida base di conoscenze, affidabilita’, indipendenti ed aggiornate per dare base scientifica alla formulazione di linee di programmazione e di misure di gestione di breve, medio e lungo periodo, sia sulla definizione di programmi di monitoraggio e controllo periodico sullo stato di conservazione dell’ecosistema marino nel suo complesso.
Il conseguimento di risultati di rilievo scientifico piu’ mirati potra’ essere costituito dalla elaborazione di modelli di variabili biologiche ed economiche per la osservazione degli standard di qualita’ e sicurezza alimentare del prodotto ittico, nel rispetto delle caratteristiche tipologiche delle singole specie e a tutela della preservazione e della ricostituzione degli stocks, a sostegno in particolare delle opzioni d’investimento della filiera produttiva. Sara’ quindi essenziale prevedere la diffusione, anche in formato semplificato e sintetico, dei risultati di tali indagini, per consentire non soltanto agli addetti al settore ma all’opinione pubblica in generale di poter venire a conoscenza delle condizioni della «risorsa blu» e di poter contribuire al dibattito sulle necessita’ di bilanciamento tra preservazione dell’ecosistema e sfruttamento sostenibile del prodotto ittico.
D’altra parte la ricerca scientifica potra’ essere condotta seguendo le principali linee d’indagine identificate al livello internazionale ed europeo nonche’ mediterraneo (per la creazione di modelli di raccolta dati e di apparati di ricezione e di analisi delle informazioni ricevute), laddove il nostro Paese, fornendo il proprio contributo e la propria esperienza in materia, continuera’ ad operare sul piano bilaterale e multilaterale al processo di elaborazione di strumenti, criteri, meccanismi e procedure di rilevazione e raccolta dati e al recepimento di tali misure nel quadro della programmazione nazionale 2017-2019.
In particolare la nuova programmazione vuole seguire l’evoluzione delle scienze della pesca per disporre delle migliori evidenze e dei piu’ avanzati strumenti di controllo e previsione per verificare gli impatti delle misure sullo stato delle risorse e per avere elementi indipendenti a supporto delle posizioni assunte in sede comunitaria e nelle relazioni tra Amministrazione ed operatori.
In tal senso il processo di modernizzazione della pesca deve considerare la promozione degli strumenti della societa’ dell’informazione che evidenzia la necessita’ di uno sforzo diffuso per la digitalizzazione del sistema, in coerenza con l’indirizzo pubblico nazionale per la definizione di una Agenda digitale.
In tal senso le innovazioni della ricerca per la definizione di «letture sintetiche delle attivita’ di pesca negli spazi marini», la definizione di sistemi di controllo remoto su base di dati raccolti in tempo reale, la pianificazione spaziale di pesca ed acquacoltura, e la elaborazione di modelli bioeconomici per valutare gli effetti delle misure tecniche sulle realta’ sociali ed economiche, puo’ rappresentare una serie di pilastri su cui appoggiare la digitalizzazione del sistema pesca italiano.
Questo, tra l’altro, consentira’ di valorizzare il potenziale di conoscenza e la base di dati di cui il sistema pesca italiano dispone.
Questo processo deve vedere partecipi i pescatori come lavoratori del mare, le loro associazioni, i loro sindacati, anche per evitare che il processo di digitalizzazione crei ulteriori distanze e vuoti di linguaggi comuni tra pubblico e privato.
7. Monitoraggio e valutazione del Programma nazionale 2017-2019.
Facendo seguito ai contenuti, nella formula dei diversi obiettivi, introdotti nel Programma nazionale per il triennio 2017-2019, rispetto alla precedente programmazione si ritiene particolarmente utile delineare due meccanismi strumentali per l’attivita’ di monitoraggio circa l’attuazione del documento e per la valutazione sistematica degli esiti esecutivi dello stesso.
Il meccanismo di monitoraggio dovra’ poggiare:
sulla creazione di un organismo di carattere istituzionale, che veda la partecipazione di rappresentanti dell’apparato governativo centrale e degli enti locali in senso complessivo, il cui mandato sia espletato attraverso la convocazione di riunioni periodiche per la discussione ed il confronto sui risultati positivi nonche’ sulle criticita’ attuative del Programma nazionale;
sulla produzione di rapporti di sintesi, frutto della collaborazione inter-istituzionale, in senso sia verticale che orizzontale, su tematiche di particolare rilievo e di dettaglio dei sub-obiettivi;
sulla consultazione costante con gli operatori del comparto nazionale pesca ed acquacoltura, attraverso le loro Associazioni nazionali ed i tradizionali canali della comunicazione e dell’informazione, nonche’ in occasione dell’organizzazione di eventi mirati, aperti alla partecipazione di esperti e tecnici della materia.
Il meccanismo di valutazione dovra’ ispirarsi:
per gli aspetti di principio, alle regole ed alla normativa vigente nei sistemi internazionali e regionali di riferimento;
per gli aspetti di valutazione in senso stretto, agli indicatori adottati nei principali sistemi internazionali, con particolare riferimento alla conduzione di analisi quantitative di natura economico-sociale ed ambientale;
per gli aspetti di valutazione che si traducono nella misurazione del grado di soddisfazione partecipativa e funzionale all’attuazione del Programma nazionale da parte degli operatori del settore della pesca e dell’acquacoltura, a procedure gia’ in essere in altri settori e filiere produttive del sistema Italia.
Previsione di spesa per gli anni 2017-2019
omissis
(1) La segmentazione della flotta utilizzata nel presente Rapporto e basata sull’individuazione dell’attrezzo prevalente come stabilito dal regolamento (CE) del Consiglio n. 199/2008 che istituisce un quadro comunitario per la raccolta e la gestione dei dati essenziali all’attuazione della Politica Comune della Pesca (PCP) e dal regolamento (CE) della Commissione n. 26/2004 del 30 dicembre 2003 relativo al registro della flotta peschereccia comunitaria, allegato I “Definizione dei dati e descrizione di una registrazione”. (2) Scientific, Technical and Economic Committee for Fisheries (STECF) – The 2016 Annual Economic Report on the EU Fishing Fleet (STECF-16-11). 2016. Publications Office of the European Union, Luxembourg, EUR XXXX EN, JRC XXX, 470 pp.