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Provvedimento: Legge | Tipo: Nazionale | Numero: 117
Argomento: Legislazione | Categoria: Pubblica amministrazione
| Organo emanante: Parlamento | Data: 13 Aprile 1988
Pubblicato su: Gazzetta Ufficiale | Numero Gazzetta: 88 | Supplemento:
Data pubblicazione: 15 Aprile 1988 | Numero supplemento: | Data suplemento:
Allegato:
Riassunto: Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati. Testo coordinato alla data del 25/03/2015 dall’Avv. Nicola Cioffi, Presidente dell’Associazione Camera Europea di Giustizia di Napoli (legge 13 aprile 1988 n. 117, GU n. 88 del 15/4/1988; legge 2 dicembre 1998 n. 420, GU n. 286 del 7/12/1998; legge 27 febbraio 2015, n. 18, GU n. 52 del 4/3/2015, tutte riportate in appendice).

 

 
 
 
 
Legge 13 aprile 1988, n. 117
 
“Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati.”
 
(Pubblicata nella G. U. n. 88 del 15 aprile 1988)
 
 Testo coordinato alla data del 25/03/2015 dall’Avv. Nicola Cioffi, Presidente dell’Associazione Camera Europea di Giustizia di Napoli (legge 13 aprile 1988 n. 117, GU n. 88 del 15/4/1988; legge 2 dicembre1998 n. 420, GU n. 286 del 7/12/1998; legge 27 febbraio 2015, n. 18, GU n. 52 del 4/3/2015, tutte riportate in appendice).

 
Nota dell’Autore: Si declina ogni responsabilità per eventuali errori e/o omissioni e/o inesattezze nonché modificazioni intervenute dopo la pubblicazione della presente, non essendo una fonte ufficiale. Avvertenza: le norme in corsivo sono quelle intervenute dopo la legge n. 117 e si riferiscono alla legge n. 420. Le norme in corsivo neretto sono quelle intervenute a seguito della legge n. 18, con inserimento di brevissimi cenni esplicativi/richiami evidenziati da ndr, note, poi ampliate, in appendice).
 
 
 
Art. 1
Ambito di applicazione
1.                Le disposizioni della presente legge si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciali, che esercitano l’attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei (ndr: da identificarsi nei componenti la Magistratura non togata – ad esempio il Tribunale per i Minorenni) che partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria.
2.                Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai magistrati che esercitano le proprie funzioni in organi collegiali.
3.                Nelle disposizioni che seguono il termine “magistrato” comprende tutti i soggetti indicati nei commi 1 e 2.
 
Art. 2
Responsabilità per dolo o colpa grave
1.                Chi ha subito un danno ingiusto (ndr: per esso vedasi legge n. 109 del 23/02/2006 sulla responsabilità disciplinare dei magistrati e codice etico di questi) per effetto di
a) un comportamento,
b) di un atto
c) o di un provvedimento giudiziario
posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero (ndr: nel senso di OPPURE) per diniego di giustizia (ndr: vedasi art 3 e 7 legge n. 109 del 23/02/2006) può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali[1].
2.                Fatti salvi i commi 3 e 3 bis ed i casi di dolo, nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove (ndr: art 2, comma 2, legge n. 109 del 23/02/2006).
3.                 Costituisce colpa grave
a) la violazione manifesta della legge
b) nonché del diritto dell’Unione europea,
c) il travisamento del fatto o delle prove,
d) ovvero l’affermazione di un fatto la cui esistenza e’ incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento
e) o la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento,
f) ovvero l’emissione di un provvedimento cautelare (ndr: ad esempio sequestro di beni mobili o immobili) personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione (ndr: vedasi legge n. 109 del 23/02/2006 sulla responsabilità disciplinare dei magistrati, in appendice).
3-bis. Fermo restando il giudizio di responsabilità contabile di cui al decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639 (ndr: in appendice), ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea si tiene conto, in particolare
a) del grado di chiarezza e precisione delle norme violate
b) dell’inescusabilità e della gravità dell’inosservanza.
In caso di violazione manifesta del diritto dell’Unione europea si deve tener conto
a) anche della mancata osservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo paragrafo,
b) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
c) nonché del contrasto dell’atto o del provvedimento con l’interpretazione espressa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.
 
Art. 3
Diniego di Giustizia
1.                Costituisce diniego di giustizia
a) il rifiuto,
b) l’omissione
c) o il ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio, quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell’atto, la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito in cancelleria. Se il termine non è previsto, debbono in ogni caso, decorrere inutilmente trenta giorni dalla data del deposito in cancelleria dell’istanza volta ad ottenere provvedimento.
2. II termine di trenta giorni può essere prorogato, prima della scadenza, dal dirigente dell’ufficio con decreto motivato non oltre i tre mesi dalla data di deposito dell’istanza (ndr: … E COSI’ TRE MESI… NON PIU’ GIORNI… MESI…). Per la redazione di sentenze di particolare complessità, il dirigente dell’ufficio, con ulteriore decreto motivato adottato prima della scadenza, può aumentare fino ad altri tre mesi termine di cui sopra (ndr: attenzione, attenzione siamo, così, in ipotesi di sentenza a SEI MESI!).
3. Quando l’omissione o il ritardo senza giustificato motivo concernono la libertà personale dell’imputato, il termine di cui al comma 1 è ridotto a cinque giorni, improrogabili, a decorrere dal deposito dell’istanza o coincide con il giorno in cui si è verificata una situazione o è decorso un termine che rendano incompatibile la permanenza della misura restrittiva della liberta personale.
 
Art. 4
Competenza e termini
1.                 L’azione di risarcimento del danno contro lo Stato (ndr: prima parte della legge) deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Competente è il tribunale del capoluogo del distretto della corte d’appello, da determinarsi a norma dell’art. 11 del codice di procedura penale[2] e dell’art. 1 delle norme di attuazione[3], di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271.
2.                 L’azione di risarcimento del danno contro lo Stato può essere esercitata soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comunque quando non siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimento ovvero, se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del procedimento nell’ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno (ndr: se, poi, il malcapitato non può impugnare (difficoltà economiche) o non vuole, per “velocizzare”, gli potrebbero opporre la prestata ACQUIESCENZA… E, QUINDI, L’INAMMISSIBILITA’, PER NON AVER PERCORSO TUTTI I “GRAVAMI” …).
La domanda deve essere proposta a pena di decadenza entro tre anni che decorrono dal momento in cui l’azione è esperibile ((ndr: in via indicativa, i rimedi ordinari sono appello, con eventuale rinvio al primo grado, Cassazione, anche qui, con eventuale rinvio, di questa, stavolta ad una nuova sezione d’appello, nuovamente Cassazione, giudizio di revocazione in primo grado, appello di questo, Cassazione, eventuale rinvio a nuova sezione di appello, nuovamente Cassazione, che può nuovamente rinviare; poi ci sono ordinanze/decreti ricorribili solo in Cassazione che può rimettere al giudice a quo.
In penale, vi è anche la possibilità di un ricorso al Tribunale delle libertà, riesame appello, Cassazione, (libertà personali e misure sui beni mobili e immobili) la quale può, ancora, rinviare, e, quindi, nuovo integrale iter …
Giudizio di revisione di sentenza passata in giudicato – siamo in penale – in civile revocazione – con tutti i gradi successivi sopra indicati.
Giudizio di incostituzionalità, in ogni momento delle suindicate fasi, un giudice – al cittadino non è permesso, men che mai in via autonoma – SOLO NELL’AMBITO DI UN GIUDIZIO civile o penale – accogliendo, e giudicando fondata, apposita istanza di “incostituzionalità” da parte del cittadino utente, con l’effetto rilevante dell’automatica sospensione del giudizio in corso, e, poi la fase successiva della riassunzione del giudizio sospeso. E, dunque, ogni singolo “gravame” comporta mesi/anni di attesa per vederne il singolo esito; vale a dire, decine di anni, con rilevantissimo peso economico per il presunto danneggiato, e sempre che se lo possa permettere, a non parlare dei dubbi sulla sussistenza della fase pregiudiziale – obbligatoria – di esperire la procedura di mediazione/conciliazione, e, quindi, si vedranno moltissimi interventi/“tagliandi”.)).
3.                L’azione può essere esercitata (ndr: proponibilità) decorsi tre anni dalla data del fatto che ha cagionato il danno se in tal termine non si è concluso il grado del procedimento nell’ambito del quale il fatto stesso si è verificato (ndr: quindi “PALETTO” di TRE ANNI di attesa nel caso di mancata conclusione del procedimento. Epperò c’è l’altro “PALETTO” dell’obbligatorietà di percorrere tutti i gradi di impugnativa, come recita il precedente n. 2 del presente articolo, quindi nel procedimento in cui si è verificato “l’errore” nemmeno si può agire in virtù di questo secondo “PALETTO”, e, cioè, l’esperimento di tutte le impugnative sussistenti – DIABOLICO…VERA E PROPRIA…BEFFA).
4.                Nei casi previsti dall’articolo 3 (ndr: diniego di giustizia ) l’azione deve essere promossa (ndr: decadenza) entro tre anni dalla scadenza del termine entro il quale il magistrato avrebbe dovuto provvedere sull’istanza ((ndr: quindi, se si proroga, siamo nell’ipotesi, per esempio, di un GIP o un PM, che chieda, al rispettivo dirigente, una proroga del termine per provvedere, ipotesi sub comma 2 art 3 presente legge. Inoltre, ulteriore ipotesi, se allo scadere dei sei mesi o 180 giorni – 180 giorni non corrispondono sempre a sei mesi – il magistrato provvede sull’istanza il giorno prima della prima scadenza, o di quella rinnovata, ALCUN DANNO può essere richiesto !!! Poi, altra considerazione, può avvenire che ciò possa essere reiterato in un “lungo” e complesso processo. Dunque, danno più BEFFA)).
5.                 In nessun caso il termine decorre nei confronti della parte che, a causa del segreto istruttorio, non abbia avuto conoscenza del fatto.
 
Art. 5
(Abrogato)[4]
 
Art. 6
Intervento del magistrato nel giudizio
1.                Ilmagistrato il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio non può essere chiamato in causa ma può intervenire in ogni fase e grado del procedimento, ai sensi di quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 105 del codice di procedura civile. Al fine di consentire l’eventuale intervento del magistrato, il presidente del tribunale deve dargli comunicazione del procedimento almeno quindici giorni prima della data fissata per la prima udienza.
2.                La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro lo Stato non fa stato nel giudizio di rivalsa seil magistrato non è intervenuto volontariamente in giudizio. Non fa stato nel procedimento disciplinare. (ndr: avvio dopo anni, per poi, sostanzialmente, ricominciare, dunque ulteriori anni… 20/30 ANNI!!!).
3.                Il magistrato cui viene addebitato il provvedimento non può essere assunto come teste né nel giudizio di ammissibilità (ndr: peraltro, la fase di ammissibilità è stata eliminata dalla legge n°18, svista del legislatore), né nel giudizio contro lo Stato (ndr: posizione di assoluto privilegio… Rammento: ART 3 COST. “TUTTI I CITTADINI SONO EGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE… ulteriore profilo di incostituzionalità… ma chi mai la pronuncerà?!).
 
Art.7
Azione di rivalsa
1.                 Il Presidente del Consiglio dei ministri, entro due anni dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale, ha l’obbligo (ndr: limite?) di esercitare l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato nel caso di
a)               diniego di giustizia,
b)               ovvero nei casi in cui la violazione manifesta della legge
c)                nonchè del diritto dell’Unione europea
d)                ovvero il travisamento del fatto o delle prove, di cui all’articolo 2, commi 2, 3 e 3 – bis, sono stati determinati da dolo o negligenza inescusabile (ndr: mancano i parametri dell’inescusabilità e della negligenza, anche perché, sul punto, v’è giurisprudenza contrastante).
2.                 In nessun caso la transazione è opponibile al magistrato nel giudizio di rivalsa o nel giudizio disciplinare.
3.                I giudici popolari rispondono soltanto in caso di dolo. I cittadini estranei (ndr: componenti laici ???) alla magistratura che concorrono a formare o formano organi giudiziari collegiali rispondono in caso di dolo o negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove (ndr: per ravvisarsi un travisamento del fatto o delle prove, deve, comunque, sussistere negligenza inescusabile? Manca chiarezza!!!).
 
Art 8
Competenza per l’azione di rivalsa e misura della rivalsa
1.                L’azione di rivalsa deve essere promossa dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
2.                  L’azione di rivalsa deve essere proposta davanti al tribunale del capoluogo del distretto della corte d’appello, da determinarsi a norma dell’art. 11 del codice di procedura penale e dell’art 1 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n°271.
3.                 La misura della rivalsa non può superare una somma pari alla metà di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l’azione di risarcimento è proposta, anche se dal fatto è derivato danno a più persone e queste hanno agito con distinte azioni di responsabilità.
Tale limite non si applica al fatto commesso con dolo. L’esecuzione della rivalsa, quando viene effettuata mediante trattenuta sullo stipendio, non può comportare complessivamente il pagamento per rate mensili in misura superiore ad un terzo dello stipendio netto.
 
Art 9
Azione Disciplinare
1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione per i magistrati ordinari (ndr: dlgs 23/2/2006 n. 109, modificato dalla legge 24/10/2006 n. 269 – governo Prodi – in appendice) o il titolare dell’azione disciplinare negli altri casi (ndr: ad esempio, nella magistratura contabile, il procuratore generale) devono esercitare l’azione disciplinare nei confronti del magistrato per i fatti che hanno dato causa all’azione di risarcimento, salvo che non sia stata già proposta[5]. Resta ferma la facoltà del Ministro di grazia e giustizia (ndr: errore, oggi solo Ministero della Giustizia) di cui al secondo comma dell’art. 107 della Costituzione[6].
2. Gli atti del giudizio disciplinare possono essere acquisiti, su istanza di parte o d’ufficio, nel giudizio di rivalsa.
3. La disposizione di cui all’art. 2, che circoscrive la rilevanza della colpa ai casi di colpa grave ivi previsti, non si applica nel giudizio disciplinare (ndr: quindi sussiste ancora l’intero Dlgs 109/06).
 
Art 10
Consiglio di presidenza della Corte dei conti
1. Fino all’entrata in vigore della legge di riforma della Corte dei conti, la competenza per i giudizi disciplinari e per i provvedimenti attinenti e conseguenti che riguardano le funzioni dei magistrati della Corte dei conti è affidata al consiglio di presidenza.
2. Il consiglio di presidenza è composto:
a) dal presidente della Corte dei conti, che lo presiede;
b) dal procuratore generale della Corte dei conti;
c) dal presidente di sezione più anziano;
d) da quattro cittadini scelti di intesa tra i Presidenti delle due Camere tra i professori universitari ordinari di materie giuridiche o gli avvocati con quindici anni di esercizio professionale;
e) da dieci magistrati ripartiti tra le qualifiche di presidente di sezione, consigliere o vice procuratore, primo referendario e referendario in proporzione alla rispettiva effettiva consistenza numerica quale risulta dal ruolo alla data del 1º gennaio dell’anno di costituzione dell’organo.
3. Alle adunanze del consiglio di presidenza partecipa il segretario generale senza diritto di voto.
4. Il consiglio di presidenza ha il compito di decidere in ordine alle questioni disciplinari. Alle adunanze che hanno tale oggetto non partecipa il segretario generale ed il procuratore generale è chiamato a svolgervi, anche per mezzo dei suoi sostituti, esclusivamente le funzioni inerenti alla promozione dell’azione disciplinare e le relative richieste.
5. I cittadini di cui alla lettera d) del comma 2 non possono esercitare alcuna attività suscettibile di interferire con le funzioni della Corte dei conti.
6. Alla elezione dei componenti di cui alla lettera e) del comma 2 partecipano, in unica tornata, tutti i magistrati con voto personale e segreto.
7. Ciascun elettore ha facoltà di esprimere soltanto una preferenza. Sono nulli i voti espressi oltre tale numero.
8. Per l’elezione è istituito presso la Corte dei conti l’ufficio elettorale nominato dal presidente della Corte dei conti e composto da un presidente di sezione, che lo presiede, e da due consiglieri più anziani di qualifica in servizio presso la Corte dei conti.
9. Il procedimento disciplinare è promosso dal procuratore generale della Corte dei conti. Nella materia si applicano gli articoli 32, 33, commi secondo e terzo, e 34 della legge 27 aprile 1982, n. 186.[7]
10. Fino all’entrata in vigore della legge di riforma della Corte dei conti si applicano in quanto compatibili le norme di cui agli articoli 7, primo, quarto, quinto e settimo comma, 8, 9, quarto e quinto comma, 10, 11, 12, 13, primo comma, numeri 1), 2), 3), e secondo comma, numeri 1), 2), 3), 4), 8), 9), della legge 27 aprile 1982, n. 186.[8]
 
Art. 11
Disposizioni concernenti i referendari
e primi referendari della Corte dei conti
1.     é abolito il rapporto informativo di cui agli articoli 29 del regio decreto 12 ottobre 1933, n. 1364, e 4 della legge 13 ottobre 1969, n. 691[9].
2.     Si applicano ai referendari e primi referendari della Corte dei conti gli articoli 17, 18, 50, settimo comma, e 51, primo comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186, con decorrenza dall’entrata in vigore della presente legge.
3.     Al relativo onere si provvede mediante l’indisponibilità per tre anni di cinque posti di quelli cumulativamente previsti per le qualifiche di consigliere, vice procuratore generale, primo referendario e referendario dalla tabella B annessa alla legge 20 dicembre 1961, n. 1345, integrata ai sensi dell’art. 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e dell’art. 7 della legge 8 ottobre 1984, n. 658.
 
 
Art. 12
Stato giuridico ed economico dei componenti non magistrati del consiglio di presidenza della Corte dei conti
1.                Per lo stato giuridico dei componenti non magistrati del consiglio di presidenza della Corte dei conti si osservano in quanto applicabili le disposizioni di cui alla legge 24 marzo 1958, n. 195, e successive modificazioni. Il trattamento economico di tali componenti è stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, avuto riguardo alle incompatibilità, ai carichi di lavoro ed all’indennità dei componenti del Consiglio superiore della magistratura eletti dal Parlamento.
 
Art. 13
Responsabilità civile per fatti costituenti reato
1.                Chi ha subito un danno in conseguenza di un fatto costituente reato commesso dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni ha diritto al risarcimento nei confronti del magistrato e dello Stato.
In tal caso l’azione civile per il risarcimento del danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile civile sono regolati dalle norme ordinarie.
2.                All’azione di regresso dello Stato che sia tenuto al risarcimento nei confronti del danneggiato si procede altresì secondo le norme ordinarie relative alla responsabilità dei pubblici dipendenti.
2 bis. Il mancato esercizio dell’azione di regresso, di cui al comma 2, comporta responsabilità contabile. Ai fini dell’accertamento di tale responsabilità, entro il 31 gennaio di ogni anno la Corte dei conti acquisisce informazioni dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro della giustizia sulle condanne al risarcimento dei danni per fatti costituenti reato commessi dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, emesse nel corso dell’anno precedente e sull’esercizio della relativa azione di regresso.
 
 
Art. 14
Riparazione per errori giudiziari
1                   Le disposizioni della presente legge non pregiudicano il diritto alla riparazione a favore delle vittime di errori giudiziari e di ingiusta detenzione.
 
Art. 15
Patrocinio gratuito per i meno abbienti (ndr: Esenzioni)
1.                Chi ha un reddito imponibile risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi presentata inferiore a lire dieci milioni (ndr: da convertire in euri), ovvero non è tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi, ha diritto alla gratuità del giudizio e al patrocinio a spese dello Stato per l’esercizio dell’azione civile ai sensi della presente legge.
2.                Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dagli articoli 10 e seguenti della legge 11 agosto 1973, n. 533.[10]
3.                Il Ministro di grazia e giustizia (ndr: della Giustizia), con proprio decreto, aggiorna entro il 30 aprile di ciascun anno l’importo di cui al comma 1 sulla base dell’indice di svalutazione monetaria rilevato dall’ISTAT per l’anno precedente.
 
Art. 16
Responsabilità dei componenti gli organi giudiziari collegiali
1.                All’art. 148 del codice di procedura penale dopo il comma terzo è aggiunto il seguente:
“Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale il quale deve contenere la menzione della unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell’ufficio”.[11]
2.                All’art. 131 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
“Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale, il quale deve contenere la menzione dell’unanimità della decisione o del dissenso, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell’ufficio”.[12]
3.                Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai provvedimenti di altri giudici collegiali aventi giurisdizione in materia penale e di prevenzione; le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche ai provvedimenti dei giudici collegiali aventi giurisdizione in ogni altra materia. Il verbale delle deliberazioni è redatto dal meno anziano dei componenti del collegio o, per i collegi a composizione mista, dal meno anziano dei componenti togati, ed è sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso.
4.                Nei casi previsti dall’art. 3, il magistrato componente l’organo giudiziario collegiale risponde, altresì, in sede di rivalsa, quando il danno ingiusto, che ha dato luogo al risarcimento, è derivato dall’inosservanza di obblighi di sua specifica competenza.
5.                Il tribunale innanzi al quale è proposta l’azione di rivalsa ai sensi dell’art. 8 chiede la trasmissione del plico sigillato contenente la verbalizzazione della decisione alla quale si riferisce la dedotta responsabilità e ne ordina l’acquisizione agli atti del giudizio.
6.                Con decreto del Ministro di grazia e giustizia (ndr: della Giustizia) vengono definiti i modelli dei verbali di cui ai commi 1, 2 e 3 e determinate le modalità di conservazione dei plichi sigillati nonché della loro distruzione quando sono decorsi i termini previsti dall’art. 4.
 
Art. 17
Modifica dell’articolo 328 del codice penale
1.                Il secondo comma dell’articolo 328 del codice penale e sostituito dal seguente:
“Se il pubblico ufficiale è un magistrato, vi è omissione o ritardo quando siano decorsi i termini previsti dalla legge perché si configuri diniego di giustizia”[13].
 
Art. 18
Misure finanziarie
1.                Agli oneri conseguenti all’attuazione dell’art. 15 della presente legge, valutati in lire 2.000 milioni in ragione d’anno a decorrere dall’esercizio 1988, si fa fronte mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1988 – 1990, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1988, utilizzando parzialmente l’accantonamento “Revisione della normativa in materia di patrocinio gratuito”.
2.                Gli altri oneri derivanti dall’attuazione della presente legge sono imputati ad apposito capitolo da istituire “per memoria” nello stato di previsione del Ministero del tesoro alla cui dotazione si provvede, in considerazione della natura della spesa, mediante prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine iscritto nel medesimo stato di previsione.
3.                Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
 
Art. 19
Entrata in vigore
1.                La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
2.                 La presente legge non si applica ai fatti illeciti posti in essere dal magistrato, nei casi previsti dagli articoli 2 e 3, anteriormente alla sua entrata in vigore.
 
 
 
 


[1] Le parole “che derivino da privazione della libertà personale” sono soppresse dall’art. 2, 1° comma, lettera a) della legge 27 febbraio 2015, n. 18.
[2] I procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato, che secondo le norme di questo capo sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di corte d’appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni o le esercitava al momento del fatto, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello determinato dalla legge.
2. Se nel distretto determinato ai sensi del comma 1 il magistrato stesso è venuto ad esercitare le proprie funzioni in un momento successivo a quello del fatto, è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso distretto di corte d’appello determinato ai sensi del medesimo comma 1.
3. I procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato sono di competenza del medesimo giudice individuato a norma del comma 1.
[3] Agli effetti di quanto stabilito dall’art. 11 del Codice, per determinare il distretto di Corte di Appello più vicino si tiene conto della distanza chilometrica ferroviaria, e se del caso marittima, tra i capoluoghi di distretto.
[4] Articolo abrogato dal 2° comma dell’art. 3 della Legge 27 febbraio 2015, n. 18.
[5] Le parole “entro due mesi dalla comunicazione di cui al comma 5 dell’articolo 5” sono soppresse dall’art. 6 della Legge 27 febbraio 2015, n. 18.
[6] I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.
Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
[7] Art 32 – Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge si applicano ai magistrati le norme previste per i magistrati ordinari in materia di sanzioni disciplinari e del relativo procedimento. Art 33 (2° e 3° comma) – Il consiglio di presidenza, nel termine di 10 giorni dal ricevimento della richiesta di apertura di procedimento disciplinare, affida ad una commissione, composta da tre dei suoi componenti, l’incarico di procedere agli accertamenti preliminari da svolgersi entro 30 giorni. Sulla base delle risultanze emerse, il consiglio di presidenza provvede a contestare i fatti al magistrato con invito a presentare entro 30 giorni le sue giustificazioni, a seguito delle quali, ove non ritenga di archiviare gli atti, incarica la commissione prevista dal secondo comma di procedere alla istruttoria, che deve essere conclusa entro 90 giorni con deposito dei relativi atti presso la segreteria del consiglio di presidenza. Di tali deliberazioni deve essere data immediata comunicazione all’interessato. Art 34 – Il presidente del Consiglio di Stato, trascorso comunque il termine di cui all’ultimo comma dell’articolo precedente, fissa la data della discussione dinanzi al consiglio di presidenza con decreto da notificarsi almeno quaranta giorni prima all’interessato, il quale può prendere visione ed estrarre copia degli atti e depositare le sue difese non oltre dieci giorni prima della discussione. Nella seduta fissata per la trattazione, il componente della commissione di cui al secondo comma dell’articolo precedente, più anziano nella qualifica, svolge la relazione. Il magistrato inquisito ha per ultimo la parola ed ha facoltà di farsi assistere da altro magistrato.
[8] Art 7 (1° comma) – In attesa del generale riordino dell’ordinamento della giustizia amministrativa sulla base della unicità di accesso e di carriera, con esclusione di automatismi collegati all’anzianità di servizio, il consiglio di presidenza è costituito con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. Esso ha sede in Roma, presso il Consiglio di Stato, ed è composto: a) dal presidente del Consiglio di Stato, che lo presiede; b) da quattro magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato; c) da sei magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali; d) da quattro cittadini eletti, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori ordinari di università in materie giuridiche o gli avvocati con venti anni di esercizio professionale; e) da due magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato con funzioni di supplenti dei componenti di cui alla lettera b); f) da due magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali, con funzioni di supplenti dei componenti di cui alla lettera c).
Art 7 (5° e 7° comma) – I componenti di cui al comma 1, lettera d), non possono esercitare alcuna attività suscettibile di interferire con le funzioni del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali. Ad essi si applica il disposto dell’articolo 12 della legge 13 aprile 1988, n. 117.
Il vice presidente, eletto dal consiglio tra i componenti di cui al comma 1, lettera d), sostituisce il presidente ove questi sia assente o impedito.
Art 8 – Non sono eleggibili al consiglio di presidenza i magistrati che, al momento della indizione delle elezioni, non esercitano funzioni istituzionali. Non possono essere eletti componenti del consiglio di presidenza, e sono altresì esclusi dal voto, i magistrati ai quali sia stata inflitta, a seguito di giudizio disciplinare, una sanzione più grave dell’ammonimento. Sono tuttavia eleggibili, ed hanno altresì diritto al voto, i magistrati sottoposti a censura, quando dalla data del relativo provvedimento siano trascorsi almeno tre anni e non sia intervenuta altra sanzione disciplinare.
Art 10 – L’ufficio elettorale decide a maggioranza sulle contestazioni sorte durante le operazioni di voto, nonché su quelle relative alla validità delle schede, dandone atto nel verbale delle operazioni elettorali. I reclami relativi alla eleggibilità e alle operazioni elettorali vanno indirizzati al consiglio di presidenza e debbono pervenire alla segreteria di quest’ultimo entro il quindicesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati. Essi non hanno effetto sospensivo. Il consiglio di presidenza decide sui reclami nella sua prima adunanza.
Art 11 – Il consiglio di presidenza, qualora ne sia impossibile il funzionamento, è sciolto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Le nuove elezioni sono indette entro un mese dalla data di scioglimento.
Art 12 – Per la validità delle deliberazioni del consiglio di presidenza è necessaria la presenza di almeno nove componenti. Le deliberazioni sono prese a maggioranza e a voto palese; in caso di parità, prevale il voto del presidente. Il consiglio delibera a scrutinio segreto sui provvedimenti riguardanti persone e lo stato giuridico dei magistrati. Delibera altresì a scrutinio segreto su richiesta di almeno quattro componenti presenti. Il consiglio di presidenza è convocato dal presidente o, in sua assenza, dal vice presidente, anche su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti.
Art 13 – Il consiglio di presidenza: 1) verifica i titoli di ammissione dei componenti eletti dai magistrati e decide sui reclami attinenti alle elezioni; 2) disciplina con regolamento interno il funzionamento del consiglio; 3) formula proposte per l’adeguamento e l’ammodernamento delle strutture e dei servizi, sentiti i presidenti dei tribunali amministrativi regionali; 4) predispone elementi per la redazione della relazione del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al successivo articolo 31; 5) stabilisce i criteri di massima per la ripartizione degli affari consultivi e dei ricorsi rispettivamente tra le sezioni consultive e tra quelle giurisdizionali del Consiglio di Stato; 6) stabilisce i criteri di massima per la ripartizione dei ricorsi nell’ambito dei tribunali divisi in sezioni; 6-bis) determina i criteri e le modalità per la fissazione dei carichi di lavoro dei magistrati. Esso inoltre delibera: 1) sulle assunzioni, assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferimenti, promozioni, conferimento di uffici direttivi e su ogni altro provvedimento riguardante lo stato giuridico dei magistrati; 2) sui provvedimenti disciplinari riguardanti i magistrati; 3) sul conferimento ai magistrati stessi di incarichi estranei alle loro funzioni, in modo da assicurare un’equa ripartizione sia degli incarichi, sia dei relativi compensi; 4) sulle piante organiche del personale di magistratura dei tribunali amministrativi regionali e sulla eventuale divisione in sezioni dei tribunali stessi; 5) sulla dispensa, in casi eccezionali e per motivate ragioni, dalla osservanza dell’obbligo di cui al successivo articolo 26, sempre che la assegnazione di sede non sia avvenuta a domanda; 6) sulle piante organiche del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, sentito il consiglio di amministrazione; 7) sui criteri per la formazione delle commissioni speciali; 8) sul collocamento fuori ruolo; 9) su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge. I provvedimenti riguardanti lo stato giuridico dei magistrati sono adottati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. I provvedimenti di cui ai numeri 3), 5) e 7) sono adottati con decreto del presidente del Consiglio di Stato; quelli di cui ai numeri 6) e 8) con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; quelli di cui al n. 4), nonché quelli di cui all’articolo 20, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. Ai magistrati di cui alla presente legge si applica l’articolo 5 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054. Il parere del Consiglio di Stato in adunanza generale è richiesto dal consiglio di presidenza. Il consiglio di presidenza può disporre ispezioni sui servizi di segreteria del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, affidandone l’incarico ad uno dei suoi componenti.
[9] Art 29 (regio decreto) – Alla fine di ogni anno i presidenti di sezione, il procuratore generale e il segretario generale trasmettono al presidente un rapporto informativo riservato sull’attività dei magistrati da essi rispettivamente dipendenti. Art 4 legge 691/1969 – Il rapporto informativo di cui all’articolo 29 del regolamento approvato con regio decreto 12 ottobre 1933, n. 1364 (3), deve essere comunicato integralmente all’interessato
[10] Art. 10 – L’articolo unico della legge 2 aprile 1958, n 319, è sostituito dal seguente: “Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle cause per controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, gli atti relativi ai provvedimenti di conciliazione dinanzi agli uffici del lavoro e della massima occupazione o previsti da contratti o accordi collettivi di lavoro nonché alle cause per controversie di previdenza e assistenza obbligatorie sono esenti, senza limite di valore o di competenza, dall’imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
Sono allo stesso modo esenti gli atti e i documenti relativi alla esecuzione sia immobiliare che mobiliare delle sentenze ed ordinanze emesse negli stessi giudizi, nonché quelli riferentisi a recupero dei crediti per prestazioni di lavoro nelle procedure di fallimento, di concordato preventivo e di liquidazione coatta amministrativa.
Sono abolite relativamente ai ricorsi amministrativi riferentisi ai rapporti di pubblico impiego le tasse di cui all’art. 7 della legge 21 dicembre 1950, n. 1018.
Le spese relative ai giudizi sono anticipate dagli uffici giudiziari e poste a carico dell’erario.
Le disposizioni di cui al primo comma si applicano alle procedure di cui agli articoli 618-bis, 825 e 826 del codice di procedura civile”.
Art. 11Per le controversie di cui agli articoli 409 e 442 del codice di procedura civile e per quelle concernenti il rapporto di lavoro dei dipendenti dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti pubblici non economici, sono ammesse al patrocinio a spese dello Stato le parti non abbienti, le cui ragioni risultino non manifestamente infondate.
Ai fini del precedente comma sono considerati non abbienti coloro che possono contare su un reddito annuo non superiore a lire due milioni, al netto di imposte, tasse, contributi previdenziali ed assistenziali, premi di assicurazione sulla vita, quote di aggiunta di famiglia od assegni familiari.
Lo stato di non abbienza è desunto da una dichiarazione sottoscritta dalla parte istante con firma autenticata da un notaio, cancelliere o segretario comunale. Se l’istante è analfabeta la dichiarazione è sostituita dal processo verbale redatto dai pubblici ufficiali predetti.
La dichiarazione deve contenere l’indicazione:
1) del reddito di lavoro;
2) delle risorse di qualunque natura, diverse da quelle di lavoro, di cui l’istante abbia direttamente o indirettamente la libera disponibilità o comunque il godimento;
3) dei beni immobili, anche se non produttivi di reddito, dei quali egli abbia la proprietà o altro diritto reale;
4) dei beni mobili registrati.
La dichiarazione mendace, tale da incidere sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, è punita ai sensi del codice penale ed importa in ogni caso la decadenza dal beneficio ed il recupero di quanto anticipato dallo Stato.
Il pubblico ufficiale che autentica la sottoscrizione o redige il processo verbale, ai sensi del terzo comma, ammonisce il dichiarante sulle responsabilità penali e sulle conseguenze civili cui può andare incontro in caso di dichiarazione mendace.
In qualunque stato della causa o del procedimento l’intendenza di finanza, qualora ritenga inesistente lo stato di non abbienza o mutata la condizione economica della persona ammessa al beneficio, può su ricorso motivato, da notificarsi alla parte interessata, chiedere al giudice che emanò il provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato la revoca del provvedimento medesimo.
Ai fini di cui al comma precedente le cancellerie degli uffici giudiziari comunicano mensilmente all’intendenza di finanza un elenco nominativo delle persone ammesse, corredato dalle dichiarazioni sulla non abbienza.
Art. 12 – Quando la parte che chiede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è persona coniugata si considerano cumulativamente le condizioni di abbienza dei coniugi, sempre che non si tratti di coniugi legalmente separati o di lite tra coniugi.
Quando si tratti di lite nell’interesse di un minore, è richiesta anche la prova dello stato di non abbienza dei genitori, considerate cumulativamente le loro condizioni.
Art. 13 – La domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, corredata dalle dichiarazioni di cui all’articolo 11, deve essere presentata, in carta semplice, contestualmente agli atti di cui agli articoli 414 e 416 del codice di procedura civile.
Il giudice dispone sull’ammissione con decreto motivato, da pronunciarsi non oltre la udienza di cui all’articolo 420 del codice di procedura civile.
Con il provvedimento di ammissione viene nominato il difensore, scelto tra gli avvocati e procuratori iscritti nell’albo del tribunale nel cui circondario ha sede il giudice competente per territorio, indicati dall’istante nella domanda, o, in mancanza di tale indicazione, dal locale Consiglio dell’ordine.
Qualora la parte beneficiaria risulti vittoriosa totalmente o parzialmente, l’ammissione vale per tutti i gradi di giurisdizione; qualora resti invece totalmente soccombente e proponga impugnazione, l’ammissione deve essere nuovamente disposta dal giudice competente per l’impugnazione.
Art. 14 – L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato comporta la difesa gratuita per la causa in ordine alla quale ebbe luogo l’ammissione al patrocinio medesimo, salvo il diritto dello Stato alla ripetizione degli onorari della parte contraria non ammessa al patrocinio a carico dello Stato e condannata alle spese con sentenza passata in giudicato.
Sono anticipate da parte dello Stato le spese effettivamente sostenute da difensori, consulenti tecnici o periti anche di parte, ausiliari del giudice, notai e pubblici funzionari che abbiano all’uopo prestato la propria opera, nonché le spese e indennità necessarie per la audizione di testimoni; ed annotati a debito i diritti, le competenze, gli onorari anche per vacazioni ad essi spettanti, con liquidazione da effettuarsi, in osservanza delle leggi e tariffe professionali, dal giudice con il provvedimento che decide la causa.
Art. 15 – Le disposizioni degli articoli precedenti relative al patrocinio a spese dello Stato si applicano sino alla entrata in vigore delle norme di legge che assicureranno ai non abbienti, per le controversie avanti a ogni giurisdizione, il patrocinio a spese dello Stato.
Art. 16 – I fondi necessari per l’applicazione degli articoli della presente legge relativi alla gratuità del giudizio e al patrocinio a spese dello Stato sono stanziati sull’apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero di grazia e giustizia.
L’onere a carico dello Stato derivante dagli articoli predetti dalla presente legge per l’esercizio finanziario 1973 è previsto in lire 1.000 milioni.
Disposizioni sul regime transitorio e sulle strutture giudiziarie.
Art. 17 – L’art. 35 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è così modificato:
“Gli uffici di pretura possono essere costituiti in più sezioni. Nelle preture costituite in sezioni sono annualmente designate le sezioni alle quali sono devoluti promiscuamente o separatamente gli affari civili, gli affari penali e i giudizi in grado di appello, nonché separatamente le controversie di lavoro.
A ciascuna sezione debbono essere destinati i magistrati nel numero richiesto dalle esigenze del servizio, tenuto conto del numero dei processi pendenti e dell’urgenza della definizione delle controversie”.
Art. 18 – L’art. 46 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è così modificato:
“Il tribunale può essere costituito in più sezioni. Nei tribunali costituiti in sezioni sono annualmente designate le sezioni alle quali sono devoluti, promiscuamente o separatamente, gli affari civili, gli affari penali e i giudizi in grado di appello, nonché separatamente le controversie di lavoro. A ciascuna sezione debbono essere destinati i magistrati nel numero richiesto dalle esigenze del servizio, tenuto conto del numero dei processi pendenti e della urgenza della definizione delle controversie”.
Art. 19 – Presso la Corte di cassazione è istituita una sezione incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie di lavoro e di quelle in materia di previdenza e di assistenza. La Corte di cassazione nella detta sezione giudica col numero invariabile di cinque votanti.
Art. 20 – Le norme previste dalla presente legge sono applicabili anche ai giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore.
I giudizi pendenti a tale data in ogni grado sono definiti dallo stesso giudice che ne conosceva in base alle norme di competenza anteriormente vigenti.
Per le cause pendenti in primo grado avanti il tribunale, ove non siano pervenute alla fase decisoria, il giudice istruttore decide in funzione di giudice unico.
L’appello è proposto avanti la corte d’appello.
Art. 21 – Entro il 31 marzo successivo alla data di pubblicazione della presente legge, ed entro la stessa data di ogni anno successivo, i presidenti delle corti d’appello invieranno al Consiglio superiore della magistratura e al Ministro per la grazia e giustizia i dati statistici relativi alle controversie disciplinate dalla presente legge, comprendenti in particolare l’indicazione per ciascun ufficio del distretto del numero dei procedimenti pendenti al 31 dicembre dell’anno precedente, nonché quello dei procedimenti sopravvenuti entro lo stesso anno.
Alla attribuzione dei posti di organico alle singole preture si dovrà provvedere sulla base di richieste motivate dei presidenti di corte d’appello anche a garanzia dell’osservanza dei termini previsti dal titolo IV del libro secondo del codice di procedura civile, sostituito dall’articolo 1 della presente legge.
Nella copertura dei posti di organico presso le preture dovrà essere data la precedenza ai magistrati che, per essere stati già addetti esclusivamente alla trattazione delle controversie di lavoro per almeno due anni o per altro motivo, abbiano una particolare competenza in materia; in tal caso il magistrato trasferito non potrà essere incaricato della trattazione di controversie o di affari di diversa natura, se non dopo che siano trascorsi cinque anni dalla presa di possesso dell’ufficio, salvo che non ricorrano particolari motivi da indicare espressamente nel provvedimento di assegnazione.
Il Ministro di grazia e giustizia d’intesa con il Consiglio superiore della magistratura organizza ogni anno uno o più corsi di preparazione per i magistrati che intendono acquisire una particolare specializzazione in materia. A tali corsi, che possono essere organizzati anche in collaborazione con istituti o scuole di perfezionamento presso le università degli studi, sono ammessi i magistrati che ne facciano richiesta.
Per la copertura dei posti di organico presso le preture e i tribunali costituiti in più sezioni, sia la richiesta che la pubblicazione dei posti dovranno essere fatte con espresso riferimento alle esigenze di assegnazione i magistrati alle sezioni incaricate della trattazione delle controversie previste dalla presente legge; e dovrà, altresì, essere data la preferenza ai magistrati che, per essere stati già addetti esclusivamente alla trattazione delle controversie sopra ricordate per almeno due anni e per avere partecipato ai corsi di cui al comma precedente o per altra causa, abbiano una particolare competenza in materia. Anche in tal caso il magistrato trasferito non potrà essere incaricato della trattazione di controversie o di affari di diversa natura, se non dopo che siano trascorsi cinque anni dalla presa di possesso dell’ufficio, salvo che non ricorrano particolari motivi da indicare espressamente nel provvedimento di assegnazione.
Art. 22 – Fino a che non siano state decise tutte le controversie pendenti in primo grado innanzi alle preture e ai tribunali ed instaurate prima dell’entrata in vigore della presente legge, il numero dei magistrati addetti esclusivamente alla trattazione delle controversie di lavoro non potrà essere inferiore ad un terzo di quello di tutti i magistrati incaricati della trattazione delle controversie e degli affari civili.
Il Consiglio superiore della magistratura, su proposta dei dirigenti degli uffici, provvede alle variazioni di organico della sezioni entro la data di entrata in vigore della presente legge.
Il capo dell’ufficio designerà i magistrati delle sezioni per le controversie di lavoro che dovranno provvedere esclusivamente alla definizione delle cause pendenti alla data di entrata in vigore della legge.
Agli altri magistrati della stessa sezione, sul cui ruolo non dovranno gravare cause pendenti a quella data, saranno assegnate le controversie instaurate dopo l’entrata in vigore della legge.
Art. 23 – Nelle prove orali del concorso per la nomina ad uditore giudiziario previsto dall’articolo 123 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono inclusi il diritto del lavoro e la legislazione sociale.
Art. 24 – Per provvedere alle maggiori spese di ufficio dei tribunali e delle preture e all’adeguamento delle attrezzature delle preture in dipendenza della presente legge, gli stanziamenti dei capitoli 1114 e 1115 dello stato di previsione della spesa del Ministero di grazia e giustizia per l’anno finanziario 1973 sono aumentati rispettivamente della somma di lire 300 milioni e della somma di lire 1450 milioni.
Art. 25 – Il ruolo organico della magistratura è aumentato di trecento unità, con una maggiore spesa annua complessiva di lire 1.373.040.000.
Pertanto la tabella allegata alla legge 17 marzo 1969, n. 84, è sostituita dalla tabella A allegata alla presente legge.
Art. 26 – Al fine di sopperire alle esigenze derivanti dall’applicazione della presente legge, i ruoli organici del personale della carriera delle cancellerie e dei coadiutori giudiziari sono aumentati rispettivamente di 200 e 250 unità, con una maggiore spesa annua complessiva di lire 819.720.000.
Alle cancellerie addette alle sezioni per le controversie di lavoro devono destinarsi stabilmente cancellieri e coadiutori giudiziari in numero almeno pari alla metà dei magistrati di fatto applicati alle sezioni medesime per le preture, e ad un terzo per i tribunali.
I concorsi sono indetti dal Ministero di grazia e giustizia su base distrettuale. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6 e 33 del D.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077.
I bandi di concorso debbono indirsi entro il termine di entrata in vigore della legge meta di pubblicazione della presente legge ed i concorsi debbono essere espletati entro il termine di entrata in vigore della legge medesima.
Il Ministro per la grazia e giustizia ha facoltà di mettere a concorso oltre i posti già disponibili alla data del bando anche quelli che si renderanno vacanti nel semestre successivo.
Le nomine ai posti messi a concorso in eccedenza a quelli disponibili alla data del decreto sono conferite al verificarsi delle singole vacanze.
Ai coadiutori giudiziari, oltre a quelli di ordine, possono essere affidati compiti di assistenza del giudice in udienza.
Art. 27 – I presidenti delle corti di appello, in attesa dell’espletamento dei concorsi di cui all’articolo precedente, per sopperire alle esigenze degli uffici di cancelleria addetti alle sezioni per le controversie di lavoro, possono autorizzare i presidenti dei tribunali e i dirigenti delle preture, a richiesta degli stessi, ad assumere dattilografi e stenodattilografi non di ruolo da destinare esclusivamente agli anzidetti uffici di cancelleria.
Art. 28 – Le disposizioni di cui all’ultimo comma dell’articolo 3 della legge 24 maggio 1970, n. 336, e al penultimo comma dell’articolo 67 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, non si applicano, con effetto dalla data di entrata in vigore delle disposizioni medesime, ai magistrati ed al personale dipendente dal Ministero di grazia e giustizia.
Art. 29 – All’onere finanziario derivante dalla presente legge, valutato per l’anno 1973 in complessive lire 4.942.760 mila, si provvede con corrispondente riduzione del fondo di cui al capitolo 3523 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l’anno medesimo.
Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 30 – Salvo quanto disposto dal quarto comma dell’articolo 26, la presente legge entra in vigore 90 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
[11] Art 148 – Le notificazioni degli atti, salvo che la legge disponga altrimenti, sono eseguite dell’ufficiale giudiziario o da chi ne esercita le funzioni. Nei procedimenti con detenuti ed in quelli davanti al tribunale del riesame il giudice può disporre che, in caso di urgenza, le notificazioni siano eseguite dalla Polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti, con l’osservanza delle norme del presente titolo. L’autorità giudiziaria può disporre che le notificazioni o gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei. L’ufficio che invia l’atto attesta in calce ad esso di aver trasmesso il testo originale. L’atto è notificato per intero, salvo che la legge disponga altrimenti, di regola mediante consegna di copia al destinatario oppure, se ciò non è possibile, alle persone indicate nel presente titolo. Quando la notifica non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, l’ufficiale giudiziario o la polizia giudiziaria consegnano la copia dell’atto da notificare, fatta eccezione per il caso di notificazione al difensore o al domiciliatario, dopo averla inserita in busta che provvedono a sigillare trascrivendovi il numero cronologico della notificazione e dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto. La consegna di copia dell’atto all’interessato da parte della cancelleria ha valore di notificazione. Il pubblico ufficiale addetto annota sull’originale dell’atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che sono dati dal giudice verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale. Le comunicazioni, gli avvisi ed ogni altro biglietto o invito consegnati non in busta chiusa a persona diversa dal destinatario recano le indicazione strettamente necessarie.
[12] Art 131 – Nel deliberare i provvedimenti la corte d’appello applica le disposizioni dell’articolo 276 del Codice.
Il relatore vota per primo, quindi votano i consiglieri in ordine inverso di anzianità e per ultimo il presidente.
La scelta dell’estensore della sentenza è fatta dal presidente tra i componenti il collegio che hanno espresso voto conforme alla decisione.
[13] Art 328 – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a milletrentadue euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

 

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