AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3°, 26/09/2008 (Ud. 13/05/2008), Sentenza n. 36845
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Radio Vaticana - Getto pericoloso di cose - Art.
674 cod. pen - Configurabilità - Condizioni - Superamento dei limiti tabellari -
Configurabilità dell'illecito amministrativo o dell'illecito penale -
Presupposti. In materia di inquinamento elettromagnetico: a) il fenomeno
dell’emissione di onde elettromagnetiche rientra, per effetto di una
interpretazione estensiva, nell’ambito dell’art. 674 cod. pen.; b) detto reato è
configurabile solo quando sia stato provato, in modo certo ed oggettivo, il
superamento dei limiti di esposizione o dei valori di attenzione previsti dalle
norme speciali e sia stata obiettivamente accertata un’effettiva e concreta
idoneità delle emissioni ad offendere o molestare le persone, ravvisabile non in
astratto ma in concreto; c) il mero superamento dei limiti tabellari, non
accompagnato dalla prova certa ed oggettiva di un effettivo e concreto pericolo
di nocumento per la salute e la tranquillità delle persone, configura solo
l’illecito amministrativo previsto dall’art. 15 della legge 22 febbraio 2001, n.
36. (Presidente E. Lupo, Relatore A. Franco, Imp. Tucci ed altri). CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 26/09/2008 (Ud. 13/05/2008), Sentenza n. 36845
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Radio Vaticana - Getto pericoloso di cose -
Concreto pericolo di nocumento - Art. 674 cod. pen - Superamento dei limiti
tabellari - Art. 15 L. n. 36/2001 - Disciplina applicabile. Nei casi
d’inquinamento elettromagnetico, il semplice superamento dei limiti tabellari dà
luogo ad un illecito amministrativo punito con le sanzioni previste dall'art. 15
della legge 22 febbraio 2001, n. 36. Mentre, se poi, oltre al superamento dei
limiti, vi sia anche la prova certa ed oggettiva di un effettivo e concreto
pericolo di nocumento per la salute o la tranquillità delle persone, allora
potrà essere ravvisabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen.. (Presidente E.
Lupo, Relatore A. Franco, Imp. Tucci ed altri). CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. 3°, 26/09/2008 (Ud. 13/05/2008), Sentenza n. 36845
www.AmbienteDiritto.it
UDIENZA
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
composta dagli ill.mi Signori:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Omissis
Svolgimento del processo
1. Il cardinale Roberto Tucci, presidente del Comitato di gestione, mons.
Pasquale Borgomeo, Direttore generale, e 1'ing. Costantino Pacifici, vice
di-rettore tecnico, vennero rinviati a giudizio per rispondere del reato di cui
all'art. 674 cod. pen. per avere, quali responsabili della Radio Vaticana,
diffuso, tramite gli impianti siti in Santa Maria in Galena, radiazioni
elettromagnetiche atte ad offendere o molestare persone residenti nelle aree
circostanti, ed in particolare a Cesano di Roma, arrecando alle stesse disagio,
disturbo, fastidio e turbamento.
Con sentenza del 19 febbraio 2002 il giudice del tribunale di Roma dichiarò il
difetto di giurisdizione ai sensi dell'art. 11 del Trattato 11 febbraio 1929 tra
Italia e Santa Sede. La sentenza venne però annullata da questa Corte.
A seguito dell'annullamento, il giudice del tribunale di Roma, con sentenza 9
maggio 2005, dichiarò il card. Tucci e mons. Borgomeo responsabili del reato
loro ascritto (il primo fino al 31.12.2000) e li condannò alla pena di dieci
giorni di arresto ciascuno, con la sospensione condizionale della pena e con la
condanna al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da
liquidarsi in separata sede. Assolse invece l'ing. Pacifici per non aver
commesso il fatto.
In sintesi, osservò, tra l'altro, il giudice:
- che l'emissione di onde elettromagnetiche poteva farsi rientrare, in via di
interpretazione estensiva e non di applicazione analogica, nell'ambito della
prima delle due ipotesi previste da 674 cod. pen.;
- che per la sussistenza del reato non era necessario il superamento dei limiti
imposti dalle leggi speciali, perché la clausola «nei casi non consentiti dalla
legge» si riferisce esclusivamente alla seconda ipotesi di reato di cui all'art.
674 cod. pen., ossia alle sole emissioni di gas, vapori e fumo;
- che nella specie potevano ritenersi sussistenti, oltre all'attitudine a
molestare delle onde elettromagnetiche emesse, anche le molestie in concreto
arrecate alle persone residenti nelle zone circostanti;
- che, difatti, doveva considerarsi molestia anche il semplice arrecare
generalizzata preoccupazione ed allarme circa eventuali danni alla salute da
esposizione ad emissioni inquinanti;
-- che era quindi irrilevante la mancanza di una attitudine alla «offesa» alla
persona, la quale richiede la prova della idoneità concreta delle onde
elettromagnetiche a nuocere alla salute delle persone, prova che nella specie
non era stata fornita;
- che era altresì irrilevante l'entrata in vigore della legge 22 febbraio 2001,
n. 36, che disciplina l'emissione delle onde elettromagnetiche e ne stabilisce i
limiti, configurando all'art. 15 il loro superamento come un illecito
amministrativo, perché tale illecito può concorrere con il reato di cui all'art.
674 cod. pen.
qualora, come nella specie, sia provato che è stata arrecata molestia alle
persone, dal momento che tra le due disposizioni non è applicabile il principio
di specialità;
- che doveva presumersi che i limiti fissati dal d.m. n. 381 del 1998 fossero
stati prima del 2002 superati perché un teste aveva dichiarato che la Radio
Vaticana aveva accettato di rientrare nei limiti previsti «per cortesia
diplomatica» in seguito all'accordo raggiunto con lo Stato italiano 1'8 giugno
2001 e perché i disturbi agli apparecchi domestici si erano attenuati dopo il
2002, e che comunque le questioni relative al superamento dei limiti non
incidevano sulla sussistenza del reato anche successivamente al 2002, attesa la
presenza di rilevanti molestie fino al febbraio 2004.
2. La corte d'appello di Roma, con sentenza del 4 giugno 2007, assolse invece
gli imputati perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. In sintesi,
la corte d'appello ritenne che la sussunzione della fattispecie di emissione di
onde elettromagnetiche nella previsione di cui alla prima parte dell'art. 674
cod. pen. costituiva il frutto non già di una semplice interpretazione
estensiva, bensì di una vera e propria applicazione analogica della norma penale
ad una diversa fattispecie caratterizzata dalla identità di ratio,
applicazione che nel nostro ordinamento non è consentita in materia penale.
3.1. Avvero questa sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore
generale della Repubblica presso la corte d'appello di Roma deducendo erronea
applicazione della legge penale e sostenendo, con richiami alla giurisprudenza
di questa Corte, che l'art. 674 cod. pen., ovviamente con riferimento alla sua
prima parte, deve applicarsi anche al fenomeno della emissione di onde
elettromagnetiche non in forza di una applicazione analogica ma per mera
interpretazione estensiva. Fra le altre argomentazioni sostiene che non è di
ostacolo ad una ampia interpretazione del termine «cosa», che comprenda anche le
onde elettromagnetiche, il fatto che l'art. 674 abbia previsto una seconda
ipotesi con la tassativa specificazione delle sole emissioni di gas, vapori o
fumi, perché la seconda parte della disposizione non è affatto equivalente alla
prima, se non altro in quanto, diversamente dalla prima, vieta le emissioni solo
se ciò avvenga nei casi non consentiti dalla legge.
3.2. Propone ricorso per cassazione anche l'Associazione VAS, Verdi Ambiente e
Società, a mezzo degli avv. Giovanni Schiavo e Francesca Romana Fragale,
deducendo violazione di legge e vizio di motivazione perché nella specie si è in
presenza di una interpretazione letterale (ancor più che estensiva) dell'art.
674 cod. pen. e non di una applicazione analogica. In particolare, sostiene che
è ben possibile ricondurre le onde elettromagnetiche al concetto di cosa e che è
ancor più pacifico l'inquadramento del fenomeno nella più ampia categoria delle
emissioni di gas, fumi e vapori.
3.3. Propone ricorso per cassazione Cittadinanzattiva o.n.l.u.s., a mezzo
dell'avv. Adelmo Manna, deducendo erronea applicazione della legge penale e
sostenendo che la fattispecie è sussumibile nell'art. 674 cod. pen. senza dar
luogo ad alcuna applicazione analogica, poiché le energie e le onde
elettromagnetiche sono «cose» per loro natura propria. In particolare, critica
la tesi della sentenza impugnata secondo cui la nozione di «cosa» sarebbe
indirettamente delimitata ai soli oggetti solidi e liquidi dalla espressa
previsione di gas, vapori e fumi nel secondo periodo della disposizione, e ciò
perché per questi ultimi la punibilità della emissione è limitata ai soli casi
non consentiti dalla legge, sicché vi era la necessità di una regolamentazione
specifica di ciò che va considerato come una species del più ampio
genus di cui al primo periodo. Allo stesso modo, anche fra l'espressione
«provocare emissioni» e «gettare» vi è lo stesso rapporto fra specie e genere,
senza che ciò implichi la sottrazione del significato di «emettere» dal verbo
più generale «gettare».
3.4. Materia Roberto, a mezzo dell'avv. Costantino M. Marini, propone ricorso
per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 674 cod.
pen. e degli artt. 12 e 14 delle preleggi e sostenendo anch'egli che l'emissione
di onde elettromagnetiche rientra nella previsione dell'art. 674, prima parte,
cod. pen. Osserva, in particolare, che non può ritenersi che la prima parte
dell'articolo regoli il getto di cose materiali e la seconda di quelle non
materiali, e tanto meno che le onde elettromagnetiche siano escluse da entrambe
le ipotesi, dovendo invece ritenersi che la seconda ipotesi prende in
considerazione solo le cose diffuse a seguito di lecite attività produttive
oggetto di disciplina da parte di leggi speciali.
3.5. Propongono ricorso per cassazione anche Rossi Augusto e Angelone Maria, in
proprio e quali esercenti la potestà sui figli minori Federico e Flavia Rossi,
Zangheri Valter e Pantanella Lina, in proprio e quali esercenti la potestà sui
figli minori Marco e Silvia Zangheri, a mezzo dell'avv. Costantino M. Marini. Il
ricorso è identico a quello di Materia Roberto.
3.6. Propone ricorso per cassazione il Codacons, Coordinamento dei comitati e
delle associazioni di tutela dell'ambiente e dei consumatori, a mezzo dell'avv.
Carlo Rienzi, deducendo:
a) inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 674 cod. pen., il quale
comprende anche l'emissione di onde elettromagnetiche, che rientrano nel
concetto di cosa.
b) erronea applicazione di legge e sussistenza dello elemento soggettivo del
resto.
c) violazione di legge perché l'entrata in vigore dell'art. 15 della legge n.
36/2001 non comporta che il fatto sia considerato reato solo quando sono
superati i limiti di legge. Ed infatti, l'art. 15 cit. sanziona solo le
emissioni che superano i limiti di legge, mentre l'art. 674 cod. pen. punisce, a
prescindere dal superamento dei limiti di legge, il solo fatto di avere
cagionato offesa o molestia alla persona, tutelando le due norme due diversi
interessi giuridici. Nella specie comunque sono stati superati i limiti di
legge.
Motivi della decisione
4. Il quesito posto da tutti i ricorrenti è se sia giuridicamente possibile e
corretta una interpretazione che inquadri il fenomeno della emissione di onde
elettromagnetiche nella fattispecie dell'art. 674 cod. pen. e, più in
particolare, se tale eventuale inquadramento costituisca il risultato di una
mera interpretazione estensiva della disposizione ovvero se ad esso possa in
realtà pervenirsi soltanto mediante una - non consentita in campo penale -
applicazione analogica della disposizione stessa ad una diversa fattispecie
caratterizzata dalla eadem ratio.
5.1. Vanno fatte due osservazioni preliminari.
In primo luogo, è pacifico e non contestato che il criterio ermeneutico da
adottare non é quello soggettivo ma quello oggettivo, in base al quale la legge
va interpretata non secondo la volontà storica del legislatore che l'ha
promulgata, ma secondo il senso proprio ed oggettivo delle parole che compongono
la disposizione, interpretate nel momento in cui la stessa deve essere applicata
ed alla luce del sistema normativo vigente in tale momento. E' nozione comune,
del resto, che il significato di ogni norma dell'ordinamento giuridico è
condizionato da tutte le altre norme che in quel dato momento compongono
l'ordinamento stesso. Nell'interpretare il disposto dell'art. 674 cod. pen.,
quindi, non ci si può limitare a considerare solo lo stretto significato
letterale delle espressioni usate dal legislatore dell'epoca o il solo complesso
delle norme all'epoca vigenti, ma occorre valutare l'intero sistema normativo
vigente al momento in cui la disposizione deve essere applicata, per cercare di
individuare una volontà oggettiva ed attuale del legislatore ricavabile appunto
da tutto l'ordinamento, ed in particolare da tutte le altre norme che,
direttamente o indirettamente, riguardano la materia su cui verte l'art. 674
cod. pen.
Da ciò però deriva che, se è vero che non ci si può sicuramente riferire alla
volontà storica del legislatore del 1930 ed al sistema normativo dell'epoca, è
anche vero che nemmeno ci si può riferire alla volontà oggettiva ricavabile dal
sistema normativo vigente, ad esempio, dieci anni fa, ma deve aversi riguardo
appunto al sistema attuale. Quindi, così come è possibile che il significato da
attribuire alla disposizione di cui all'art. 674 cod. pen. nel 1930 non sia lo
stesso da attribuirle nel 1999, allo stesso modo ben potrebbe essere possibile
che tale significato sia diverso oggi e potrebbe ancora essere diverso in
futuro, qualora siano cambiate o cambino le altre norme del sistema che possano
influenzarlo.
Gli altri elementi del sistema normativo, da cui può ricavarsi una oggettiva
volontà del legislatore condizionante il significato dell'art. 674 cod. pen.,
sono soprattutto due: in primo luogo, l'interpretazione che deve darsi nel suo
complesso all'intera disposizione di cui all'art. 674 cod. pen., in tutte e due
le ipotesi ivi previste; in secondo luogo, l'eventuale introduzione di normative
speciali che possano dimostrare una volontà oggettiva dell'ordinamento di
disciplinare in modo diverso la materia in esame.
D'altra parte, un eventuale mutamento di significato dell'art. 674 cod. pen. nel
«diritto vivente» e l'introduzione di nuove normative di settore, sono rilevanti
sotto un duplice profilo. Innanzitutto perché, come rilevato, da esse potrebbe
ricavarsi una volontà oggettiva attuale del legislatore nel senso che
l'emissione di onde elettromagnetiche non possa ora comunque farsi rientrare nel
significato della espressione «gettare cose». In secondo luogo perché,
quand'anche sulla base di una interpretazione estensiva di tale espressione
possa darsi ad essa un significato che comprenda anche l'emissione di onde
elettromagnetiche, potrebbe però verificarsi che si giunga a dar luogo ad un
sistema normativo del tutto incongruo ed irrazionale, che imponga quindi di non
attribuire il detto significato alla stregua di una interpretazione adeguatrice,
o costituzionalmente orientata.
5.2. La seconda osservazione preliminare é che, proprio a seguito delle
modifiche intervenute nel sistema normativo con l'introduzione di una
legislazione speciale, non sembra che possa continuare ad attribuirsi valore
decisivo, come criteri ermeneutici, al principio di precauzione ed alle finalità
di tutela di cui all'art. 32 Cost. Questo principio e queste finalità, infatti,
risultano attualmente tutelati, con un alto livello di protezione (forse ancor
più efficace della contravvenzione in esame), attraverso la previsione di limiti
di esposizione e di valori di attenzione e la configurazione del loro
superamento come fatto sicuramente illecito, punito con un articolato sistema di
sanzioni e rimedi amministrativi. Devono invece essere tenuti nel dovuto conto i
principi, anch'essi di valore costituzionale, di tipicità e di determinatezza
delle fattispecie penali, di necessaria offensività del reato, di soggezione del
giudice alla legge, nonché il principio generale del divieto di analogia in
materia penale.
6. Occorre dunque innanzitutto esaminare se la suddetta interpretazione
estensiva sia di per sé possibile (a prescindere dalle conseguenze nel sistema),
ossia se possa attribuirsi all'espressione «gettare cose» un significato più
ampio di quello che apparentemente da essa risulta, tale da farvi comprendere
anche la propagazione di onde elettromagnetiche, ovvero se una siffatta
operazione celi, in realtà, il ricorso all'analogia.
Le parti civili ricorrenti e la sentenza di primo grado, da un lato, e la
sentenza impugnata e gli imputati, da un altro lato, sostengono due diversi
orientamenti, fondati su articolate motivazioni.
6.1. L'orientamento favorevole all'estensione ermeneutica parte
dall'osservazione che il termine «cosa», utilizzato dalla disposizione, è di per
sé suscettivo di esprimere una pluralità di significati, ed in particolare il
significato di ente materiale esistente nel mondo della realtà fisica. Le onde
elettromagnetiche debbono poi includersi nella nozione di «cosa» perché la
scienza contemporanea ha ormai da tempo superato il dualismo ottocentesco tra
materia ed energia, ed ha chiarito che le energie (tra le quali sono comprese le
onde elettromagnetiche) sono altrettanto dotate di corporeità e di materialità
quanto le res qui tangi possunt, e quindi vanno considerate cose sia per
la loro individualità fisica, sia per la loro attitudine ad essere misurate,
percepite ed utilizzate.
Si ricorda anche che già il legislatore penale del 1930 aveva comunque
equiparato le energie alle cose con l'art. 624, secondo comma, cod. pen., il
quale dispone che «agli effetti della legge penale, si considera "cosa mobile"
anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia valore economico». Si
osserva, in proposito, da un lato, che l'ampiezza della clausola «agli effetti
della legge penale» esclude che essa possa dispiegare i propri effetti
limitatamente ai reati contro il patrimonio e, da un altro lato, che le onde
elettromagnetiche sono sicuramente suscettibili di valutazione economica e
possono essere misurate, utilizzate e formare oggetto di appropriazione.
Si afferma quindi che «cosa» rilevante ai sensi dell'art. 674 cod. pen. è quella
idonea ad offendere, imbrattare o molestare, e tali sono anche le onde
e-lettromagnetiche, mentre sarebbe erroneo ritenere che la disposizione in
esame, prevedendo separatamente nel secondo periodo le emissioni di gas, vapori
e fumo, delimiterebbe indirettamente la nozione di «cosa», cui essa si
riferisce, ai soli oggetti solidi e liquidi. E ciò perché gas, vapori e fumo
debbono essere ritenuti una specie del genere più ampio (cose) di cui parla il
primo periodo dell'art. 674 cod. pen., alla quale è stata data appunto una
regolamentazione specifica.
Si sostiene inoltre che l'espressione «gettare» cose ben può comprendere anche
l'«emissione» o la «propagazione» di onde elettromagnetiche perché il verbo
«gettare» è anche sinonimo di «mandar fuori, emettere» e, per estensione, come
già in Dante Alighieri, di «produrre, far nascere». Non avrebbe poi importanza
la circostanza che la stessa disposizione usa invece l'espressione «provoca
emissioni» con riferimento ad un catalogo specifico di cose (gas, vapori, fumo)
perché tale catalogo non sarebbe altro che una specificazione del genere «cose»,
così come in realtà la locuzione «provocare emissioni» é una specificazione di
quella «gettare».
6.2. L'orientamento contrario all'estensione ermeneutica in esame parte invece
dalla considerazione che le onde elettromagnetiche non rientrano di per se
stesse nella nozione di «cosa» cui si riferisce l'art. 674 cod. pen.
Si osserva che gli elementi costitutivi della contravvenzione sono il gettare e
il versare nei luoghi specificamente indicati «cose» solide o liquide o il
provocare emissioni, nei casi non consentiti, di gas, vapori o fumo. Le
espressioni usate per esprimere la prima condotta (gettare o versare) evocano,
da un punto di vista linguistico, le sole cose dotate di materialità e quindi
sostanze solide o liquide, mentre in relazione alla seconda ipotesi vi è una
tassativa specificazione della natura delle sostanze oggetto di emissione, che
impedisce di includere in esse, se non per via analogica, anche le onde
elettromagnetiche. Si sostiene che nel linguaggio comune il verbo gettare
esprime la condotta di chi butta o scaglia qualcosa, mentre nessuno penserebbe
di utilizzarlo come sinonimo di emettere o di generare, far nascere.
Si contesta poi che la presunta genericità della parola cosa comporti la
possibilità di ricomprendere nel termine anche le onde elettromagnetiche, perché
essa nel linguaggio giuridico penale non è affatto generica ma è ancorata al
significato di «cosa materiale». Ciò è dimostrato proprio dal fatto che il
legislatore ha ritenuto necessario stabilire, con l'art. 624, comma 2, cod. pen.,
che agli effetti della legge penale si considera «cosa mobile» anche l'energia
elettrica ed ogni altra energia avente valore economico, mentre di tale
specificazione non vi sarebbe stato bisogno se la parola avesse avuto di per sé
una capacità di dilatazione tale da comprendere anche le energie.
Si osserva anche che proprio la tassatività della seconda ipotesi prevista dalla
disposizione induce a ritenere che, se il termine cose dovesse essere inteso,
per la sua genericità, in senso ampio, non si comprenderebbe perché sarebbe
stata formulata una diversa ipotesi per i gas, vapori e fumo, sostanze tutte
sussumibili nell'ampio significato del termine cosa. Inoltre, poiché le onde
elettromagnetiche non vengono gettate o versate ma si generano o si producono o
si emettono o si diffondono o si propagano, da un punto di vista logico la loro
naturale collocazione dovrebbe semmai essere nell'ambito della seconda ipotesi,
ma a tale collocazione potrebbe giungersi esclusivamente mediante una
applicazione analogica di questa seconda ipotesi ad una fattispecie simile ma
diversa, e non con la sola interpretazione estensiva, dal momento che nel
significato di gas, vapori e fumo non possono sicuramente farsi rientrare anche
le onde elettromagnetiche.
Si rileva inoltre che parte della giurisprudenza di questa Corte è giunta alla
applicazione dell'art. 674 cod. pen. alle onde elettromagnetiche soltanto
attraverso una esplicita «smaterializzazione» dell'espressione «gettare cose»
utilizzata dal legislatore, il che dimostra che il significato proprio
dell'espressione includeva esclusivamente una condotta, per così dire, a
contenuto «materiale», ed escludeva invece l'emissione di onde
elettromagnetiche. Ma se è necessaria una «smaterializzazione» della condotta
tipica prevista dal legislatore, allora è evidente che non si è più nell'ambito
di una interpretazione estensiva, ma si è entrati in quello della applicazione
analogica della norma penale.
Si afferma che nel campo del diritto penale la parola «cosa» ha il significato
di cosa materiale (tanto che anche l'energia elettrica è solo equiparata alle
cose mobili) e non comprende anche le onde elettromagnetiche. Né sarebbe
rilevante stabilire se l'energia elettromagnetica è una realtà alla stessa
stregua di come è una realtà una sedia, perché ogni ramo dello scibile ha i suoi
criteri di qualificazione e bisogna quindi vedere se, nel mondo del diritto, la
realtà dei campi elettromagnetici sia la stessa realtà delle sedie e se quindi
entrambe siano riconducibili alla stessa disciplina.
La parificazione ai fini penali delle onde elettromagnetiche alle cose
richiederebbe quindi una esplicita previsione normativa, che però non potrebbe
rinvenirsi nell'art. 624, comma 2, cod. pen., perché le prime non sarebbero
energie aventi di per sé valore economico. D'altra parte, qualora lo avessero,
la non rilevanza dell'art. 624, comma 2, cod. pen. - ed il fatto che la
equiparazione ivi prevista è valida solo per i reati contro il patrimonio - è
dimostrata dalla circostanza che non si comprenderebbe la ragione per la quale,
ai fini della contravvenzione in esame, dovrebbero rilevare soltanto le energie
aventi valore economico e non qualsiasi energia atta ad offendere o molestare le
persone. Inoltre, seppure l'art. 624 equipara agli effetti della legge penale
cose ed energie, ciò non esclude che in alcuni contesti la parola «cosa» possa
avere un significato più ristretto ed esprimere esclusivamente il concetto di
«oggetto solido». Il che avviene, ad esempio, con l'art. 675 cod. pen., dato che
le «cose» cui esso si riferisce non possono che essere oggetti materiali ed anzi
oggetti solidi, in quanto solo questi possono essere posti, possono essere
sospesi e possono cadere nei luoghi ivi specificamente indicati. Ed è
significativo che gli artt. 674 e 675 impieghino lo stesso termine «cosa»
nell'ambito di uno stesso contesto, dato che le condotte tipiche ed i fatti
costitutivi dei due reati sono in definitiva gli stessi.
Del resto, anche il luogo del getto o del versamento (di pubblico transito o
luogo privato ma di comune o altrui uso) circoscrive la natura delle cose che
possono essere gettate, escludendo le onde elettromagnetiche che per loro
essenza si disperdono in tutte le direzioni nell'atmosfera.
Si sostiene poi che anche i verbi usati per esprimere la condotta di cui alla
prima ipotesi (gettare o versare) evocano, da un punto di vista linguistico, le
sole cose dotate di materialità e quindi sostanze solide o liquide. La condotta
del «gettare cose» ha un contenuto materiale e presuppone la preesistenza delle
cose stesse in natura, mentre l'emissione di onde elettromagnetiche consiste nel
generarne flussi prima non esistenti. Ed è significativo che la tesi contraria,
per ampliare il significato del verbo gettare, è costretta ad attingere i
contenuti dell'espressione addirittura in Dante Alighieri, dimenticando che il
linguaggio poetico si prende talvolta licenze e non può essere usato per dare
significato alle parole del linguaggio comune. D'altra parte, non si vede la
ragione per la quale il testo del codice penale debba essere riletto come se
fosse un testo del 1200, quando sono semmai alcune espressioni usate dalle
disposizioni del 1930 che dovrebbero essere rilette alla luce del significato
che hanno nel linguaggio attuale.
Si sottolinea infine che le parole utilizzate dalla disposizione non possono
comunque essere interpretate singolarmente ma devono esserlo secondo la
connessione con le altre parole che seguono o precedono quella da interpretare.
Quindi, se il verbo gettare è di per sé anche sinonimo di emettere, mandar
fuori, e la parola cosa può comprendere di per sé anche le energie, è proprio il
collegamento tra il verbo gettare e la cosa, oggetto del «getto», che indica che
tale oggetto non può essere che una cosa materiale, una delle res qui tangi
possunt. L'espressione gettare un grido, allora, potrà anche essere intesa
come emettere un grido, ma l'espressione gettare una sedia non può significare
emettere una sedia. Allo stesso modo gettare una cosa non può significare
emettere onde elettromagnetiche. Dunque, é chiaro che con questa espressione il
legislatore abbia inteso riferirsi solo alle cose suscettibili di un loro getto
o versamento, richiedendo che debba trattarsi di cose allo stato solido o
liquido. Invece, con il riferimento alla condotta di «emissione» di cui alla
seconda ipotesi, il legislatore avrebbe optato per una tassativa specificazione
delle sostanze atte ad offendere, sebbene non siano né solide né liquide.
In conclusione, secondo questa opinione, si è in realtà di fronte ad una lacuna
legislativa. Più precisamente, si tratterebbe di una c.d. «lacuna ideologica»
(intendendosi per tale non già la mancanza di una norma, bensì la mancanza di
una norma che dia al caso una soluzione soddisfacente, ossia di una norma giusta,
o, in altre parole, di una norma che si vorrebbe che ci fosse, e invece non c'è)
e non già di una «lacuna reale» (peraltro inconcepibile in materia penale stante
il divieto dell'argumentum a simili). Si ritiene cioè che i campi
elettromagnetici possano provocare danno alla salute e che la finalità di
tutelare la salute umana esiga la presenza di una norma che punisca certi
comportamenti. Poiché manca, anzi mancava, una specifica disciplina legislativa
in materia di emissione di onde elettromagnetiche, si è quindi ritenuto di
colmare la lacuna estendendo l'art. 674 cod. pen. dai casi previsti ad un caso
non previsto, in virtù della somiglianza tra i due e della identità di ratio
legis. Ciò però non costituisce interpretazione estensiva, bensì
inammissibile applicazione analogica in malam partem della norma penale.
7. I due diversi orientamenti sostenuti dalle parti e dalle sentenze di merito,
si riscontrano anche nella dottrina, che sull'argomento continua ad essere
fortemente divisa, dimostrando in tal modo che si tratta effettivamente di una
questione che rimane opinabile.
Del resto una qualche incertezza si riscontra anche nella giurisprudenza di
questa Corte, sebbene solitamente si ritenga che la tesi maggioritaria sia
quella che fa rientrare l'emissione delle onde elettromagnetiche nella
previsione dell'art. 674 cod. pen. in virtù di una mera interpretazione
estensiva.
7.1. A quanto risulta dalle decisioni massimate, infatti, la tesi della
inapplicabilità ai campi elettromagnetici dell'art. 674 cod. pen. é stata finora
espressamente seguita soltanto da Sez. I, 30 gennaio 2002, n. 8102, Suraci, la
quale, peraltro, presenta una motivazione alquanto articolata, che deduce
l'inapplicabilità dell'art. 674 anche da altre considerazioni di carattere
sistematico, soprattutto in relazione alla sopravvenuta legge 22 febbraio 2001,
n. 36. In particolare, sul limitato punto che si sta ora esaminando, la sentenza
Suraci osserva che, alla stregua della legislazione vigente, è da escludere
l'astratta possibilità di inquadramento della condotta di chi genera campi
elettromagnetici nella fattispecie penale di cui all'art. 674 cod. pen., in
quanto questa disposizione descrive due ipotesi di comportamento materiale che
differiscono in maniera sostanziale da quello consistente nella emissione di
onde elettromagnetiche, perché l'azione del «gettare in luogo di pubblico
transito... cose atte ad offendere, o imbrattare o molestare persone» è
ontologicamente, oltre che strutturalmente, diversa dal generare campi
elettromagnetici. Il gettare delle «cose» presuppone la preesistenza di esse in
natura, mentre la emissione di onde elettromagnetiche consiste nel «generare»
(e, quindi, far nascere o far venire ad esistenza) «flussi di onde» che prima
dell'azione «generatrice» non esistevano. La sentenza ritiene quindi che l'assumibilità
delle onde elettromagnetiche nel concetto di «cose» non può essere automatica,
ma richiede necessariamente una esplicita previsione normativa, come è avvenuto,
ad esempio, con la previsione di cui al secondo comma dell'art. 624 cod. pen. E
altrettanto può dirsi per quanto riguarda l'ipotesi della emissione di gas,
vapori o fumi, relativamente ai quali ogni tentativo di equiparazione alle onde
elettromagnetiche sarebbe del tutto arbitrario. L'applicabilità dell'art. 674
cod. pen. comporterebbe pertanto una non consentita applicazione analogica in
malam partem della norma incriminatrice.
7.2. Le altre decisioni - tutte peraltro relative a misure cautelari reali -
sono invece solitamente accomunate in un unico orientamento maggioritario,
favorevole all'applicabilità dell'art. 674 cod. pen. alle onde
elettromagnetiche, anche se per la verità l'accorpamento non è poi così scontato
perché le loro motivazioni sono spesso divergenti, specialmente su altre
questioni connesse, ma ugualmente rilevanti in ordine al problema in esame.
Inoltre, le prime due decisioni, che hanno dato origine all'orientamento, sono
anteriori all'entrata in vigore della legge 22 febbraio 2001, n. 36.
Vengono fatte rientrare in questo orientamento:
- Sez. I, 13 ottobre 1999, n. 5592, Pareschi, la quale però, senza affrontare
espressamente il problema se l'emissione di onde elettromagnetiche sia inclusa
nella espressione «gettare cose» di cui all'art. 674 cod. pen., esclude la
configurabilità del reato in quanto, sulla base degli studi scientifici attuali,
manca la prova certa della idoneità dei campi elettromagnetici a provocare una
delle conseguenze nocive previste dal legislatore, ossia ad offendere o a
molestare.
- Sez. I, 14 ottobre 1999, n. 5626, Cappellieri, la quale, dopo aver affermato
anch'essa che, allo stato attuale delle ricerche, non risulta in alcun modo
dimostrata l'attitudine delle onde elettromagnetiche a bassa frequenza, quali
sono quelle emesse dagli elettrodotti, a recare danni apprezzabili, ancorché
transitori e limitati alla sfera psichica, agli individui direttamente
coinvolti, e dopo aver rilevato che nella specie non erano stati varcati i
limiti previsti e che non vi era prova della idoneità a ledere o a infastidire,
ha poi ugualmente ritenuto di affrontare il problema della astratta
riconducibilità del fenomeno della propagazione delle onde elettromagnetiche
nella previsione dell'art. 674 cod. pen. E la soluzione è stata affermativa
perché «l'intenzione del legislatore» va intesa come volontà della legge
obiettivamente considerata; perché «l'apertura culturale mostrata dal codice
Rocco nel dilatare la nozione di cosa rilevante per il diritto penale autorizza
ad attribuire all'art. 674 una dimensione più ampia di quella o-riginariamente
conferitagli e conforme ad una visione della legge in armonia con il marcato
dinamismo dello Stato moderno»; perché fra le «cose» di cui parla la norma
incriminatrice debbono farsi rientrare anche i campi elettromagnetici,
considerati da A. Einstein reali come una sedia; perché il verbo «gettare» ha un
significato amplissimo e non indica solo l'azione di chi lancia qualcosa, ma è
anche sinonimo di «mandar fuori, emettere» e, per estensione, come già in Dante
Alighieri, di «produrre, far nascere».
- Sez. I, 31 gennaio 2002, n. 10475, Fantasia, la quale, dopo un generico
richiamo alle due ricordate decisioni del 1999, Pareschi e Cappellieri, si
limita a rilevare che nel caso di specie era assorbente la circostanza che era
stato contestato il reato di cui all'art. 650 cod. pen., oltre a quello di cui
all'art. 674, ed in seguito ad analizzare i rapporti tra quest'ultima
disposizione e l'art. 15 della L 36/2001.
- Sez. I, 12 marzo 2002, n. 15717, Pagano, secondo cui il superamento dei limiti
indicati dalla normativa speciale in tema di onde elettromagnetiche può
configurare il reato di cui all'art. 674 cod. pen. qualora risulti concretamente
accertato che detta emissione «possa cagionare nocumento o turbamento alla
salute della popolazione esposta ai suoi effetti». In particolare, questa
decisione, dopo aver richiamato la precedente giurisprudenza penale sulla
smaterializzazione del concetto di «cosa» e quella civile sulla possibilità che
le onde elettromagnetiche siano oggetto di possesso, ritiene che non sembrano
esservi ostacoli per applicare l'art. 674 alla emissione di un campo
elettromagnetico nocivo per la salute della popolazione esposta, precisando
anche di dissentire dalla sentenza Suraci specialmente in considerazione
dell'«orientamento formatosi con ri-guardo alla relazione possessoria
dell'emittente con il campo elettromagnetico ingenerato» nonché del fatto che
non è ravvisabile un rapporto di specialità con l'art. 15 legge 35/2001.
- Sez. I, 14 marzo 2002, n. 23066, Rinaldi, secondo la quale è configurabile il
reato previsto dall'art. 674 cod. pen. nelle emissioni di onde elettromagnetiche
generate da ripetitori radiotelevisivi, purché siano superati i valori
indicativi dell'intensità di campo fissati dalla normativa specifica vigente in
materia. Sulla possibilità di far rientrare le onde elettromagnetiche tra le
cose mobili di cui all'art. 674, la decisione dichiara di aderire alla
giurisprudenza maggioritaria espressa dalle precedenti sentenze Pareschi,
Cappellieri, Fantasia e Pagano, ed osserva in particolare che l'art. 624, comma
2, cod. pen. considera l'energia elettrica e quelle aventi valore economico come
cose mobili, e che di conseguenza la parola «cose» comprende anche l'energia
elettromagnetica, che è suscettibile di valutazione economica e che, in quanto
cosa, è suscettibile anche di essere gettata, stante l'ampio significato del
verbo «gettare».
8. Orbene, impostato in tali termini il problema, nonostante l'oggettiva
opinabilità della questione ed il peso della tesi contraria, il Collegio ritiene
di non doversi discostare dall'orientamento giurisprudenziale prevalente, ossia
dall'opinione secondo cui nell'espressione «getto di cose», usata dall'art. 674
cod. pen., possono farsi rientrare, mediante una semplice interpretazione
estensiva, anche la creazione, l'emissione e la propagazione di onde
elettromagnetiche.
Nulla infatti osta a che il termine «cosa», già di per sé ampiamente generico ed
idoneo ad esprimere una pluralità di significati, comprenda anche le energie,
che sono pacificamente dotate, al pari delle res qui tangi possunt, di
fisicità e di materialità e che dunque, sia per la loro attitudine ad essere
misurate, percepite ed utilizzate sia per la loro individualità fisica, ben
possono essere considerate «cose».
D'altra parte, già l'art. 624, comma 2, cod. pen. stabilisce che, agli effetti
della legge penale, si considera «cosa mobile» anche l'energia elettrica e ogni
altra energia che abbia valore economico. L'ampiezza della clausola porta a
ritenere che la previsione normativa non sia limitata ai soli reati contro il
patrimonio, ed a tale estensione non è di ostacolo il fatto che, in alcune
specifiche disposizioni penali, la parola «cosa» possa essere riferita alle sole
cose materiali, quae tangi possunt. D'altra parte, le onde
elettromagnetiche sono sicuramente suscettibili di valutazione economica.
E' inoltre assai significativa la circostanza che la medesima tesi sia stata
seguita dalla giurisprudenza civile, che ha da tempo affermato il principio che
è esperibile la tutela possessoria con riguardo alle onde elettromagnetiche di
cui si avvalgono le emittenti radiotelevisive, in quanto dette onde
costituiscono una forma di energia materiale e quantificabile, da considerarsi
pertanto come un bene mobile economico, che può essere utilizzato direttamente
dalla azienda produttrice e può essere anche ceduto a terzi (Cass. civ., Sez. II,
10 marzo 2005, 11. 5317, m. 581118; Sez. II, 11 settembre 1991, n. 9511, m.
473806; Sez. II, 19 aprile 1991, n. 4243; Sez. II, 6 ottobre 1987, n. 7440, m.
455430; Sez. II, 3 agosto 1984, n. 4627, m. 436547; v. anche Sez. II, 28 aprile
1993, n. 4999, m. 482112, la quale però precisa che le onde elettromagnetiche
non possono essere oggetto di possesso diretto ed autonomo, ossia separatamente
ed indipendentemente dagli impianti da cui promanano e da cui si irradiano, ai
quali sono inscindibilmente collegate).
Si tratta poi di una cosa che è suscettibile di essere, come tale, anche gettata,
dal momento che il verbo «gettare», usato dal legislatore per descrivere la
materialità della condotta prevista dall'art. 674 cod. pen., ha anch'esso in
italiano un significato ampio, e non indica soltanto l'azione di lanciare
qualcosa in qualche luogo, ma anche quella del mandar fuori, emettere,
espellere, che ben può ricomprendere il fenomeno della emissione e propagazione
delle onde elet-tromagnetiche.
Quindi, tenendo conto non solo del significato proprio delle singole parole, ma
anche di quello derivante dalla loro connessione emerge che l'espressione
«gettare una cosa» può essere di per sé idonea ad includere anche l'azione di
chi emette o propaga onde elettromagnetiche.
L'astratta configurabilità del reato di cui all'art. 674 cod. pen. per
l'emissione di onde elettromagnetiche, pertanto, non costituisce il risultato di
una inammissibile applicazione analogica della norma penale ad una fattispecie
diversa da quella in essa prevista e caratterizzata dalla stessa ratio,
ma è il frutto di una semplice interpretazione estensiva diretta ad enucleare
dalla disposizione il suo effettivo significato, che ad essa - in mancanza di
altre norme da cui possa emergere una diversa volontà del legislatore - può
attribuirsi, anche se non evidente a prima vista.
9. Con ciò tuttavia si vuole soltanto dire che la sussumibilità della emissione
di onde elettromagnetiche nel reato di cui all'art. 674 cod. pen. è, appunto,
astrattamente ammissibile, ossia che essa sarebbe frutto di una interpretazione
estensiva della disposizione e non di una sua applicazione analogica, e che
pertanto non sarebbe vietata.
Ciò non significa però che tale interpretazione estensiva, se pur possibile, sia
anche corretta sotto il profilo ermeneutico. Come si è già rilevato, potrebbe
darsi che dalla interpretazione unitaria della disposizione penale in questione
o dalla considerazione del vigente sistema normativo relativo al fenomeno delle
onde elettromagnetiche, si ricavi una volontà oggettiva ed attuale del
legislatore nel senso che esso abbia invece voluto che tale fenomeno sia
sottoposto ad una disciplina diversa da quella relativa al «getto pericoloso di
cose». Allo stesso modo potrebbe darsi che, tenendo sempre conto di tutte le
fattispecie di cui all'art. 674 cod. pen. e del complesso sistema normativo in
materia, la suddetta interpretazione estensiva porti ad una disciplina
manifestamente incongrua ed irrazionale o ad irragionevoli disparità o a palesi
violazioni del principio di necessaria offensività del reato e che debba dunque
essere ugualmente disattesa in applicazione del fondamentale canone ermeneutico
per cui, nel dubbio, deve sempre essere preferita l'interpretazione adeguatrice
o, come anche si suoi dire, costituzionalmente orientata, che cioè eviti
possibili contrasti con norme e principi costituzionali.
10. Sotto il primo profilo, viene in rilievo l'interpretazione che deve essere
data all'art. 674 cod. pen. ed alle due ipotesi ivi previste, interpretazione in
ordine alla quale le citate decisioni di questa Corte favorevoli
all'applicabilità della norma penale alle onde elettromagnetiche non hanno
seguito un orientamento unitario.
Come è noto, l'art. 674 cod. pen. prevede due ipotesi di illecito: la prima è
quella di chi getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo
privato ma di comune o altrui uso, cose atte ad offendere o imbrattare o
molestare persona; la seconda è quella di chi, nei casi non consentiti dalla
legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali
effetti.
Secondo un risalente ed in precedenza dominante orientamento, anche qualora vi
sia una normativa di settore o un provvedimento dell'autorità che regoli
l'attività e che imponga limiti di emissione ed anche quando i limiti tabellari
non siano stati superati, la contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen.
sarebbe ugualmente configurabile qualora l'attività abbia comunque prodotto
emissioni eccedenti i limiti di tollerabilità alla luce dei parametri indicati
dall'art. 844 cod. civ., ed eliminabili mediante opportuni accorgimenti tecnici.
E ciò perché non potrebbe considerarsi lecito l'esercizio di una attività che,
anche se rispettosa dei limiti tabellari, implichi comunque la sopportazione di
inconvenienti eccedenti la normale tollerabilità, in quanto l'agente era in ogni
caso obbligato a ricorrere alla migliore tecnologia disponibile per contenere al
massimo possibile le emissioni inquinanti, al fine della tutela della salute
umana e dell'ambiente (cfr. Sez. I, 7 novembre 1995, Guarnero, m. 203130; Sez.
I, 11 aprile 1997, Sartor, m. 207383; Sez. III, 25 giugno 1999, Zompa, m.
214633; Sez. III, 28 settembre 2005, Riva, m. 232359). Secondo tale
orientamento, dunque, l'inciso «nei casi non consentiti dalla legge» dovrebbe
intendersi riferito non solo alla specifica normativa di settore, ma alla legge
in generale e quindi anche alle prescrizioni del codice civile (in particolare,
dell'art. 844 cod. civ.).
Tale orientamento è stato però giustamente sottoposto a numerose critiche ed è
stato da tempo superato da un orientamento diverso ed ormai prevalente - che il
Collegio condivide pienamente - secondo il quale l'espressione «nei casi non
consentiti dalla legge» costituisce una precisa indicazione della necessità, ai
fini della configurazione del reato, che, qualora si tratti di attività
considerata dal legislatore socialmente utile e che per tale motivo sia prevista
e disciplinata, l'emissione avvenga in violazione delle norme o prescrizioni di
settore che regolano la specifica attività. In tali ipotesi, invero, deve
ritenersi che la legge contenga una sorta di presunzione di legittimità delle
emissioni di fumi, vapori o gas che non superino la soglia fissata dalle norme
speciali in materia. Quindi, per una affermazione di responsabilità in ordine al
reato di cui all'art. 674 cod. pen., non è sufficiente il rilievo che le
emissioni siano astrattamente idonee ad arrecare offesa o molestia, ma è
indispensabile anche la puntuale e specifica dimostrazione oggettiva che esse
superino i parametri fissati dalle norme speciali. Qualora invece le emissioni,
pur quando abbiano arrecato concretamente offesa o molestia alle persone, siano
state tuttavia contenute nei limiti di legge, saranno eventualmente applicabili
le sole nonne di carattere civilistico contenute nell'art. 844 cod. civ. In
altri termini, all'inciso «nei casi non consentiti dalla legge» deve
riconoscersi, contrariamente a quanto ritenuto dal precedente orientamento, un
valore rigido e decisivo, tale da costituire una sorta di spartiacque tra il
versante dell'illecito penale da un lato e quello dell'illecito civile
dall'altro (Sez. I, 16 giugno 2000, Meo, m. 216621; Sez. I, 24 ottobre 2001,
Tulipano, m. 220.678; Sez. III, 23 gennaio 2004, Pannone, m. 228010; Sez. III,
19 marzo 2004, n. 16728, Parodi; Sez. I, 20 maggio 2004, Invernizzi, m. 229170;
Sez. III, 18 giugno 2004, Providenti, m. 229619; Sez. III, 10 febbraio 2005,
Montinaro, m. 230982; Sez. III, 21 giugno 2006, Bortolato, m. 235056; Sez. III,
26 ottobre 2006, Gigante; Sez. III, 11 maggio 2007, Pierangeli, m. 236682).
Questo indirizzo, ormai consolidatosi, è stato del resto seguito anche con
riferimento alla emissione di onde elettromagnetiche (Sez. I, 14 marzo 2002,
Rinaldi; Sez. I, 12 marzo 2002, Pagano; Sez. I, 25 novembre 2003, n. 4192104,
Valenziano, non massimata).
11.1. Il principio di diritto seguito dal «diritto vivente» - e che qui va
confermato - è dunque quello secondo cui il reato di cui all'art. 674 cod. pen.
non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da una attività
regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti
normativi speciali e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore
o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui
rispetto implica una pre-sunzione di legittimità del comportamento (cfr. Sez.
III, 1 febbraio 2006, n. 8299, Tortora, m. 23 3.562).
11.2. Ora, se si dovesse ritenere che tale principio si applichi alla sola
seconda ipotesi prevista dall'art. 674 cod. pen. (emissione di gas, vapori o
fumo) e che quindi non possa applicarsi anche all'emissione di onde
elettromagnetiche (non rientrando le stesse tra i gas, vapori e fumo) ne
deriverebbe una disciplina manifestamente irrazionale. Ed invero, si dovrebbe
ritenere che la contravvenzione in esame sarebbe, del tutto irragionevolmente,
integrata nel caso di emissione di onde elettromagnetiche pur avvenuta
nell'esercizio di una attività autorizzata o disciplinata per legge e pur quando
non siano superati i limiti stabiliti dalla legge o dai regolamenti o da
specifici atti amministrativi, ma solo perché vi sia possibilità di offesa o
molestia, mentre per tutte le altre attività anch'esse autorizzate o
disciplinate da leggi speciali, la contravvenzione non è configurabile quando
tali limiti non sono superati, sussistendo in tal caso una presunzione di
legittimità delle emissioni. La diversità di disciplina sarebbe palesemente
ingiustificata, e quindi irrazionale, perché l'elemento che caratterizza e
giustifica la previsione speciale è costituito dal riferirsi ad una attività
socialmente utile e quindi disciplinata e non già dalla natura dell'oggetto
dell'emissione (gas, vapori o fumo).
La inevitabile conseguenza sarebbe allora quella di dover seguire una
interpretazione adeguatrice che appunto escluda che l'emissione delle onde
elettromagnetiche possa essere compresa nel «getto di cose» di cui all'art. 674
cod. pen.
D'altra parte, è anche vero che, mentre è astrattamente possibile, in forza di
una interpretazione estensiva che allarghi il significato delle parole,
ricomprendere la propagazione di onde elettromagnetiche nella prima ipotesi
dell'art. 674 cod. pen., non sembrerebbe invece, almeno a prima vista, possibile
ricomprenderla nella seconda ipotesi ed includerla fra le emissioni di gas,
vapori o fumo E' indubbio che tale risultato potrebbe derivare solo da una
operazione di autointegrazione dell'ordinamento per mezzo dell'argumentum
a simili, che però è vietata in materia penale.
11.3. Ritiene tuttavia il Collegio che la conseguenza, altrimenti necessaria, di
escludere le emissioni elettromagnetiche dall'ambito dell'art. 674 cod. pen.
possa essere evitata per un duplice ordine di considerazioni.
Innanzitutto, perché l'art. 674 cod. pen. deve essere interpretato nel senso che
esso non prevede in realtà due distinte e separate ipotesi di reato, ma un solo
ed unitario reato nel quale la seconda ipotesi (emissione di gas, vapori o fumo)
non è altro che una specificazione della prima ipotesi, caratterizzata non tanto
dal fatto del particolare oggetto dell'emissione (gas, vapori, fumo) quanto
piuttosto dalla circostanza che è possibile che l'emissione, ossia l'attività
pericolosa, in quanto socialmente utile, sia disciplinata dalla legge o da un
provvedimento dell'autorità, e che in tal caso il reato è configurabile
esclusivamente quando essa non sia consentita, ossia quando siano superati i
limiti previsti per la specifica attività, dovendo altrimenti presumersi
legittima. In altre parole, le emissioni di cui alla seconda ipotesi rientrano
già nell'ampio significato dell'espressione «gettare cose», di cui in realtà
costituiscono una specie, e sono state espressamente previste dalla disposizione
solo per specificare che, quando si tratta di attività disciplinata per legge -
e per tale motivo ritenuta dal legislatore di un qualche interesse pubblico e
generale - la loro rilevanza penale nasce soltanto con il superamento dei limiti
e delle prescrizioni di settore.
Quindi, il reato di cui all'art. 674 cod. pen. é ravvisabile in qualsiasi
comportamento materiale (getto, lancio, versamento, emissione) avente ad oggetto
cose materiali o immateriali e che può oggettivamente provocare offesa o
molestia alle persone. Quando però si tratti di una attività socialmente utile,
ed in quanto tale legislativamente o amministrativamente disciplinata, il
comportamento, quand'anche idoneo a provocare offesa o molestia, resta
ugualmente lecito sotto il profilo penale se non supera i limiti previsti dalla
normativa di settore. Se così è, poiché l'emissione di onde elettromagnetiche è
oggetto di una specifica disciplina che fissa limiti rigorosi, anch'essa, al
pari di altre attività regolamentate, può integrare il reato in questione
soltanto quando sono superati i limiti tabellari, in modo tale da non dar luogo
ad un sistema manifestamente irrazionale.
Questa conclusione resta ferma anche qualora si ritenga che le due ipotesi
dell'art. 674 cod. pen. debbano restare distinte e separate. Ed invero, una
volta che, come si è già affermato, le onde elettromagnetiche si sono fatte
rientrare nel getto di cose previsto dalla prima ipotesi della disposizione in
esame, alle stesse si può poi applicare, in via analogica, il principio,
desumibile dalla seconda ipotesi, secondo cui il comportamento deve presumersi
legittimo ed il reato non sussiste quando si tratta di attività regolamentata e
non siano superati i limiti tabellari. In questo caso, invero, si tratterebbe di
analogia in bonam partem, che quindi non sarebbe vietata. Sembra poi
indiscutibile l'esistenza dei presupposti per questa applicazione analogica, in
quanto fra le due fattispecie esiste sicuramente una somiglianza rilevante, dato
che la qualità comune ad entrambe (attività regolamentata e non superamento dei
limiti) costituisce la ragione sufficiente per cui al caso regolato è stata data
quella disciplina.
12. In conclusione, deve ritenersi che, anche nel caso di emissione di onde
elettromagnetiche, il presupposto necessario perché sia eventualmente integrato
il reato di cui all'art. 674 cod. pen. è comunque quello del superamento dei
limiti previsti dalle specifiche norme di settore, mentre deve invece escludersi
ogni illiceità qualora le immissioni si siano mantenute nei limiti fissati dalla
normativa vigente, nel qual caso esse sono assistite da una presunzione di
legittimità e di non pericolosità (cfr. Sez. I, 14 marzo 2002, Rinaldi; Sez. I,
12 marzo 2002, Pagano; nello stesso senso, sempre con riferimento alla emissione
di onde elettromagnetiche, Cass. civ., Sez. II. 23 gennaio 2007, n. 1391, m.
594829).
Come è noto, i parametri normativi di riferimento sono attualmente stabiliti dal
D.M. Ambiente 10 settembre 1998, n. 381 (Regolamento recante norme per la
determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana); dal
d.P.C.M. 8 luglio 2003 (recante Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori
di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione
dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz)
generati dagli elettrodotti), il quale ha abrogato il precedente d.p.c.m. 23
aprile 1992 (recante Limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e
magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti
abitativi e nell'ambiente esterno); e dal d.P.C.M. 8 luglio 2003 (recante
Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi
di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100
kHz e 300 GHz).
Per i fatti anteriori deve invece farsi riferimento (anche ai sensi dell'art. 16
della legge n. 36 del 2001) alle norme contenute nel d.P.C.M. 23 aprile 1992 e
succ. modif., nel d.P.C.M. 28 settembre 1995, nonché al già ricordato D.M.
Ambiente 10 settembre 1998, n. 381, attuativo dell'art. 1 della legge 31 luglio
1997, n. 249.
La normativa speciale prevede dei «limiti di esposizione» e dei «valori di
attenzione». In particolare, i «limiti di esposizione» sono intesi come «valori
efficaci», ossia i valori di immissione, definiti ai fini della tutela della
salute da effetti acuti, che non devono essere superati in alcuna condizione di
esposizione; mentre i «valori di attenzione» rappresentano misure di cautela e
sono i valori che non devono essere superati negli ambienti abitativi,
scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate, ed in particolare sono
predisposti «a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili
effetti a lungo termine eventualmente connessi con le esposizioni ai campi
generati alle suddette frequenze all'interno di edifici adibiti a permanenze non
inferiori a quattro ore giornaliere, e loro pertinenze esterne, che siano
fruibili come ambienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili esclusi i
lastrici solari» (art. 3 legge 22 febbraio 2001, n. 36; art. 3 del secondo dei
suddetti d.p.c.m. 8 luglio 2003).
Per l'eventuale integrazione della contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen.,
è dunque in ogni caso necessario che sia oggettivamente provato, con le dovute
modalità, il superamento dei suddetti limiti di esposizione o dei valori di
attenzione.
13. Occorre ora esaminare il secondo dei profili dianzi evidenziati, ossia le
possibili conseguenze ed interferenze che può avere sulla questione in questa
sede in esame l'avvenuta introduzione da parte del legislatore di una specifica
disciplina di settore, che ha posto una completa regolamentazione del fenomeno
della emissione di onde elettromagnetiche, con la previsione di un severo ed
articolato apparato sanzionatorio amministrativo, anche per il superamento dei
limiti di esposizione o dei valori di attenzione oltre che per la violazione
delle altre regole.
Ed infatti l'inquadramento delle onde elettromagnetiche nell'art. 674 cod. pen.
dovrebbe ugualmente escludersi qualora dovesse risultare che esso determini,
alla luce di questa sopravvenuta specifica disciplina di settore, un sistema
normativo nel suo complesso manifestamente illogico od incongruo. In tal caso
dovrebbe invero ritenersi, anche sulla base di una necessaria interpretazione
adeguatrice che eviti profili di incostituzionalità, che la volontà attuale ed
oggettiva del legislatore sia contraria all'inquadramento in questione. Del
resto, analogamente a quanto é già stato osservato a seguito della introduzione
di una specifica disciplina legislativa in materia di inquinamento atmosferico
(v. Sez. III, 23 gennaio 2004, n. 9757, Pannone; Sez. III, 21 giugno 2006, n.
33971, Bortolato), la volontà del legislatore è stata chiaramente quella di
privilegiare, anche nella tutela della salute contro i pericoli derivanti dalla
creazione di campi elettromagnetici, il ruolo della pubblica amministrazione,
limitando il potere di intervento del giudice penale rispetto a quello in
precedenza riconosciutogli da alcuni orientamenti giurisprudenziali. Si tratta
quindi di vedere, sulla base delle norme attualmente vigenti, se la oggettiva
volontà del legislatore nella materia dell'emissione di onde elettromagnetiche
sia soltanto quella di regolare e limitare l'intervento del giudice penale
ovvero quella di escludere l'applicabilità dell'art. 674 cod. pen., in favore
della applicazione del nuovo sistema di sanzioni amministrative.
Come è noto il fenomeno dell'inquinamento elettromagnetico è stato disciplinato
dalla legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle
esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), la quale, per
quanto qui interessa, con l'art. 15 ha introdotto un articolato apparato
sanzionatorio amministrativo. Questa disposizione, in particolare, sanziona
rigorosamente le emissioni elettromagnetiche eccedenti i limiti fissati
dall'autorità, stabilendo, al comma 1, che «salvo che il fatto costituisca
reato, chiunque nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente o di un impianto
che genera campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici superi i limiti di
esposizione ed i valori di attenzione di cui ai decreti del Presidente del
Consiglio dei ministri previsti dall'articolo 4, comma 2, e ai decreti previsti
dall'articolo 16 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da lire 2 milioni a lire 600 milioni (da € 1.032 ad € 309.874)». Con la
stessa sanzione è punito chi ha in corso di attuazione piani di risanamento e
non rispetti i tempi e i limiti ivi previsti, mentre il successivo comma 2
sanziona la violazione delle misure di tutela previste dall'art. 5, primo comma.
Di particolare rilievo è poi il comma 3, il quale - nell'intento di evitare
difformità ed incertezze derivanti dalle difficoltà tecniche e dalle diverse
modalità del rilevamento - dispone che, salvo che il fatto costituisca reato, le
sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono irrogate dalle autorità competenti, sulla
base degli accertamenti effettuati dalle autorità abilitate ai controlli ai
sensi dell'art. 14. Il comma 4 stabilisce infine che, in caso di inosservanza
delle prescrizioni previste, ai fini della tutela dell'ambiente e della salute,
dall'autorizzazione, dalla concessione o dalla licenza per l'installazione e
l'esercizio degli impianti disciplinati dalla legge, si applica la sanzione
della sospensione, da due a quattro mesi, degli atti autorizzatori suddetti, e
la loro revoca in caso di nuova infrazione.
Questa nuova disciplina speciale interferisce con l'applicabilità dell'art. 674
cod. pen. alle emissioni di onde elettromagnetiche sotto molteplici profili. Il
problema che rileva in questa sede è soprattutto quello della stessa possibilità
di coesistenza tra contravvenzione codicistica ed apparato sanzionatorio
speciale.
14.1. Sotto questo profilo, viene innanzitutto in considerazione la questione
della configurabilità dell'art. 674 cod. pen. come un reato di pericolo astratto
o di pericolo concreto.
Invero, secondo un primo orientamento, sarebbe sufficiente il solo superamento
dei limiti tabellari per dar luogo ad una possibilità di offesa o di molestia
alle persone, se non altro sotto il profilo del turbamento per il timore di
possibili conseguenze negative derivanti da tale superamento. In particolare,
secondo questo orientamento, si tratterebbe di reato di mero pericolo, di modo
che non sarebbe necessario che l'emissione di onde elettromagnetiche provochi un
effettivo nocumento, essendo invece sufficiente l'attitudine ad offendere o
molestare beni primari delle persone, come quello della salute. Si rileva poi
che sarebbe stato lo stesso legislatore, con la legge n. 36 del 2001 - laddove
afferma che essa é diretta ad «assicurare la tutela della salute ... dagli
effetti dell'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici» (art. 1, comma 1, lett. a) -, ad avere riconosciuto che
l'esposizione a determinati livelli di campi elettromagnetici possa costituire
un pericolo per le persone, anche a prescindere dal fatto che lo stato attuale
della scienza non ha ancora accertato la nocività delle onde elettromagnetiche,
anche se non la ha esclusa. Ne deriverebbe quindi una presunzione ex lege
in ordine alla effettività del pericolo di nocività delle emissioni, che
dovrebbe ritenersi sussistente per il solo fatto che siano stati superati i
limiti fissati dalla normativa vigente in materia (Sez. I, 14 marzo 2002, n.
23066, Rinaldi).
Secondo un diverso, e maggioritario, orientamento, invece, i limiti di emissione
sono stati previsti a fini di mera cautela e quindi, per poter integrare la
contravvenzione, non è sufficiente il mero superamento dei limiti stessi, ma
occorre che sia raggiunta la prova concreta di una effettiva idoneità delle onde
elettromagnetiche a ledere o molestare le persone. In mancanza di una prova
certa di questa concreta ed effettiva idoneità ad offendere o molestare le
persone esposte, deve escludersi la configurabilità del reato (Sez. I, 13
ottobre 1999, n. 5592, Pareschi; Sez. I, 14 ottobre 1999, n. 5626, Cappellieri;
Sez. I, 30 gennaio 2002, n. 8102, Suraci; Sez. I, 12 marzo 2002, n. 15717,
Pagano).
14.2. Ora, se si accoglie la prima tesi, se si ritiene cioè che il mero
superamento dei limiti tabellari faccia presumere di per sé il pericolo di
nocività per la salute o di molestia per le persone e sia quindi sufficiente per
l'integrazione del reato di cui all'art. 674 cod. pen., ne dovrebbe derivare
l'automatica esclusione dell'applicabilità delle sanzioni amministrative, dal
momento che l'art. 15, comma 1, cit. stabilisce appunto che il superamento dei
limiti di esposizione o dei valori di attenzione é punito con le sanzioni ivi
previste «salvo che il fatto costituisca reato». Ma è evidente come non possa
presumersi che il legislatore abbia voluto punire con (pesanti) sanzioni
amministrative il superamento dei limiti ed, al tempo stesso, abbia voluto
escludere qualsiasi spazio per l'applicabilità di tali sanzioni. L'oggettiva ed
attuale volontà del legislatore, dunque, dovrebbe necessariamente essere
interpretata nel senso della esclusione dell'emissione di onde elettromagnetiche
dall'ambito di operatività dell'art. 674 cod. pen. e della loro sottoposizione
alla disciplina speciale (salvo che il fatto non integri reati diversi, come ad
esempio quello di lesioni).
E questa conclusione non dovrebbe mutare nemmeno qualora si ritenga che - al di
là della clausola di riserva contenuta nell'art. 15 cit. ed al di là del
principio generale fissato dall'art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689 -
sia ipotizzabile un concorso di norme e quindi la contemporanea applicabilità
della sanzione penale e di quelle amministrative. In ogni caso, invero, non
potrebbe presumersi razionalmente una volontà del legislatore che configura un
articolato sistema di illeciti amministrativi con le relative rilevanti sanzioni
per lo stesso identico fatto che il medesimo legislatore vuole (continuare a)
sanzionare penalmente con l'art. 674 cod. pen. Quindi, anche a prescindere dalla
possibilità di un eventuale concorso tra illecito penale ed illecito
amministrativo, in tanto può ritenersi che la volontà oggettiva del legislatore
sia nel senso di far rientrare l'emissione di onde elettromagnetiche nell'art.
674 cod. pen., in quanto si ritenga che illecito penale ed illecito
amministrativo si differenzino almeno per un qualche aspetto, ossia che la
fattispecie penale richieda, per la sua integrazione, la presenza almeno di un
qualche elemento ulteriore e diverso rispetto all'illecito amministrativo. E'
cioè necessaria la presenza di un qualche elemento ulteriore - oggettivamente
verificabile - rispetto al solo superamento dei limiti tabellari.
Affinché sia possibile ravvisare il reato ipotizzato, occorre dunque seguire la
seconda delle due tesi dianzi ricordate, ossia la tesi che richiede non solo il
superamento dei limiti, ma anche la sussistenza di una prova certa ed obiettiva
di una effettiva e concreta idoneità delle onde elettromagnetiche a ledere o
molestare i potenziali soggetti ad esse esposti. Tale tesi, del resto, è quella
maggiormente conforme non solo alla oggettiva ed attuale volontà del
legislatore, ma anche al principio di necessaria offensività della fattispecie
penale.
15. In conclusione il Collegio ritiene che il semplice superamento dei limiti
tabellari dà luogo ad un illecito amministrativo punito con le sanzioni previste
dall'art. 15 della legge 22 febbraio 2001, n. 36. Se poi, oltre al superamento
dei limiti, vi sia anche la prova certa ed oggettiva di un effettivo e concreto
pericolo di nocumento per la salute o la tranquillità delle persone, allora
potrà essere ravvisabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen.
Non può però omettersi di rilevare che anche questa soluzione potrebbe dar luogo
ad un sistema nel suo complesso manifestamente irrazionale - e non potrebbe
quindi più essere seguita - qualora nel diritto vivente dovessero prevalere
alcuni orientamenti interpretativi relativi sia all'art. 674 cod. pen. sia alla
legge n. 36 del 2001.
Sotto questo profilo viene in primo luogo in evidenza l'inconveniente, da più
parti sottolineato, che, ritenendo applicabile l'art. 674 cod. pen., si potrebbe
determinare un sistema sanzionatorio nel suo complesso manifestamente
irrazionale. Infatti, il semplice superamento dei limiti sarebbe punito con la
sanzione del pagamento di una somma da € 1.032 ad € 309.874 e, nei casi più
gravi, anche con la chiusura e l'oscuramento dell'emittente. Se poi il
superamento dei limiti determini anche un concreto ed effettivo pericolo per la
salute o la tranquillità delle persone, allora, sebbene si tratti di un
comportamento oggettivamente più grave, queste pesanti sanzioni amministrative
non sarebbero più applicabili ed al loro posto dovrebbe applicarsi
esclusivamente la pena prevista dall'art. 674 cod. pen., ossia l'arresto fino ad
un mese o, alternativamente, l'ammenda fino ad € 206, magari estinguibile
mediante oblazione. L'art. 15, comma 1, della legge n. 36 del 2001 invero
dispone che le sanzioni amministrative ivi previste si applicano «salvo che il
fatto costituisca reato». In virtù di questa clausola di riserva, quindi, la
circostanza che il fatto, essendo anche in concreto potenzialmente nocivo,
integri il reato di cui all'art. 674 cod. pen., potrebbe comportare l'esclusione
della applicabilità delle sanzioni amministrative (cfr., in questo senso, Sez.
I, 30 gennaio 2002, n. 8102, Suraci, secondo cui l'applicazione dell'art. 674
comporta l'«esaurimento dell'intero disvalore del fatto»; v. anche Sez. I, 12
marzo 2002, n. 15717, Pagano, secondo cui la previsione delle «ipotesi di
illecito amministrativo si pone in termini di ordinaria alternatività rispetto
alla sussistenza del reato»). D'altra parte, se per la sussistenza del reato è
necessaria la presenza di un qualche elemento ulteriore e specializzante
rispetto al solo superamento dei limiti, e se dunque la fattispecie penale fosse
qualificabile come norma speciale rispetto a quella amministrativa, potrebbe
ritenersi che le sanzioni amministrative non possano trovare applicazione anche
in forza del principio di specialità di cui all'art. 9 della legge 24 novembre
1981, n. 689.
Secondo alcuni, quindi, si determinerebbe una situazione paradossale che
comprometterebbe seriamente, e forse eluderebbe, il concreto funzionamento della
specifica disciplina introdotta dal legislatore e gli obiettivi di tutela della
salute che essa si prefigge, dal momento che si potrebbero evitare le
consistenti sanzioni amministrative semplicemente invocando la sussistenza
proprio della contravvenzione del «getto pericoloso di cose», magari da
estinguere mediante oblazione. Tale paradossale conseguenza e l'irrazionalità
complessiva del sistema che ne deriva dovrebbero appunto far ritenere, anche
alla stregua di una interpretazione adeguatrice, che la volontà oggettiva del
legislatore sia quella di escludere comunque l'emissione di onde
elettromagnetiche dall'ambito dell'art. 674 cod. pen.
Ritiene però il Collegio che, almeno allo stato, non sia necessario giungere a
questa conclusione. In primo luogo, perché potrebbe ritenersi che la sanzione
penale, proprio perché tale, sia sempre più grave ed afflittiva della sanzione
amministrativa, cosicché non sarebbe esatto che un comportamento più grave
sarebbe punito con una sanzione più lieve. La conseguenza evidenziata dalla
opinione critica dianzi riportata, non potrebbe quindi in realtà considerarsi
irra-zionale. In secondo luogo, e soprattutto, perché la presunta irrazionalità
si verificherebbe solo se l'applicazione della sanzione penale esaurisse sempre
l'illiceità del fatto ed escludesse sempre l'applicazione della sanzione
amministrativa, mentre questa conseguenza non é, allo stato, certa, non
essendosi ancora formati sul punto orientamenti giurisprudenziali consolidati.
L'irrazionalità, invero, non sussisterebbe qualora, nel caso di superamento dei
limiti accompagnato dalla prova certa ed oggettiva di un effettivo e concreto
pericolo di offesa o di molestia, fossero ravvisabili sia l'illecito
amministrativo sia il reato di cui all'art. 674 cod. pen. E' infatti possibile
che non si ritengano applicabili, rispetto alla norma dell'art. 674 cod. pen.,
né la clausola di riserva prevista dall'art. 15, comma 1, della legge n. 36 del
2001 né il principio di specialità previsto dall'art. 9 della legge 24 novembre
1981, n. 689 (cfr., ad es., Sez. I, 31 gennaio 2002, n. 10475, Fantasia, cit.,
Sez. I, 14 marzo 2002, Rinaldi, n. 23066, cit., ma sul presupposto, qui non
condiviso, che il reato sussiste anche quando non siano superati i limiti e per
il motivo, assai discutibile, che si tratterebbe di norme dirette alla tutela di
beni giuridici diversi e che in tale ipotesi il principio di specialità non
opererebbe; v. anche Sez. I, 12 marzo 2002, n. 15717, Pagano, cit.).
Si tratta però di una questione che esula dall'oggetto del presente giudizio e
ciò sia perché nella specie non è contestato anche l'illecito amministrativo e
sia perché, a ben vedere, essa non è nemmeno decisiva ai fini della
interpretazione da darsi all'art. 674 cod. pen. Ed difatti, a parere del
Collegio, poiché non risultano essersi ancora formate sul punto né una sicura
interpretazione giurisprudenziale né una consolidata prassi amministrativa, la
sola astratta possibilità di una interpretazione che escluda il concorso tra i
due illeciti e che quindi possa comportare le conseguenze dianzi prospettate non
può, allo stato, essere ritenuta sufficiente ad impedire una interpretazione che
faccia rientrare le onde elettromagnetiche nell'ambito dell'art. 674 cod. pen.
16. Per completezza va ancora rilevato che, sia che si escluda sia che si
ammetta una possibile coesistenza dei due apparati sanzionatori penale ed
amministrativo, si potrebbero verificare aspetti di manifesta irrazionalità del
sistema anche sotto un ulteriore profilo, e precisamente in ordine alla
sussistenza di una concreta idoneità a recare nocumento o molestia.
Si è già osservato che, per ammettere la configurabilità del reato di cui
all'art. 674 cod. pen., è necessario che non vi sia una sovrapponibilità tra
illecito penale ed amministrativo, ossia che l'idoneità ad offendere o molestare
non si risolva, in pratica, nel solo superamento dei limiti. Ora, se si
accogliesse una nozione estremamente ampia e generica di «molestia» e si
ritenesse che l'idoneità ad offendere o molestare non debba essere provata in
modo certo ed oggettivo, ma possa desumersi anche da mere affermazioni o
sensazioni soggettive di aver subito turbamenti, o fastidi, o addirittura
preoccupazioni per una eventuale possibilità di danni alla salute non verificata
scientificamente ed in concreto, si determinerebbe la conseguenza che il solo
superamento dei limiti di esposizione o dei valori di attenzione - proprio
perché si tratta di limiti fissati in via precauzionale a tutela della salute -
potrebbe, in pratica, essere di per se stesso idoneo a provocare turbamento,
preoccupazione, allarme. Ne deriverebbe che, di fatto, qualsiasi superamento dei
limiti potrebbe integrare il reato purché si dimostri che vi sia stato qualcuno
che avrebbe potuto essere esposto al campo elettromagnetico. In tal modo si
verrebbe quindi di nuovo a determinare, in contrasto con l'esplicita volontà del
legislatore, una sostanziale sovrapposizione tra illecito amministrativo ed
illecito penale ed il venir meno di qualsiasi oggettivo elemento di discrimine
tra i due illeciti.
Deve però in contrario osservarsi che questa conseguenza deriverebbe in realtà
da una non condividibile interpretazione della idoneità ad offendere o molestare
necessaria per integrare il reato, mentre non si verifica accogliendo la
corretta interpretazione di tale espressione. Ed invero, come già in precedenza
osservato, deve ritenersi che la detta idoneità deve avere natura oggettiva e
non meramente soggettiva, deve essere obiettivamente verificabile e che di essa
deve essere fornita una prova certa e concreta. In tal modo, l'elemento
ulteriore che caratterizza il reato e lo distingue dall'illecito amministrativo
risulta sufficientemente ed oggettivamente individuato e delimitato. Non si
determina quindi una sostanziale sovrapponibilità tra i due tipi di illecito e
conseguentemente, sotto questo aspetto, non vi sono impedimenti alla ritenuta
sussumibilità delle onde elettromagnetiche nell'ambito dell'art. 674 cod. pen.
17. In conclusione, ritiene il Collegio che debba essere affermato il seguente
principio di diritto:
<<Il fenomeno della emissione di onde elettromagnetiche rientra, per effetto di
una interpretazione estensiva, nell'ambito dell'art. 674 cod. pen. Detto reato è
configurabile soltanto allorché sia stato, in modo certo ed oggettivo, provato
il superamento dei limiti di esposizione o dei valori di attenzione previsti
dalle norme speciali e sia stata obiettivamente accertata una effettiva e
concreta idoneità delle emissioni ad offendere o molestare le persone esposte,
ravvisabile non in astratto, per il solo superamento dei limiti, ma soltanto a
seguito di un accertamento (da compiersi in concreto) di un effettivo pericolo
oggettivo, e non meramente soggettivi>>.
18. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra
sezione della corte d'appello di Roma, che procederà ad un nuovo giudizio
attenendosi agli enunciati principi di diritto.
Poiché peraltro anche la sentenza di condanna di primo grado non si è attenuta a
tali principi e poiché quindi è possibile che, alla stregua degli stessi, il
giudice di rinvio pervenga ad un proscioglimento nel merito perché il fatto non
sussiste o non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato,
l'annullamento con rinvio deve riguardare entrambi gli imputati. Non può invero
pronunciarsi sentenza di estinzione del reato per prescrizione nei confronti del
card. Tucci (il quale è stato assolto dalla sentenza ora annullata perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato), in quanto in tal modo lo si
priverebbe, di fatto, di un secondo grado di giudizio di merito, nonostante la
precedente assoluzione nel merito. Tanto meno, poi, sarebbe possibile confermare
nei suoi confronti le statuizioni civili della sentenza di primo grado.
Infine, tenuto conto della complessità delle questioni trattate e dell'esito
della decisione, si ritiene equo compensare integralmente tra le parti private
le spese di questo grado del giudizio.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello
di Roma.
Compensa tra le parti private le spese del giudizio di cassazione.
Cosî deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 13 maggio
2008.
Deposito in Cancelleria 26/09/2008
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006