AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
VI - 26 maggio 2010, n. 3339
CACCIA - Associazioni venatorie - Riconoscimento - Art. 34, c. 2 L. n. 157/92 -
Limiti - Confederazione di associazioni più piccole, ciascuna delle quali non in
possesso del grado di rappresentatività richiesto - Elusione della norma.
L’art. 34, comma 2, lettere b) e c) della legge n. 157/1992 (norme per la
protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio) pone limiti ben
precisi per uno specifico riconoscimento delle associazioni venatorie, che siano
costituite a livello nazionale, abbiano un consistente numero di iscritti
(calcolato sul totale dei cacciatori italiani rilevato dall’Istat) e siano in
grado di esprimere l’indirizzo di questi ultimi, come democraticamente espresso
in forma di mandato rappresentativo. Una mera confederazione di associazioni più
piccole (nella specie, Conf.A.V.I.), ciascuna delle quali di per sé non in
possesso del grado di rappresentatività richiesto, appare inidonea a consentire
il perseguimento delle finalità della norma in esame, configurandone piuttosto
l’elusione. Pres. Barbagallo, Est. De Michele - Federazione Italiana della
Caccia e altri (avv.ti Chiola e Gorlani) c. Ministero delle Politiche Agricole e
Forestali e altro (Avv. Stato)- (Riforma TAR LAZIO, Roma, n.1966/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 26 maggio 2010, n. 3339
www.AmbienteDiritto.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 03339/2010 REG.DEC.
N. 07884/2007 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 7884 del 2007, proposto da:
Federazione Italiana della Caccia, Arcicaccia e Italcaccia, rappresentati e
difesi dagli avvocati Claudio Chiola e Innocenzo Gorlani, con domicilio eletto
presso il primo in Roma, via della Camilluccia 785;
contro
Ministero delle politiche agricole e forestali, Ministero dell'interno,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per
legge presso la sede di Roma, via dei Portoghesi 12;
nei confronti di
Confederazione Associazioni Venatorie Italiane, rappresentato e difeso dagli
avvocati Chiara Cacciavillani, Ivone Cacciavillani e Luigi Manzi, con domicilio
eletto presso quest’ultimo in Roma, via F. Confalonieri, 5;
per la riforma
della sentenza del TAR LAZIO - ROMA - Sezione II TER n. 01966/2007, resa tra le
parti, concernente RICONOSCIMENTO DELLA CONFEDERAZIONE ASSOCIAZIONI VENATORIE
ITALIANE QUALE ASSOCIAZIONE VENATORIA NAZIONALE.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2010 il consigliere Gabriella
De Michele e uditi per le parti gli avvocati Chiola, l'Avv. dello Stato Guida e
l'Avv. Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Attraverso l’atto di appello in esame, notificato il 4.10.2007, le associazioni
Federazione Nazionale della Caccia, Arcicaccia e Italcaccia impugnavano la
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, n. 1966/07 del
2.3.2007 (che non risulta notificata), con quale veniva respinto il ricorso
dalle medesime proposto avverso il decreto emesso dal Ministero delle politiche
agricole e forestali, di concerto con il Ministero dell’interno, in data
8.2.2006, decreto con cui si riconosceva quale associazione venatoria nazionale,
ai sensi dell’art. 34, punto 3, della legge 11.2.1992, n. 157, la Confederazione
delle Associazioni Venatorie Italiane (Conf.A.VI).
Nella citata sentenza si rilevava l’assenza di adeguati supporti probatori,
perché potesse ritenersi violata la normativa di riferimento (art. 34 L. 157/92
cit., secondo cui “le associazioni venatorie istituite per atto pubblico possono
essere riconosciute agli effetti della presente legge, purchè posseggano i
seguenti requisiti: a) abbiano finalità ricreative, formative e
tecnico-venatorie; b) abbiano ordinamento democratico e posseggano una stabile
organizzazione a carattere nazionale, con adeguati organi periferici; c)
dimostrino di avere un numero di iscritti non inferiore ad un quindicesimo del
totale dei cacciatori, calcolato dall’Istituto nazionale di statistica, riferito
al 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui avviene la domanda di
riconoscimento”); quanto sopra, tenuto conto dell’altro principio, contenuto nel
comma 1 della medesima norma, circa la libertà di costituire associazioni
venatorie, principio che si opporrebbe al denegato riconoscimento di una
associazione costituita da altre associazioni, come quella contestata nel caso
di specie.
Non era condivisa inoltre la tesi, secondo cui l’autonomia delle associazioni
minori avrebbe impedito di considerare le stesse come meri organi di
decentramento periferico dell’associazione maggiore, essendo tipica del
decentramento la gestione anche separata ed autonoma dei poteri dell’Organo
centrale; allo stesso modo si escludeva che i cacciatori dovessero essere
direttamente associati all’associazione venatoria da riconoscere, dovendo
ritenersi che la norma fosse finalizzata a consentire l’aggregazione delle micro
associazioni, i cui iscritti potrebbero assicurare cumulativamente il livello di
rappresentatività richiesto dalla norma. Quanto alla democraticità della
confederazione, la contestazione riferita ad insufficienza di un solo delegato
ogni duemila iscritti non sarebbe stata “positivamente apprezzabile”, non
risultando dimostrati criteri di scelta non democratici dei delegati stessi,
“anche con determinazioni assunte extra statuto”.
Quanto al difetto di istruttoria e all’asserita inadeguatezza dei mezzi
finanziari, le censure sarebbero state troppo generiche, essendo Conf.A.V.I. in
possesso dei requisiti formalmente richiesti e non risultando dimostrata
l’entità dei fondi, necessari per fare fronte agli scopi perseguiti dalla citata
Confederazione. Irrilevante, infine, sarebbe stata l’eccepita posizione di
incompatibilità di uno dei componenti del Comitato tecnico faunistico venatorio,
competente a rendere parere per il riconoscimento di Conf.A.V.I., in quanto
presidente dell’Associazione Cacciatori veneti, aderente alla predetta
confederazione, tenuto conto del carattere non vincolante del parere e non
risultando con evidenza alcun conflitto di interessi.
In sede di appello venivano, viceversa, ribadite le censure originariamente
dedotte, con particolare riguardo all’incomparabilità del modello confederativo
in questione con i requisiti prescritti per il riconoscimento delle associazioni
venatorie, essendo in discussione non la libertà delle associazioni di
confederarsi, ma il rispetto delle condizioni per ottenere la qualifica di
associazione venatoria riconosciuta, ai sensi del ricordato art. 34 L. n.
157/1992. Inammissibile, inoltre, dovrebbe ritenersi “l’espediente di
considerare i soci delle associazioni aderenti quali membri allo stesso tempo
anche della Conf.A.V.I.”, con conseguente sorta di “iscrizione d’ufficio”, in
luogo della necessaria adesione volontaria e consapevole.
Le Amministrazioni appellate e la confederazione controinteressata, costituitesi
in giudizio, resistevano all’accoglimento del gravame.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello sia meritevole di
accoglimento, in rapporto alla prima ed assorbente censura di violazione di
legge.
Il più volte citato art. 34, comma 2, lettere b) e c) della legge n. 157/1992
(norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio)
pone, infatti, limiti ben precisi per uno specifico riconoscimento delle
associazioni venatorie, che siano costituite a livello nazionale, abbiano un
consistente numero di iscritti (calcolato sul totale dei cacciatori italiani
rilevato dall’Istat) e siano in grado di esprimere l’indirizzo di questi ultimi,
come democraticamente espresso in forma di mandato rappresentativo. Una mera
confederazione di associazioni più piccole, ciascuna delle quali di per sé non
in possesso del grado di rappresentatività richiesto, appare inidonea a
consentire il perseguimento delle finalità della norma in esame, configurandone
piuttosto l’elusione. Non appare realizzata infatti, nel caso di specie, una
vera e propria fusione delle associazioni minori, la cui struttura appare
integralmente preservata, tanto da configurare Conf.A.V.I. come un ente
associativo di secondo grado, il cui maggiore organo rappresentativo (Assemblea
nazionale) è composto dai presidenti delle strutture autonome decentrate, nonché
da due delegati per ogni associazione fondatrice e un delegato ogni duemila
iscritti per ogni singola associazione; la giunta esecutiva, a sua volta,
risulta composta dai presidenti delle associazioni fondatrici e da undici membri
eletti dall’assemblea nazionale, tra i presidenti delle associazioni aderenti
con almeno mille soci.. Appare evidente, per quanto sopra, la diversità di
criteri di rappresentanza e di poteri gestionali, rispetto alle associazioni i
cui organi siano direttamente eletti dagli associati, intesi – secondo il
dettato normativo in esame – come soggetti singoli appartenenti alla categoria
dei cacciatori. L’organizzazione sopra sintetizzata (il cui fulcro è nell’art. 1
dello statuto di Conf.A.V.I., in cui si ribadisce che le associazioni aderenti
mantengono “la propria struttura ed autonomia organizzativa”) non può essere
confusa con quella di una mera federazione di organismi locali (circoli, società
sportive o altro), i cui iscritti restino a pieno titolo associati alla
struttura centrale, unitaria benché articolata sul territorio. Non di
quest’ultimo tipo appare, per le ragioni già sopra esposte, la confederazione
appellata, che – pur non ponendosi in contrasto con le finalità generali
dell’associazionismo, protetto dall’art. 18 della Costituzione – non appare
tuttavia conforme alle peculiari caratteristiche delle associazioni venatorie
nazionali, come individuate dal ripetuto art. 34 L. n. 157/1992. Per quanto
sopra il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con assorbimento
di ogni ulteriore ragione difensiva ed annullamento – in riforma della sentenza
di primo grado – dell’atto di riconoscimento di Conf.A.V.I. emesso, ai sensi
della richiamata normativa, in data 8.2.200 e pubblicato sulla G.U. n. 61, serie
generale, del 14.3.2006; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, la complessità
della situazione dedotta in giudizio ne importa – ad avviso del Collegio stesso
– la compensazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il
ricorso in appello indicato in epigrafe e per l’effetto – in riforma della
sentenza appellata – annulla l’atto di riconoscimento di Conf.A.V.I. in data
8.2.2006, pubblicato sulla G.U. n. 61, serie generale, del 14.3.2006.
Compensa le spese giudiziali.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2010 con
l'intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Roberto Garofoli, Consigliere
Giancarlo Montedoro, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci con altre
massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE -
Ricerca in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista
giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright ©
- AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 -
ISSN 1974-9562