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 Massime della sentenza

  

 

Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2003 (ud. 5 novembre 2002), n. 2054 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2003 (ud. 5 novembre 2002), n. 2054  

Pres. Postiglione - Est. Franco - P.G. Albano (concl. diff.) - Ric. Laganà

 

 


Omissis

Svolgimento del processo


Con la sentenza in epigrafe l'attuale ricorrente è stato condannato per i reati di cui agli artt. 51, terzo comma, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, ed I sexies del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, per avere, quale proprietario, realizzato e gestito una discarica non autorizzata di rifiuti consistenti in materiali di risulta provenienti da scavi, sbancamenti e demolizioni edili.


L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo: a) che illegittimamente è stata utilizzata come prova una consulenza di parte effettuata senza l'avviso al difensore e senza la presenza del magistrato, consulenza che invece avrebbe dovuto essere compiuta nelle forme di cui all'art. 360 cod. proc. pen.; b) vizio di motivazione nella parte in cui sono stati assolti i due coimputati ed è stata ritenuta la sua responsabilità esclusivamente in base ad un criterio probabilistico; c) che la corte d'appello ha omesso di considerare che egli non poteva essere condannato esclusivamente per un eventuale comportamento omissivo, non essendo invero emerso alcun indizio della sua responsabilità.

 

Motivi della decisione


Il secondo ed il terzo motivo sono fondati. Ed infatti - anche a prescindere dal problema, che i giudici del merito non si sono affatto posti e non hanno quindi affrontato o risolto, se nella specie si trattasse della realizzazione e gestione di una vera e propria discarica ovvero di un abbandono o deposito incontrollato di rifiuti - va rilevato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, destinatario della norma penale che punisce la realizzazione e la gestione di discarica abusiva, è il gestore dell'impianto di raccolta e chi effettivamente lo ha realizzato e non anche, di per sé, il proprietario del terreno sul quale si attua lo smaltimento di rifiuti speciali non autorizzato. E pacifico che quest'ultimo soggetto, quale "extraneus", possa concorrere nel reato proprio, ma occorre che il concorso esterno materiale (cogestione di fatto) o morale (istigazione, rafforzamento, agevolazione) si realizzi con condotta commissiva, ovvero con condotta omissiva - in linea teorica - ma sempre che il "non agere" si innesti in uno specifico obbligo giuridico di impedire l'evento (sez. III, 28 marzo 2001, Messina; sez. I, 17 novembre 1995, Insinua, m. 203.332).


Invero, anche in materia ambientale un dato comportamento omissivo acquista il connotato dell'antigiuridicità solamente in funzione di una norma che imponga al soggetto di attivarsi per impedire l'evento naturalistico di lesione dell'interesse tutelato. Pertanto, non dà luogo alla configurabilità del reato di realizzazione od esercizio di una discarica abusiva la condotta di chi, essendo proprietario di. un terreno o avendone la disponibilità, ometta di impedire che sul proprio fondo terzi realizzino una discarica abusiva (sez. III, 18 dicembre 1991, Sacchetto, m. 189.149; sez. III, 2 luglio 1997, Gangemi, m. 208.624).


Gli stessi principi valgono, ovviamente, anche per l'altro reato contestato all'imputato, che è configurabile non già nei confronti di chi sia semplicemente proprietario del terreno, bensì nei confronti di chi esegua (o concorra ad eseguire) opere in zona sottoposta a vincoli senza autorizzazione o di chi alteri (o concorra ad alterare) le bellezze naturali.


Orbene, nel caso di specie, sia la sentenza di primo grado sia quella di appello, discostandosi dai suddetti principi di diritto, hanno in realtà condannato il L. non già perché questi avesse concorso, anche solo moralmente, nella commissione delle condotte vietate, bensì proprio esclusivamente perché era proprietario del terreno sul quale sarebbe stata realizzata la discarica abusiva ipotizzata nel capo di imputazione e perché, in tale qualità, non aveva impedito l'evento.


Il pretore, infatti, si è limitato ad affermare che era poco verosimile la tesi difensiva dell'imputato secondo cui egli non era a conoscenza dell'esistenza della discarica. E quindi evidente che, tutt'al più, il pretore ha dichiarato colpevole il prevenuto esclusivamente perché ha ritenuto che egli fosse invece a conoscenza dell'esistenza della discarica stessa, ma, come si è già rilevato, tale conoscenza, anche ammesso che vi fosse, non sarebbe comunque idonea ad integrare i reati contestati, in mancanza dell'esistenza di un qualsiasi obbligo giuridico di impedire l'evento ed in mancanza di qualsiasi condotta commissiva che realizzi un concorso esterno materiale (cogestione di fatto) o morale (istigazione, rafforzamento, agevolazione).


La corte d'appello, dal canto suo, ha confermato il giudizio di responsabilità esclusivamente perché il L. "può avere autorizzato altri a scaricare materiale nel suo terreno" e perché egli non aveva presentato denuncia a carico di ignoti. E però di tutta evidenza come, da un lato, quest'ultima circostanza sia del tutto irrilevante - appunto in mancanza di un obbligo giuridico di impedire l'evento - e, dall'altro lato, come una sentenza di condanna non possa fondarsi su un opinabile giudizio probabilistico, che per di più non si basa su nessun indizio o elemento concreto.


La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio perché l'imputato non ha commesso il fatto.

P.Q.M.

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere l'imputato commesso il fatto.

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Rifiuti - Illeciti ambientali - Art. 51, c. 3 D. L.gs. n.22/1997, e L. n. 431/1985 - Discarica abusiva - Deturpamento delle bellezze naturali - Il proprietario del suolo può concorrere come extraneus nel "reato proprio" - Condizioni. Gli illeciti ambientali e paesaggistici (Artt. 51, c.3 D. L.gs. 5 febbraio 1997, n. 22 ed 1 sexies del D. L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito in Legge 8 agosto 1985, n. 431) consistenti, in specie, nella realizzazione e gestione di un impianto di smaltimento di rifiuti non autorizzato, realizzato e gestito da altri ma sul proprio terreno con conseguente deturpamento delle bellezze naturali, s'inquadrano nella figura di "reato proprio" e hanno per destinatario esclusivo il gestore o chi abbia realizzato la discarica o commesso il fatto, non anche, di per sé, il proprietario del suolo. Il proprietario può concorrere come extraneus nel reato proprio a condizione che (per il concorso esterno materiale) gli sia ascrivibile una condotta commissiva (cogestione di fatto) o omissiva di contributo morale (istigazione, rafforzamento, agevolazione) o materiale. Tale responsabilità penale assume rilevanza solo in presenza di una norma che imponga al soggetto uno specifico l'obbligo giuridico di attivarsi al fine di impedire l'evento. CORTE DI CASSAZIONE, sez. III penale, 9 gennaio 2003, (ud. 5 novembre 2002), n. 2054. 

 

 

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