Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Penale Sez. III 16 settembre 2003, n. 35501
Omissis
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 14 giugno 2002 la Corte di appello di Brescia ha
integralmente confermato quella resa il 22 settembre 2000 dal locale tribunale
monocratico, che aveva dichiarato Ivano Spadetto colpevole dei reati previsti e
puniti dall'articolo 51, comma 1, lettera b), dall'articolo 51, comma 1, lettera
a) del decreto legislativo 22/1997, e dall'articolo 674 Cp, e per l'effetto
l'aveva condannato alla pena di nove mesi di arresto e lire 12.500.000 di
ammenda, oltre alla pena accessoria di legge, con il beneficio della sospensione
condizionale delle pene principali e accessorie subordinata alla bonifica
dell'area della srl Emmebi sita in Capriano del Colle, da attuarsi entro sei
mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.
2. Il difensore dello Spadetto ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due
motivi a sostengo.
2.1. Col primo lamenta violazione di legge e carenza di motivazione in ordine
alla disposta subordinazione della sospensione delle pene alla bonifica del
terreno inquinato.
In sintesi sostiene che l'istituto di cui all'articolo 165 Cp, che consente la
subordinazione del beneficio alla eliminazione della conseguenze dannose o
pericolose del reato, salvo che la legge disponga altrimenti, non è applicabile
alla fattispecie di causa, sia perché la disciplina speciale della bonifica del
sito inquinato di cui all'articolo 51bis del decreto legislativo 22/1997 non è
prevista per i reati di cui all'articolo 51 dello stesso decreto, sia perché è
difficile far rientrare la bonifica richiesta all'imputato nella categoria della
"eliminazione delle conseguenze dannose del reato".
Aggiunge che l'attività di bonifica richiede un impegno economico non
indifferente e pone perciò una discriminazione incostituzionale tra soggetti che
possiedono e soggetti che non possiedono una capacità economica adeguata allo
scopo. Sul punto la motivazione della corte di merito - ad avviso del difensore
- è stata generica e insufficiente.
2.2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta contraddittorietà di motivazione
della sentenza impugnata in ordine alla quantificazione della pena.
Motivi della decisione
3 . Il primo motivo di ricorso non può essere accolto.
Sebbene la storia legislativa e giurisprudenziale dell'istituto non sia del
tutto lineare, non può dubitarsi che, in caso di condanna per contravvenzioni in
materia ambientale, il beneficio della sospensione condizionale della pena possa
essere subordinato alla bonifica del sito inquinato e al ripristino ambientale.
Dopo la norma dell'articolo 24 legge 319/76, che, in tema di inquinamento
idrico, prevedeva per la prima volta che la sentenza di condanna potesse
subordinare il beneficio della sospensione condizionale all'esatto adempimento
di quanto stabilito nella sentenza stessa, è stata la legge 689/81 (modifiche al
sistema penale) che, con l'aggiunta di un secondo periodo al primo comma
dell'articolo 165 Cp, ha disciplinato in via generale l'istituto, stabilendo che
il predetto beneficio possa essere subordinato, salvo che la legge disponga
altrimenti, alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato,
secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
In seguito a questa novella la sospensione condizionale della pena può essere
subordinata non solo alla riparazione dei danni civilistici (restituzioni,
risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, pubblicazione della
sentenza, ai sensi degli articoli 185 e 186 Cp), così come previsto dal primo
periodo dello stesso articolo 165, ma anche alla eliminazione del danno
cosiddetto criminale, vale a dire di tutte quelle conseguenze che ineriscono
alla offesa del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata, che sono
ontologicamente diverse dal pregiudizio economicamente apprezzabile e
risarcibile (Cassazione sezione quinta, 1317/86 Cerqueti, rv. 171868; Cassazione
sezione seconda, 2431/97, Cordioli, rv 207312).
La portata della innovazione legislativa è stata esattamente colta da Cassazione
sezione terza, 2944/84, Mungai, rv 162773, la quale ha osservato che la
subordinazione del beneficio all'esatto adempimento di quanto stabilito nella
sentenza è diventato un istituto di carattere generale, che pertanto può trovare
applicazione in relazione ai reati urbanistici e a tutte le ipotesi di
inquinamento dell'ambiente, oltre i casi previsti in specifici settori, come le
acque e i rifiuti.
3.1. Nel frattempo il legislatore ha continuato a disciplinare l'istituto in
relazione a specifiche materie. Così, in tema di rifiuti, il Dpr 915/82 ha
stabilito che con la sentenza di condanna per alcune contravvenzioni
caratterizzate dalla violazione di prescrizioni imposte dall'autorità competente
o di determinate norme transitorie (previste dagli articoli 27, 29, 3113 e 32/3,
e non, per esempio, per la contravvenzione di discarica non autorizzata) il
beneficio della sospensione condizionale della pena potesse essere subordinato
all'esatto adempimento di quanto stabilito nella sentenza stessa (articolo 30).
Sennonché la giurisprudenza di legittimità ha interpretato questa norma speciale
in un senso del tutto particolare, da una parte limitando l'applicabilità
dell'istituto previsto dall'articolo 30 citato alle condanne per i reati ivi
tassativamente previsti (il che è condivisibile), e dall'altra escludendo che
per gli altri reati in materia di rifiuti potesse applicarsi l'istituto generale
di cui all'articolo 165 Cp (il che non può essere condiviso) (v. Cassazione
sezione terza, 9567/84, Alonia, rv 166483; sezione terza, 5461/87, Iuliano, rv
175860; 2690/91, Cesarini, rv 186679; 7567/92, Abortivi, rv 190922; 6312/92,
Oliva, rv 190451).
Per escludere l'applicazione dell'articolo 165, infatti, le menzionate sentenze
hanno invocato il principio di specialità, senza considerare che detto principio
stabilisce semplicemente che quando più norme regolano la stessa materia la
norma speciale deroga a quella generale (articolo 15 Cp). Il che implica però
che quando la norma speciale non è applicabile (nella materia in discussione,
perché non ricorre una dei reati tassativamente previsti dall'articolo 30 Dpr
915/82) ridiventa applicabile "per espansione" la norma generale dell'articolo
165 Cp (che non è limitata a specifici reati).
È quindi fondato l'orientamento giurisprudenziale contrario a quello prevalente,
secondo il quale in tema di smaltimento di rifiuti solidi è corretta la
subordinazione della sospensione condizionale della pena alla bonifica dell'area
secondo le indicazioni dell'autorità sanitaria. La espressa previsione di casi
in cui la menzionata sospensione può essere subordinata all'adempimento di
quanto stabilito nella sentenza di condanna (articolo 30 Dpr 915/82), riferita a
particolari ipotesi in cui vi è già un rapporto tra il colpevole e la Pubblica
amministrazione con inosservanza di prescrizioni, non esclude l'applicabilità
della regola generale di cui all'articolo 165 Cp, della subordinazione del
beneficio alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato;
non sempre è richiesta al giudice una specificazione delle modalità di
adempimento dell'obbligo, essendo sufficiente l'imposizione di regole fissate da
una individuata autorità. Eventuali controversie sul punto riguardano la fase
esecutiva (Cassazione sezione terza, 3849/92, Scherma ed altri, rv 190762).
3.2. A rigore, i termini del problema non sono stati modificati dalla nota
sentenza Luongo delle Sezioni unite, che ribaltando un orientamento prevalente
in materia di reati urbanistici ha riconosciuto il potere del giudice penale di
subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla
eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell'opera
abusiva (714/97, rv 206659). In questa materia, infatti, a fare problema non era
l'esistenza di una norma speciale come quelle in materia di rifiuti o di
inquinamento delle acque, ma solo il potere concorrente della Pubblica
amministrazione in ordine alla demolizione delle costruzioni abusive. Anche se
non può trascurarsi che tale revirement giurisprudenziale ha favorito una
indubbia rivalutazione giuridica e operativa dell'articolo 165 Cp non solo in
materia urbanistica, ma in tutti i settori del diritto penale.
4. Sostanzialmente i termini del problema non cambiano con l'avvento
dell'articolo 51bis del decreto legislativo 22/1997 sulla bonifica dei siti,
introdotto con il decreto legislativo 389/97 e poi modificato con la legge
426/98 (che ha appunto disciplinato l'istituto de quo nella specifica materia).
Secondo questa norma "chiunque cagiona l'inquinamento o un pericolo concreto e
attuale di inquinamento, previsto dall'articolo 17, comma 2, è punito con la
pena dell'arresto da sei mesi a un anno e con l'ammenda da lire cinque milioni a
lire cinquanta milioni se non provvede alla bonifica secondo il procedimento di
cui all'articolo 17. ( ... ) Con la sentenza di condanna per la contravvenzione
di cui al presente comma, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444
Cpp, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere
subordinato alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e
rispristino ambientale".
Considerato il tenore letterale della norma, non v'è dubbio che - come
fondatamente sostiene il ricorrente - essa si applica soltanto per il reato di
inquinamento del sito.
Si discute se si tratti di reato commissivo di danno (inquinamento) con causa di
non punibilità (se si provvede alla bonifica) ovvero con condizione obiettiva di
punibilità (se non si provvede alla bonifica); oppure di reato a condotta mista
(cagionare l'inquinamento e non provvedere alla bonifica); oppure di reato
omissivo (non provvedere alla bonifica) con un presupposto esterno alla
struttura del reato (inquinamento). Ma quale che sia l'inquadramento dommatico
corretto (che esula dal presente thema decidendum), il reato sussiste solo se
l'inquinamento del sito ha superato i limiti di accettabilità definiti
dall'apposito decreto ministeriale previsto dall'articolo 17 decreto legislativo
22/1977 ovvero se esiste un pericolo concreto e attuale di superamento di tali
limiti, e se la bonifica del sito non è avvenuta secondo le sequenze
procedimentali prescritte dal citato articolo 17 (notifica entro 48 ore della
situazione di inquinamento agli organi amministrativi competenti; comunicazione
entro le 48 ore successive degli interventi di messa in sicurezza adottati;
presentazione al comune e alla regione del progetto di bonifica entro trenta
giorni dall'evento inquinante).
Ne consegue che il giudice penale può subordinare la sospensione condizionale
della pena alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e
ripristino ambientale previsti e proceduralizzati dall'articolo 17 solo se è
intervenuta condanna per il reato di inquinamento del sito.
Per gli altri reati previsti dal decreto legislativo 22/1997, e segnatamente per
quelli di abbandono di rifiuti di cui all'articolo 51, comma 2, e di gestione di
discarica abusiva di cui all'articolo 5 1, comma 3, che, pure essendo
generalmente prodromici all'inquinamento, sono strutturalmente diversi dal reato
di inquinamento del sito previsto dall'articolo 51bis, invece, il giudice può
solo applicare l'articolo 165 Cp e quindi subordinare il beneficio alla
eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le
modalità da lui stesso stabilite nella sentenza di condanna. In altri termini,
per questi altri reati può subordinare il beneficio alla bonifica del sito o al
ripristino dell'ambiente eseguiti al di fuori delle sequenze procedurali
previste dal combinato disposto degli articoli 17 e 51bis decreto legislativo
22/1997.
Giova rilevare che un'altra disciplina specifica dell'istituto è prevista nel
decreto legislativo 22/1997 al secondo comma dell'articolo 50, sotto la rubrica
"abbandono di rifiuti". Per chi non ottempera all'ordinanza sindacale che ai
sensi dell'articolo 14, comma 3, impone la rimozione e il ripristino del luogo
in cui siano stati abbandonati rifiuti la condanna penale può essere sospesa
anche subordinatamente alla esecuzione di quanto stabilito nell'ordinanza.
Analoga disciplina è stabilita per chi non ottempera all'obbligo di separare
rifiuti abusivamente miscelati ai sensi dell'articolo 9.
In conclusione, che per reati diversi dall'inquinamento del sito (e da quelli
testé richiamati) sia possibile ricorrere all'istituto generale disciplinato
dall'articolo 165 Cp non può dubitarsi. Anzitutto perché - secondo l'argomento
già accennato sopra - la norma speciale esclude l'applicazione della norma
generale solo per i casi tassativamente previsti nella prima, sicché al di fuori
di questi ritorna applicabile la norma generale. In secondo luogo perché la
clausola di salvezza prevista dall'articolo 165, secondo cui la norma
codicistica si applica "salvo che la legge disponga diversamente" non opera
nella soggetta materia, atteso che la norma speciale di cui trattasi non
contiene una disciplina "diversa", cioè contrastante, ma solo una disciplina
differente "per specializzazione". In altri termini, il ricorso all'istituto
generale di cui all'articolo 165 è escluso solo quando una legge speciale
preveda una disciplina con esso incompatibile (per esempio perché sottrae al
giudice penale il potere di imporre un facere al condannato in determinate
materie, riservandolo alla pubblica amministrazione), non già quando preveda, in
relazione a determinati reati, una disciplina semplicemente "specializzante"
rispetto a quella dell'articolo 165: in questo caso infatti - come già osservato
- l'istituto generale resta applicabile per tutti i reati diversi da quelli
contemplati nella norma speciale.
5. Da ultimo non può affatto condividersi l'argomento difensivo secondo cui la
bonifica del terreno inquinato non rientra nella eliminazione delle conseguenze
dannose prevista dall'articolo 165.
Nel caso di specie l'imputato è stato condannato per due reati di gestione non
autorizzata di rifiuti pericolosi e non pericolosi (articolo 51, comma 1,
lettera a) e b), decreto legislativo 22/1997), nonché per la contravvenzione di
cui all'articolo 674 Cp, commessi in due diversi stabilimenti industriali. In
particolare, in relazione allo stabilimento di Capriano del Colle, è stato
condannato per lo stoccaggio di circa cento tonnellate di rifiuti vari anche
pericolosi, tra cui plastica, oli anche contaminati, solventi organici, rifiuti
inorganici a base di zinco, ferro, piombo e cadmio, nonché per aver provocato
emissione di gas atti a cagionare molestie alle persone. Con la condanna il
giudice di merito ha concesso la sospensione condizionale della pena
subordinandola alla bonifica dell'area interessata nel solo stabilimento di
Capriano del Colle.
Posto che - come già osservato - il danno a cui si riferisce l'articolo 165 Cp è
sia quello civilistico sia quello c.d. criminale, si deve soltanto verificare,
per quanto riguarda quest'ultimo, se il facere imposto dal giudice come
condizione del beneficio tenda a ripristinare il bene tutelato dalla norma
penale e offeso dal reato. Nel caso di specie non v'è dubbio che la bonifica
dell'area sia oggettivamente funzionale a ripristinare l'integrità ambientale
che è stata lesa o messa in pericolo dallo stoccaggio abusivo dei rifiuti. In
linea di fatto non è contestato che il reato abbia cagionato questa lesione o
messa in pericolo. In linea di diritto la reintegrazione del bene ambientale
attraverso la bonifica del sito si configura come eliminazione della conseguenze
dannose o pericolose di cui all'articolo 165.
Poiché non si tratta di una bonifica proceduralizzata ai sensi dell'articolo 17
decreto legislativo 22/1997, sarà il giudice a indicare le modalità di
esecuzione della bonifica nella stessa sentenza di condanna, così come previsto
nello stesso articolo 165. In mancanza di ciò, se sorge controversia sulle
modalità esecutive, a provvedere sarà il giudice della esecuzione.
6. Infine, il ricorrente ripropone la questione di legittimità costituzionale
della norma codicistica di cui trattasi per contrasto (implicitamente dedotto)
con l'articolo 3 Costituzione, laddove essa non prende in considerazione
l'incapacità, economica del condannato ad affrontare l'onere rilevante della
bonifica o in genere della eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
del reato.
La questione è manifestamente infondata, giacché la giurisprudenza della
Consulta ha tradizionalmente ritenuto che rientrino nel potere discrezionale del
legislatore opzioni normative di tal genere. Più in particolare, l'istituto si
può configurare come una proiezione generale del principio comunitario di
diritto ambientale "chi inquina paga", che certamente non contrasta con i
principi fondamentali della Carta costituzionale, soprattutto se si considera
che la portata economica della reintegrazione ambientale è generalmente
proporzionale a quella dell'inquinamento, sicché nel soggetto che inquina si
presuppone una capacità economica tale da consentirgli di affrontare anche le
spese di risanamento. Ne consegue che la norma sospettata non opera alcuna
discriminazione irragionevole tra soggetti che posseggono e soggetti che non
posseggono la capacità economica di affrontare le spese dì una bonifica
ambientale.
7. Va disatteso anche l'ultimo motivo di ricorso, relativo alla quantificazione
della pena. Correttamente la corte di merito ha confermato la sanzione inflitta
dal primo giudice, in considerazione della gravità della condotta, dello sprezzo
dimostrato per le norme di legge e le prescrizioni dell'autorità competente,
nonché della motivazione meramente utilitaristica dell'agente volta a conseguire
profitti economici a scapito altrui. Considerazioni che non appaiono in
contraddizione logica con altri passaggi motivazionali della sentenza.
8. Il ricorso va quindi respinto. Consegue ex articolo 616 Cpp la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali. Considerato il contenuto del
ricorso, non si ritiene di dover irrogare anche la sanzione pecuniaria a favore
della cassa delle ammende.
PQM
La Corte dichiara manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità
costituzionale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
1) Rifiuti - contravvenzioni in materia ambientale - la subordinazione del beneficio al ripristino ambientale - l’istituto di carattere generale trova applicazione anche in relazione ai reati urbanistici e a tutte le ipotesi di inquinamento dell'ambiente. Non può dubitarsi che, in caso di condanna per contravvenzioni in materia ambientale, il beneficio della sospensione condizionale della pena possa essere subordinato alla bonifica del sito inquinato e al ripristino ambientale.La subordinazione del beneficio all'esatto adempimento di quanto stabilito nella sentenza è diventato un istituto di carattere generale, che pertanto può trovare applicazione in relazione ai reati urbanistici e a tutte le ipotesi di inquinamento dell'ambiente, oltre i casi previsti in specifici settori, come le acque e i rifiuti. Cassazione sezione terza, 2944/84, Mungai, rv 162773. Corte di Cassazione Penale Sez. III 16 settembre 2003, n. 35501
2) Rifiuti - smaltimento di rifiuti solidi - sospensione condizionale - subordinazione della condizionale alla bonifica - rapporto tra il colpevole e la Pubblica amministrazione - conseguenze dannose o pericolose del reato. In tema di rifiuti, il Dpr 915/82 ha stabilito che con la sentenza di condanna per alcune contravvenzioni caratterizzate dalla violazione di prescrizioni imposte dall'autorità competente o di determinate norme transitorie (previste dagli articoli 27, 29, 3113 e 32/3, e non, per esempio, per la contravvenzione di discarica non autorizzata) il beneficio della sospensione condizionale della pena potesse essere subordinato all'esatto adempimento di quanto stabilito nella sentenza stessa (articolo 30). Sennonché la giurisprudenza di legittimità ha interpretato questa norma speciale in un senso del tutto particolare, da una parte limitando l'applicabilità dell'istituto previsto dall'articolo 30 citato alle condanne per i reati ivi tassativamente previsti (il che è condivisibile), e dall'altra escludendo che per gli altri reati in materia di rifiuti potesse applicarsi l'istituto generale di cui all'articolo 165 Cp (il che non può essere condiviso) (v. Cassazione sezione terza, 9567/84, Alonia, rv 166483; sezione terza, 5461/87, Iuliano, rv 175860; 2690/91, Cesarini, rv 186679; 7567/92, Abortivi, rv 190922; 6312/92, Oliva, rv 190451). Per escludere l'applicazione dell'articolo 165, infatti, le menzionate sentenze hanno invocato il principio di specialità, senza considerare che detto principio stabilisce semplicemente che quando più norme regolano la stessa materia la norma speciale deroga a quella generale (articolo 15 Cp). Il che implica però che quando la norma speciale non è applicabile (nella materia in discussione, perché non ricorre una dei reati tassativamente previsti dall'articolo 30 Dpr 915/82) ridiventa applicabile "per espansione" la norma generale dell'articolo 165 Cp (che non è limitata a specifici reati). È quindi fondato l'orientamento giurisprudenziale contrario a quello prevalente, secondo il quale in tema di smaltimento di rifiuti solidi è corretta la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla bonifica dell'area secondo le indicazioni dell'autorità sanitaria. La espressa previsione di casi in cui la menzionata sospensione può essere subordinata all'adempimento di quanto stabilito nella sentenza di condanna (articolo 30 Dpr 915/82), riferita a particolari ipotesi in cui vi è già un rapporto tra il colpevole e la Pubblica amministrazione con inosservanza di prescrizioni, non esclude l'applicabilità della regola generale di cui all'articolo 165 Cp, della subordinazione del beneficio alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato; non sempre è richiesta al giudice una specificazione delle modalità di adempimento dell'obbligo, essendo sufficiente l'imposizione di regole fissate da una individuata autorità. Eventuali controversie sul punto riguardano la fase esecutiva (Cassazione sezione terza, 3849/92, Scherma ed altri, rv 190762). Corte di Cassazione Penale Sez. III 16 settembre 2003, n. 35501
3) Il principio comunitario di diritto ambientale "chi inquina paga" non contrasta con i principi fondamentali della Carta costituzionale. La giurisprudenza della Consulta ha tradizionalmente ritenuto che rientrino nel potere discrezionale del legislatore opzioni normative di tal genere. Più in particolare, l'istituto si può configurare come una proiezione generale del principio comunitario di diritto ambientale "chi inquina paga", che certamente non contrasta con i principi fondamentali della Carta costituzionale, soprattutto se si considera che la portata economica della reintegrazione ambientale è generalmente proporzionale a quella dell'inquinamento, sicché nel soggetto che inquina si presuppone una capacità economica tale da consentirgli di affrontare anche le spese di risanamento. Ne consegue che la norma sospettata non opera alcuna discriminazione irragionevole tra soggetti che posseggono e soggetti che non posseggono la capacità economica di affrontare le spese dì una bonifica ambientale. Corte di Cassazione Penale Sez. III 16 settembre 2003, n. 35501
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