AmbienteDiritto.it                                                                                

Legislazione  Giurisprudenza                                            Vedi altre: Sentenze per esteso


    Copyright © Ambiente Diritto.it

 Massime della sentenza

  

 

CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 27 gennaio 2003, n. 3880 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 27 gennaio 2003, n. 3880

 

Omissis

 

Svolgimento del processo


C.E. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Latina sezione distaccata di Gaeta del 22 maggio 2002, con la quale veniva condannato per la contravvenzione di attivazione di un impianto di verniciatura nuovo comportante emissioni in atmosfera senza la prescritta autorizzazione, deducendo quali motivi la violazione dell'art. 157 c.p. in relazione all'art. 159 c.p.p., giacché ove si volesse ammettere operante la sospensione della sospensione in virtù del combinato disposto dell'art. 159 c.p., e dell'art. 304 c.p.p. nel caso di meri rinvii non determinati da esigenze istruttorie o da concessione del termine a difesa, sarebbe, in ogni caso, necessario un formale provvedimento di sospensione, sicché poiché lo stesso manca nel caso di specie, si sarebbe maturata la prescrizione, la violazione e falsa applicazione dell'art. 24 del D.P.R. n. 203 del 1988 in relazione all'elenco allegato all'art. 2 del D.P.R. 25 luglio 1991, giacché, per gestire l'impianto per cui è causa, era sufficiente una mera comunicazione, in quanto era rilasciabile da parte della Regione un'autorizzazione generale per tutti gli impianti, e la violazione e falsa applicazione degli artt. 190 e 495 c.p.p. secondo comma, perché i testi addotti dalla difesa sono stati dichiarati non ammessi in quanto non presenti, nonostante fossero stati regolarmente citati in tal modo si è impedito alla difesa di dimostrare che si fosse in presenza di un impianto preesistente, onde era applicabile la normativa di cui all'art. 25.


Motivi della decisione


I motivi addotti non sono fondati, sicché il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Ed invero, sebbene la pienamente condivisibile decisione delle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. 11 gennaio 2002 n. 1021, Cremonese rv. 220510) nel suo "iter" motivazionale non segua le più piane argomentazioni sviluppate in una decisione della Corte Costituzionale sul punto (Corte Cost. ord. n. 233 del 2002), non vi è dubbio che la sospensione del procedimento conseguente all'accoglimento di un'istanza di rinvio non dovuta a ragioni istruttorie o a concessione del termine a difesa, non necessiti di uno specifico provvedimento di sospensione, in quanto la stessa discende dal fatto che la fissazione della nuova udienza di rinvio comporta la sospensione del procedimento fino a quel momento ed è prevista da un'espressa disposizione di legge (prima art. 486 c.p.p. ora art. 420-ter c.p.p.), mentre vanno escluse tutte quelle ipotesi in cui la sospensione appare ancorata a presupposti eminentemente discrezionali (ex gr. art. 41, secondo comma, c.p.p. vedi Cass. Sez. Un. 20 settembre 2002 n. 31422, Vinci, che corrobora la tesi della precedente decisione delle Sezioni Unite e ritenuta condivisibile dal collegio in modo da evitare ogni abuso del diritto).

Esclusa, quindi, la necessità di un espresso provvedimento di sospensione ed operando le stesse per anni uno mesi tre e giorni 26 (dal 26 gennaio 2001 al 22 maggio 2002), poiché la permanenza è cessata il 23 ottobre 1997, la prescrizione maturerà il 19 agosto 2003.

Per quanto attiene alla censura circa la configurabilità del reato contestato sotto il profilo della sufficienza di una mera comunicazione alla Regione di voler l'autorizzazione generale da tale organo prevista per gli impianti di verniciatura, occorre rilevare che il D.P.C.M. 21 luglio 1989 ha introdotto le categorie delle "attività i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo" (punto 25), non soggette ad alcuna autorizzazione e delle "attività a ridotto inquinamento atmosferico" (punto 19) per le quali le Regioni possono prevedere modelli semplificati di domande di autorizzazione, determinate in base al punto 26 del citato D.P.C.M. e dal D.P.R. 25 luglio 1991 all'allegato I per le prime ed allegato 2 per le seconde.

Il predetto D.P.R. all'art. 4 individua le attività a ridotto inquinamento atmosferico e ne specifica le caratteristiche prevedendo che le Regioni possano autorizzare in via generale le attività a ridotto inquinamento atmosferico.

In tal caso è richiesto soltanto l'onere di comunicare alle Regioni l'intenzione di avvalersi di detto provvedimento abilitativo generale ovvero di predisporre procedure semplificate di domanda di autorizzazione.

Inoltre, al punto 2 dell'allegato 2 ha individuato quale attività a ridotto inquinamento atmosferico la "riparazione e verniciatura di carrozzerie di autoveicoli, mezzi e macchine agricole con l'utilizzo di impianti a cielo aperto e utilizzo di prodotti vernicianti pronti all'uso non superiore a 20 Kg/g", sicché l'impianto in esame potrebbe essere eventualmente, ove ne sussistano le caratteristiche su evidenziate, incluso fra queste attività.

Tuttavia, è evidente che sia l'omissione della comunicazione sia la mancata attuazione della procedura semplificata per ottenere un'autorizzazione singola, ove sussista la normativa regionale attuativa e siano contemplate entrambi detti regimi autorizzatori oppure uno solo di essi, comportano la configurabilità della contravvenzione in esame, in quanto non potrebbe essere esclusa da un atto normativo secondario né da una disposizione legislativa regionale in contrasto con i principi della riserva di legge in materia penale e di divieto alle Regioni di legiferare in materia penale, sicché il provvedimento amministrativo dovrebbe essere disapplicato dal giudice penale, mentre quello legislativo deve essere sottoposto all'esame del giudice delle leggi con il giudizio in via incidentale.

Peraltro un indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (Cass. Sez. III 19 febbraio n. 3, Alfonso rv. 213002) in maniera non condivisibile non considera il D.P.C.M. 21 luglio 1989 (contra Cass. Sez. III 21 settembre 2001 n. 34378, Trovato rv. 220195 e Cass. Sez. III 13 giugno 2000, P.M. in proc. Morana non massimata).

Orbene, nella fattispecie, con accertamento in fatto, il giudice di merito ha constatato l'insussistenza di detta comunicazione e di una disciplina di tal fatta nella regione Lazio, all'epoca dei fatti, sicché era necessario munirsi della prescritta autorizzazione, onde detto motivo, pur ben strutturato in astratto, appare manifestamente infondato.

Tale è anche l'ultima censura processuale, giacché dall'esame degli atti, che questa Corte può esaminare, in quanto è stato dedotto un vizio procedurale, risultano situazioni differenti da quelle prospettate.

Infatti, i testi avrebbero dovuto testimoniare su un fatto irrilevante ai fini della configurabilità del reato contestato cioè sulle circostanze che "l'imputato non esercitava l'attività di metalmeccanico con profitto e con vasta organizzazione di mezzi, tanto è vero che alla data del 31 agosto 1997 ha cessato l'attività", superato dalla produzione del certificato della Camera di Commercio, Industria ed Artigianato, attestante la cessazione in data 23 ottobre 1997 e non sull'epoca in cui era iniziata.

Peraltro, proprio per detta ragione, il difensore ha chiesto l'attivazione dei poteri di ufficio ex art. 507 c.p.p. senza indicare uno specifico capitolato, sicché il giudice monocratico esattamente ha rigettato la richiesta in quanto non si tratta di testi di riferimento e non assumono rilevanza in considerazione della testimonianza già resa da quello indotto dal P.M..

Pertanto, non sussiste il dedotto vizio.
 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Camera di Consiglio in data 20 dicembre 2002


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Inquinamento atmosferico - attivazione di un impianto di verniciatura nuovo comportante emissioni in atmosfera senza la prescritta autorizzazione - D.P.C.M. 21 luglio 1989 - le Regioni possano autorizzare in via generale le attività a ridotto inquinamento atmosferico - provvedimento abilitativo generale - d.P.R. 25 luglio 1991 - necessità - procedure semplificate di domanda di autorizzazione - principi della riserva di legge in materia penale. Il D.P.C.M. 21 luglio 1989 ha introdotto le categorie delle "attività i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo" (punto 25), non soggette ad alcuna autorizzazione e delle "attività a ridotto inquinamento atmosferico" (punto 19) per le quali le Regioni possono prevedere modelli semplificati di domande di autorizzazione, determinate in base al punto 26 del citato D.P.C.M. e dal d.P.R. 25 luglio 1991 all'allegato I per le prime ed allegato 2 per le seconde. Il d.P.R. 25 luglio 1991 all'art. 4 individua le attività a ridotto inquinamento atmosferico e ne specifica le caratteristiche, prevedendo che le Regioni possano autorizzare in via generale le attività a ridotto inquinamento atmosferico. In tal caso è richiesto soltanto l'onere di comunicare alle Regioni l'intenzione di avvalersi di detto provvedimento abilitativo generale ovvero di predisporre procedure semplificate di domanda di autorizzazione. Inoltre, al punto 2 dell'allegato 2 ha individuato quale attività a ridotto inquinamento atmosferico la "riparazione e verniciatura di carrozzerie di autoveicoli, mezzi e macchine agricole con l'utilizzo di impianti a cielo aperto e utilizzo di prodotti vernicianti pronti all'uso non superiore a 20 Kg/g", sicché l'impianto in esame potrebbe essere eventualmente, ove ne sussistano le caratteristiche su evidenziate, incluso fra queste attività. Tuttavia, è evidente che sia l'omissione della comunicazione sia la mancata attuazione della procedura semplificata per ottenere un'autorizzazione singola, ove sussista la normativa regionale attuativa e siano contemplate entrambi detti regimi autorizzatori oppure uno solo di essi, comportano la configurabilità della contravvenzione in esame, in quanto non potrebbe essere esclusa da un atto normativo secondario né da una disposizione legislativa regionale in contrasto con i principi della riserva di legge in materia penale e di divieto alle Regioni di legiferare in materia penale, sicché il provvedimento amministrativo dovrebbe essere disapplicato dal giudice penale, mentre quello legislativo deve essere sottoposto all'esame del giudice delle leggi con il giudizio in via incidentale. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 27 gennaio 2003, n. 3880
 

Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale:  Giurisprudenza