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 Massime della sentenza

  

 

Corte di Cassazione penale Sezione III  22 ottobre 2003 (Ud. 26 giugno 2003) , Sentenza n. 39949

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


Corte di Cassazione penale Sez. III, 22 ottobre 2003, (Ud. 26 giugno 2003)  n. 39949

Pres. Svignano - Est. Onorato - P.M. Geraci (Conf.) - Ric. Copetti.

 

 

(Omissis).

 

Svolgimento del processo e motivi della decisione


1. - Con sentenza del 6 giugno 2002 il Tribunale monocratico di Tolmezzo, in sede di opposizione a decreto penale, ha dichiarato Aurelio Copetti colpevole del reato di cui all'art. 51 comma 2 D.L.vo. 22/1997, per aver - quale legale rappresentante della spa Copetti - depositato in modo incontrollato rifiuti non pericolosi (derivanti da demolizione di manto stradale), e per l'effetto, in concorso con le attenuanti generiche, l'ha condannato alla pena di 3.000,00 di ammenda.


2. - Il Copetti personalmente e il suo difensore, con unico atto, hanno presentato ricorso per cassazione, deducendo tre motivi a sostegno.


In particolare lamentano:
2.1. - difetto di motivazione in ordine alla condotta e all'elemento soggettivo del reato, mancando la prova della consapevolezza e della suità dell'azione;
2.2. - violazione del principio di corrispondenza tra l'accusa e la sentenza, perché essendo stato imputato quale concorrente (mandante) con il materiale esecutore del reato, che non aveva fatto opposizione al decreto penale di condanna, è stato poi condannato come autore proprio;
2.3. - erronea applicazione dell'art. 51, in relazione all'art. 6, del D.L.vo. 22/1997, posto che il giudice ha ritenuto non sussistere la diversa ipotesi di deposito temporaneo, mancando il requisito richiesto a tal fine del raggruppamento dei rifiuti nello stesso luogo di produzione.


3. -Va premesso che il tribunale ha accertato che i rifiuti de quibus erano stati prodotti all'interno di un cantiere delimitato da recinzioni e cancelli, quindi depositati in un'area vicina, separata dal cantiere da una strada, e infine rimossi dopo due giorni per essere avviati a una discarica autorizzata. In base a queste pacifiche risultanze di fatto, il tribunale ha ritenuto che non ricorresse l'ipotesi di deposito temporaneo definita dall'art. 6 lett. m) D.L.vo. 22/1997, mancando il requisito preliminare richiesto dalla norma, e cioè che i rifiuti siano raggruppati, prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti. Al riguardo è infondata la censura formulata nel ricorso (v. n. 2.3.), giacché non v'è dubbio che nel caso di specie il luogo di produzione dei rifiuti (provenienti da demolizione di manto stradale) era diverso dal luogo del deposito, atteso che il primo è legislativamente definito ai sensi dell'art. 6 lett. i) D.L.vo 22/1997 come area delimitata in cui si svolgono le attività dalla quale originano i rifiuti. L'area delimitata del cantiere, invero, era separata e diversa dall'area vicina in cui i rifiuti furono temporaneamente abbandonati. Correttamente, quindi, il tribunale ha ravvisato l'ipotesi di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti previsto e punito dall'art. 51, comma 2, D.L.vo 22/1997.


4. - Altrettanto infondati sono i primi due motivi di ricorso. Quanto alla suitas della condotta e all'elemento psicologico richiesti dall'art. 42 c.p. (n. 2.1), non era richiesta una particolare motivazione, considerato che il reato contestato aveva natura contravvenzionale e che il legale rappresentante della società operante nel suddetto cantiere -quale era il Copetti - era responsabile, almeno per culpa in vigilando, delle operazioni di gestione dei rifiuti compiute dai dipendenti, a meno che non dimostrasse o allegasse una qualche causa di esonero dalla responsabilità. Neppure è ravvisabile una mancata corrispondenza tra la sentenza e l'ipotesi di accusa (n. 2.2). Invero, basta leggere la motivazione del provvedimento per accorgersi che il Copetti, imputato come concorrente con l'esecutore materiale, è stato condannato non come autore materiale ma come autore morale della contravvenzione (non si deve confondere - come fa il ricorso - tra la tematica del reato proprio e quella dell'autore materiale del reato).


5. - Il ricorso va quindi respinto. Consegue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. Considerato il contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di comminare anche la sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

 

(Omissis).

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

Rifiuti - Rifiuti di demolizione - Deposito incontrollato - Responsabilità per culpa in vigilando - Smaltimento dei rifiuti - Legale rappresentante di società - Sussiste - Causa di esonero della responsabilità - Dimostrazione - Necessità - D. L.vo. n.22/1997. Il legale rappresentante di una società di capitale è responsabile del reato di cui all'art. 51, comma 2, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, per avere effettuato il deposito incontrollato di rifiuti di demolizione, atteso che questi risponde, almeno per culpa in vigilando, delle operazioni di gestione dei rifiuti compiute dai dipendenti, salva la dimostrazione di una causa di esonero della responsabilità. PRES. Savignano G - REL. Onorato P - COD.PAR.392 - IMP. C. PM. (Conf.) Geraci V.. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 22 ottobre 2003 (Ud. 26/06/2003), (Rv. 226577), Sentenza n. 39949

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