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Legislazione  Giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione III, del 19 marzo 2003 sentenza n. 8112

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Cassazione Penale, Sez. III, 19 marzo 2003, n. 8112 

Composta dagli Ill.mi Sigg.:                            

Dott.    Francesco              TORIELLO                  Presidente

1. Dott. Aldo                   FIALE                           Consigliere

2.  »    Guido                  DE MAIO                             »     

3.  »    Mario                  GENTILE                              »     

4.  »    Amedeo                 FRANCO                           »     

ha pronunciato la seguente    

SENTENZA

sul ricorso proposto da A. Q. G., n. a Tortorici l'8.6.1952 avverso l'ordinanza 15.4.2002 del Tribunale per il riesame di Messina Sentita la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo FIALE udito il Pubblico Ministero nella persona del dott. V. MELONI che ha concluso per il rigetto del ricorso.                           

Fatto e Diritto 

Con ordinanza 15.4.2002 il Tribunale di Messina rigettava l'istanza di riesame proposta dal difensore di A. Q. G. avverso il provvedimento 19.3.2002 con cui il G.I.P. del Tribunale di Patti - in relazione all'ipotizzato reato di cui all'art. 51 bis D.Lgs. n. 22/1997 - aveva convalidato ed autonomamente disposto il sequestro preventivo di un modulo, avente superficie di mq. 655 circa, facente parte di una discarica di rifiuti solidi urbani gestita dal Comune di Tortorici. 

Da tale modulo - ormai esaurito e ricolmo di rifiuti, nonché privo di copertura idonea ad impedire l'infiltrazione di acque meteoriche - era stata rilevata, dalla Guardia di Finanza di S. Agata di Militello, la tracimazione di percolato, che si infiltrava nel terreno contaminando il suolo e rischiando di raggiungere la falda freatica sottostante. 

L'indagato risultava essere il funzionario tecnico (geometra) comunale responsabile della gestione della discarica. 

Il sequestro era stato effettuato dalla Guardia di Finanza in data 13.3.2002. In pari data era stato prelevato un campione "da un rigagnolo di tracimazione dei liquami", poi sottoposto ad analisi presso il laboratorio di igiene e profilassi dell'A.S.L. n. 5 di Messina, il cui esito aveva qualificato il refluo come "percolato di discarica non contenente elementi tossici". 

Avverso l'ordinanza del Tribunale per il riesame ha proposto ricorso l'A. Q., il quale ha eccepito:

1. la nullità del decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P., che - non potendo qualificarsi "atto a sorpresa" - illegittimamente non era stato preceduto dall'informazione di garanzia e dalla designazione di un difensore di ufficio;

2. la nullità del decreto medesimo, in quanto la misura sarebbe stata adottata dalla Guardia di Finanza "con dichiarate finalità probatorie", mentre il P.M., "errando sulla natura del vincolo imposto dalla P.G. e senza motivare sugli estremi della necessità ed urgenza dell'intervento della stessa P.G., ne ha chiesto al G.I.P. la convalida oltre all'emissione di un decreto di sequestro preventivo, per giunta, sottoponendo alle indagini preliminari persona diversa da quella nei cui confronti era stato eseguito l'accertamento e disposto il sequestro: il sindaco R. N. C.";

3. la nullità dell'analisi eseguita sul campione prelevato di acqua reflua, "sia per il mancato avviso del prelievo che per l'omessa comunicazione del suo inizio" ad esso indagato;

4. la insussistenza del "fumus" del reato ipotizzato, in quanto non vi sarebbe "un solo indizio dell' inquinamento o del pericolo di inquinamento ";

5. difetto di motivazione in ordine alla causa della tracimazione, che era da individuarsi nella rottura accidentale di parte di un muretto di recinzione a monte del modulo sequestrato, attraverso la quale si erano insinuate le abbondanti acque meteoriche cadute in un recente nubifragio;

6. non ascrivibilità del fatto - reato (neppure a titolo di cooperazione colposa) ad esso indagato, che rivestiva non la qualifica di responsabile del servizio, bensì (soltanto da pochi giorni) quella di mero responsabile di settore, al quale non compete di provvedere alla bonifica ex art. 51 bis del D.Lgs. n. 22/1997;

7. mancato accertamento della intervenuta riparazione del muretto e della rimozione della causa della tracimazione. 

Il ricorso deve essere rigettato, poiché tutti i motivi di gravame sono infondati. 

1. Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema (con sentenza 23.2.2000, n. 7, ric. Mariano) hanno statuito che non sussiste l'obbligo di emettere l'informazione di garanzia di cui all'art. 369 c.p.p. anteriormente ai provvedimenti di perquisizione e sequestro, che sono "atti a sorpresa" con facoltà di presenza del difensore ma senza obbligo di preavviso: tale principio è ricavabile dalle stesse finalità cui si ispira l'istituto dell'informazione di garanzia che, se pure collegata ad un atto che prevede la presenza del difensore, non è tuttavia finalizzata alla conoscenza, da parte dell'indagato, di tale specifico atto, ma risponde soltanto allo scopo di fargli conoscere (qualora non ne risulti già reso edotto) che sono in corso attività di indagine che lo riguardano.

La stessa natura degli "atti a sorpresa" mal si concilia con il previo invio della informazione d garanzia, attesa la prevalenza delle primarie esigenze di tutela dell'autenticità della prova rispetto alla completa operatività del meccanismo previsto dall'art. 369 c.p.p.

Quanto, poi, all'eventuale sussistenza dell'obbligo di invio dell'informazione di garanzia contestualmente o successivamente all'esecuzione del sequestro, le Sezioni Unite hanno distinto le ipotesi in cui all'atto sia presente o meno l'indagato:

-- nella prima ipotesi, alla consegna del decreto si accompagnerà l'obbligo, ex art. 365, 1° comma, c.p.p., di chiedere all'indagato se sia assistito da difensore di fiducia, nominandone, in caso di risposta negativa, uno di ufficio (con ciò diviene insussistente l'obbligo di contestuale informazione di garanzia, apparendo la stessa ad evidenza superflua);

-- nell'ipotesi, invece, di assenza dell'indagato all'esecuzione del sequestro, l'informazione di garanzia deve essere tempestivamente data, dopo il compimento dell'atto, in funzione delle esigenze di conoscenza e di tutela espresse dagli artt. 369 e 366 c.p.p.

Sempre secondo le Sezioni Unite, "nessuna incidenza ha, peraltro, sulla validità dell'atto già compiuto, l'eventuale omissione dell'informazione stessa", ciò in quanto "non sussistendo un obbligo di comunicazione preventiva dell'informazione ... non può logicamente ipotizzarsi una qualsiasi incidenza su un atto già compiuto, la cui validità resta legata soltanto al rispetto delle condizioni specifiche ad esso relative".

L'esame deve altresì estendersi alla previsione dell'art. 369 bis c.p.p. (introdotto dall'art. 19 della legge 6.3.2001, n. 60), secondo la quale la comunicazione della nomina del difensore di ufficio e l'informativa sui diritti della difesa (specificati nella stessa disposizione normativa) devono essere notificati dal pubblico ministero alla persona sottoposta alle indagini - a pena di nullità degli atti successivi - "al compimento del primo atto a cui il difensore ha diritto di assistere e, comunque, prima dell'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi del combinato disposto degli articoli 375, comma 3, e 416".

Tale disposizione si pone ad integrazione di quelle già dettate dagli artt. 364, 2° comma, e 365, 1° comma, c.p.p. (che prevedono la nomina di un difensore di ufficio per la persona sottoposta ad indagini che ne sia priva) e dall'art. 28 disp. att. c.p.p. (che prevede la comunicazione, senza ritardo, all'imputato della nomina di un difensore di ufficio).

La nuova norma è senza dubbio farraginosa e di difficile coordinamento sia con la norma precedente sia con le altre disposizioni dianzi citate, tanto che in dottrina sono state prospettate differenti analisi esegetiche, ma in proposito è stato affermato da Cass., Sez. III, 7.12.2001, ric. Zadra che "per coordinare l'informazione di garanzia con quella stabilita dalla legge n. 60 del 2001 la prima deve essere fornita ove venga compiuto un atto a sorpresa, ma non necessariamente prima o congiuntamente allo stesso, mentre l'omessa informazione di cui all'art. 369 bis c.p.p. determina la nullità degli atti conseguenti ove non venga effettuata prima dell'invito a comparire a rendere l'interrogatorio ovvero in un momento antecedente o contemporaneo al compimento del primo atto determinato e programmato a cui ha diritto di assistere il difensore, restando esclusa la necessità di dette informazioni ove esista già in atti la nomina di un difensore di fiducia anche in un procedimento riunito a quello nel quale detta nomina sia stata effettuata, in aderenza alla sua ratio legis".

Rileva il Collegio che il legislatore - facendo riferimento "al compimento del primo atto" garantito - ha ripreso l'espressione già utilizzata nel testo originario dell'art. 369 c.p.p. (antecedente alle modifiche introdotte dalla legge n. 332/1995) ed un'esegesi testuale dell'espressione medesima porterebbe a concludere nel senso che la notifica dovrebbe avvenire ad atto già compiuto. Un'interpretazione razionale del testo (prospettata anche da autorevole dottrina) conduce, però, a ritenere che la comunicazione della nomina del difensore di ufficio debba essere notificata prima del compimento di quegli atti per i quali il difensore ha diritto all'avviso di cui agli artt. 360, commi 1 e 2, e 364, commi 1 e 2, c.p.p., nonché data personalmente (senza previa notifica) contestualmente all'esecuzione dei c.d. "atti a sorpresa", per i quali il difensore ha diritto di assistere ma non ha diritto all'avviso.

Al disposto dell'art. 365, 1° comma, c.p.p. [secondo il quale "il pubblico ministero, quando procede al compimento di atti di perquisizione o sequestro, chiede alla persona sottoposta alle indagini, che sia presente, se è assistita da un difensore di fiducia e, qualora ne sia priva, designa un difensore di ufficio a norma dell'art. 97 comma 3"] non si correla alcuna sanzione espressa di nullità, mentre la nullità comminata dall'art. 369 bis c.p.p. deve essere qualificata di carattere generale non assoluta (artt. 178, lett. c, e 180 c.p.p.) riverberante i suoi effetti soltanto nei confronti di quegli "atti consecutivi" che dipendono da quello dichiarato invalido.

Ne consegue che la nullità comminata dall'art. 369 bis c.p.p. - ai sensi del combinato disposto degli artt. 180 e 182 c.p.p. - deve essere eccepita dalla parte, a pena di decadenza, prima del compimento dell'atto o, quando ciò non sia possibile, immediatamente dopo e, nella specie, deve escludersi che essa potesse essere fatta valere in sede di riesame. Il termine per fare valere la nullità di un atto a cui la parte assiste, infatti - secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. I 24,6.1997, n. 4017) - non si pone in relazione alla necessaria effettuazione di un successivo atto cui intervenga la stessa parte o il difensore, ben potendo, in realtà, la formulazione dell'eccezione aver luogo anche al di fuori dell'espletamento di specifici atti, mediante lo strumento delle "memorie o richieste" che, ai sensi dell'art. 121 c.p.p., possono essere inoltrate "in ogni stato e grado del procedimento" (vedi pure Cass., Sez. VI: 21.1.1993, n. 3971 e 4.3.1994. n. 2705).

Nella fattispecie in esame il sequestro venne imposto dalla P.G. in data 13.3.2002 ed il provvedimento di convalida ed autonoma applicazione della misura - emesso dal G.I.P. il 19.3.2002 - venne notificato all'indagato Q. A. il 25.3.2002 con contestuale invito, rivolto allo stesso ai sensi dell'art. 114 disp. att. c.p.p., di nominare un difensore di fiducia. Non fu nominato, in quella occasione, un difensore di ufficio, ma la relativa nullità deve ritenersi sanata a norma dell'art. 182, 2° comma, c.p.p., poiché non immediatamente dedotta dopo il compimento dell'atto. 

2. Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, il pubblico ministero che riceve il verbale di un sequestro eseguito in via di urgenza dalla polizia giudiziaria ha il potere di qualificarlo giuridicamente. Pertanto, se lo ritiene sequestro preventivo, richiede al giudice la convalida; se invece lo ritiene sequestro probatorio, può convalidarlo egli stesso, a norma dell'art. 355, 1° comma, c.p.p. (vedi Cass.: Sez. III, 28.9.1995, n. 1038; Sez. VI, 26.1.1993, n. 3981; Sez. VI, 10.11.1992, n. 3981; Sez. VI, 7.7.1992, n. 2085; Sez. Un., 18.6.1991, Caltabiano). 

3. Prive di pregio appaiono le ulteriori censure, non di rito, relative alla dedotta carenza di nesso causale fra la condotta del ricorrente e l'evento prodottosi ed alla contestata concreta configurabilità della contravvenzione ipotizzata.

Alla stregua della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte Suprema, infatti, nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro:

- la verifica delle condizioni di legittimità della misura da parte del Tribunale (e di questa Corte) non può tradursi in una anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità dell'indagato in ordine al reato o ai reati oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria ed attenta della antigiuridicità penale del fatto (Cass., Sez. Un., 7.11.1992, rio. Midolini);

- le condizioni generali per l'applicabilità delle misure cautelari personali, indicate nell'art. 273 c.p.p., non sono estensibili, per la loro peculiarità, alle misure cautelari reali e da ciò deriva che, ai fini della verifica in ordine alla legittimità del provvedimento mediante il quale sia stato ordinato il sequestro preventivo di un bene pertinente ad uno o più reati, è preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi e alla colpevolezza dell'indagato (Cass., Sez. Un., 23.4.1993, ric. Gifuni);

- "l'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro" (Cass., Sez. Un., 29.1.1997, n. 23, ric. P.M. in proc. Bassi e altri). 

4. Nella specie il Tribunale di Messina si è attenuto a tali principi ed ha correttamente assolto al compito di controllo ad esso devoluto, in quanto ha valutato su di un piano di astrattezza - nei limiti del procedimento incidentale - l'antigiuridicità dei fatti sostanzianti l'accusa, effettuando la dovuta verifica della compatibilità tra l'enunciata ipotesi accusatoria e le emergenze esistenti, nonché della possibilità di attribuzione dell'illecito prospettato all'indagato.

Il ricorrente, al contrario, inammissibilmente propone, al riguardo, questioni che in concreto Involgono il merito del giudizio, in quanto estendono il tema del decidere alla fondatezza della pretesa punitiva, di per sé esulante dai limiti del procedimento incidentale.

L'ulteriore approfondimento e la compiuta verifica spettano ai giudici del merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi, della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le contrarie argomentazioni del ricorrente non valgono certo ad escludere la configurabilità del "fumus" della contravvenzione contestata.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. 

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 127 e 325 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 7.11.2002.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 19 FEB. 2003.

 


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

1) Discarica rifiuti - "atti a sorpresa" (prelievo di un campione "da un rigagnolo di tracimazione dei liquami", poi sottoposto ad analisi presso il laboratorio di igiene e profilassi dell'A.S.L.) - legittimità.  Non sussiste l'obbligo di emettere l'informazione di garanzia di cui all'art. 369 c.p.p. anteriormente ai provvedimenti di perquisizione e sequestro, che sono "atti a sorpresa" con facoltà di presenza del difensore ma senza obbligo di preavviso (Cass. Sezioni Unite sentenza 23.2.2000, n. 7, ric. Mariano): tale principio è ricavabile dalle stesse finalità cui si ispira l'istituto dell'informazione di garanzia che, se pure collegata ad un atto che prevede la presenza del difensore, non è tuttavia finalizzata alla conoscenza, da parte dell'indagato, di tale specifico atto, ma risponde soltanto allo scopo di fargli conoscere (qualora non ne risulti già reso edotto) che sono in corso attività di indagine che lo riguardano. La stessa natura degli "atti a sorpresa" mal si concilia con il previo invio della informazione d garanzia, attesa la prevalenza delle primarie esigenze di tutela dell'autenticità della prova rispetto alla completa operatività del meccanismo previsto dall'art. 369 c.p.p.. Cassazione Penale, Sez. III, 19 marzo 2003, n. 8112

2) Il pubblico ministero che riceve il verbale di un sequestro eseguito in via di urgenza dalla polizia giudiziaria ha il potere di qualificarlo giuridicamente - sequestro preventivo (richiesta al giudice della convalida) - sequestro probatorio (può convalidarlo egli stesso). Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, il pubblico ministero che riceve il verbale di un sequestro eseguito in via di urgenza dalla polizia giudiziaria ha il potere di qualificarlo giuridicamente. Pertanto, se lo ritiene sequestro preventivo, richiede al giudice la convalida; se invece lo ritiene sequestro probatorio, può convalidarlo egli stesso, a norma dell'art. 355, 1° comma, c.p.p. (vedi Cass.: Sez. III, 28.9.1995, n. 1038; Sez. VI, 26.1.1993, n. 3981; Sez. VI, 10.11.1992, n. 3981; Sez. VI, 7.7.1992, n. 2085; Sez. Un., 18.6.1991, Caltabiano). (Nella fattispecie, si trattava di un sequestro a sorpresa di un campione di percolato proveniente da una discarica di rifiuti comunale). Cassazione Penale, Sez. III, 19 marzo 2003, n. 8112

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