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 Massime della sentenza

  

 

CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. 23 gennaio 2003) Sentenza n. 9519.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. del 23 gennaio 2003) Sentenza n. 9519
 

Omissis

Svolgimento e motivi della decisione


Con sentenza 2 maggio 2001, il Tribunale di Grosseto-Sezione distaccata di Orbetello condannava H.R. e M.E. alla pena, condizionalmente sospesa, di giorni 20 di arresto e £20.000.000 di ammenda ciascuno, in ordine alla contravvenzione (accertata il 24 luglio 1998) di cui all’art. i sexies L. n. 431 deI 1985, come modificato dall’art. 163 D.L2s. n. 490 deI 1999, per aver realizzato - in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in assenza di concessione edilizia e di autorizzazione ex legge n. 1497 del 1939 (art. 7) - un muro in cemento armato, lungo circa mt. 24, due depositi idrici in materiale plastico, collocati all’interno di murature in blocchi di laterizio, ed un altro piccolo manufatto adibito a centrale termica. Il reato edilizio ascritto ai predetti veniva, invece, dichiarato estinto ai sensi degli artt. 13 e 22 L. n. 47 del 1985.

Con la decisione riportata in premessa, la Corte di Appello di Firenze, su impugnazione degli imputati, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dimezzava la pena detentiva inflitta ai predetti, sostituendola con quella pecuniaria corrispondente, e confermava le altre statuizioni. Ricorrono per cassazione gli imputati, con un unico atto, deducendo:

1) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. a) ed e), in relazione agli artt. 1, 1-ter, 1-sexies L. n. 431 del 1985, in quanto le opere de qui bus dovevano ritenersi interventi di manutenzione straordinaria [ai sensi dell’art. 31 lett. b) L. n. 457 del 1978], come tali non soggetti all’autorizzazione prevista dall’art. 7L. n. 1497 del 1939, ai sensi dell’art. 1, comma 8, della legge Galasso (Li. n. 431 del 1985) e dell’art. 152 D. Lgs. n. 490 del 1999

2) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione all’art. 1-sexiesL. n. 431 del 1985, non avendo la Corte di merito tenuto conto della circostanza che le opere in questione non compromettono in alcun modo il paesaggio, per cui non pu ritenersi sussistente il contestato reato;

3) violazione dell’art. 606 c.v.p., lett. e), per difetto ed illogicità della motivazione dell’impugnata decisione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato de quo, nonché violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e), in relazione agli artt. 190 c.p.p. e 603 c.p.p., comma 3, avendo i giudici di appello posto a base del proprio convincimento, circa l’impatto ambientale delle opere realizzate, solo la documentazione fotografica in atti, quantunque detta prova sia incompleta ed ingannevole, e quindi inadeguata, omettendo di valutare tutte le altre risultanze contrarie, che evidenziano la mancata incidenza sul territorio dei manufatti in esame, in parte peraltro preesistenti (il muro di contenimento);

4) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), in relazione agli artt. 1-sexies L. n. 431 del 1985, 13 Li. n. 47 del 1985 e artt. 192-546 c.p.p., essendosi i giudici di appello limitati a richiamare la giurisprudenza di legittimità circa la non estendibilità ai reati ambientali della concessione in sanatoria ex art. 13 L. n. 47 del 1985, senza alcuna specifica motivazione e senza tenere presente la riscontrata conformità delle opere realizzate alle finalità di tutela cui preposto il vincolo paesaggistico, e quindi contestando l’efficacia, per l’estinzione della violazione, del controllo posteriore dell’autorità tutoria;

5) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in ordine alla mancata declaratoria di estinzione per prescrizione del reato ambientale, mancando dei tutto la prova che i lavori fossero ancora in corso alla data dell’accertamento dello stesso, anzi risultando addirittura provato che la centrale termica ed i depositi idrici erano già in funzione.

In accoglimento dell’eccezione processuale sollevata preliminarmente dalla difesa, il Collegio dispone lo stralcio del procedimento nei confronti di Haggiag ed il rinvio dello stesso a nuovo ruolo.

Il ricorso di M. non merita accoglimento.

Con la prima doglianza il ricorrente si duole di una violazione di legge non dedotta con i motivi di appello e pertanto la stessa inammissibile ex art. 606 c.p.p., comma 3.

Ma, anche se non la si volesse considerare tale, essa manifestamente infondata. Infatti gli interventi di manutenzione straordinaria - ai sensi dell’art. 1, comma 8, L. n. 431 del 1985 (ed ora ai sensi dell’art. 152 D.Lgs. ti. 490 del 1999) - non postulano il rilascio dell’ autorizzazione paesaggistica, solo nel caso in cui non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici. Quindi, l’esonero dell’autorizzazione subordinato ad una duplice condizione:

1) che l’intervento possa qualificarsi di straordinaria manutenzione, ai sensi dell’art. 31, comma 1 lett. b), della L. n. 457 del 1978, che elenca una serie di opere e modifiche, che non devono alterare “i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari”;

2) che l’intervento comunque non produca le menzionate alterazioni.

Ci premesso sotto il profilo normativo, rileva il Collegio che nel caso in esame, sia il muro di contenimento (avente, anche secondo l’assunto della difesa, dimensioni maggiori di quelle originarie), sia soprattutto i tre manufatti destinati ad impianti tecnologici, hanno certamente alterato i volumi e le superfici delle unità immobiliari preesistenti, per cui il complessivo intervento edilizio in questione non può di certo rientrare tra quelli di straordinaria manutenzione”. Ma, anche volendo in ipotesi riconoscere allo stesso tale qualifica, l’alterazione dello stato dei luoghi per effetto di dette opere, accertata dai giudici del merito, non consentirebbe in ogni caso l’applicazione dell’art. 1, comma 8, della c.d. legge Galasso e quindi di considerare l’intervento esonerato dall’autorizzazione paesaggistica.

Argomentazioni analoghe valgono anche con riferimento alla seconda e terza censura, che attengono al giudizio espresso dalla Corte distrettuale in ordine all’incidenza sull’ambiente circostante delle opere “de quibus”.

Ribadito il condiviso indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale comunque necessario - per la configurazione del reato in questione - che sia arrecato un certo “apprezzabile” vulnus al paesaggio, rileva il Collegio che la valutazione di esso tuttavia riservata al giudice del merito ed sottratta al vaglio di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata, come nel caso di specie, anche se la Corte distrettuale ha ritenuto sufficiente per determinarsi la documentazione fotografica in atti.

Anche la quarta doglianza, peraltro ripetitiva di un motivo di appello, infondata. Sul punto appare corretta ed esaustiva la motivazione della gravata decisione, con puntuale riferimento al consolidato orientamento di questa Corte Suprema, dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi. E cioè la concessione in sanatoria del tipo di quella rilasciata agli imputati estingue i reati edilizi ed urbanistici, ma non quello ambientale - di cui all’art. 1 -sexies L. n. 431 del 1985 - avente oggettività giuridica diversa dalla nera tutela urbanistica del territorio e condonabile solo ex legge ti. 724 del 1994 difatti la c.d. legge Galasso, a differenza della legge ti. 47 del 1985, non prevede espressamente tale effetto estintivo, che stato introdotto solo dall’art. 39 della citata legge ti. 724 del 1994, alle condizioni dalla stessa poste.

Del resto detto monolitico orientamento stato avallato anche dalla Corte Costituzionale (ord. n. 158 del 1998) e ribadito, con ulteriori argomentazioni, da questa stessa Sezione (tra tante: 17 gennaio 2001, PM Armellin ed altro; 17 febbraio 1999, Fanciulli; 18 novembre 1998, Marcheschi; 28 settembre 1998, n. 2812, Antognoli ed altro;).

In ordine alla prescrizione del reato (ultima doglianza), l’accertamento in fatto del giudice del merito, secondo il quale la costruzione, quantomeno del muro di contenimento, era ancora in corso il 24 luglio 1998, non può essere censurata in sede di legittimità, per cui il reato non ancora prescritto.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso di M.E., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Cos deciso in Roma, il 23 gennaio 2003.

DEPOSITATA lN CANCELLERIA IL 3 MARZO 2003.


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Beni culturali e ambientali – Vincolo paesaggistico - Interventi di manutenzione straordinaria – Nulla osta - Casi si esonero – Limiti. Gli interventi di manutenzione straordinaria, ai sensi dell’art. 1, comma 8, legge n. 431/1985 (ora art. 152 Decreto legislativo n. 490/1999), non richiedono il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, solo nel caso in cui non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici. Haggiag e altri - CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. Del 23 gennaio 2003) RV 224175 Sentenza n. 9519

2) Beni culturali e ambientali – Immobili sottoposti a vincolo paesaggistico - Interventi di manutenzione straordinaria - D.P.R. n. 380/2001 – Autorizzazione - Casi si esonero – Limiti - art. 31, comma 1 lett. b), l. n. 457/1978. La qualificazione d’interventi di manutenzioni straordinaria (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 testo unico in materia edilizia) e il relativo esonero dell’autorizzazione paesaggistica per gli immobili sottoposti a vincolo è previsto solo per interventi contemplati dall’art. 31, comma 1 lett. b), della Legge n. 457/1978 a condizione che la realizzazione delle opere non producano, in nessun caso, alterazione dello stato dei luoghi. Haggiag e altri - CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. Del 23 gennaio 2003) RV 224175 Sentenza n. 9519

3) Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico – La concessione in sanatoria estingue i reati edilizi ed urbanistici, ma non quello ambientale – Art. 13 L. 47/1985 - Configurabilità dell’illecito - Sussistenza. La concessione in sanatoria ex art. 13 Legge 47 del 1985 estingue i reati edilizi ed urbanistici, ma non quello ambientale avente oggettività giuridica diversa dalla mera tutela urbanistica del territorio.  Haggiag e altri - CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3 marzo 2003 (ud. Del 23 gennaio 2003) RV 224175 Sentenza n. 9519
 

 

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