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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

Consiglio Stato, Sezione IV, del 4 marzo 2003, sentenza n. 1196 .

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 

D E C I S I O N E


sui ricorsi riuniti
NRG 8910\2000, proposto dalla Regione Calabria in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Iannello ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Adriano Mentucci in Roma, via dei Bresciani n. 23;
contro
I.M.A. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Scalzi, elettivamente domiciliato in Roma, via della Balduina, 28, presso A. Corace;
e nei confronti di
Comune di Catanzaro in persona del sindaco pro tempore, non costituito;
NRG 8911\2000, proposto dal comune di Catanzaro in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Iannello ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Adriano Mentucci in Roma, via dei Bresciani n. 23;
contro
I.M.A. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Scalzi, elettivamente domiciliato in Roma, via della Balduina 28, presso A. Corace;
e nei confronti di
Regione Calabria in persona del Presidente pro tempore, non costituito;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria – sede di Catanzaro - n. 1013 del 24 luglio 2000.
Visto il ricorso in appello;
visti gli atti di costituzione in giudizio della società I.M.A.;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica udienza del 4 febbraio 2003 la relazione del consigliere Vito Poli, uditi gli avvocati Scalzi e Caracciolo su delega dell'avvocato Iannello;
ritenuto e considerato quanto segue:


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con ricorsi notificati il 5 e 24 ottobre 2000, la Regione Calabria e il comune di Catanzaro proponevano appello avverso la sentenza del T.A.R. della Calabria – sede di Catanzaro - n. 1013 del 24 luglio 2000, con cui venivano accolti in parte due gravami proposti dalla società I.M.A.
Si costituiva quest’ultima deducendo da un lato, l’inammissibilità e l'infondatezza degli appelli in fatto e diritto, dall’altro, interponendo appello incidentale.
Con ordinanze collegiali n. 5522 e 5523 del 2000, veniva accolta la domanda di sospensione della esecuzione dell’impugnata sentenza.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 4 febbraio 2003.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Gli appelli, proposti dalla Regione Calabria e dal Comune di Catanzaro avverso la medesima sentenza, devono essere riuniti a mente dell’art. 335 c.p.c.


2. L’impugnata sentenza:
I) ha riunito due distinti ricorsi (NRG. 460\2000 e 707\2000) proposti dalla I.M.A. s.r.l. nei confronti: a) del provvedimento del dirigente settore urbanistico del comune di Catanzaro n. 1828 del 18 ottobre 1999, avente ad oggetto l’applicazione di misure di salvaguardia in relazione alla domanda di concessione edilizia avanzata per la realizzazione di un complesso artigianale; b) della deliberazione del Consiglio comunale di Catanzaro n. 82 del 18 ottobre 1999, recante, a mente dell’art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978, l’approvazione del progetto relativo alla sistemazione dell’area adiacente alla foce del fiume Corace e la costruzione di parcheggi a servizio di attività mercatali, nonché il mutamento di destinazione urbanistica delle aree di proprietà della società, da “Industriale” in “Annonaria”; c) il decreto del dirigente generale del Dipartimento Urbanistica e Ambiente della Regione Calabria – n. 43 del 22 febbraio 2000 – recante l’approvazione della variante de quo;


II) ha rigettato l’eccezione di inammissibilità, per carenza di interesse ad agire, del ricorso avverso la deliberazione n. 82 del 1999;


III) ha respinto l’eccezione di irricevibilità delle censure proposte avverso l’atto di approvazione regionale;


IV) ha annullato la deliberazione comunale di adozione della variante, riscontrando i seguenti vizi di legittimità: a) difetto di motivazione puntuale trattandosi di variante, c.d. di publica utilità, inerente ad un singolo bene; b) violazione dell’art. 7, l. n. 241 del 1990 per non essere stata preceduta la dichiarazione implicita di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza da apposita comunicazione di avvio del procedimento; c) violazione dell’art. 13, l. n. 64 del 1974, non essendo stato acquisito il preventivo nulla osta del Genio civile relativo alla verifica della compatibilità delle previsioni degli strumenti urbanistici con le condizioni geomorfologiche del territorio;


V) ha respinto la censura concernente l’omessa acquisizione del nulla osta paesaggistico ai sensi dell’art. 1, l. n. 431 del 1985;


VI) ha assorbito i restanti motivi articolati nei confronti della deliberazione consiliare;


VII) ha dichiarato invalida, in via derivata, la determinazione del dirigente generale della Regionale Calabria recante l’approvazione della variante;


VIII) ha annullato, per vizi propri, la su menzionata approvazione regionale, avendo riscontrato: a) la violazione dell’art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978, come sostituito dall’art. 4, comma 3, l. n. 415 del 1998, poiché è mancata la pur indefettibile approvazione, da parte della giunta comunale, del progetto definitivo ed esecutivo dell’opera pubblica da realizzare; b) l’incompetenza del dirigente generale della Regione Calabria ad approvare la variante allo strumento urbanistico, trattandosi di atto di pianificazione emesso in violazione dell’art. 2, lett. b), D.P.G.R. 24 giugno 1999, n. 354, che, in attuazione della l. r. n. 7 del 1996, ha provveduto al riparto di competenze fra i dirigenti e la giunta regionale;


IX) ha assorbito la censura di difetto di istruttoria formulata avverso l’approvazione regionale;


X) ha respinto la domanda di risarcimento del danno avanzata dalla società I.M.A., nel presupposto che difetti una prova puntuale della sussistenza del danno in concreto patito e della sua derivazione dai provvedimenti dichiarati illegittimi;


XI) ha compensato le spese di giudizio.


3. Le doglianze articolate nei gravami principali della Regione e del Comune, essendo identiche per entrambi, possono essere esaminate congiuntamente.


4. Con il primo mezzo (comune come gli altri ad entrambi gli appelli principali), si reitera l’eccezione di irricevibilità del ricorso originario (notificato in data 20 aprile 2000), articolato nei confronti dell’approvazione regionale del 22 febbraio 2000, pubblicata in pari data all’albo pretorio, in violazione del termine decadenziale di impugnazione dimidiato dall’art. 19, d.l. n. 67 del 1997.


4.1. L’eccezione è infondata.

In primo luogo occorre dare atto che l’approvazione regionale è stata pubblicata nel bollettino ufficiale della Regione solo in data 8 maggio 2000.

In secondo luogo la sezione osserva che, in via generale, il termine per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica ai sensi dell’art. 1, l. n. 1 del 1978, avente effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g. (perché relativa ad un bene specifico sopra il quale viene impresso un vincolo di destinazione pubblica), decorre dalla conoscenza individuale che ne abbia avuto il proprietario, essendo insufficiente a tal fine la pubblicazione dell’atto, in quanto il provvedimento ha effetti specifici e circoscritti all’area da espropriare per l’esecuzione dell’opera, e quindi è rivolto a soggetti determinati per quanto non esplicitamente nominati (cfr. sez. IV, 28 gennaio 2002, n. 452, sez. II, 27 febbraio 2002, n. 294\2001).

Nello specifico, la notificazione individuale dell’atto di approvazione regionale è imposta dall’art. 8, comma 5, l. n. 167 del 1962, richiamato dall’art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978, come sostituito dall’art. 4, comma 3, l. n. 415 del 1998.


5. Parimenti infondato è il secondo mezzo con cui si contesta l’ammissibilità dell’impugnativa proposta nei confronti della deliberazione comunale n. 82 del 1999, in quanto atto non definitivo e quindi incapace di ledere la posizione soggettiva del privato.


5.1. Premesso che il motivo è inconferente perché la società I.M.A. ha censurato anche l’atto finale della procedura (l’approvazione regionale), il collegio osserva che: a) in forza di quella deliberazione è stata applicata nei confronti della società una misura di salvaguardia in relazione alla domanda di concessione edilizia avanzata per la realizzazione di un complesso artigianale (cfr. comunicazione del dirigente settore urbanistico del comune di Catanzaro n. 1828 del 18 ottobre 1999); b) l’atto finale della procedura di adozione della variante (la deliberazione della giunta municipale di approvazione del progetto definitivo ed esecutivo), ex art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978, non è mai stato emanato.


6. Come si è visto in precedenza, l’impugnata sentenza, nella parte in cui annulla i provvedimenti impugnati, si regge su una pluralità di motivi autonomi, ognuno dei quali è da solo in grado di sorreggerla perché fondato su specifici presupposti logico giuridici.

Le amministrazioni appellanti hanno omesso di contestare uno di essi (la violazione dell’art. 13 della l. n. 64 del 1974), sicchè i gravami devono ritenersi inammissibili in conformità alla costante giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. sez. IV, 24 marzo 1998, n. 492; 11 marzo 1997, n. 239; 23 novembre 1996, n. 1241).
Sotto tale angolazione è fondata l’eccezione di inammissiblità degli appelli principali sollevata dalla difesa della società I.M.A. nella memoria conclusionale del 24 gennaio 2003.


7. In limine il collegio osserva che, in ogni caso, appaiono sicuramente fondati i vizi di violazione dell’art. 13 della l. n. 64 del 1974, nonché quello imperniato sulla mancata approvazione del progetto definitivo ed esecutivo da parte della giunta comunale in violazione del più volte richiamato art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978.


7.1. Requisito di legittimità degli strumenti urbanistici generali e delle loro varianti è che le stesse siano precedute, nelle zone sismiche (come accade per il tenimento del Comune di Catanzaro), dal parere del competente ufficio del Genio Civile richiesto dall'art. 13 della l. 2 febbraio 1974, n. 64 (cfr. in termini sez. IV, 8 maggio 2000, n. 2643: 19 febbraio 1999, n. 176; Cons. giust. amm. sic. 13 ottobre 1998, n. 607).
Tale disposizione stabilisce che in tutti i comuni ubicati in zona sismica, è necessaria l'acquisizione del parere del competente ufficio del Genio Civile sugli strumenti urbanistici generali e particolareggiati e sulle loro varianti.
Il primo giudice, inoltre, ha affermato, senza essere smentito dagli appellanti, che il parere del Genio non risulta emesso neppure nei confronti dello strumento urbanistico generale vigente all’epoca dei fatti, risalendo a periodo anteriore all’entrata in vigore della l. n. 64 del 1974.


7.2. Palese è la violazione della disposizione sancita dall’art. art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978, nella parte in cui affida al consiglio comunale il compito di approvare il progetto preliminare dell’opera pubblica ed alla giunta quello di approvare il progetto definitivo ed esecutivo.
La giunta comunale, nella vicenda che occupa, infatti, non ha mai adottato il provvedimento di sua spettanza.
Sotto tale angolazione è stata alterata la sequenza procedimentale disegnata dal legislatore, né può accettarsi la tesi sostenuta dalla difesa delle appellanti, secondo cui il provvedimento preso dal consiglio comunale, ed inviato per l’approvazione alla Regione, avrebbe avuto solo effetti e finalità urbanistiche. Il contenuto esplicito della deliberazione consiliare e della successiva determinazione regionale, infatti, è univoco nel rivelare l’intento delle amministrazioni di approvare un progetto di opera pubblica, in variante allo strumento urbanistico vigente, con contestuale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza.


8. Scendendo alla trattazione degli identici gravami incidentali sollevati dalla società I.M.A., la sezione osserva che può esimersi dall’esame dei vizi di legittimità riproposti, disattesi espressamente o assorbiti in prime cure, stante il rigetto degli appelli principali.


8.1. Quanto alla domanda di risarcimento del danno, merita conferma la statuizione di rigetto del primo giudice.

Come affermato da un ormai consolidato indirizzo di questo Consiglio, dall’annullamento di un provvedimento amministrativo non discende in via automatica l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno, ocorrrendo la dimostrazione, fra gli altri elementi costitutivi, del danno patrimoniale in concreto subito e del nesso eziologico con i provvedimenti illegittimi annullati (cfr. Cons. giust. amm. 22 aprile 2002, n. 202; sez. VI, 26 aprile 2000, n. 2490).
Pertanto la richiesta di c.t.u. volta a fornire la prova dell’esistenza del danno deve essere disattesa, potendo intervenire tale mezzo ausiliario di conoscenza del giudice solo per determinare il quantum debeatur, purchè a monte sia stato soddisfatto l’onere di allegazione dei fatti costitutivi della domanda (come viceversa non verificatosi nel caso di specie).


8.2. Parimenti infondato è il motivo di appello con cui si contesta il capo di sentenza concernente la compensazione delle spese di lite.

In base alla costante giurisprudenza di questo Consiglio la statuizione sulle spese del giudizio è il risultato di un potere ampiamente discrezionale del giudice, espressione anche di regole di equità e convenienza, come tale insindacabile in appello (fatta eccezione per il casi di condanna della parte totalmente vittoriosa o a somme palesemente esorbitanti o in sicura violazione dei limiti minimi legali), senza che sia richiesta una specifica motivazione (cfr. ex plurimis sez.V, 25 giugno 2001, n. 3364; sez. IV, 30 giugno 1998, n. 1005).


9. In conclusione sia gli appelli principali che quelli incidentali devono essere rigettati.
In considerazione della reciproca, ma parziale, soccombenza, le spese di giudizio possono essere compensate per un quinto,
restando per il resto a carico degli appellanti principali.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunziando sui ricorsi riuniti in epigrafe meglio specificati, così provvede:
- respinge gli appelli principali proposti dalla Regione Calabria e dal Comune di Catanzaro, e per l'effetto conferma la sentenza indicata in epigrafe;
- respinge gli appelli incidentali proposti dalla I.M.A. s.r.l.;
- condanna il comune di Catanzaro e la Regione Calabria, in solido fra loro, a rifondere in favore della società I.M.A. s.r.l. le spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro cinquemila, nella misura di quattro quinti, dichiarando compensata la rimanente parte.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 febbraio 2003, con la partecipazione dei signori:
Stenio RICCIO Presidente
Dedi RULLI Consigliere
Giuseppe CARINCI Consigliere
Vito POLI Consigliere, rel. ed est.

Carlo SALTELLI Consigliere




M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

1) Il termine per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica avente effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g. - insufficienza della pubblicazione dell’atto per l’effettiva conoscenza - decorrenza - conoscenza individuale del proprietario - la notificazione individuale dell’atto di approvazione regionale - obbligo. Il termine per impugnare l’atto di approvazione del progetto di opera pubblica ai sensi dell’art. 1, l. n. 1 del 1978, avente effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, nonché di variante speciale al p.r.g. (perché relativa ad un bene specifico sopra il quale viene impresso un vincolo di destinazione pubblica), decorre dalla conoscenza individuale che ne abbia avuto il proprietario, essendo insufficiente a tal fine la pubblicazione dell’atto, in quanto il provvedimento ha effetti specifici e circoscritti all’area da espropriare per l’esecuzione dell’opera, e quindi è rivolto a soggetti determinati per quanto non esplicitamente nominati (cfr. sez. IV, 28 gennaio 2002, n. 452, sez. II, 27 febbraio 2002, n. 294\2001). Nello specifico, la notificazione individuale dell’atto di approvazione regionale è imposta dall’art. 8, comma 5, l. n. 167 del 1962, richiamato dall’art. 1, comma 5, l. n. 1 del 1978, come sostituito dall’art. 4, comma 3, l. n. 415 del 1998. Consiglio di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1196

2) Requisito di legittimità degli strumenti urbanistici generali e delle loro varianti è che le stesse siano precedute, nelle zone sismiche, dal parere del competente ufficio del Genio Civile. Requisito di legittimità degli strumenti urbanistici generali e delle loro varianti è che le stesse siano precedute, nelle zone sismiche (come accade per il tenimento del Comune di Catanzaro), dal parere del competente ufficio del Genio Civile richiesto dall'art. 13 della l. 2 febbraio 1974, n. 64 (cfr. in termini sez. IV, 8 maggio 2000, n. 2643: 19 febbraio 1999, n. 176; Cons. giust. amm. sic. 13 ottobre 1998, n. 607). Tale disposizione stabilisce che in tutti i comuni ubicati in zona sismica, è necessaria l'acquisizione del parere del competente ufficio del Genio Civile sugli strumenti urbanistici generali e particolareggiati e sulle loro varianti. Consiglio di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1196

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