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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

Consiglio Stato, Sezione IV, del 4 marzo 2003, sentenza n. 1197 .

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

 

D E C I S I O N E


sul ricorso iscritto al NRG 201\1991, proposto da Batimar 90 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fabrizio Paoletti ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, via Buzzoni n. 3;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, non costituito:
e nei confronti di
Comune di Ardea, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito ;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione I ter, n. 1569 dell’8 novembre 1989.
Visto il ricorso in appello;
vista la memoria prodotta dalla parte appellante a sostegno delle proprie difese;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica udienza del 14 gennaio 2003 la relazione del consigliere Vito Poli, udito l'avvocato Paoletti;
ritenuto e considerato quanto segue:
 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con ricorso notificato il 13 dicembre 1990, la s.r.l. Batimar 90, proponeva appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio, sezione I ter, n. 1569 dell’8 novembre 1989, con cui venivano respinte tutte le censure mosse avverso la deliberazione della giunta regionale del Lazio – 1 agosto 1984, n. 5192 – recante l’approvazione, con modifiche, del piano regolatore generale del comune di Ardea.
Non si costituivano la Regione Lazio ed il Comune di Ardea.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 14 gennaio 2003.
 

MOTIVI DELLA DECISIONE


1. L’appello è infondato e deve essere respinto.


2. Oggetto del presente giudizio è l’approvazione, con modifiche d’ufficio da parte della Regione Lazio, del p.r.g. del Comune di Ardea.


3. La società appellante è proprietaria di alcuni lotti di terreno, in località Lido di Tirrenella, inseriti dal precedente programma di fabbricazione – approvato con deliberazione regionale n. 67 del 20 gennaio 1976 - nella zona L, destinati alla realizzazione di parcheggi.

Con delibera commissariale n. 2 del 7 agosto 1979, veniva adottato il nuovo p.r.g. che destinava i lotti in questione a zona B\7, di completamento residenziale.

Proprio a cagione della nuova destinazione urbanistica, impressa dal piano in itinere, la società si determinava all’acquisto dei lotti.

La Regione, però, in sede di approvazione del piano, reintroduceva la destinazione a parcheggio.


4. Il giudice di prime cure ha respinto, con dovizia di argomenti, tutte le censure (contenute nei motivi 1, 2, 3, 4, 6 e 7 del ricorso originario), inerenti il difetto di motivazione, la violazione dell’art. 10, l. n. 1150 del 1942, lo stravolgimento delle linee fondamentali del piano adottato dall’autorità comunale, l’omissione di una nuova pubblicazione del piano, la lesione delle prerogative costituzionali degli enti locali, la lesione dell’affidamento dei privati.


Il quinto motivo dell’originario ricorso – afferente alla natura espropriativa del vincolo imposto in sede di approvazione, non ristorato da indennizzo – disatteso compiutamento dall’impugnata sentenza, non è stato espressamente riproposto ed il relativo capo di sentenza non ha costituito oggetto di specifica critica nell’atto di appello. Su tale capo di sentenza, pertanto, si è formato il giudicato interno.


Il thema decidendum risulta, quindi, incentrato sulla esatta natura giuridica e sui limiti del potere regionale di approvazione con modifiche dei p.r.g. adottati dai comuni ed andrà esaminato alla luce dei principi specifici resi, sul punto, da questo Consiglio (cfr. Ad. plen. 14 dicembre 2001, n. 9; sez. IV, 21 luglio 2000, n. 4076; sez. IV, 19 gennaio 2002, n. 245; Ad. plen. 22 dicembre 1999, n. 24), cui il collegio rinvia a mente dell’art. 9, l. n. 205 del 2000.


5. L’art. 10, comma 2, l. n. 1150 del 1942, come modificato dall’art. 3, l. n. 765 del 1967, prevede e disciplina le possibilità di modifica del piano regolatore da parte della regione nella fase di approvazione dello stesso.


Le modifiche sono dei seguenti tipi: a) obbligatorie, in quanto riconosciute indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l’adozione di standards urbanistici minimi; b) concordate, ossia conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano e accettate dal comune; c) facoltative, in quanto consistenti in innovazioni non sostanziali, tali cioè da non mutare le caratteristiche essenziali del piano ed i suoi criteri di impostazione.


Le modificazioni apportate dalla Regione Lazio, nel caso che occupa, appartengono al primo tipo (come risulta per tabulas dalla lettura della deliberazione regionale impugnata e della allegata determinazione del comitato tecnico consultivo regionale). Ciò implica alcune conseguenze precise in ordine al contenuto della motivazione in concreto esigibile, specie in considerazione di quanto previsto dal secondo comma dell’art. 3, l. n. 241 de 1990, la dove esclude dall’obbligo di motivazione gli atti normativi e quelli a contenuto generale. Coerentemente si è affermato che in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, le scelte discrezionali dell’amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree, non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale - seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di piano regolatore generale, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni.


Le evenienze che, uniche, giustificano una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali sono ravvisabili: a) nel superamento degli standards minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l'avvertenza che la motivazione ulteriore và riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree; b) nella lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i proprietari delle areee, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio - rifiuto su una domanda di concessione; c) nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (cfr. ex plurimis sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4078; Ad. plen. n. 24 del 1999 cit.). Nessuna di tali evenienze ricorre nel caso di specie, non potendosi invocare la tutela dell’affidamento per le diverse destinazioni che vengono impresse a singole porzioni di territorio, all’interno delle varie fasi che scandiscono quello che rimane un unico complesso procedimento di formazione del p.r.g.


6. Premesso in via generale, che in sede di approvazione dello strumento urbanistico, la Regione è tenuta ad indicare le ragioni (di larga massima, per quanto sopra detto) delle modificazioni d’ufficio di una scelta urbanistica effettuata dal comune, in quanto altrimenti verrebbe menomata l’autonomia dello stesso comune, al quale in definitiva competono le determinazioni sulle modalità di utilizzo del territorio (cfr. sez. IV, n. 4076 del 2000 cit.; 3 agosto 1998, n. 1126), la sezione osserva che tale obbligo di motivazione si atteggia diversamente a seconda del tipo di modificazione d’ufficio apportata dall’amministrazione regionale.


E’ affermazione costante della sezione che la modifica destinata a tutelare il paesaggio o l’ambiente in genere, anche quando si risolva nell’imprimere ad un’area il preesistente connotato di zona agricola o destinata a parcheggi (come nel caso di specie), non richieda una diffusa analisi argomentativa, tanto più che il limite delle innovazioni sostanziali fissato dalle modifiche d’ufficio non riguarda quelle attinenti alla tutela del paesaggio e dell’ambiente, che pertanto, possono anche mutare le caratteristiche essenziali e i criteri di impostazioni del piano.


Nella specie, per altro, come si evince dalla piana lettura del provvedimento impugnato, la Regione si è mossa esplicitamente all’interno delle linee di fondo e dei criteri ispiratori del piano, che, in base alla relazione tecnica di accompagnamento predisposta dal comune, sono volti a: contenere l’espansione edilizia; tutelare in modo assoluto le risorse naturali, paesistiche ed archeologiche; riqualificare le zone turistiche; rispettare e valorizzare le potenzialità agricole; riqualificare il centro storico, potenziare le attività produttive industriali.


7. Che la destinazione a servizi, ed in special modo a parcheggi, possieda una valenza conservativa dei valori ambientali assumendo per tale via la funzione decongestionante e di contenimento dell’espansione dell’aggregato urbano, non è revocabile in dubbio; ed è principio espresso dalla giurisprudenza di questo Consiglio ormai da alcuni lustri (per la zona agricola, cfr. ex plurimis, sez. IV, n. 4076 del 2000 cit., n. 245 del 2000 cit.; 17 gennaio 1989, n. 5).


Inoltre, la sussistenza di specifiche competenze dello Stato (ora delegate alle Regioni) in materia di ambiente, paesaggio ed ecosistemi, non esclude che la tutela di tali valori sia un obbiettivo primario anche per la pianificazione urbanistica. Pertanto, in sede di approvazione di un piano regolatore, l’amministrazione a ciò competente può introdurre vincoli diretti alla protezione dell’ambiente e del paesaggio, ancorché non siano stati adottati i provvedimenti previsti dalle leggi n. 1497 del 1939 e n. 1089 del 1939 (ora d.lgs. n. 490 del 1999), ed anche in maniera più restrittiva di quelli indicati da questi ultimi, se emanati.


Nella specie, come risulta dalla deliberazione contestata, esiste un patrimonio archeologico di rilievo, diffuso su tutto il territorio comunale ed insiste un vincolo di tutela paesaggistica ed ambientale sopra il territorio ricompreso fra la s.s. Pontina ed il mare.


Giova, infine, rilevare che le ragioni di tutela ambientale, archeologica e paesaggisitica sono state indicate in modo adeguato nella relazione del comitato tecnico regionale posta a base dell’impugnata deliberazione, il chè non consente di rilevare vizi di difetto di motivazione e di eccesso di potere per travisamento dei fatti o difetto di istruttoria.


8. Per quanto concerne la doglianza incentrata sulla omessa ripubblicazione del piano (con la conseguente impossibilità del privato di formulare osservazioni), la giurisprudenza di questo Consiglio, afferma che <<nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione prevista dall'art. 9 L. 17 agosto 1942, n. 1150 è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati al progetto di piano adottato dal comune, ma non è richiesta per le successive fasi del procedimento, anche se il piano originario risulti modificato a seguito dell'accoglimento di alcune osservazioni o di modifiche introdotte in sede di approvazione regionale>> (cfr. sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6178; 20 febbraio 1998, n. 301 cit.; 11 giugno 1996, n. 777).


Tale affermazione – da cui la sezione non intende discostarsi - è coerente con il carattere obbligatorio dell’intervento regionale a tutela dell’ambiente, che rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso dalla scelta pianificatoria operata dal comune e modificata in sede di approvazione dalla Regione.


In diritto, pertanto, è da respingersi la prospettazione dell’appellante.


In fatto, per altro, anche a voler seguire la tesi difensiva dell’appellante, come evidenziato in precedenza, la Regione si è mossa in sintonia e non in contrasto con le linee guida del piano, il che esclude qualsivoglia stravolgimento di quest’ultimo e la necessità di una sua ripubblicazione.


9. In conclusione l’appello deve essere respinto.


Nessuna statuizione sulle spese del giudizio non essendosi costituite le parti intimate.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunziando sul ricorso in appello, meglio in epigrafe indicato, così provvede:
- respinge l'appello proposto, e per l'effetto conferma la sentenza indicata in epigrafe;
- nulla sulle spese di giudizio .
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 gennaio 2003, con la partecipazione dei signori:
Stenio RICCIO Presidente
Costantino SALVATORE Consigliere
Dedi RULLI Consigliere
Giuseppe CARINCI Consigliere
Vito POLI Rel. Consigliere, rel. ed est.




M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

1) In sede di approvazione di un piano regolatore generale, la Regione, ben può introdurre vincoli diretti alla protezione del paesaggio e dell’ambiente - legittimità dell’inserimento nel prg di provvedimenti più restrittivi da quelli previsti dalle leggi in materia di tutela del paesaggio e dell’ambiente - competenze delegate dallo stato. In considerazione delle competenze delegate dallo stato in materia di tutela delle bellezze naturali, la regione, in sede di approvazione di un piano regolatore generale, ben può introdurre vincoli diretti alla protezione del paesaggio e dell’ambiente, ancorché non siano stati adottati i provvedimenti previsti dalle leggi n. 1497 del 1939 e n. 1089 del 1939 (ora d.lgs. n. 490 del 1999), ed anche in maniera più restrittiva di quelli indicati da questi ultimi, se emanati. Sulla esatta natura giuridica e sui limiti del potere regionale di approvazione con modifiche dei p.r.g. adottati dai comuni, si veda: cfr. Ad. plen. 14 dicembre 2001, n. 9; sez. IV, 21 luglio 2000, n. 4076; sez. IV, 19 gennaio 2002, n. 245; Ad. plen. 22 dicembre 1999, n. 24. Consiglio di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1197

2) L’approvazione del piano regolatore - l’obbligo di motivazione delle modificazioni introdotte dalla Regione - modificazione d’ufficio (obbligatoria o facoltativa) - la modifica destinata a tutelare il paesaggio o l’ambiente in genere. In sede di approvazione del piano regolatore ai sensi dell’art. 10, comma 2, l. n. 1150 del 1942, l’obbligo di motivazione delle modificazioni introdotte dalla Regione si atteggiano diversamente a seconda del tipo di modificazione d’ufficio (obbligatoria o facoltativa) apportata dalla Regione stessa, per cui va ritenuto che la modifica destinata a tutelare il paesaggio o l’ambiente in genere, anche quando si risolva nell’imprimere ad un’area il preesistente connotato di zona agricola o destinata a parcheggi, non richieda una diffusa analisi argomentativi, tanto più che il limite delle innovazioni sostanziali fissato dalle modifiche d’ufficio non riguarda quelle attinenti alla tutela del paesaggio e dell’ambiente, che pertanto, possono anche mutare le caratteristiche essenziali e i criteri di impostazioni del piano. Consiglio di Stato, Sez. IV, del 4 marzo 2003, Sentenza n. 1197

 

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