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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

Consiglio di Stato, Sezione V, del 15 gennaio 2003, sentenza n. 156.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n.4461/2000, proposto da Venditti Bruno, rappresentato e difeso dall'avv.to N. Amato, elettivamente domiciliato presso di lui in Roma, via Flaminia n.4;

contro

Pisani Daniele, rappr e dif. dagli avv.ti S. A. Romano e C. Mancini, elettivamente domiciliato presso il primo in Roma,corso Vittorio Emanuele II, n. 284;

e nei confronti

del Comune di Isola del Liri, in persona del sindaco p.t., rappr e dif. dall' avv.to a. De Gerolamo, elettivamente domiciliato in Roma, in via cola di Rienzo n.212 presso avv. G. Mastroianni;

per la riforma

della sentenza TAR Lazio, Latina, n.96 del 27.1.2000, depositata il 10.2.2000, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal sig. Pisani.

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune e del sig. Pisani;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 9.7.2002, relatore il consigliere Aniello Cerreto ed uditi altresì i procuratori delle parti, come da verbale d’udienza.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto:

FATTO

Con l’appello in epigrafe, il sig. Venditti ha fatto presente che era titolare della concessione edilizia n. 13445 del 6.3.1995 per la costruzione di un fabbricato per la conduzione agricola in zona definita agricola dal PP.R. G. del comune di Isola del Liri; che avverso detta concessione proponeva ricorso al TAR Latina il sig. Pisani, assumendone l’illegittimità; che il TAR accoglieva il ricorso con la sentenza appellata:

Ha dedotto che detta sentenza era erronea ed ingiusta per le seguenti ragioni:

-in quanto contraddittoria nella motivazione ed in contrasto con la normativa in materia urbanistica in quanto nessun limite di superficie era previsto dalle norme tecniche di attuazione per la costruzione di manufatti diversi dalle abitazioni e che fossero strumentali alla conduzione del fondo agricolo, come nel caso in esame; in quanto il TAR non aveva considerato che costituiva piena prova della destinazione ad uso agricolo del manufatto la circostanza che per volume edificabile era stato utilizzato il coefficiente per l’uso agricolo (0,05 mc/mq) e non quello per civile abitazione (0,03 mc/mq);

-in quanto non era previsto alcun onere a carico dell’Amministrazione per l’accertamento dell’effettiva coltivazione del fondo; né vi era un obbligo del richiedente la concessione di fornire gli elementi in ordine al rapporto di connessione con i fini agricoli;

-la motivazione della sentenza era carente e contraddittoria nella parte in cui faceva discendere l’illegittimità della concessione per avere il Sindaco disatteso il parere espresso dal tecnico comunale, al quale non competeva alcuna funzione consultiva;

-neppure rilevava ai fini dell’illegittimità della concessione il fatto che essa riguardasse un edificio avente la superficie di mq.190 (recte: mq.167), non essendo state indicate le disposizioni che determinavano la sproporzione tra superficie edificata e superficie da coltivare;

-comunque ai fini determinazione della superficie da coltivare occorreva tener conto oltre del terreno del Venditti B. ( mq. 2045), anche del terreno del sig. Catallo (mq.8100) e di quello del sig. L. Venditti (mq.1800);

-il TAR aveva ritenuto illegittima la concessione sulla base del progetto, ritenendo che fosse predisposto per la realizzazione di un’abitazione in quanto rifinita con intonaci, infissi, pavimenti e servizi, mentre si trattava di manufatto con destinazione agricola;

-il TAR, nell’erroneo presupposto che si trattasse di abitazione agricola, aveva ritenuto necessario un lotto di almeno mq.15.000, mentre l’art. 2 L.R. n.24 del 6.7.1977 richiedeva solo mq.10.000;

-la motivazione fornita dal TAR doveva ritenersi in contrasto con gli artt. 41 e 44 Cost., venendosi ad impedire la trasformazione del latifondo e la ricostruzione delle unità produttive;

-non poteva attribuirsi rilevanza alla mancanza della qualifica di agricoltore da parte del Venditti;

-la sentenza del TAR era contraria a precedente giudicato del Tribunale penale di Cassino di cui alla sentenza del 2.1.2.1999, che aveva assolto il Venditti, il Vice sindaco ed il progettista dal reato di costruzione abusiva.

Costituitosi in giudizio il Comune ha chiesto l’accoglimento dell’appello rilevando in particolare quanto segue:

-il Venditti aveva chiesto la concessione edilizia per la costruzione di un edificio per la conduzione agricola nella zona A1 e per tali edifici non sussisteva alcun limite di lotto disponibile purchè fossero effettivamente necessari per la conduzione agricola;

-non poteva condividersi l’assunto del TAR in base alla quale il manufatto doveva considerarsi abitazione in quanto rifinita con intonaci, infissi , pavimenti e servizi, trattandosi di elementi che solo rendevano dignitoso l’ambiente di lavoro;

-né occorreva l’indicazione nella concessione della necessità della costruzione agricola, essendo le caratteristiche del progetto a qualificare in termini di necessità il tipo di costruzione;

-doveva ritenersi irrilevante il parere del tecnico comunale;

-doveva tenersi conto della sentenza penale di assoluzione del Tribunale di Cassino, sezione di Sora, n.483/1999 alla stregua dell’art. 652 c.p.p..

Costituitosi in giudizio, il sig. Pisani ha chiesto il rigetto dell’appello, richiamando anche le ulteriori censure proposte in primo grado e non esaminate dal TAR.

Alla pubblica udienza del 9.7.2002, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

1.Con sentenza TAR Lazio, Latina, n.96 del 27.1.2000, depositata il 10.2.2000, è stato accolto il ricorso proposto dal sig. Pisani avverso lal concessione edilizia n.13445 del 6.3.1995 rilasciata dal comune di Isola del Liri a favore del sig.Venditti.

Avverso detta sentenza ha proposto appello il sig. Venditti.

2.L’appello è infondato.

2.1.La concessione edilizia riguarda un edificio in cemento armato (di circa mq.167) per la conduzione agricola da realizzare in zona A1 (Agricoltura) su un lotto di terreno di mq.2045, con asservimento e vincolo di inedificabilità di un ulteriore lotto di mq. 8100 (di proprietà del sig. Catallo).

Nella zona Zona A1, come è specificato nelle norme di attuazione del P.R.G. all’epoca vigenti, sono consentite soltanto le costruzioni necessarie per la conduzione agricola, ivi incluse le eventuali abitazioni degli agricoltori che conducono i fondi, ma in quest’ultimo caso occorre un lotto minimo di superficie di mq.15.000.

2.2.Per cui, in detta zona non è richiesto alcun limite di superficie per i manufatti necessari alla conduzione agricola, mentre occorre una superficie di almeno mq.15.000 per la realizzazione di abitazioni destinate ad agricoltori che conducano i fondi.

Correttamente, perciò, il TAR ha ritenuto illegittima la contestata concessione edilizia sia nel caso in cui la costruzione progettata sia da considerare abitazione sia nel caso in cui venga ritenuta manufatto destinato esclusivamente alla conduzione agricola.

Invero, per la realizzazione di un’abitazione verrebbe a mancare il lotto minimo di superficie di mq.15.000 richiesto dalla normativa urbanistica comunale, in quanto l’area disponibile ammonta, tenendo conto dell’asservimento, a mq.10.145.

Né vale invocare l’art. 2 L. R. Lazio 6.7.1977 n. 24, il quale si limita a prevedere per la costruzione di abitazioni nelle zone agricole, in attesa della revisione del P.R.G per adeguarlo ai limiti fissati dal decreto interministeriale 2.4.1968 n. 1444, il lotto minimo di mq.10.000, ma ciò non impedisce ai singoli comuni di adottare prescrizioni più rigorose in relazione alla specificità del proprio territorio, come è avvenuto nel caso in esame.

Nell’ipotesi invece che si tratti di manufatto destinato alla conduzione agricola, è mancato qualsiasi accertamento, e conseguente motivazione, in ordine alla concreta necessità del manufatto ai fini della conduzione agricola del fondo, come correttamente ritenuto dal TAR.

Al riguardo è sufficiente rilevare che la mancanza del lotto minimo si giustifica proprio in relazione alla sussistenza di un’effettiva ed obiettiva connessione funzionale dell’opera da realizzare con le esigenze relative alla conduzione del fondo, e tale connessione doveva valutarsi in concreto tenendo conto da una parte delle caratteristiche dell’edificio da costruire e dall’altra delle esigenze agricole da soddisfare.

Tale accertamento invece non risulta compiuto dalla Commissione edilizia che si è limitata ad esprimere un generico parere favorevole, sulla cui base poi il sindaco ha rilasciato la concessione edilizia impugnata. Esso invece era necessario anche in considerazione del parere sfavorevole espresso dall’Ufficio tecnico comunale, che si fondava sostanzialmente sulla sproporzione tra la superficie del terreno da coltivare ( circa mq.2000) e l’edificio da realizzare (mq.167), non potendosi considerare a tal fine anche gli ulteriori mq. 8100 del sig Catallo asserviti unicamente ai fini della realizzazione dell’edificio e neppure i mq.1800 del fratello dell’appellante, dei quali non si fa alcun cenno nella relativa pratica edilizia.

Né può seguirsi l’appellante sull’irrilevanza del parere dell’Ufficio tecnico comunale in quanto, una volta che si è ritenuto di richiamarne il contenuto nel provvedimento di concessione, per ciò stesso sorgeva il dovere del Sindaco di indicare le ragioni per le quali riteneva di doversene discostare.

Non pertinente è poi l’invocazione da parte dell’appellante degli artt. 41 e 44 Cost. per contrastare la decisione del TAR, atteso che l TAR si è limitato a tener conto della normativa urbanistica all’epoca vigente, che peraltro non viene contestata.

2.3. Infine, non può avere alcuna incidenza sul presente giudizio la sentenza penale di assoluzione del Tribunale di Cassino, sezione di Sora, n.483/1999 che avrebbe assolto il Venditti, il Vice sindaco ed il progettista dal reato di costruzione abusiva in concorso tra loro.

A prescindere dal rilievo che detta sentenza non risulta depositata in giudizio ed al riguardo non sussiste alcun onere istruttorio d’ufficio, trattandosi di documentazione nella disponibilità delle parti, occorre rilevare che la disposizione processuale penale da prendere in considerazione al riguardo è l’art. 654 c.p.p..

Detta disposizione, a differenza dell’art. 652 c.p.p. relativo ai giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno (quale non è il presente giudizio avente per oggetto l’annullamento di una concessione edilizia), esclude che possa avere efficacia di giudicato, in un successivo giudizio civile o amministrativo, la sentenza penale di condanna o di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento, con riferimento ai soggetti che non abbiano partecipato al relativo giudizio penale (V. Cass. Sez. lav. n. 2464 del 4.3.2000 e la decisione di questa Sezione n. 1440 del 12.10.1999). Ma nella specie non risulta che il Comune si sia costituito come parte civile nel processo penale.

3.Per quanto considerato, l'appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 9 Luglio 2002 con l’intervento dei Signori:

Agostino Elefante Pres.

Francesco D'Ottavi Cons.

Aniello Cerreto Cons. Est.

Nicolina Pullano Cons.

Gerardo Mastrandrea Cons.

 

L'ESTENSORE                          IL PRESIDENTE                                IL SEGRETARIO

f.to Aniello Cerreto                     f.to Agostino Elefante                          f.to Giuseppe Testa

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA                       IL DIRIGENTE

      Il 15 gennaio 2003                                           f.to Antonio Natale

 

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

 

 

 

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato per la conduzione agricola - la mancanza del lotto minimo - la concreta necessità del manufatto ai fini della conduzione agricola del fondo - Commissione edilizia - necessità dell’accertamento - parere sfavorevole espresso dall’Ufficio tecnico comunale - motivazione. Al riguardo è sufficiente rilevare che la mancanza del lotto minimo si giustifica proprio in relazione alla sussistenza di un’effettiva ed obiettiva connessione funzionale dell’opera da realizzare con le esigenze relative alla conduzione del fondo, e tale connessione doveva valutarsi in concreto tenendo conto da una parte delle caratteristiche dell’edificio da costruire e dall’altra delle esigenze agricole da soddisfare. Tale accertamento invece non risulta compiuto dalla Commissione edilizia che si è limitata ad esprimere un generico parere favorevole, sulla cui base poi il sindaco ha rilasciato la concessione edilizia impugnata. Esso invece era necessario anche in considerazione del parere sfavorevole espresso dall’Ufficio tecnico comunale, che si fondava sostanzialmente sulla sproporzione tra la superficie del terreno da coltivare ( circa mq.2000) e l’edificio da realizzare (mq.167), non potendosi considerare a tal fine anche gli ulteriori mq. 8100 del sig Catallo asserviti unicamente ai fini della realizzazione dell’edificio e neppure i mq.1800 del fratello dell’appellante, dei quali non si fa alcun cenno nella relativa pratica edilizia. Né può seguirsi l’appellante sull’irrilevanza del parere dell’Ufficio tecnico comunale in quanto, una volta che si è ritenuto di richiamarne il contenuto nel provvedimento di concessione, per ciò stesso sorgeva il dovere del Sindaco di indicare le ragioni per le quali riteneva di doversene discostare. Non pertinente è poi l’invocazione da parte dell’appellante degli artt. 41 e 44 Cost. per contrastare la decisione del TAR, atteso che l TAR si è limitato a tener conto della normativa urbanistica all’epoca vigente, che peraltro non viene contestata. Consiglio di Stato, V Sezione del 15 gennaio 2003 sentenza n. 156

2) Reato di costruzione abusiva in concorso (appellante, il Vice sindaco ed il progettista) - sentenza penale di assoluzione, gli effetti nei giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno. Non può avere alcuna incidenza sul presente giudizio la sentenza penale di assoluzione del Tribunale di Cassino, sezione di Sora, n.483/1999 che avrebbe assolto l’appellante, il Vice sindaco ed il progettista dal reato di costruzione abusiva in concorso tra loro. A prescindere dal rilievo che detta sentenza non risulta depositata in giudizio ed al riguardo non sussiste alcun onere istruttorio d’ufficio, trattandosi di documentazione nella disponibilità delle parti, occorre rilevare che la disposizione processuale penale da prendere in considerazione al riguardo è l’art. 654 c.p.p.. Detta disposizione, a differenza dell’art. 652 c.p.p. relativo ai giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno (quale non è il presente giudizio avente per oggetto l’annullamento di una concessione edilizia), esclude che possa avere efficacia di giudicato, in un successivo giudizio civile o amministrativo, la sentenza penale di condanna o di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento, con riferimento ai soggetti che non abbiano partecipato al relativo giudizio penale (V. Cass. Sez. lav. n. 2464 del 4.3.2000 e la decisione di questa Sezione n. 1440 del 12.10.1999). Ma nella specie non risulta che il Comune si sia costituito come parte civile nel processo penale. Consiglio di Stato, V Sezione del 15 gennaio 2003 sentenza n. 156

 

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