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Legislazione giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sui ricorsi in appello iscritti rispettivamente al NRG. 9322 e 10480
dell'anno 1997 proposti
- quanto al primo (NRG. 9322/97): dalle società TECNOASFALTI S.r.l., S.M.E.B.
S.r.l. e VACCARI ANTONIO GIULIO S.p.A., ciascuna in persona dei propri
rispettivi legali rappresentanti in carica, tutte rappresentate e difese dagli
avvocati Gian Paolo Prandstraller e Luciana Bonifazi, con i quali sono
elettivamente domiciliati in Roma, via G. Avezzana n. 13, presso lo studio della
seconda;
c o n t r o
COMUNE DI FONTANIVA (PD), in persona del sindaco in carica, rappresentato e
difeso dagli avvocati Vittorio Domenichelli e Luigi Manzi, con in quali è
elettivamente domiciliato in Roma, via Confalonieri n. 5, presso lo studio del
secondo;
e nei confronti del
COMMISSARIO AD ACTA PER L’ADOZIONE DEL PIANO REGOLATORE GENERALE DEL COMUNE DI
FONTANIVA (PD), non costituito in giudizio;
- quanto al secondo (NRG. 10480/97) da: IMMOBILIARE MARILISA S.r.l., in persona
del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Gian
Paolo Prandstraller e Luciana Bonifazi, con i quali è elettivamente domiciliata
in Roma, via G. Avezzana n. 13, presso lo studio della seconda;
c o n t r o
COMUNE DI FONTANIVA (PD), in persona del sindaco in carica, rappresentato e
difeso dagli avvocati Vittorio Domenichelli e Luigi Manzi, con in quali è
elettivamente domiciliato in Roma, via Confalonieri n. 5, presso lo studio del
secondo;
e nei confronti del
COMMISSARIO AD ACTA PER L’ADOZIONE DEL PIANO REGOLATORE GENERALE DEL COMUNE DI
FONTANIVA (PD), non costituito in giudizio;
entrambi per l'annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo
regionale del Veneto n. 1380 del 10 settembre 1997, sez. I^;
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in entrambi i giudizi del Comune di Fontaniva;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 14 gennaio 2003 il Consigliere Carlo
Saltelli;
Uditi l’avvocato Prandstraller per gli appellanti e l’avvocato Manzi, per il
Comune di Fontaniva;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Con ricorso notificato il 14 aprile 1995, la Tecnoasfalti S.r.l. (quale
proprietaria di un complesso industriale in parte su fondi di sua proprietà,
mapp. 33 di ha 2.59.55, ed in parte su terreno demaniale, in concessione,
costituente l’ex alveo della roggia Crescini) ; la S.M.E.B. S.r.l. (proprietaria
dei terreni individuati al foglio 23, sez. unica, mappali n. 79, 80, 82, 134,
133, 121, 75, 78 e 38, e al foglio 27, mapp. N. 127, su cui erano ubicati
impianti industriali per la lavorazione di inerti ed una palazzina ad uso
officina e ricovero attrezzi, nonché di altri terreni, al foglio 23, mappali n.
101 e 127, e al foglio 22, n.3); la Vaccari Antonio Giulio S.p.A. (proprietaria
del complesso industriale ubicato su fondi di cui al foglio 11, mapp. 264, 106,
107, 134, 135, 139, 105, 148 e 296 ; usuaria frontista dell’argine di seconda
categoria sulla destra del fiume Brenta, foglio 11, mapp. 134 e concessionaria
del terreno demaniale contraddistinto dal mapp. 134 di ha 0.48.50 e di quello di
nuova formazione a ridosso del mapp. 143 di ha 0.49.50) ; l’Immobiliare Marilisa
S.r.l. (proprietaria dei fondi censiti al foglio 13, mapp. 3, affittuaria dei
terreni comunali al foglio 13, mapp. 76 (parte) e 6 (parte) e usuaria del
terreno demaniale al foglio 13, mapp. 33 (parte) e 94 (parte), per complessivi
42.000 metri quadrati, utilizzati per la lavorazione di inerti (sabbia e ghiaia)
e autotrasporti) nonché la Crescini S.p.A. (proprietaria del complesso
industriale di manufatti per fabbricati in calcestruzzo quali tubi, pozzi, etc.,
ubicato su un terreno di sua proprietà censito al foglio 7, mapp. 78, 76, 77, 26
e 79) chiedevano al Tribunale amministrativo regionale del Veneto l’annullamento
della delibera del Commissario ad acta del Comune di Fontaniva n. 5 del 25
gennaio 1995, con cui era stato approvato il piano regolatore generale.
Attraverso un unico articolato motivo, rubricato « Violazione e mancata
applicazione degli artt. 24, 27 e 30 della legge regionale del Veneto n. 61/85,
nonché dell’art. 9 della stessa legge (« Contenuti del Piano regolatore
generale) – Omessa considerazione delle disposizioni riguardanti le zone di tipo
industriale, artigianale e commerciale del Piano Regolatore Generale (tipo D)
per aver considerato zone agricole di tipo E e di Parco Urbano le aree nelle
quali insistono gli stabilimenti industriali delle ditte ricorrenti che, a
termini dell’art. 24 L.R. Veneto n. 61/85, andavano invece incluse nelle zone di
tipo D – Eccesso di potere e violazione di legge per avere, in fase di adozione
del P.R.G., omesso di provvedere a disposizioni del P.R.G. inerenti alla
classificazione, al trasferimento delle attività produttive in aree idonee e
alle operazioni di convenzionamento – Eccesso di potere per violazione delle
norme sulle « zone umide » e per disparità di trattamento avendo incluso nella
zona umida gli insediamenti industriali delle ditte ricorrenti e posto invece in
zone di tipo D altri insediamenti industriali, appartenenti ad altre ditte », le
società ricorrenti lamentavano che, in palese violazione delle norme regionali
che presiedevano alla formazione dei piani regolatori generali e ne
disciplinavano il contenuto, senza tener conto della obiettiva situazione di
fatto esistente, le aree di loro proprietà e/o quelle da loro utilizzate, e
sulle quali insistevano gli indicati impianti industriali, erano state collocate
illegittimamente in zona agricola di tipo E, invece che in zona di tipo D, così
impedendo l’ulteriore svolgimento della propria attività, non essendo all’uopo
state previste apposite norme transitorie per la delocalizzazione in altre aree
degli impianti stessi.
Inoltre, sempre secondo le ricorrenti, l’impugnato provvedimento pur dichiarando
espressamente di recepire le previsioni del P.T.R.C. in ordine alle cc.dd. zone
umide, ne aveva ampliato illegittimamente l’area, ricomprendendovi zone – quali
quelle erroneamente classificate come zona E - che tali non potevano definirsi
secondo le previsioni di cui all’art. 1 del D.P.R. n. 448/76, trovandosi
addirittura ad una quota superiore a quella di massima piena del fiume Brenta.
Con la sentenza n. 1380 del 10 settembre 1997 l’adito Tribunale, nella
resistenza dell’intimata amministrazione comunale, respinta l’eccezione di
inammissibilità per difetto di interesse formulata da quest’ultima sul
presupposto che i vincoli incidenti sulle proprietà delle ricorrenti non
derivavano dall’adozione del piano regolatore generale in discussione, bensì
dalle previsioni già contenute nel precedente piano di fabbricazione, mai
contestate, in ordine all’istituzione del « parco territoriale », respingeva il
ricorso rilevando, per un verso, che il potere di pianificazione territoriale
non poteva concretizzarsi nella presa d’atto della situazione di fatto esistente
ovvero nella mera esecuzione delle disposizioni contenute nella legge regionale
circa la zonizzazione, e, per altro verso, che proprio l’inserimento delle aree
di proprietà delle ricorrenti nelle zone classificate umide (essendo per queste
previste l’istituzione di un « Parco Urbano »), ne consentiva il recupero
ambientale e la migliore sistemazione, senza che ciò comportasse necessariamente
lo smantellamento delle attività industriali delle ricorrenti.
Secondo il Tribunale, poi, la scelta del Comune di Fontaniva, di far rientrare
la zona su cui insistevano le attività delle ricorrenti in quella di tutela
ambientale fluviale per gli ambiti isolati, non contrastava con le previsioni
contenute nella L.R. n. 61/85, la quale prescriveva proprio l’apprestamento di
idonee condizioni per la tutela dell’ambiente; inoltre, nel rispetto delle
previsioni contenute nel piano territoriale regionale di coordinamento, nulla
impediva all’Amministrazione Comunale di ampliare la tutela apprestata da quest’ultimo,
mentre non era pertinente il richiamo alle previsioni del D.P.R. 13 marzo 1976
sulle zone umide, non vertendo la controversia in esame in tema di
perimetrazione di zone umide di importanza internazionale.
Avverso tale sentenza hanno proposto appello la Tecnoasfalti S.r.l., la S.M.E.D.
S.r.l. e la Vaccari Antonio Giulio S.p.A. con atto di appello notificato tra il
14 ed il 15 ottobre 1997, lamentandone l’erroneità alla stregua di due
articolati motivi di gravame, con i quali sono state sostanzialmente riproposte
le censure svolte in primo grado.
Con ordinanza n. 208 del 3 febbraio 1998, la IV^ Sezione di questo Consiglio di
Stato ha respinto l’istanza incidentale di sospensione dell’esecutività
dell’impugnata sentenza.
Con separato atto di appello notificato tra l’11 ed il 12 novembre 1997 anche
l’Immobiliare Marilisa S.r.l. ha chiesto la riforma della predetta sentenza,
sollevando le stesse censure già respinte dai primi giudici.
In entrambi i giudizi si è costituito il Comune di Fontaniva, che ha dedotto
l’inammissibilità e l’infondatezza degli avversi gravami, di cui ha pertanto
chiesto il rigetto.
Tutte le parti, nell’approssimarsi dell’udienza fissata per la discussione,
hanno depositato apposite memorie difensive, illustrando le proprie rispettive
ragioni.
D I R I T T O
I. E’ controversa la legittimità della delibera n. 5 del 25 gennaio 1995 del
Commissario ad acta del Comune di Fontaniva, recante l’adozione del piano
regolatore generale, nella parte in cui ha classificato le aree, in parte di
proprietà ed in parte in uso per fini industriali alla Tecnoasfalti S.r.l., alla
S.M.E.B. S.r.l., alla Vaccari Antonio Giulio S.p.A. e all’Immobiliare Marilisa
S.r.l., in zona agricola E, invece che in zona D, ricomprendendole altresì nelle
c.d. zone umide di tutela ambientale.
Le suindicate società hanno chiesto con due separati ricorsi, l’uno proposto
dalla Tecnoasfalti S.r.l., dalla S.M.E.B. S.r.l. e, dalla Vaccari Antonio Giulio
S.p.A. e l’altro dall’Immobiliare Marilisa S.r.l., la riforma della sentenza n.
1380 del 10 settembre 1997, con il quale il Tribunale amministrativo regionale
del Veneto (sez. I^) ha ritenuto legittima la impugnata delibera commissariale.
I due gravami sono affidati ognuno a due ordini di motivi che, sebbene
diversamente rubricati, ripropongono le stesse censure mosse in primo grado.
Resiste agli appelli il Comune di Fontaniva, deducendone l’inammissibilità e
l’infondatezza ed istando quindi per il loro rigetto.
II. In via preliminare deve innanzitutto disporsi la riunione degli appelli in
esame, ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura civile, notoriamente
applicabile anche al processo amministrativo, essendo essi rivolti avverso la
stessa sentenza.
Deve essere, inoltre, dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di
interesse l’appello proposto dalla società Tecnoasfalti S.r.l., in virtù della
specifica dichiarazione contenuta nella memoria difensiva del 19 dicembre 2002,
depositata il 20 dicembre 2002, confermata dall’avvocato difensore all’udienza
di discussione della causa, secondo cui sono intervenuti appositi accordi con il
Comune di Fontaniva, alla cui stregua è venuto meno l’interesse ad ottenere
l’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado.
III. Passando all’esame del merito, la Sezione rileva che, ai fini della esatta
soluzione delle questioni riguardanti la controversia in esame, è indispensabile
svolgere alcune brevi osservazioni sulla funzione e sul contenuto del piano
regolatore generale.
III. 1. Il piano regolatore generale è notoriamente lo strumento, di carattere
programmatico, attraverso cui l’ente locale provvede alla corretta gestione e
alla proficua utilizzazione del intero territorio.
A tal fine, com’è noto, esso è costituito da una serie di previsioni e di
prescrizioni, alcune di natura normativo – regolamentari (come quelle contenute
nelle norme tecniche di attuazione ovvero quelle concernenti la determinazione
delle tipologie e degli standards urbanistici) e altre di natura provvedimentale
(quali le localizzazioni di opere pubbliche, le zonizzazioni, la imposizione di
vincoli di inedificabilità per motivi storici, ambientali o paesaggistici, il
tracciato delle strade e l’individuazione degli spazi pubblici), tutte
improntate ad una unitaria considerazione e gestione del territorio, al fine non
tanto e non solo di regolarne l’assetto esistente, ma anche di delinearne e
assecondarne l’ordinato sviluppo urbanistico in modo adeguato e coerente con gli
interessi della collettività stanziata in un determinato territorio.
A ciò consegue, innanzitutto, che la disciplina urbanistica in esso contenuta è
destinata a svolgere i suoi effetti, ordinatori e conformativi, esclusivamente
con riferimento al futuro: in tal senso lo strumento urbanistico non può
limitarsi a prendere atto delle situazioni di fatto esistenti sul territorio,
ponendosi come obiettivo soltanto la loro regolazione, pena il tradimento della
sua stessa funzione.
E’ in tale ottica che trova fondamento il consolidato principio
giurisprudenziale, secondo cui le scelte urbanistiche dall’Amministrazione
comunale costituiscono apprezzamenti di merito, connotati di un’amplissima
discrezionalità, sottratte al sindacato di legittimità, proprio del giudice
amministrativo, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi
ovvero da arbitrarietà, irrazionalità o manifesta irragionevolezza, in relazione
alle esigenze che si intendono concretamente soddisfare (tra le più recenti,
C.d.S., sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3817; 22 maggio 2000, n. 2934).
III. 2. Le delineate caratteristiche delle scelte urbanistiche escludono,
d’altronde, la necessità di una specifica motivazione che tenga conto, anche
solo eventualmente, delle aspirazioni dei cittadini, essendo al riguardo
sufficiente il semplice riferimento alla relazione di accompagnamento al
progetto di piano (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 14 dicembre 2002, n. 6297; 6
febbraio 2002, n. 664; 17 gennaio 2002, n. 250; 19 gennaio 2000, n. 245; 8
febbraio 1999, n. 121; 9 luglio 1998 n. 1073).
L’obbligo di una puntuale motivazione è stato ritenuto sussistente, ai fini del
legittimo uso del jus variandi quando, le nuove scelte incidono su aspettative
qualificate del privato, quale quelle derivanti: dalla stipulazione di una
convenzione di lottizzazione; da una sentenza dichiarativa dell’obbligo di
disporre la convenzione urbanistica; da un giudicato di annullamento di un
diniego di concessione edilizia; dalla decadenza di un vincolo preordinato
all’espropriazione (C.d.S., A.P. 22 dicembre 1999, n. 24; sez. IV, 9 luglio
2002, n. 3817; 27 maggio 2002, n. 2899; 20 novembre 2000, n. 6177; 12 marzo
1996, n. 301); è stato, invece, considerato affidamento generico quello relativo
alla non reformatio in peius di precedenti previsioni urbanistiche che non
consentono una più proficua utilizzazione dell’area, con la conseguenza che in
tali casi non sussiste la necessità di una motivazione specifica delle nuove
destinazioni urbanistiche rispetto a quelle che può agevolmente evincersi dai
criteri di ordine tecnico – urbanistico seguiti per la redazione dello strumento
stesso (C.d.S., sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3146; 20 ottobre 2000, n. 5635; A.P.
22 dicembre 1999, n. 24).
III. 3. Per completezza deve aggiungersi che, in concreto, l’unico limite che
incontra l’ente locale nell’esercizio della delicata funzione di pianificazione
urbanistica, salvo quello intrinseco – già delineato – della non arbitrarietà,
non irragionevolezza e non irrazionalità, è costituito dalle “direttive”
contenute nei piani territoriali di coordinamento e in quelli ad essi
assimilati, quale – con riferimento al caso che ci occupa – il Piano
territoriale regionale di coordinamento (PTRC), di cui alla legge 30 aprile
1990, n. 40.
Tali direttive indicano – evidentemente - i parametri minimi a cui deve
adeguarsi, per la protezione di alcuni specifici interessi urbanistici ovvero
per la tutela di altri interessi pubblici incidenti sulla materia urbanistica
(tutela paesaggistica, difesa del suolo, etc.), la discrezionalità dell’ente
locale, senza poter impedire che il concreto esplicarsi della funzione di
pianificazione possa accordare ai predetti interessi pubblici una tutela anche
maggiore di quella minima di riferimento.
Inoltre deve evidenziarsi che la normativa statale (in primis, la legge 17
agosto 1942, n. 1150, e le successive in materia) e quella regionale in materia
urbanistica (con riferimento al caso di specie, la legge regionale 27 giugno
1985, n. 61) contengono norme che disciplinano il concreto esercizio della
funzione di pianificazione urbanistica e il relativo uso della discrezionalità
indirizzandola all’effettivo soddisfacimento dell’interesse pubblico; tali
norme, tuttavia, salvo limitatissime previsioni che devono considerarsi
eccezionali e di stretta interpretazione, non possono giammai essere
interpretate nel senso di imporre all’Amministrazione determinate scelte
urbanistiche, facendo del relativo strumento urbanistico generale un atto a
contenuto, anche parzialmente, vincolato.
IV. Ciò posto, ad avviso della Sezione, entrambi gli appelli, sia quello
proposto dalla S.M.E.B. S.r.l e dalla Vaccari Antonio S.p.A., sia quello
proposto dall’Immobiliare Marilisa S.r.l. devono essere respinti, essendo del
tutto infondati gli spiegati motivi di gravame che, stante la sostanziale
identicità, possono essere trattati congiuntamente.
IV. 1. E’ innanzitutto del tutto priva di fondamento la censura con la quale gli
appellanti hanno lamentato la presunta illegittimità della scelta
dell’Amministrazione comunale di classificare le aree di loro proprietà ovvero
da loro utilizzate in zona agricola E, invece che in zona D, benché sulle stesse
vi fossero le loro attività industriali, assumendo al riguardo la violazione e
falsa applicazione degli articoli 9, 10, 24, 27 e 30 della legge regionale 27
giugno 1985, n. 61, oltre al difetto di motivazione.
IV.1.1. Invero, come hanno correttamente rilevato i primi giudici (e sulla base
di quanto precedentemente osservato), il concreto esercizio da parte dell’ente
locale della funzione di pianificazione urbanistica in ordine alla zonizzazione
del proprio territorio è frutto di un’amplissima discrezionalità che sfugge al
sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impingendo direttamente nel
merito dell’azione amministrativa, salva l’eventuale palese irragionevolezza,
irrazionalità o arbitrarietà, che nel caso di specie non emergono.
Deve evidenziarsi, infatti, come costituisca circostanza pacifica il fatto che
le aree, la cui classificazione urbanistica è oggetto di contestazione, ricadono
nell’area golenale del fiume Brenta: orbene, proprio, l’articolo 27 della
invocata legge regionale del Veneto 27 giugno 1985, n. 61, disciplinando in
particolare le zone di tutela e le fasce di rispetto, impone obbligatoriamente
all’ente locale di individuare nel piano regolatore generale tra le zone di
tutela, “le golene, i corsi d’acqua, gli invasi dei bacini naturali ed
artificiali, nonché le aree ad essi adiacenti per una profondità adeguata”.
Pertanto, la scelta operata dall’Amministrazione comunale di Fontaniva di
classificare tale zona come agricola (zona E, sottozona E2) è pienamente
conforme agli indirizzi di tutela del territorio contenuti nella indicata
normativa regionale, volta evidentemente a preservare dall’attività edilizia
alcune zone non solo per il loro particolare valore ambientale, ma anche al fine
di evitare eventuali danni alle persone o alle cose (tra le zone di tutela
infatti sono espressamente comprese, per esempio, le aree soggette a dissesto
idrogeologico, a pericolo di valanghe ed esondazioni o che presentano
caratteristiche geologiche o morfologiche tali da non essere idonee a nuovi
insediamenti; gli arenili e le aree di vegetazione dei litorali marini; le aree
umide, le lagune e le relative valli; le aree comprese fra gli argini maestri e
il corso d’acqua dei fiumi e nelle isole fluviali, etc.).
IV.1.2. Ciò tanto più se si tiene conto che, come emerge dalle Norme Tecniche di
Attuazione, all’articolo 28, disciplinando la sottozona E2, in cui
specificamente ricade l’area in esame, ne ha previsto la inclusione in un
costituendo Parco Agrario, da realizzare mediante un progetto di sistemazione
ambientale finalizzato, oltre che alla tutela, al ripristino e alla
riqualificazione dei caratteri e dei valori naturali e culturali dell’ambiente
(lett. a), anche al recupero e alla riqualificazione degli insediamenti
esistenti, eliminando le situazioni di degrado ambientale, consentiti per le
aree interessate dalle escavazioni anche mediante sistemazioni innovative.
Dall’esame di tale norma emerge, altresì, la ragionevole certezza che
l’Amministrazione comunale di Fontaniva abbia effettuato le contestate scelte
urbanistiche nella piena consapevolezza dell’esistenza delle attività
industriali delle società appellanti e con l’intenzione, come si ricava dalla
lettura della relazione di accompagnamento al piano regolatore nel capitolo
relativo agli obiettivi della pianificazione, di porre rimedio alla situazione
di degrado ambientale esistente nella zona, ritenendo che la esistenza di tali
attività in loco, per un verso, non potesse automaticamente legittimare la
creazione di una vera e propria zona di insediamenti industriali, incompatibile
con i valori ambientali e naturali del luogo, e, per altro verso, assicurando in
ogni caso, anche nell’ambito dell’istituendo Parco agrario, il recupero e la
riqualificazione degli insediamenti esistenti, proprio nel rispetto della
salvezza dei prevalenti interessi ambientali.
IV.1.3. D’altra parte, la Sezione osserva che le previsioni contenute nel terzo
comma dell’articolo 24 della predetta legge regionale, secondo cui “nelle zone
di tipo D vanno comprese anche le parti del territorio già destinate, totalmente
o parzialmente, a insediamenti per impianti industriali o a essi assimilati”,
diversamente da quanto sostenuto dalle società appellanti, non possono svuotare
l’esercizio della funzione urbanistica riservata al comune, imponendogli di
limitarsi ad una mera presa d’atto della preesistente destinazione produttiva
delle singole parti del territorio comunale.
E’ significativo, al riguardo, ricordare l’avviso della Corte Costituzionale
che, con la sentenza n. 79 del 10 marzo 1994, pronunziando sulla questione di
legittimità costituzionale proprio dell'art. 24, terzo comma, della legge
regionale 27 giugno 1985, n. 61 della Regione Veneto sollevata, con riferimento
agli artt. 5, 32, 97 e 128 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale per il Veneto sulla base della stessa interpretazione sostenutane
dalle società appellanti, l’ha respinta, evidenziando che il predetto articolo
24 si limita a descrivere le caratteristiche delle zone territoriali omogenee in
cui il piano regolatore generale deve suddividere il territorio, prevedendo, al
terzo comma, soltanto che nelle zone di tipo D "vanno comprese anche le parti
del territorio già destinate, totalmente o parzialmente, a insediamenti per
impianti industriali o ad essi assimilati".
Una simile disposizione – secondo il giudice delle leggi – non impone alcun
obbligo per il comune di rendere immodificabili le aree comprese nelle stesse
zone sulle quali preesistano insediamenti produttivi, come si ricava peraltro
dalla lettura del successivo articolo 30, il quale stabilisce che il piano
regolatore generale individua le zone territoriali omogenee di tipo D, indicando
fra le altre componenti (al punto 3), gli impianti esistenti "che si confermano
nella loro ubicazione".
Secondo la Corte Costituzionale, quindi, resta pur sempre nella disponibilità
del comune, in sede di redazione del piano, di confermare o meno nella loro
ubicazione gli impianti industriali esistenti, per cui solo dopo tale conferma
assume rilievo la previsione dell'art. 24, terzo comma, della legge regionale 27
giugno 1985, n 61, della Regione Veneto, circa l'inclusione nelle zone di tipo D
delle parti del territorio già destinate ad insediamenti industriali.
Tale autorevole insegnamento dissipa ogni dubbio sulla legittimità della scelta
urbanistica operata dal Comune di Fontaniva di classificare le aree in questione
in zona E (sottozona E2), trattandosi dell’unica classificazione – come
accennato in precedenza - capace di contemperare i contrapposti interessi,
pubblici e privati, in gioco, quelli relativi al rilievo delle preesistenti
attività industriali con le esigenze di tutela, nel pieno rispetto dei principi
di imparzialità e di buon andamento, oltre che ovviamente di legalità
dell’azione amministrativa, delineati dall’articolo 97 della Costituzione.
E’ appena il caso di rilevare che , a voler seguire la tesi delle società
appellanti, si giungerebbe all’abnorme conclusione che le zone golenali (che
secondo il legislatore regionale devono essere oggetto di particolare tutela)
avrebbero dovuto essere classificate come zona D, di tipo industriale,
artigianale e commerciale, con conseguente evidente impossibilità di conseguire
le finalità di tutela ambientale predicate dalla stessa legge regionale.
IV. 2. Egualmente infondato è l’altro motivo di gravame, con il quale le società
appellanti hanno lamentato l’illegittima inclusione delle aree su cui insistono
le loro attività industriali nelle zone umide, in violazione delle previsioni
contenute nello stesso piano territoriale regionale di coordinamento e della
convenzione di Ramsar, di cui al D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448.
In realtà, come hanno correttamente evidenziato i primi giudici, sebbene non sia
contestato che l’area di cui si discute non rientra all’interno delle zone umide
indicate dall’art. 21 del piano territoriale regionale di coordinamento, tale
circostanza non è di alcun rilievo ai fini della legittimità del provvedimento
in esame.
Le norme del predetto piano, sovraordinato rispetto al piano regolatore
generale, si impongono a quest’ultimo nel senso di individuare il “minimun”
essenziale della relativa tutela ambientale, non potendo ovviamente impedire
all’ente locale, nel concreto esercizio della sua propria funzione urbanistica,
di prevedere per alcune zone ovvero per le stesse zone contemplate nel piano
sovraordinato una tutela territorialmente più ampia e/o qualitativamente più
incisiva, allargando l’ambito territoriale delle cc.dd. zone umide ad ambiti non
previsti dal piano territoriale regionale di coordinamento, salvo evidente il
limite della manifesta irragionevolezza o irrazionalità ovvero l’abnormità o
l’illogicità della previsione, in relazione alla concreta situazione di fatto:
ciò proprio in relazione alla tutela costituzionale prevista dall’articolo 9,
secondo comma, che non può non inerire anche alla pianificazione urbanistica, in
senso lato.
Nel caso di specie, quindi, correttamente – proprio nel quadro della dichiarata
tutela dei valori ambientali perseguita dal piano regolatore generale, secondo
gli obiettivi indicati nella relativa relazione di accompagnamento, il Comune di
Fontaniva ha ricompresso nelle zone umide gli ambiti golenali in cui ricadono le
attività industriale delle società appellanti, zone, peraltro, che, come emerge
dalla documentazione in atti, secondo le previsioni dello stesso piano
territoriale regionale di coordinamento, rientrano pur sempre all’interno
dell’ambito per l’istituzione del Parco del Medio Corso del Brenta e sono quindi
oggetto di specifica attenzione e tutela ambientale.
Inconferente, ad avviso della Sezione, è il richiamo ad una presunta violazione
del D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448, recante “Esecuzione della convenzione relativa
alle zone umide d’importanza internazionale, soprattutto come habitat degli
uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971”, non solo perché,
trattandosi di una convenzione internazionale, è fonte di obbligo degli stati
nei confronti degli altri stati contraenti, ma anche per quanto non può
ragionevolmente contestarsi che le aree in cui insistono le attività industriali
delle società appellanti rientrano nella ampia definizione delle zone umide di
cui all’articolo 1 (quale bacino naturale con acqua corrente dolce), richiamato
- a fini meramente indicativi - dall’articolo 21 del piano territoriale
regionale di coordinamento, secondo cui “le zone umide sono costituite da
particolari ambiti naturalistico – ambientali e paesaggistici rientranti nella
più ampia definizione dettata dal D.P.R. n. 448 del 1976”.
V. In conclusione, gli appelli proposti da devono essere respinti: le spese
seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente
pronunciando sugli appelli proposti dalle società Tecnoasfalti S.r.l., S.M.E.B.
S.p.A e dalla Vaccari Antonio S.p.A., nonché dall’Immobiliare Marilisa S.r.l.
avverso la sentenza n. 1380 del 10 settembre 1997 del Tribunale amministrativo
regionale del Veneto (sez. I^, così provvede:
- riunisce gli appelli;
- dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’appello
proposto dalla società Tecnoasfalti S.r.l.;
- respinge gli appelli proposti dalle società S.M.E.B. S.r.l., dalla Vaccai
Antonio S.p.A. e dall’Immobiliare Marilisa S.r.l.;
- condanna tutti gli appellanti al pagamento in favore del Comune di Fontaniva
delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano in complessivi euro
5.000 (cinquemila).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 14 gennaio
2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito
in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti signori:
RICCIO STENIO - Presidente
SALVATORE COSTANTINO - Consigliere
RULLI DEDI MARINELLA - Consigliere
CARINCI GIUSEPPE - Consigliere
SALTELLI CARLO - Consigliere, est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
1) P.R.G. - la discrezionalità delle scelte urbanistiche dall’Amministrazione comunale - il sindacato di legittimità del giudice amministrativo - errori di fatto o abnormi ovvero arbitrarietà, irrazionalità o manifesta irragionevolezza - le previsioni contenute in piano territoriale regionale di coordinamento (P.T.R.C.) - direttive che indicano i parametri minimi a cui deve adeguarsi, per la protezione di alcuni specifici interessi urbanistici - insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati esistenti - il comune può modificarne le aree comprese nelle zone sulle quali preesistano insediamenti produttivi. Le scelte urbanistiche dall’Amministrazione comunale costituiscono apprezzamenti di merito, connotati di un’amplissima discrezionalità, sottratte al sindacato di legittimità, proprio del giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi ovvero da arbitrarietà, irrazionalità o manifesta irragionevolezza, in relazione alle esigenze che si intendono concretamente soddisfare. Le previsioni contenute in piano territoriale regionale di coordinamento sono da considerarsi quali direttive che indicano i parametri minimi a cui deve adeguarsi, per la protezione di alcuni specifici interessi urbanistici ovvero per la tutela di altri interessi pubblici incidenti sulla materia urbanistica (tutela paesaggistica, difesa del suolo, etc.), la discrezionalità dell’ente locale, senza poter impedire che il concreto esplicarsi della funzione di pianificazione possa accordare ai predetti interessi pubblici una tutela anche maggiore di quella minima di riferimento. L’articolo 24 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, si limita a descrivere le caratteristiche delle zone territoriali omogenee in cui il piano regolatore generale deve suddividere il territorio, prevedendo, al terzo comma, soltanto che nelle zone di tipo D vanno comprese anche le parti del territorio già destinate, totalmente o parzialmente, a insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati, e non impone alcun obbligo per il comune di rendere immodificabili le aree comprese nelle stesse zone sulle quali preesistano insediamenti produttivi, come si ricava peraltro dalla lettura del successivo articolo 30. Consiglio di Stato, Sezione IV - 26 maggio 2003 sentenza n. 2827
2) P.R.G. - la necessità di una specifica motivazione - esclusione - relazione di accompagnamento al progetto di piano - l’obbligo di una puntuale motivazione - sussistenza - stipulazione di una convenzione di lottizzazione - diniego di concessione edilizia - decadenza di un vincolo preordinato all’espropriazione. Le delineate caratteristiche delle scelte urbanistiche escludono, d’altronde, la necessità di una specifica motivazione che tenga conto, anche solo eventualmente, delle aspirazioni dei cittadini, essendo al riguardo sufficiente il semplice riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di piano (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 14 dicembre 2002, n. 6297; 6 febbraio 2002, n. 664; 17 gennaio 2002, n. 250; 19 gennaio 2000, n. 245; 8 febbraio 1999, n. 121; 9 luglio 1998 n. 1073). L’obbligo di una puntuale motivazione è stato ritenuto sussistente, ai fini del legittimo uso del jus variandi quando, le nuove scelte incidono su aspettative qualificate del privato, quale quelle derivanti: dalla stipulazione di una convenzione di lottizzazione; da una sentenza dichiarativa dell’obbligo di disporre la convenzione urbanistica; da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia; dalla decadenza di un vincolo preordinato all’espropriazione (C.d.S., A.P. 22 dicembre 1999, n. 24; sez. IV, 9 luglio 2002, n. 3817; 27 maggio 2002, n. 2899; 20 novembre 2000, n. 6177; 12 marzo 1996, n. 301); è stato, invece, considerato affidamento generico quello relativo alla non reformatio in peius di precedenti previsioni urbanistiche che non consentono una più proficua utilizzazione dell’area, con la conseguenza che in tali casi non sussiste la necessità di una motivazione specifica delle nuove destinazioni urbanistiche rispetto a quelle che può agevolmente evincersi dai criteri di ordine tecnico – urbanistico seguiti per la redazione dello strumento stesso (C.d.S., sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3146; 20 ottobre 2000, n. 5635; A.P. 22 dicembre 1999, n. 24). Consiglio di Stato, Sezione IV - 26 maggio 2003 sentenza n. 2827
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