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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato, Sezione VI - 27.05.2003, sentenza n. 2945.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n.668/02, proposto dall’ERICSSON TELECOMUNICAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Franco Alesi e Gennaro Contardi, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, Piazza di Pontelungo n.11;
contro
il COMUNE DI ORSOGNA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Tenaglia, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Giuseppe Benedetto in Roma, Via Federico Cesi n.72;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, 25 maggio 2001, n.476;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Orsogna;
vista la memoria prodotta dal Comune appellato a
sostegno delle proprie difese;
visti tutti gli atti della causa;
relatore all’udienza pubblica del 25 marzo 2003 il consigliere Carmine Volpe, e uditi altresì l’avv. G. Contardi per l’appellante e l’avv. D. Tenaglia per il Comune appellato;
ritenuto e considerato quanto segue.
 

FATTO


Il primo giudice, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso proposto dall’Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. contro il provvedimento del sindaco e del responsabile del servizio tecnico di Orsogna (ognuno nell’ambito della propria competenza) 9 gennaio 2001, n.225, con cui si diffidava la stessa a rimuovere, entro cinque giorni, una stazione temporanea per telefonia cellulare su rimorchio e a non attivarla. Venivano anche impugnati tutti gli atti preparatori, tra cui la deliberazione del Consiglio comunale di Orsogna 31 luglio 2000, n.35 e, ove necessario, la deliberazione del medesimo Consiglio 28 dicembre 2000, n.57, anche se non approvata dall’organo di controllo.


La sentenza viene appellata dall’Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. per i seguenti motivi:


1) violazione e falsa interpretazione della l. 22 febbraio 2001, n.36, che non sarebbe applicabile in quanto successiva ai provvedimenti impugnati;


2) violazione e falsa interpretazione della l.r. dell’Abruzzo 7 aprile 2000, n.56 e della l. n.36/2001, poiché non ci sarebbe stato bisogno di una previa autorizzazione;


3) carenza di potere, in quanto il Consiglio comunale non avrebbe alcuna attribuzione in ordine all’attuazione degli impianti di telefonia cellulare mobile;


4) incompetenza, dato che la tutela della popolazione dall’esposizione a fonti di emissioni inquinanti spetterebbe solo allo Stato;


5) violazione e falsa interpretazione in riferimento all’art.102, comma 1, del d.P.R. 24 luglio 1977, n.616, dell’art.1 della l. 15 marzo 1997, n.59, dell’art.83 del d.lgs. 31 marzo 1998, n.112, nonché dell’art.1, comma 15, della l. 31 luglio 1997, n.249; eccesso di potere; violazione e falsa interpretazione dell’art.4 del d.m. del Ministero dell’ambiente 10 settembre 1998, n.381.


Si sostiene che il Comune non avrebbe alcun potere di intervento in materia di inquinamento elettromagnetico;


6) eccesso di potere; sviamento di potere; illogicità manifesta; errore nei motivi e nei presupposti; genericità, poiché il Comune non potrebbe individuare il sito dove fare posizionare gli impianti di emittenza;


7) eccesso di potere; illegittimità derivata; errore nei motivi e nei presupposti; sviamento di potere; carenza di pubblico interesse.


Si sostiene che non ci sarebbe stato bisogno della previa concessione edilizia e che il Comune non avrebbe potuto imporre un proprio sito.


Il Comune di Orsogna si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso in appello. Ha poi depositato successiva memoria con la quale ha ulteriormente illustrato le proprie difese, eccependo anche l’illegittimità costituzionale degli artt.1, 3, 5, commi 1 e 2, 7, comma 1, e 12, nonché degli allegati A, B, C e D del d.lgs. 4 settembre 2002, n.198, per violazione degli artt.3, 76, 114, 117 e 118 della costituzione.
 

DIRITTO


Il ricorso in appello è infondato.


1. Il provvedimento di diffida impugnato in primo grado, relativo alla rimozione e alla non attivazione di una stazione temporanea per telefonia cellulare su rimorchio installata dalla società appellante, si reggeva su di una molteplicità di motivazioni:


a) mancanza del preventivo rilascio di concessione edilizia;


b) posizionamento in zona diversa da quella individuata dal Comune, con la deliberazione consiliare 31 luglio 2000, n.35 (anch’essa impugnata), per l’installazione di impianti di emittenza;


c) assenza del nulla osta dell’autorità sanitaria prescritto dal d.m. dell’ambiente 10 settembre 1998, n.381.


2. La sezione ritiene che, ai fini della legittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado, sia sufficiente la motivazione indicata sub b), che assume anche carattere prevalente.


Il Comune appellato, con la citata deliberazione n.35/2000, viste le l.r. dell’Abruzzo 4 giugno 1991, n.20 e 7 aprile 2000, n.56 e constatata la carenza dello strumento urbanistico generale vigente, nel quale non erano previste aree per l’installazione di impianti di emittenza, aveva localizzato, in variante allo stesso, le aree destinate all’installazione di tali impianti in un terreno di proprietà comunale. Di qui il successivo provvedimento di rimozione della stazione radiomobile di cui trattasi, ubicata in altra zona con diversa destinazione urbanistica.


La sezione osserva che, effettivamente, l’art.5 della l.r. dell’Abruzzo n.20/1991, come sostituito dall’art.2 della citata l.r. n.56/2000, parla di apposite “aree individuate dai Comuni” con riguardo al rilascio delle autorizzazioni regionali per impianti con potenza superiore a 350 W e per gli altri impianti “che comportano esposizione in campo lontano”; mentre nella fattispecie per cui è causa si è in presenza della diversa ipotesi di impianto mobile non superiore a 7 W.


La sezione ritiene, tuttavia, che in capo al Comune residui comunque il potere di governo e disciplina del proprio territorio; con la conseguente possibilità di individuare, nell’esercizio delle competenze urbanistiche, la zona dove installare impianti di telefonia cellulare, di qualsiasi tipo essi siano.


Indicativa in tal senso è la disposizione dell’art.8, comma 6, della l. 22 febbraio 2001, n.36 (“legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”), anche se la stessa non è applicabile alla fattispecie per cui è causa siccome entrata in vigore dopo l’emanazione dei provvedimenti impugnati, secondo cui “i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”. La norma ha inteso attribuire al Comune un potere regolamentare in parte nuovo, ma sul presupposto potere, da considerare preesistente alla l. n.36/2001, di assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia. Invero, le competenze in materia di uso del territorio spettavano ai Comuni già prima dell’entrata in vigore della l. n.36/2001 (questa sezione, 3 giugno 2002, n.3098).


Va anche rilevato che la localizzazione effettuata dal Comune appellato, con la citata deliberazione consiliare n.35/2000, non è intervenuta in relazione ad esigenze connesse all'esposizione ai campi elettromagnetici, e che la società appellante non contesta la specifica localizzazione sotto il profilo dell’idoneità del sito.


3. In conclusione, i motivi di appello sono privi di pregio.


In particolare, le censure sulla violazione e falsa interpretazione della l. n.36/2001, in quanto successiva ai provvedimenti impugnati, sono irrilevanti; come lo sono anche quelle denunciate in ambito di inquinamento elettromagnetico, dato che la deliberazione consiliare n.35/2000 - e anche il provvedimento comunale n.225/2001 - non ha inteso disporre in tale campo o a questi fini.


Alla fattispecie per cui è causa, infine, non solo non è applicabile la l. n.36/2001, ma anche il d.lgs. 4 settembre 2002, n.198, entrato in vigore dopo l’emanazione dei provvedimenti impugnati. Ne consegue, anche per questa ragione, l’irrilevanza dell’eccezione di illegittimità costituzionale del d.lgs. n.198/2002 sollevata, sotto vari profili, dalla difesa del Comune appellato.


4. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio, liquidati come da dispositivo, seguono la soccombenza.
 

P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, respinge il ricorso in appello.
Condanna l’Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. al pagamento, in favore del Comune di Orsogna, delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi euro tremila.
 

Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, il 25 marzo 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Salvatore Giacchetti presidente
Alessandro Pajno consigliere
Carmine Volpe consigliere, est.
Pietro Falcone consigliere
Giuseppe Romeo consigliere


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Potestà regolamentare dei Comuni per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici - il potere di governo e disciplina del proprio territorio rimane in capo al Comune - esercizio delle competenze urbanistiche. E’ scontato che in capo al Comune residui comunque il potere di governo e disciplina del proprio territorio; con la conseguente possibilità di individuare, nell’esercizio delle competenze urbanistiche, la zona dove installare impianti di telefonia cellulare, di qualsiasi tipo essi siano. Indicativa in tal senso è la disposizione dell’art.8, comma 6, della l. 22 febbraio 2001, n.36 (“legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”), anche se la stessa non è applicabile alla fattispecie per cui è causa siccome entrata in vigore dopo l’emanazione dei provvedimenti impugnati, secondo cui “i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”. La norma ha inteso attribuire al Comune un potere regolamentare in parte nuovo, ma sul presupposto potere, da considerare preesistente alla l. n.36/2001, di assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia. Invero, le competenze in materia di uso del territorio spettavano ai Comuni già prima dell’entrata in vigore della l. n.36/2001 (questa sezione, 3 giugno 2002, n.3098). Consiglio di Stato, Sezione VI - 27.05.2003, sentenza n. 2945

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