Legislazione giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 10952 del 1999 proposto dal Sindacato Nazionale
Biologi Chimici Fisici Italiani (SnaBI), in persona del legale rappresentante,
Levoni Paolo, Biagi Renato, Cardini Giancarlo tutti rappresentati e difesi dagli
avvocati G. ed A. Guarino e G. C. Sciacca, elettivamente domiciliati presso lo
studio Sciacca in Roma, via della Vite 7
c o n t r o
la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della sanità (ora: della
salute) e il Ministero del tesoro (ora: dell’economia e delle finanze),
rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio
presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi 12
e nei confronti
della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli
Odontoiatri (FNOMCeO), in persona del legale rappresentante, rappresentata e
difesa dall’avvocato A. Funari, domiciliata elettivamente in Roma, presso lo
studio dello stesso, Piazza Acilia 4
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con sede in
Roma, sezione I-bis, 18 novembre 1998 n. 3169
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 marzo 2003 il Consigliere Filippo Patroni
Griffi; uditi, altresì, gli Avv.ti Malinconico su delega dell’Avv. A. Guarino,
A. Funari e l’Avv. dello Stato Ventrella
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con sentenza 18 novembre
1998 n. 3169, ha dichiarato in parte inammissibile per difetto di giurisdizione
e in parte infondato il ricorso proposto dal Sindacato Nazionale Biologi Chimici
Fisici Italiani (SnaBI) per l’annullamento del D.P.R. 17 febbraio 1992, recante
l’approvazione della tariffa professionale dei medici, nelle parti in cui
contiene prestazioni professionali asseritamente riservate a chimici, fisici o
biologi.
Avverso la sentenza interpone appello lo SnaBI, il quale, nel contestare la
declinatoria di giurisdizione, dichiara di non insistere nella parte di gravame
concernente gli effetti spiegati dalla tariffa sul fondo di incentivazione di
competenza, rispetto al quale il Tribunale amministrativo ha respinto nel merito
il ricorso.
Resiste l’appellata Federazione dei medici (FNOMCeO).
All’udienza del 4 marzo 2003, la causa è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1. La controversia, nel presente grado, è da ritenere delimitata
all’impugnazione del D.P.R. 17 febbraio 1992, recante l’approvazione della
tariffa professionale dei medici, nelle parti in cui contiene prestazioni
professionali che il Sindacato appellante asserisce essere riservate a chimici,
fisici o biologi.
Il Tribunale amministrativo, nel declinare la propria giurisdizione, ha ritenuto
che tale controversia, riguardando la delimitazione delle reciproche sfere di
competenza professionale – dei biologi, fisici e chimici da una parte, dei
medici, nella specie genetisti, dall’altra –, investe diritti soggettivi, in
quanto tali devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario.
La tesi merita di essere condivisa.
2. Le competenze dei singoli professionisti attengono alla sfera di competenza
professionale e concretano fattispecie di diritti soggettivi demandati alla
cognizione del giudice ordinario.
Le tariffe professionali – secondo la giurisprudenza (Corte cost. 21 luglio 1995
n. 345 e 26 ottobre 2000 n. 441; Cons. Stato, IV, 8 ottobre 1996 n. 1087) – sono
inidonee a determinare la sfera della competenza delle singole professioni,
esaurendo piuttosto la loro funzione tipica nel determinare l’onorario del
professionista in relazione alle sue prestazioni. In altri termini, le tariffe
professionali non rendono lecita una prestazione inclusa, se questa esuli dalla
competenza di quel professionista.
Si tratta allora di vedere quale sia l’incidenza dell’inclusione nella tariffa
di una prestazione che, in tesi, rientra nella competenza esclusiva di un’altra
categoria professionale.
Sotto il profilo del riparto della giurisdizione, si tratta di stabilire quale
sia l’oggetto diretto del giudizio: la sfera delle competenze professionali,
rappresentata dalle competenze dei singoli professionisti aventi natura di
diritti soggettivi, oppure l’atto che reca l’approvazione della tariffa
professionale, che si assume lesivo delle competenze professionali.
Riguardata sotto altro profilo, che consente un più corretto approccio
ermeneutico alla questione, si tratta di stabilire se la sfera di competenza
professionale, che ha consistenza di diritto soggettivo, funga nella specie da
mera posizione legittimante alla contestazione dell’esercizio del potere, avente
natura pubblicistica, di determinazione delle tariffe o costituisca essa stessa
oggetto diretto del giudizio.
Nel giudizio amministrativo il sindacato concerne – come è noto – l’esercizio
del potere pubblico in collegamento a una posizione soggettiva del privato. E’
possibile che tale posizione abbia consistenza di diritto soggettivo e che
assuma efficacia legittimante alla contestazione del potere pubblicistico che
direttamente incida sullo stesso, secondo il meccanismo tradizionalmente
denominato dell’affievolimento del diritto, ma che è meglio descritto da quell’autorevole
dottrina che ha espresso il fenomeno in termini di coesistenza di diritti e
interessi, tutti pertinenti a una sfera giuridica soggettiva.
L’esempio tipico del meccanismo è costituito dal diritto di proprietà che, a
fronte dell’esercizio del potere di espropriazione espresso attraverso la
dichiarazione di pubblica utilità, assume consistenza di interesse legittimo,
strumentale alla tutela della sfera soggettiva del cittadino.
Presupposto di operatività del meccanismo dell’affievolimento, però, è che il
potere sia attribuito all’amministrazione in funzione “tipica”, sia cioè
preordinato a incidere su quella posizione soggettiva del privato
“affievolendola”.
Nella fattispecie in esame due concorrenti ordini di considerazioni inducono la
Sezione a escludere che la controversia possa essere conosciuta dal giudice
amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità:
a) il sindacato originario ricorrente, e oggi appellante, mira a ottenere una
declaratoria dell’esclusiva pertinenza di una data prestazione alla sfera di
competenza professionale dei propri rappresentati;
b) l’atto impugnato è in radice inidoneo a determinare l’ambito delle competenze
professionali, non essendo questo il suo “scopo tipico”, costituito invece dalla
determinazione delle tariffe per prestazioni offerte dal singolo professionista:
una prestazione non diventa consentita al professionista in virtù della sua
inclusione nella “tariffa”, ma, se consentita e svolta in concreto da quel
professionista, è retribuita secondo tariffa.
Nel delineato contesto, l’atto che approva la tariffa non è e, soprattutto, non
può essere l’oggetto diretto dell’impugnazione; mentre, per converso,
l’accertamento della sfera di competenza professionale, che è materia attinente
a diritti, costituisce non già oggetto di cognizione incidentale limitata
all’individuazione di una mera posizione legittimante, ma costituisce vero e
proprio oggetto del giudizio e, in quanto tale, non rientra nella giurisdizione
del giudice amministrativo.
In altri termini, poiché la tariffa non serve a dire quali attività possono
essere esercitate, il potere esercitato attraverso la determinazione della
tariffa è in sé radicalmente inidoneo a influire sull’ambito delle competenze
consentite e non può quindi determinare quel meccanismo dell’affievolimento che
solo consentirebbe la diretta cognizione, nella giurisdizione generale di
legittimità, del provvedimento gravato.
Non può negarsi che l’inclusione nella tariffa di una voce in tesi riservata ad
altra categoria professionale possa arrecare turbativa all’attività
professionale della categoria che assuma essere riservataria di quella
professione (non essendo per converso ipotizzabile, specie in un ordinamento
tendente a superare immotivate barriere all’esercizio delle professioni, una
lesione a fronte di attività che siano ascrivibili promiscuamente a più di una
professione): si versa, peraltro, nell’ipotesi tipica di interesse
all’accertamento alla demarcazione di una sfera soggettiva che fonda un’azione
di mero accertamento dinanzi al giudice dei diritti; potendosi, al più,
discutere se, all’esito di quell’accertamento, sia configurabile un dovere,
sanzionabile mediante l’azione di giudicato, alla rimozione di provvedimenti
amministrativi che, pur non incidendo direttamente sul diritto accertato, si
fondino su presupposti di fatto o logico-argomentativi incompatibili con
l’accertamento giudiziale sul diritto.
3. In conclusione, deve ritenersi che l’impugnazione del provvedimento di
approvazione di tariffe professionali, fondata sull’inclusione di prestazioni
che si asseriscono riservate ad altra professione, sia inammissibile, perché la
tariffa professionale è provvedimento inidoneo a delimitare le competenze
professionali e perché l’azione volta ad accertare quali attività siano
riservate a una data professione, e quindi inibite a un’altra, esula dalla
giurisdizione del giudice amministrativo.
L’appello deve essere pertanto respinto.
La complessità della questione trattata induce, tuttavia, a ritenere che
ricorrano i giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente
grado.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, rigetta l’appello
e conferma la sentenza del Tribunale amministrativo.
Spese del secondo grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 4 marzo
2003, dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di
consiglio con l’intervento dei Signori:
Gaetano TROTTA Presidente
Giuseppe BARBAGALLO Consigliere
Filippo PATRONI GRIFFI Consigliere, estensore
Aldo SCOLA Consigliere
Bruno MOLLICA Consigliere
1) Le tariffe professionali non rendono lecita una prestazione inclusa, se questa esuli dalla competenza di quel professionista - le competenze dei singoli professionisti - cognizione del giudice ordinario. Le competenze dei singoli professionisti attengono alla sfera di competenza professionale e concretano fattispecie di diritti soggettivi demandati alla cognizione del giudice ordinario. Le tariffe professionali – secondo la giurisprudenza (Corte cost. 21 luglio 1995 n. 345 e 26 ottobre 2000 n. 441; Cons. Stato, IV, 8 ottobre 1996 n. 1087) – sono inidonee a determinare la sfera della competenza delle singole professioni, esaurendo piuttosto la loro funzione tipica nel determinare l’onorario del professionista in relazione alle sue prestazioni. In altri termini, le tariffe professionali non rendono lecita una prestazione inclusa, se questa esuli dalla competenza di quel professionista. Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3039
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