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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 

D E C I S I O N E


sul ricorso in appello n. 3836 del 2002 proposto dal Comune di Borgo San Lorenzo, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Lorenzoni e Francesco Grignoli, domiciliato in Roma, presso lo studio del primo, via del Viminale 43
c o n t r o
il Monastero di Santa Caterina da Siena, in persona della legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocato Felix Hofer, domiciliato in Roma, presso lo studio del dott. Gian Marco Grez, Lungotevere Flaminio 46, pal.IV
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, 12 febbraio 2002 n. 210
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e appello incidentale condizionato del Monastero di Santa Caterina;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 marzo 2003 il Consigliere Filippo Patroni Griffi; uditi per le parti gli Avv.ti F. Lorenzoni ed Hofer Felix;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 

F A T T O


Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, con sentenza 12 febbraio 2002 n. 210, ha annullato la deliberazione del Consiglio comunale di Borgo San Lorenzo 29 dicembre 1993 n. 180 e il decreto del Sindaco 8 agosto 1994 n. 3, recanti, rispettivamente, l’approvazione del progetto esecutivo per la realizzazione del “Parco della Misericordia” e l’occupazione di urgenza di un’area di proprietà dell’ente appellato.
La sentenza è impugnata dal Comune di Borgo San Lorenzo.
Resiste il Monastero di Santa Caterina, il quale propone in via subordinata appello incidentale in relazione a censure del ricorso originario assorbite dal primo giudice.
All’udienza del 4 marzo 2003, la causa è stata decisa.
 

D I R I T T O


1. Sono impugnati i provvedimenti del Comune di Borgo San Lorenzo aventi ad oggetto l’approvazione del progetto esecutivo per la realizzazione del “Parco della Misericordia” e l’occupazione di urgenza di un’area di proprietà dell’appellato Monastero di Santa Caterina.
La sentenza ha annullato i provvedimenti per violazione dell’articolo 13 della legge n. 2359 del 1865, in quanto non sono stati fissati i termini di inizio e conclusione dei lavori e delle procedure di esproprio. Il Tribunale amministrativo ha, preliminarmente, respinto alcune eccezioni concernenti la tardività del ricorso e la sua inammissibilità, eccezioni che l’appellante ripropone nel presente grado di giudizio.


L’appello è infondato.
2. Con la prima censura l’appellante, nel riproporre la censura di tardività del ricorso di primo grado, contesta l’assunto del primo giudice, secondo cui il termine per l’impugnazione della delibera di approvazione del progetto esecutivo non decorre in mancanza di notificazione al soggetto interessato.


La censura va disattesa.
Il ricorso è tempestivo rispetto alla nota 29 luglio 1994, notificata il 4 agosto, di comunicazione dell’avvenuto deposito degli atti preliminari alla procedura di esproprio. E’ altresì tempestivo rispetto all’approvazione della variante di piano, come deduce il Monastero.
Non sono state, invece, comunicate all’appellato le delibere di approvazione del progetto ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 1 del 1978 e di presa d’atto della mancata presentazione di osservazioni al progetto medesimo.
Ne consegue – per costante giurisprudenza della Sezione (IV, 14 giugno 2001 n. 3169) – che il termine per impugnare la delibera di approvazione del progetto adottata ai sensi della legge n. 1 del 1978, non è decorso, in quanto la delibera, recante dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e urgenza, incide direttamente sulla sfera giuridica di un destinatario determinato, il proprietario dell’area, e quindi andava allo stesso comunicata.


Il ricorso pertanto non era tardivo.

3. Del pari non può essere condivisa l’eccezione di improcedibilità del ricorso originario, riproposta con il secondo motivo di appello, sul rilievo che l’ente resistente ha proposto dinanzi al giudice ordinario un giudizio di opposizione all’indennità di espropriazione, giudizio definito con sentenza della Corte di appello passata in giudicato.
Il Tribunale amministrativo ha rilevato che l’intervenuta definizione dell’indennità di esproprio non è incompatibile con il ristoro dell’eventuale maggior danno conseguente all’illiceità della sottrazione del bene, conseguente all’annullamento degli atti. E ha richiamato la pronuncia del Tribunale Superiore delle acque pubbliche 1° febbraio 2000 n. 140.
La tesi merita di essere condivisa.
Precisato che è estranea al presente giudizio ogni questione attinente all’eventuale maggior danno, deve considerarsi che l’orientamento espresso dal primo giudice è conforme anche alla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (IV, 11 aprile 2002 n. 1986) – da cui non vi è motivo di discostarsi – secondo cui l’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa.
Tale principio è applicabile anche nell’ipotesi in cui l’indennità di esproprio risulti accertata a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla stima con sentenza passata in giudicato.
Non sussiste, in tal caso, come deduce l’appellante, una incompatibilità tra giudicati – quello sulla stima e quello sulla legittimità degli atti della procedura – atteso che il giudizio sulla stima non presuppone la legittimità degli atti della procedura, ma solo la loro esistenza; mentre, in caso di accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità si convertirà in acconto sul maggior danno eventualmente ritenuto spettante (conf. Cass. 9 settembre 1993 n. 9448).
Anche l’eccezione di improcedibilità è stata pertanto esattamente respinta dal Tribunale amministrativo.


4. Con il terzo motivo, l’appellante contesta ancora l’ammissibilità del ricorso originario in ragione della mancata impugnazione del decreto di esproprio successivamente intervenuto.
Anche tale eccezione è infondata, alla stregua del consolidato indirizzo giurisprudenziale, secondo cui l’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità ha efficacia caducante nei confronti del decreto di espropriazione.


5. L’appello è, infine, infondato nella parte concernente il merito dell’originaria impugnazione.
Correttamente, infatti, il primo giudice ha annullato la delibera di approvazione del progetto – e, conseguentemente, il decreto di occupazione d’urgenza, che nella contestuale dichiarazione di indifferibilità e urgenza trova il suo presupposto – in considerazione della mancata indicazione dei termini per l’ultimazione dei lavori e delle procedure di esproprio.
Secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio (ex multis: IV, 14 gennaio 1999 n. 15) – che la Sezione condivide – i termini finali dei lavori e delle espropriazioni devono necessariamente essere indicati e contenuti nel primo atto in cui si concreta il potere di espropriazione; cioè, nel caso di dichiarazione implicita nell’approvazione del progetto, nella relativa delibera.


6. Alla stregua delle svolte considerazioni, l’appello deve essere respinto e va integralmente confermata la sentenza del Tribunale amministrativo.


Le spese del presente grado, nella misura indicata in dispositivo, seguono, come di regola, la soccombenza.


P. Q. M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, rigetta l’appello e conferma la sentenza del Tribunale amministrativo.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese del presente grado, che liquida in quattromila EURO, comprensive di onorario e diritti.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 4 marzo 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio con l’intervento dei Signori:
Gaetano TROTTA - Presidente
Giuseppe BARBAGALLO - Consigliere
Filippo PATRONI GRIFFI - Consigliere, estensore
Aldo SCOLA - Consigliere
Bruno MOLLICA - Consigliere
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) I termini finali dei lavori e delle espropriazioni devono necessariamente essere indicati e contenuti nel primo atto in cui si concreta il potere di espropriazione. I termini finali dei lavori e delle espropriazioni devono necessariamente essere indicati e contenuti nel primo atto in cui si concreta il potere di espropriazione; cioè, nel caso di dichiarazione implicita nell’approvazione del progetto, nella relativa delibera. Consiglio (ex multis: IV, 14 gennaio 1999 n. 15) Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040

 

2) L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità - effetti. L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità ha efficacia caducante nei confronti del decreto di espropriazione. Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040

 

3) L’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa - l’indennità di esproprio a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla stima con sentenza passata in giudicato - accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità. L’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa. (Consiglio di Stato IV, 11 aprile 2002 n. 1986) Tale principio è applicabile anche nell’ipotesi in cui l’indennità di esproprio risulti accertata a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla stima con sentenza passata in giudicato. Non sussiste, in tal caso, come deduce l’appellante, una incompatibilità tra giudicati – quello sulla stima e quello sulla legittimità degli atti della procedura – atteso che il giudizio sulla stima non presuppone la legittimità degli atti della procedura, ma solo la loro esistenza; mentre, in caso di accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità si convertirà in acconto sul maggior danno eventualmente ritenuto spettante (conf. Cass. 9 settembre 1993 n. 9448). Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040

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