AmbienteDiritto.it Copyright © Ambiente Diritto.it
Legislazione giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 3836 del 2002 proposto dal Comune di Borgo San
Lorenzo, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio
Lorenzoni e Francesco Grignoli, domiciliato in Roma, presso lo studio del primo,
via del Viminale 43
c o n t r o
il Monastero di Santa Caterina da Siena, in persona della legale rappresentante,
rappresentato e difeso dall’avvocato Felix Hofer, domiciliato in Roma, presso lo
studio del dott. Gian Marco Grez, Lungotevere Flaminio 46, pal.IV
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, 12 febbraio
2002 n. 210
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e appello incidentale condizionato del
Monastero di Santa Caterina;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 marzo 2003 il Consigliere Filippo Patroni
Griffi; uditi per le parti gli Avv.ti F. Lorenzoni ed Hofer Felix;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, con sentenza 12 febbraio
2002 n. 210, ha annullato la deliberazione del Consiglio comunale di Borgo San
Lorenzo 29 dicembre 1993 n. 180 e il decreto del Sindaco 8 agosto 1994 n. 3,
recanti, rispettivamente, l’approvazione del progetto esecutivo per la
realizzazione del “Parco della Misericordia” e l’occupazione di urgenza di
un’area di proprietà dell’ente appellato.
La sentenza è impugnata dal Comune di Borgo San Lorenzo.
Resiste il Monastero di Santa Caterina, il quale propone in via subordinata
appello incidentale in relazione a censure del ricorso originario assorbite dal
primo giudice.
All’udienza del 4 marzo 2003, la causa è stata decisa.
D I R I T T O
1. Sono impugnati i provvedimenti del Comune di Borgo San Lorenzo aventi ad
oggetto l’approvazione del progetto esecutivo per la realizzazione del “Parco
della Misericordia” e l’occupazione di urgenza di un’area di proprietà
dell’appellato Monastero di Santa Caterina.
La sentenza ha annullato i provvedimenti per violazione dell’articolo 13 della
legge n. 2359 del 1865, in quanto non sono stati fissati i termini di inizio e
conclusione dei lavori e delle procedure di esproprio. Il Tribunale
amministrativo ha, preliminarmente, respinto alcune eccezioni concernenti la
tardività del ricorso e la sua inammissibilità, eccezioni che l’appellante
ripropone nel presente grado di giudizio.
L’appello è infondato.
2. Con la prima censura l’appellante, nel riproporre la censura di tardività del
ricorso di primo grado, contesta l’assunto del primo giudice, secondo cui il
termine per l’impugnazione della delibera di approvazione del progetto esecutivo
non decorre in mancanza di notificazione al soggetto interessato.
La censura va disattesa.
Il ricorso è tempestivo rispetto alla nota 29 luglio 1994, notificata il 4
agosto, di comunicazione dell’avvenuto deposito degli atti preliminari alla
procedura di esproprio. E’ altresì tempestivo rispetto all’approvazione della
variante di piano, come deduce il Monastero.
Non sono state, invece, comunicate all’appellato le delibere di approvazione del
progetto ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 1 del 1978 e di presa d’atto
della mancata presentazione di osservazioni al progetto medesimo.
Ne consegue – per costante giurisprudenza della Sezione (IV, 14 giugno 2001 n.
3169) – che il termine per impugnare la delibera di approvazione del progetto
adottata ai sensi della legge n. 1 del 1978, non è decorso, in quanto la
delibera, recante dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e
urgenza, incide direttamente sulla sfera giuridica di un destinatario
determinato, il proprietario dell’area, e quindi andava allo stesso comunicata.
Il ricorso pertanto non era tardivo.
3. Del pari non può essere condivisa
l’eccezione di improcedibilità del ricorso originario, riproposta con il secondo
motivo di appello, sul rilievo che l’ente resistente ha proposto dinanzi al
giudice ordinario un giudizio di opposizione all’indennità di espropriazione,
giudizio definito con sentenza della Corte di appello passata in giudicato.
Il Tribunale amministrativo ha rilevato che l’intervenuta definizione
dell’indennità di esproprio non è incompatibile con il ristoro dell’eventuale
maggior danno conseguente all’illiceità della sottrazione del bene, conseguente
all’annullamento degli atti. E ha richiamato la pronuncia del Tribunale
Superiore delle acque pubbliche 1° febbraio 2000 n. 140.
La tesi merita di essere condivisa.
Precisato che è estranea al presente giudizio ogni questione attinente
all’eventuale maggior danno, deve considerarsi che l’orientamento espresso dal
primo giudice è conforme anche alla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato
(IV, 11 aprile 2002 n. 1986) – da cui non vi è motivo di discostarsi – secondo
cui l’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a
coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa.
Tale principio è applicabile anche nell’ipotesi in cui l’indennità di esproprio
risulti accertata a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla
stima con sentenza passata in giudicato.
Non sussiste, in tal caso, come deduce l’appellante, una incompatibilità tra
giudicati – quello sulla stima e quello sulla legittimità degli atti della
procedura – atteso che il giudizio sulla stima non presuppone la legittimità
degli atti della procedura, ma solo la loro esistenza; mentre, in caso di
accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale
riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità si convertirà
in acconto sul maggior danno eventualmente ritenuto spettante (conf. Cass. 9
settembre 1993 n. 9448).
Anche l’eccezione di improcedibilità è stata pertanto esattamente respinta dal
Tribunale amministrativo.
4. Con il terzo motivo, l’appellante contesta ancora l’ammissibilità del ricorso
originario in ragione della mancata impugnazione del decreto di esproprio
successivamente intervenuto.
Anche tale eccezione è infondata, alla stregua del consolidato indirizzo
giurisprudenziale, secondo cui l’annullamento della dichiarazione di pubblica
utilità ha efficacia caducante nei confronti del decreto di espropriazione.
5. L’appello è, infine, infondato nella parte concernente il merito
dell’originaria impugnazione.
Correttamente, infatti, il primo giudice ha annullato la delibera di
approvazione del progetto – e, conseguentemente, il decreto di occupazione
d’urgenza, che nella contestuale dichiarazione di indifferibilità e urgenza
trova il suo presupposto – in considerazione della mancata indicazione dei
termini per l’ultimazione dei lavori e delle procedure di esproprio.
Secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio (ex multis: IV, 14
gennaio 1999 n. 15) – che la Sezione condivide – i termini finali dei lavori e
delle espropriazioni devono necessariamente essere indicati e contenuti nel
primo atto in cui si concreta il potere di espropriazione; cioè, nel caso di
dichiarazione implicita nell’approvazione del progetto, nella relativa delibera.
6. Alla stregua delle svolte considerazioni, l’appello deve essere respinto e va
integralmente confermata la sentenza del Tribunale amministrativo.
Le spese del presente grado, nella misura indicata in dispositivo, seguono, come
di regola, la soccombenza.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, rigetta l’appello
e conferma la sentenza del Tribunale amministrativo.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese del
presente grado, che liquida in quattromila EURO, comprensive di onorario e
diritti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 4 marzo 2003, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio con
l’intervento dei Signori:
Gaetano TROTTA - Presidente
Giuseppe BARBAGALLO - Consigliere
Filippo PATRONI GRIFFI - Consigliere, estensore
Aldo SCOLA - Consigliere
Bruno MOLLICA - Consigliere
1) I termini finali dei lavori e delle espropriazioni devono necessariamente essere indicati e contenuti nel primo atto in cui si concreta il potere di espropriazione. I termini finali dei lavori e delle espropriazioni devono necessariamente essere indicati e contenuti nel primo atto in cui si concreta il potere di espropriazione; cioè, nel caso di dichiarazione implicita nell’approvazione del progetto, nella relativa delibera. Consiglio (ex multis: IV, 14 gennaio 1999 n. 15) Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040
2) L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità - effetti. L’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità ha efficacia caducante nei confronti del decreto di espropriazione. Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040
3) L’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa - l’indennità di esproprio a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla stima con sentenza passata in giudicato - accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità. L’accettazione dell’indennità di esproprio non fa venir meno l’interesse a coltivare l’impugnazione proposta avverso gli atti della procedura espropriativa. (Consiglio di Stato IV, 11 aprile 2002 n. 1986) Tale principio è applicabile anche nell’ipotesi in cui l’indennità di esproprio risulti accertata a seguito della definizione del giudizio di opposizione alla stima con sentenza passata in giudicato. Non sussiste, in tal caso, come deduce l’appellante, una incompatibilità tra giudicati – quello sulla stima e quello sulla legittimità degli atti della procedura – atteso che il giudizio sulla stima non presuppone la legittimità degli atti della procedura, ma solo la loro esistenza; mentre, in caso di accertamento dell’illegittimità degli atti e del conseguente eventuale riconoscimento del danno, la somma liquidata a titolo di indennità si convertirà in acconto sul maggior danno eventualmente ritenuto spettante (conf. Cass. 9 settembre 1993 n. 9448). Consiglio di Stato, Sezione IV - 31 maggio 2003 - sentenza n. 3040
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza