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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato, Sezione V - 4 giugno 2003 - sentenza n. 3073.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


II Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 1997 ha pronunciato la seguente
 

D E C I S I O N E


sul ricorso in appello n. 5463 del 1997, proposto dalla impresa Nuove Strade srl, in persona dell'amministratore unico pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Oreste Morcavallo, con domicilio eletto presso lo studio legale Vennari in Roma, via Candia n. 66;
CONTRO
L’impresa Re Mida srl, in persona dell'amministratore unico pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Martire, con domicilio eletto in Roma, Piazza Capo di Ferro, 13 presso la Segreteria della Sezione;
e nei confronti
del Comune di Spezzano della Sila, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del TAR della Calabria n. 35 del 15 gennaio 1997;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 marzo 2003 il Consigliere Aldo Fera;
Nessuno è comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Il TAR della Calabria, con la sentenza specificata in rubrica, ha accolto il ricorso presentato dall’impresa " Re Mida " per l'annullamento della concessione edilizia n. 23 del 2 giugno 1994, rilasciata dal comune Spezzano della Sila alla società Nuove Strade, per la costruzione di un impianto di betonaggio di natura industriale. Il primo giudice, respinta l'eccezione di tardività dell'impugnazione, ha ritenuto che la realizzazione di una centrale di betonaggio, diretta alla trasformazione di inerti in conglomerato cementizio, non essendo strumentale ad alcuna delle funzioni previste per l’area (zona agricola - sfruttamento agricolo del territorio, funzione ambientale e paesistica, contenimento dell'espansione dell'aggregato urbano), fosse in contrasto con la destinazione di zona impressa dallo strumento urbanistico vigente.


L'impresa Nuove Strade propone appello contro la sentenza, prospettando i seguenti motivi:


1. Tardività dell'impugnazione, in quanto il ricorso di primo grado è stato notificato in data 25 ottobre 1994, mentre la ricorrente avrebbe avuto piena conoscenza dell’ultimazione dei lavori fin dai primi giorni del mese di luglio. In particolare, rappresentanti dell'impresa si sarebbero recati ripetutamente in quel periodo presso l'ufficio tecnico comunale per visionare la documentazione relativa all'impianto.


2. Il ricorso comunque avrebbe dovuto essere respinto perché infondato. Infatti l'impianto, di natura provvisoria, era stato realizzato per soddisfare le esigenze connesse alla costruzione e sistemazione di una serie di strade provinciali, per le quali era necessario fornire un conglomerato cementizio realizzato il più vicino possibile ai luoghi di impiego. Trattandosi di un'opera provvisoria e strumentale all'esecuzione di opere pubbliche, non era necessaria la concessione edilizia e tantomeno si poneva un problema di conformità con le destinazioni del piano regolatore.


Conclude chiedendo in riforma della sentenza appellata il rigetto del ricorso di primo grado.


L'impresa Re Mida, costituita nel giudizio di appello, respinge l'eccezione di tardività dell'impugnazione negando che gli elementi addotti dall'appellante possano costituire una valida prova della piena conoscenza del rilascio della concessione edilizia. Nel merito controbatte le tesi avversarie e conclude per il rigetto dell'appello.


DIRITTO


L’appello proposto dalla società "Nuove Strade", è infondato.


Con il primo motivo, l'appellante denuncia la tardività del ricorso di primo grado, proposto dalla impresa " Re Mida” per l'annullamento della concessione edilizia n. 23 del 2 giugno 1994, rilasciata dal comune Spezzano della Sila. Secondo l'appellante, la ricorrente, pur avendo avuto contezza dai primi giorni del mese di luglio dell’ultimazione dei lavori, evento al quale la giurisprudenza in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori attribuisce il valore della piena conoscenza del rilascio della concessione edilizia, ha notificato l'atto introduttivo del giudizio solo il 25 ottobre 1994.


Ora, è vero che la giurisprudenza è ferma nel ritenere come " il termine per l'impugnazione … decorre dalla piena ed effettiva conoscenza di tale provvedimento concessorio che si verifica, in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, non con il mero inizio dei lavori, ma con la loro ultimazione. " (Consiglio Stato sez. V, 23 maggio 2000, n. 2983). Ma è altrettanto ferma nel ritenere che “ l'effettiva e piena conoscenza della concessione edilizia rilasciata a terzi deve essere provata da chi eccepisce la tardivita' della sua impugnazione in modo rigoroso" (Consiglio Stato sez. V, 25 ottobre 1999, n. 1688 ). Ne consegue che l'onere probatorio deve necessariamente estendersi a tutti gli elementi della fattispecie, ivi compresa la data di ultimazione dei lavori.


Nel caso di specie, però, il controinteressato si è limitato ad indicare genericamente che la fine dei lavori sarebbe intervenuta nei " primi del mese di luglio" senza precisare il giorno (elemento questo particolarmente importante perché ove la conoscenza fosse stata acquisita nella seconda decade di luglio, il ricorso sarebbe stato comunque tempestivo) né fornire alcuna prova dell'evento. Cioè non ha fornito elementi necessari a dare corpo all'eccezione.


In mancanza di prova pertanto l'eccezione di tardività va respinta.


Con il secondo motivo di appello, si sostiene che l'impianto, oggetto della concessione edilizia impugnata, non determina una trasformazione permanente dello stato urbanistico dei luoghi ma avrebbe natura provvisoria, in quanto realizzato per soddisfare le esigenze connesse alla costruzione e sistemazione di una serie di strade provinciali, per le quali era necessario fornire un conglomerato cementizio realizzato il più vicino possibile ai luoghi di impiego. Perciò non sarebbe stato necessario alcun rilascio di concessione edilizia e tantomeno si poneva un problema di conformità con la destinazione impressa all'area dal piano regolatore e con le prescrizioni relative alla zona agricola.


La tesi non può essere condivisa, in quanto il carattere provvisorio o meno di un intervento edilizio non può essere desunto dall'intenzione del richiedente, che prevede di mantenere in attività gli impianti per un limitato numero di anni, ma dalla natura e consistenza oggettive delle opere e di come queste incidano sull’assetto dei luoghi. Ora, dagli atti del giudizio di primo grado risulta evidente come si tratti di un impianto di notevoli dimensioni, costituito da manufatti, attrezzature, ed opere edili di un certo spessore e con l’uso di materiali durevoli, quali il cemento armato. Tali opere, indubbiamente, incidono sull'assetto del territorio, e si traducono nella realizzazione di un impianto industriale incompatibile con la destinazione agricola impressa all'area dal piano regolatore, con superamento, com'è pacifico tra le parti, degli indici di edificabilità, delle altezze e delle distanze previste dalle prescrizioni urbanistiche.


Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto.


Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, respinge l’appello.


Condanna l'appellante al rimborso nei confronti della controparte delle spese del giudizio, che liquida, unitamente agli onorari in complessive € 3000.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 marzo 2003 , con l’intervento dei signori:
Alfonso Quaranta Presidente
Corrado Allegretta Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Aldo Fera Consigliere estensore
Francesco D’Ottavi Consigliere



L'ESTENSORE                          IL PRESIDENTE                                IL SEGRETARIO                                IL DIRIGENTE

F.to Aldo Fera                           F.to Alfonso Quaranta                         F.to Francesco Cutrupi                       F.to Antonio Natale


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04 giugno 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1)  Concessione edilizia - termine per l'impugnazione - l'effettiva e piena conoscenza - l'onere probatorio. La giurisprudenza è ferma nel ritenere come "il termine per l'impugnazione … decorre dalla piena ed effettiva conoscenza di tale provvedimento concessorio che si verifica, in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, non con il mero inizio dei lavori, ma con la loro ultimazione." (Consiglio Stato sez. V, 23 maggio 2000, n. 2983). Ma è altrettanto ferma nel ritenere che “l'effettiva e piena conoscenza della concessione edilizia rilasciata a terzi deve essere provata da chi eccepisce la tardivita' della sua impugnazione in modo rigoroso" (Consiglio Stato sez. V, 25 ottobre 1999, n. 1688 ). Ne consegue che l'onere probatorio deve necessariamente estendersi a tutti gli elementi della fattispecie, ivi compresa la data di ultimazione dei lavori. Consiglio di Stato, Sezione V - 4 giugno 2003 - sentenza n. 3073

 

2) Urbanistica - il carattere provvisorio o meno di un intervento edilizio - impianto industriale incompatibile con la destinazione agricola impressa all'area dal piano regolatore. Il carattere provvisorio o meno di un intervento edilizio non può essere desunto dall'intenzione del richiedente, che prevede di mantenere in attività gli impianti per un limitato numero di anni, ma dalla natura e consistenza oggettive delle opere e di come queste incidano sull’assetto dei luoghi. (In specie, dagli atti del giudizio di primo grado risulta evidente come si tratti di un impianto di notevoli dimensioni, costituito da manufatti, attrezzature, ed opere edili di un certo spessore e con l’uso di materiali durevoli, quali il cemento armato. Tali opere, indubbiamente, incidono sull'assetto del territorio, e si traducono nella realizzazione di un impianto industriale incompatibile con la destinazione agricola impressa all'area dal piano regolatore, con superamento, com'è pacifico tra le parti, degli indici di edificabilità, delle altezze e delle distanze previste dalle prescrizioni urbanistiche). Consiglio di Stato, Sezione V - 4 giugno 2003 - sentenza n. 3073

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