Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.669/02, proposto dall’ERICSSON TELECOMUNICAZIONI
S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa
dagli avv.ti Franco Alesi e Gennaro Contardi, ed elettivamente domiciliata
presso lo studio del primo in Roma, Piazza di Pontelungo n.11;
contro
il COMUNE DI ORSOGNA, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso
dall’avv. Domenico Tenaglia, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’avv. Giuseppe Benedetto in Roma, Via Federico Cesi n.72;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo, sezione
staccata di Pescara, 25 maggio 2001, n.477;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Orsogna;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
visti tutti gli atti della causa;
relatore all’udienza pubblica del 25 marzo 2003 il consigliere Carmine Volpe, e
uditi altresì l’avv. G. Contardi per l’appellante e l’avv. D. Tenaglia per il
Comune appellato;
ritenuto e considerato quanto segue.
FATTO
Il primo giudice, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso
proposto dall’Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. contro il provvedimento del
Sindaco e del responsabile del servizio tecnico di Orsogna (ognuno nell’ambito
della propria competenza) 11 gennaio 2001, n.361, con cui si diffidava la stessa
a rimuovere, entro cinque giorni, una stazione temporanea per telefonia
cellulare su rimorchio e a non attivarla. Venivano anche impugnati tutti gli
atti preparatori, tra cui la deliberazione del Consiglio comunale di Orsogna 31
luglio 2000, n.35 e, ove necessario, la deliberazione del medesimo Consiglio 28
dicembre 2000, n.57, anche se non approvata dall’organo di controllo.
La sentenza viene appellata dall’Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. per i
seguenti motivi:
1) violazione e falsa interpretazione della l. 22 febbraio 2001, n.36, che non
sarebbe applicabile in quanto successiva ai provvedimenti impugnati;
2) violazione e falsa interpretazione della l.r. dell’Abruzzo 7 aprile 2000, n.56
e della l. n.36/2001, poiché non ci sarebbe stato bisogno di una previa
autorizzazione;
3) carenza di potere, in quanto il Consiglio comunale non avrebbe alcuna
attribuzione in ordine all’attuazione degli impianti di telefonia cellulare
mobile;
4) incompetenza, dato che la tutela della popolazione dall’esposizione a fonti
di emissioni inquinanti spetterebbe solo allo Stato;
5) violazione e falsa interpretazione in riferimento all’art.102, comma 1, del
d.P.R. 24 luglio 1977, n.616, dell’art.1 della l. 15 marzo 1997, n.59, dell’art.83
del d.lgs. 31 marzo 1998, n.112, nonché dell’art.1, comma 15, della l. 31 luglio
1997, n.249; eccesso di potere; violazione e falsa interpretazione dell’art.4
del d.m. del Ministero dell’ambiente 10 settembre 1998, n.381.
Si sostiene che il Comune non avrebbe alcun potere di intervento in materia di
inquinamento elettromagnetico;
6) eccesso di potere; sviamento di potere; illogicità manifesta; errore nei
motivi e nei presupposti; genericità, poiché il Comune non potrebbe individuare
il sito dove fare posizionare gli impianti di emittenza;
7) eccesso di potere; illegittimità derivata; errore nei motivi e nei
presupposti; sviamento di potere; carenza di pubblico interesse.
Si sostiene che non ci sarebbe stato bisogno della previa concessione edilizia e
che il Comune non avrebbe potuto imporre un proprio sito.
Il Comune di Orsogna si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso in
appello. Entrambe le parti hanno depositato successive memorie con le quali
hanno ulteriormente illustrato le rispettive difese. Il Comune ha eccepito,
altresì, l’illegittimità costituzionale degli artt.1, 3, 5, commi 1 e 2, 7,
comma 1, e 12, nonché degli allegati A, B, C e D del d.lgs. 4 settembre 2002, n.198,
per violazione degli artt.3, 76, 114, 117 e 118 della costituzione.
DIRITTO
Il ricorso in appello è infondato.
1. Il provvedimento di diffida impugnato in primo grado, relativo alla rimozione
e alla non attivazione di una stazione temporanea per telefonia cellulare su
rimorchio installata dalla società appellante, si reggeva su di una molteplicità
di motivazioni:
a) mancanza del preventivo rilascio di concessione edilizia;
b) posizionamento in zona diversa da quella individuata dal Comune, con la
deliberazione consiliare 31 luglio 2000, n.35 (anch’essa impugnata), per
l’installazione di impianti di emittenza;
c) assenza del nulla osta dell’autorità sanitaria prescritto dal d.m.
dell’ambiente 10 settembre 1998, n.381.
2. La sezione ritiene che, ai fini della legittimità dei provvedimenti impugnati
in primo grado, sia sufficiente la motivazione indicata sub b), che assume anche
carattere prevalente.
Il Comune appellato, con la citata deliberazione n.35/2000, viste le l.r.
dell’Abruzzo 4 giugno 1991, n.20 e 7 aprile 2000, n.56 e constatata la carenza
dello strumento urbanistico generale vigente, nel quale non erano previste aree
per l’installazione di impianti di emittenza, aveva localizzato, in variante
allo stesso, le aree destinate all’installazione di tali impianti in un terreno
di proprietà comunale. Di qui il successivo provvedimento di rimozione della
stazione radiomobile di cui trattasi, ubicata in altra zona con diversa
destinazione urbanistica.
La sezione osserva che, effettivamente, l’art.5 della l.r. dell’Abruzzo n.20/1991,
come sostituito dall’art.2 della citata l.r. n.56/2000, parla di apposite “aree
individuate dai Comuni” con riguardo al rilascio delle autorizzazioni regionali
per impianti con potenza superiore a 350 W e per gli altri impianti “che
comportano esposizione in campo lontano”; mentre nella fattispecie per cui è
causa si è in presenza della diversa ipotesi di impianto mobile non superiore a
7 W.
La sezione ritiene, tuttavia, che in capo al Comune residui comunque il potere
di governo e disciplina del proprio territorio; con la conseguente possibilità
di individuare, nell’esercizio delle competenze urbanistiche, la zona dove
installare impianti di telefonia cellulare, di qualsiasi tipo essi siano.
Indicativa in tal senso è la disposizione dell’art.8, comma 6, della l. 22
febbraio 2001, n.36 (“legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici”), anche se la stessa non è applicabile
alla fattispecie per cui è causa siccome entrata in vigore dopo l’emanazione dei
provvedimenti impugnati, secondo cui “i comuni possono adottare un regolamento
per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli
impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici”. La norma ha inteso attribuire al Comune un potere
regolamentare in parte nuovo, ma sul presupposto potere, da considerare
preesistente alla l. n.36/2001, di assicurare il corretto insediamento
urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia. Invero, le competenze in
materia di uso del territorio spettavano ai Comuni già prima dell’entrata in
vigore della l. n.36/2001 (questa sezione, 3 giugno 2002, n.3098).
Va anche rilevato che la localizzazione effettuata dal Comune appellato, con la
citata deliberazione consiliare n.35/2000, non è intervenuta in relazione ad
esigenze connesse all'esposizione ai campi elettromagnetici, e che la società
appellante non contesta la specifica localizzazione sotto il profilo
dell’idoneità del sito.
3. In conclusione, i motivi di appello sono privi di pregio.
In particolare, le censure sulla violazione e falsa interpretazione della l. n.36/2001,
in quanto successiva ai provvedimenti impugnati, sono irrilevanti; come lo sono
anche quelle denunciate in ambito di inquinamento elettromagnetico, dato che la
deliberazione consiliare n.35/2000 - e anche il provvedimento comunale n.361/2001
- non ha inteso disporre in tale campo o a questi fini.
Alla fattispecie per cui è causa, infine, non solo non è applicabile la l. n.36/2001,
ma anche il d.lgs. 4 settembre 2002, n.198, entrato in vigore dopo l’emanazione
dei provvedimenti impugnati. Ne consegue, anche per questa ragione,
l’irrilevanza dell’eccezione di illegittimità costituzionale del d.lgs. n.198/2002
sollevata, sotto vari profili, dalla difesa del Comune appellato.
4. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese e gli onorari
del presente grado di giudizio, liquidati come da dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, respinge il
ricorso in appello.
Condanna l’Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. al pagamento, in favore del Comune
di Orsogna, delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, che si
liquidano in complessivi euro tremila.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2003, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, sezione sesta, in camera di consiglio, con l’intervento dei
signori:
Salvatore Giacchetti presidente
Alessandro Pajno consigliere
Carmine Volpe consigliere, est.
Pietro Falcone consigliere
Giuseppe Romeo consigliere
1) Inquinamento elettromagnetico - rimozione e non attivazione di una stazione temporanea per telefonia cellulare su rimorchio installata - competenza in capo al Comune - potere di governo e disciplina del proprio territorio - il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. E' legittimo il provvedimento di diffida, relativo alla rimozione e alla non attivazione di una stazione temporanea per telefonia cellulare su rimorchio installata dalla società appellante. Residua, infatti, in capo al Comune comunque il potere di governo e disciplina del proprio territorio; con la conseguente possibilità di individuare, nell’esercizio delle competenze urbanistiche, la zona dove installare impianti di telefonia cellulare, di qualsiasi tipo essi siano. Indicativa in tal senso è la disposizione dell’art.8, comma 6, della l. 22 febbraio 2001, n.36 (“legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”), anche se la stessa non è applicabile alla fattispecie per cui è causa siccome entrata in vigore dopo l’emanazione dei provvedimenti impugnati, secondo cui “i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”. La norma ha inteso attribuire al Comune un potere regolamentare in parte nuovo, ma sul presupposto potere, da considerare preesistente alla l. n.36/2001, di assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia. Invero, le competenze in materia di uso del territorio spettavano ai Comuni già prima dell’entrata in vigore della l. n.36/2001 (questa sezione, 3 giugno 2002, n. 3098). Va anche rilevato che la localizzazione effettuata dal Comune appellato, con la citata deliberazione consiliare n.35/2000, non è intervenuta in relazione ad esigenze connesse all'esposizione ai campi elettromagnetici, e che la società appellante non contesta la specifica localizzazione sotto il profilo dell’idoneità del sito. Consiglio di Stato Sez. VI, - 6 giugno 2003, sentenza n. 3171
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