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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato Sez. V, - 9 giugno 2003, sentenza n. 3243 .

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 2002 ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 7817/02, proposto dalla GAMA s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano Vinti e Carlo Greco, ed elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, v. Macrobio n. 2,
contro
la R.R. Puglia s.r.l., in proprio e quale mandataria dell’ATI con la società 3 Stelle, in persona del legale rappresentante p.t., appellante incidentale, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto G. Marra, ed elettivamente domiciliata in Roma, v. Mantegazza n. 24 (presso il cav. Gardin),
e nei confronti
del Comune di Chieti, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio,
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sez. Pescara, 12 luglio 2002, n. 611, resa inter partes, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dall’attuale appellata avverso gli atti della gara indetta dal Comune intimato con determinazione dirigenziale 27 luglio 2001, n. 1860, per l’affidamento del servizio di refezione scolastica.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della ditta appellata, appellante incidentale;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza n. 4417 dell’11 ottobre 2002, con cui è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado;
Visto il dispositivo della decisione in epigrafe, n. 62, pubblicato il 13 febbraio 2003;
Relatore alla pubblica udienza dell’11 febbraio 2003 il Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi gli avv.ti Chirulli per delega dell’avv. Vinti, e Notarnicola per delega dell’avv. Marra;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 

FATTO


1. Con determinazione dirigenziale del 27 luglio 2001, n. 1860, il Comune di Chieti indiceva una gara d’appalto a procedura aperta (pubblico incanto) per l’affidamento del servizio di refezione scolastica, comprensivamente della distribuzione dei pasti nelle singole unità scolastiche, materne, elementari e medie, nonché della ristrutturazione e messa a norma del centro di cottura comunale, per un importo presunto annuo di € 1.057.579 e per la durata di quattro anni.


Il criterio di aggiudicazione veniva individuato in quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base dei parametri fissati dall’art. 20 del Capitolato Speciale d’Appalto.


La Commissione tecnica di gara, dopo aver aperto le buste contenenti l’offerta tecnica delle 12 ditte ammesse alla gara, nonché le buste contenenti l’offerta economica delle 5 ditte non escluse (avendo conseguito il punteggio minimo da capitolato), redigeva la graduatoria definitiva, che vedeva la Gama, attuale appellante, collocarsi al primo posto, con punti 93,95, avendo conseguito il miglior punteggio tecnico (punti 70) ed offerto il migliore ribasso (punti 23,95).


Si addiveniva quindi, con determinazione dirigenziale n. 3266 del 12 dicembre 2001, al definitivo affidamento del servizio in questione alla ditta da ultimo menzionata.


2. L’ATI R.R. Puglia, classificatasi al 4° posto in graduatoria con punti 81,86, insorgeva avverso la detta determinazione dinanzi al TAR Abruzzo, contestando nel merito, in via principale, la validità e la regolarità delle offerte delle ditte che l’avevano preceduta in graduatoria, nonché, in via subordinata, la procedura seguita dalla commissione per l’attribuzione dei punteggi, asseritamente viziata dall’introduzione di ulteriori criteri integrativi di giudizio dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche.


3. Con la sentenza impugnata, in epigrafe indicata, disattesa l’eccezione di tardività del gravame dedotta dalle parti resistenti, veniva accolto il ricorso sotto il profilo da ultimo indicato, con conseguente travolgimento di tutti gli atti di gara che avevano condotto, in definitiva, all’aggiudicazione della gara alla Gama, e con l’accoglimento parziale, altresì, dell’istanza risarcitoria.


4. La Gama ha interposto l’appello principale in trattazione avverso la prefata pronunzia, lamentando l’erroneità delle argomentazioni, poste alla base della pronunzia di accoglimento, sia in punto di fatto che di diritto.


5. L’appellata si è costituita in giudizio per resistere all’appello, proponendo contestualmente appello incidentale relativamente agli aspetti disattesi, o non trattati, dall’Organo giurisdizionale periferico.


L’Amministrazione comunale di Chieti, invece, non si è costituita in giudizio.


Le parti costituite hanno depositato memoria.


6. Con ordinanza della Sezione n. 4417 dell’11 ottobre 2002, è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado, non sussistendo ragioni per la sua riforma.


Alla pubblica udienza dell’11 febbraio 2003 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.


DIRITTO


1. Entrambi gli appelli non meritano positiva considerazione.


2. Ragioni di ordine logico e di economia processuale inducono il Collegio a prendere le mosse, come del resto avvenuto nel giudizio di prime cure, dalla disamina dell’eccezione di tardività del gravame di primo grado proposto dalla R.R. Puglia, disattesa dal TAR Abruzzo ma ribadita dall’attuale appellante, seppur in procinto di rassegnare le conclusioni dell’atto di appello, nella presente sede di giudizio.


La prospettazione dell’appellante si sviluppa nei termini che seguono.


Conosciuta la graduatoria ed i singoli punteggi attribuiti a tutte le offerte in gara nella seduta del 27 novembre 2001, presente il legale rappresentante della R.R. Puglia, l’originaria ricorrente avrebbe preso visione completa degli atti di gara e delle offerte già in data 30 novembre 2001, tanto è vero che lo stesso legale rappresentante della R.R. Puglia in data 1° dicembre 2001 inviava alla stazione appaltante una diffida in cui lamentava vizi dedotti poi nel ricorso.


In ogni caso l’onere di immediata impugnazione, già sorto in data 1° dicembre 2001, si sarebbe consolidato alla data del 12 dicembre 2001, quando è stata pubblicata la determinazione n. 3266/01, di aggiudicazione definitiva della gara alla ditta Gama, odierna appellante.


Il ricorso introduttivo, notificato a quest’ultima solo in data 15 febbraio 2002, sarebbe dunque manifestamente tardivo e pertanto irricevibile.
3. Come rilevato dall’Organo di prime cure, l’eccezione, in effetti, non ha pregio.


E’ vero, anzitutto, che in materia di aggiudicazione di un contratto della Pubblica amministrazione, il termine per ricorrere non può essere fatto decorrere dall’aggiudicazione provvisoria, bensì da quella definitiva, dal momento che da quella provvisoria conseguono soltanto effetti prodromici, restando inteso che in occasione dell’impugnativa dell’aggiudicazione definitiva possono essere fatti valere anche vizi propri di quella provvisoria (Cons. Stato, VI, 16 novembre 2000, n. 6128).


Un sedimentato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio, ben presente anche presso la Sezione, ha avvedutamente messo in rilievo come l’aggiudicazione provvisoria della gara di appalto di opera pubblica abbia natura di atto endoprocedimentale, inidoneo a produrre la definitiva lesione dell’interesse della ditta che non è risultata vincitrice (a divenire tale); lesione che si verifica, appunto, soltanto con l’aggiudicazione definitiva (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V, 7 settembre 2001, n. 4677). Tuttalpiù una autonoma lesione vi può essere nel senso che l’aggiudicazione provvisoria inibisce all’impresa non aggiudicataria l’ulteriore partecipazione al procedimento (Cons. Stato, V, 24 marzo 2001, n. 1708).


In ogni caso quest’ultima ha non l’onere ma la mera facoltà di impugnare immediatamente l’aggiudicazione provvisoria. L’aggiudicazione definitiva, da parte sua, non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma atto che, anche quando recepisce in toto i risultati dell’aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione rispetto alla stessa, pur facendo parte della medesima sequenza procedimentale. Ne consegue che l’aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione (anche avvalendosi dell’istituto dei motivi aggiunti in corso di causa, proponibili, ai sensi della legge n. 205 del 2000, avverso atti diversi da quello originariamente gravato, soluzione da preferirsi per evidenti ragioni di economia processuale), anche se è già stata impugnata quella provvisoria.


Se l’aggiudicazione provvisoria è stata impugnata immediatamente e autonomamente, la parte ha perciò l'onere di impugnare, in un secondo momento, pure l’aggiudicazione definitiva sopravvenuta, la quale non rappresenta conseguenza inevitabile della prima, pena l’improcedibilità del primo ricorso (Cons. Stato, VI, 16 novembre 2000 n. 6128 , 11 febbraio 2002, n. 785 e 22 ottobre 2002, n. 5813; V, 3 aprile 2001, n. 1998 e 21 giugno 2002, n. 3404).


Nella specie non possono, quindi, addebitarsi conseguenze negative in capo all’attuale appellata in ordine alla mancata tempestiva azione avverso l’aggiudicazione provvisoria; esito quest’ultimo che, a tacer d’altro, avrebbe potuto essere sovvertito proprio in virtù dei rilievi dettagliatamente esposti dall’originaria reclamante nella missiva, contenente richiesta di riesame con procedura d’urgenza degli atti tecnici adottati dalla commissione di gara (istanza inidonea da sola, in quanto tale, a far scattare il termine decadenziale per l’impugnativa).


Né, con riguardo all’impugnata determinazione dirigenziale definitiva, assunta il 12 dicembre 2001, si può fare efficace riferimento alla data di pubblicazione all’albo pretorio (affissione dal 12 al 27 dicembre 2001), atteso che la determinazione, agli effetti di cui si discute, doveva essere formalmente comunicata alla ditta partecipante alla gara.


Per giurisprudenza consolidata, infatti, posto che la pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione nell’albo pretorio è idonea, in via generale, a determinare la decorrenza del termine per la proposizione del ricorso solo nei riguardi dei soggetti non direttamente contemplati dall’atto, quest’ultimo deve essere comunque notificato o comunicato non soltanto a coloro che in esso sono menzionati, ma anche a chi sia da ritenere, in qualche modo, destinatario del medesimo, come nel caso dei partecipanti alla gara; pertanto, nei confronti di tali soggetti la pubblicazione dell’atto nelle forme di rito non fa decorrere il termine per l’impugnazione, occorrendo a tal fine la notifica o comunicazione individuale, ovvero la prova dell’effettiva conoscenza (cfr. Cons. Stato, V, 11 giugno 2001, n. 3131).


4. Le sopraccennate ragioni di ordine logico e processuale impongono, a questo punto, di dare spazio all’appello incidentale della R.R. Puglia, con precipuo riguardo alla parte in cui torna a riproporre i primi cinque motivi dedotti in sede di atto introduttivo, relativamente alla mancata esclusione delle ditte partecipanti che la precedono in graduatoria.


Tali censure assumono, indubbiamente, rilievo primario nell’ottica di una più diretta ed immediata soddisfazione dell’interesse dell’originaria ricorrente, tendente ovviamente a conseguire, grazie alla pronunzia in sede giurisdizionale, l’affidamento dell’appalto e solo in seconda battuta il rifacimento delle operazioni di gara.


Ma, al riguardo, va condiviso il (pur estremamente sintetico) responso negativo formulato dal Tribunale territoriale, nel senso che assume portata dirimente la circostanza che le censure dedotte non sono comunque in grado nel loro complesso, ai sensi della lex specialis, a far ipotizzare un provvedimento espulsivo nei confronti delle ditte occupanti i primi tre posti in graduatoria, vale a dire Gama, Sodexho e Concerta, come invece pretenderebbe l’originaria ricorrente.


Di qui un giudizio che non è di sola infondatezza ma anche di carenza di interesse.


In ogni caso le affermazioni della R.R. Puglia scontano la circostanza che l’appalto di che trattasi vedeva collocarsi i lavori di ristrutturazione ed adeguamento del centro di cottura comunale in posizione obiettivamente collaterale e marginale, con la conseguenza che si appalesa inconferente l’insistente invocazione della normativa sui lavori pubblici, né il capitolato speciale richiedeva, tanto meno a pena di esclusione, il piano di sicurezza e coordinamento previsto dalla suddetta normativa nell’ambito della progettazione esecutiva.


Non trovano inoltre riscontro, o comunque non possono incidere nel senso evidenziato dalla R.R. Puglia (esclusione dalla gara), le asserite violazioni delle prescrizioni capitolari, con riferimento anche alla qualità dei prodotti ed al trattamento delle derrate secondo i criteri di valutazione, limitatamente censurabili, prefissati dalla Commissione tecnica.


Inammissibili risultano poi, non evidenziandosi profili sindacabili di illogicità e manifesta irrazionalità, le censure dedotte sugli aspetti tecnici rimessi, nel merito, alla valutazione tecnico-discrezionale della commissione di gara, come nel caso delle doglianze proposte, in via subordinata, con il sesto motivo dell’atto introduttivo e relative alla concreta attribuzione dei punteggi.


Sotto gli aspetti sopra evidenziati l’appello incidentale della R.R. Puglia non può essere favorevolmente definito.


5. Ma positiva considerazione non meritano nemmeno i mezzi di censura dell’appello principale introdotto dalla Gama, volti a scalfire il pronunziato del TAR abruzzese nella parte in cui ha giudicato fondate le censure dedotte, in via ulteriormente subordinata, dalla R.R. Puglia e con le quali la medesima si era lamentata, nella sostanza, del fatto che i criteri di aggiudicazione della gara erano stati integrati dalla commissione tecnica nella seduta del 3 novembre 2001, dopo cioè che detta commissione aveva già preso conoscenza del contenuto e delle caratteristiche di tutte le offerte presentate.


La lettura del relativo verbale rende lampante come la commissione, in palese violazione degli elementari principi di imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa e segretezza delle offerte, nonché alterando le condizioni indispensabili per garantire il rispetto della par condicio tra i partecipanti, abbia effettivamente proceduto ad una tardiva fissazione di ulteriori criteri di valutazione delle offerte dopo che erano stati aperti i plichi contenenti le singole proposte e dopo che i componenti della commissione ne avevano preso visione.


La mole della documentazione presentata dalle ditte concorrenti, e la sua eterogeneità, non possono in alcun modo assumere valore giustificativo della grave violazione sopra menzionata; violazione che assume rilevanza anche in termini di pregiudizio solo potenziale nei confronti dei generalissimi principi posti a salvaguardia del corretto e trasparente esplicarsi della procedura di gara.


Né gli elementi integrativi di valutazione introdotti dalla commissione di gara nella seduta del 3 novembre 2001, una volta aperte le buste e conosciute le offerte tecniche, possono essere ridotti al rango di mere puntualizzazioni di elementi già contenuti nel capitolato, o ancora a mere “valutazioni di buon senso” che avrebbero svolto ed esaurito la loro funzione nella fase di riordino della documentazione prodotta dalle partecipanti, come tenta di sostenere la difesa dell’appellante.


Nello specifico, considerato che i criteri di valutazione delle caratteristiche qualitative dei prodotti offerti, delle metodologie e delle tecniche relative all’esecuzione del servizio erano stati solo genericamente definiti dalle norme del capitolato (cfr. in particolare l’art. 20, il quale si limitava ad elencare in maniera scarna, in relazione all’elemento qualitativo, i fattori di valutazione del Piano del servizio e della qualità dei prodotti, con i relativi punteggi attribuibili) e che pertanto la commissione tecnica di gara aveva ritenuto, seppur avesse già preso piena cognizione del contenuto delle singole offerte, procedendo finanche “ad una prima valutazione degli elementi pregnanti”, di introdurre in data 3 novembre 2001 più specifici parametri di “valutazione dei diversi elementi dell’offerta”, non può, nell’attuale sede, che pervenirsi alle medesime conclusioni raggiunte dal TAR pescarese circa l’illegittimità della tardiva opera di integrazione, e per certi aspetti addirittura di modifica, dei criteri di valutazione delle offerte medesime.


Dall’attenta lettura dei verbali di gara emerge, quindi, che i giudici di prime cure, essendosi orientati nel senso sopraindicato, non possono di certo essere tacciati di aver “strumentalizzato una mera ingenuità lessicale” del verbalizzante, atteso che al momento dell’introduzione delle nuove specifiche valutative le offerte tecniche erano state già visionate ed oggetto di una primissima valutazione da parte dei commissari.


L’appello principale proposto dalla Gama va dunque rigettato.


6. Quanto, infine, alla richiesta risarcitoria, parzialmente disattesa dal TAR, non si può andare incontro alle ulteriori pretese dell’appellante incidentale R.R. Puglia (la mancata costituzione in questo grado di giudizio dell’Amministrazione comunale impedisce, peraltro, di mettere in discussione quanto già riconosciuto), tenuto conto che il doveroso rifacimento della gara, che consegue, seppur con esito del tutto incerto, all’annullamento in sede giurisdizionale degli atti di gara impugnati, costituisce mezzo di piena soddisfazione, in forma specifica ed anche in termini di perdita di chance, delle istanze dell’originaria reclamante, almeno per quanto concerne la restante parte del contratto di appalto da eseguire; per la parte, invece, già svolta del servizio, non potendosi, tra l’altro, ipotizzare con sufficienti margini di certezza - nei riguardi dell’appellata - un esito vantaggioso della gara pregressa, non può procedersi all’ampliamento di quanto già concesso in prime cure in termini di spese effettivamente, ed inutilmente, sostenute, dovendosi quindi disattendere le pretese relative al lucro cessante, sia in forma specifica che per equivalente.


La ditta appellata non può, infatti, vantare la sostanziale certezza che, se la gara fosse stata condotta legittimamente, l’Amministrazione avrebbe stipulato con la medesima il contratto invece perfezionato con altro concorrente.


E questo pur non potendosi dare rilievo alcuno, ai sensi dell’art. 1227 c.c., ed al contrario di quanto ritenuto dal TAR, alla circostanza che il ricorso di primo grado è stato proposto solo in prossimità della scadenza dei termini di legge.


Anche sotto questo aspetto, dunque, l’appello incidentale va rigettato.


7. In definitiva, entrambi gli appelli, principale ed incidentale, non possono essere accolti.


A fronte della reciproca soccombenza, vi è ancor più ragione per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra le parti costituite.

 

P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo rigetta.
Rigetta, altresì, l’appello incidentale proposto dall’appellata.


Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti costituite.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, l’11 febbraio 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Agostino Elefante Presidente
Aldo Fera Consigliere
Marzio Branca Consigliere
Gerardo Mastrandrea Consigliere est.
Carlo Deodato Consigliere

 


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Gara di appalto di opera pubblica - aggiudicazione di un contratto della Pubblica amministrazione - aggiudicazione provvisoria - il termine per ricorrere - autonoma lesione - l’aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione - la prova dell’effettiva conoscenza - pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione nell’albo pretorio - la notifica o comunicazione individuale. In materia di aggiudicazione di un contratto della Pubblica amministrazione, il termine per ricorrere non può essere fatto decorrere dall’aggiudicazione provvisoria, bensì da quella definitiva, dal momento che da quella provvisoria conseguono soltanto effetti prodromici, restando inteso che in occasione dell’impugnativa dell’aggiudicazione definitiva possono essere fatti valere anche vizi propri di quella provvisoria (Cons. Stato, VI, 16 novembre 2000, n. 6128). Un sedimentato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio, ben presente anche presso la Sezione, ha avvedutamente messo in rilievo come l’aggiudicazione provvisoria della gara di appalto di opera pubblica abbia natura di atto endoprocedimentale, inidoneo a produrre la definitiva lesione dell’interesse della ditta che non è risultata vincitrice (a divenire tale); lesione che si verifica, appunto, soltanto con l’aggiudicazione definitiva (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V, 7 settembre 2001, n. 4677). Tuttalpiù una autonoma lesione vi può essere nel senso che l’aggiudicazione provvisoria inibisce all’impresa non aggiudicataria l’ulteriore partecipazione al procedimento (Cons. Stato, V, 24 marzo 2001, n. 1708). In ogni caso quest’ultima ha non l’onere ma la mera facoltà di impugnare immediatamente l’aggiudicazione provvisoria. L’aggiudicazione definitiva, da parte sua, non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma atto che, anche quando recepisce in toto i risultati dell’aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione rispetto alla stessa, pur facendo parte della medesima sequenza procedimentale. Ne consegue che l’aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione (anche avvalendosi dell’istituto dei motivi aggiunti in corso di causa, proponibili, ai sensi della legge n. 205 del 2000, avverso atti diversi da quello originariamente gravato, soluzione da preferirsi per evidenti ragioni di economia processuale), anche se è già stata impugnata quella provvisoria. Se l’aggiudicazione provvisoria è stata impugnata immediatamente e autonomamente, la parte ha perciò l'onere di impugnare, in un secondo momento, pure l’aggiudicazione definitiva sopravvenuta, la quale non rappresenta conseguenza inevitabile della prima, pena l’improcedibilità del primo ricorso (Cons. Stato, VI, 16 novembre 2000 n. 6128 , 11 febbraio 2002, n. 785 e 22 ottobre 2002, n. 5813; V, 3 aprile 2001, n. 1998 e 21 giugno 2002, n. 3404). La pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione nell’albo pretorio è idonea, in via generale, a determinare la decorrenza del termine per la proposizione del ricorso solo nei riguardi dei soggetti non direttamente contemplati dall’atto, quest’ultimo deve essere comunque notificato o comunicato non soltanto a coloro che in esso sono menzionati, ma anche a chi sia da ritenere, in qualche modo, destinatario del medesimo, come nel caso dei partecipanti alla gara; pertanto, nei confronti di tali soggetti la pubblicazione dell’atto nelle forme di rito non fa decorrere il termine per l’impugnazione, occorrendo a tal fine la notifica o comunicazione individuale, ovvero la prova dell’effettiva conoscenza (cfr. Cons. Stato, V, 11 giugno 2001, n. 3131). Consiglio di Stato Sez. V, - 9 giugno 2003, sentenza n. 3243 

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