Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
Copyright © Ambiente Diritto.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 2002 ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2245/02, proposto da ITALGAS – Società Italiana
per il Gas s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e
difesa dagli avv.ti Luca Nanni ed Andrea Guarino, ed elettivamente domiciliata
presso il secondo in Roma, p.zza Borghese n. 3,
contro
il Comune di San Severino Marche, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e
difeso dagli avv.ti Ranieri Felici e Sergio Del Vecchio, ed elettivamente
domiciliato presso il secondo in Roma, v. dei Prati Fiscali n. 158,
e nei confronti
della A.S.SE.M. – Azienda San Severino Marche s.p.a., in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Claudio Netti e con lui
elettivamente domiciliata in Roma presso il suo studio, v.le Giulio Cesare n.
71,
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche del 25
gennaio 2002, n. 96, resa inter partes, in tema di riscatto anticipato del
servizio di distribuzione del gas nel territorio comunale.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune intimato e della A.S.SE.M.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto il dispositivo della decisione in epigrafe, n. 77, pubblicato il 25
febbraio 2003;
Relatore alla pubblica udienza del 25 febbraio 2003 il Consigliere Gerardo
Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti A. Guarino, Nanni, Del Vecchio e
Netti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con tre separati ricorsi presentati al TAR delle Marche, l’Italgas, odierna
appellante, concessionaria del servizio pubblico di distribuzione del gas metano
nel Comune di San Severino Marche fino al 6 marzo 2010, impugnava,
rispettivamente, la deliberazione consiliare comunale n. 42 del 14 maggio 1999,
avente ad oggetto il preavviso di riscatto anticipato del servizio di impianto e
di distribuzione del gas metano nel territorio comunale, e la deliberazione
consiliare n. 9 del 2 marzo 2000, avente ad oggetto il riscatto della gestione
del servizio gas, unitamente ad ogni atto presupposto e conseguente, deducendone
l’illegittimità per eccesso di potere e violazione di legge sotto molteplici
profili, integrati anche con motivi aggiunti (con richiesta di condanna del
Comune intimato a corrispondere alla società reclamante tutti gli importi dovuti
per effetto del riscatto, nonché al risarcimento dei danni subiti per effetto
della mancata osservanza del diritto di prelazione).
2. Il TAR marchigiano, dopo aver respinto le istanze cautelari proposte con il
secondo ed il terzo ricorso, considerato anche l’avvenuto subentro dell’Azienda
comunale nella gestione del servizio, con la sentenza impugnata di cui in
epigrafe respingeva i riuniti ricorsi, disattendendo le articolate censure
proposte.
3. L’Italgas ha interposto l’appello in trattazione avverso la prefata
pronunzia, contestata funditus nel merito, con la riproposizione anche delle
originarie doglianze disattese, salva la questione della determinazione
dell’indennità di riscatto, rimessa alla cognizione arbitrale.
4. L’Amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio per resistere
all’appello, ed ha puntualmente controdedotto.
Si è costituita in giudizio anche l’Azienda San Severino Marche s.p.a., che,
analogamente, ha concluso per le reiezione del ricorso in appello in
trattazione.
Le parti hanno depositato memoria.
Alla pubblica udienza del 25 febbraio 2003 il ricorso in appello è stato
introitato per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello non può essere favorevolmente definito, prendendo spunto anche da
recenti dicta della Sezione aventi ad oggetto la medesima tematica, ovvero i
margini di sopravvivenza dell’istituto del riscatto anticipato da parte dei
Comuni, ai sensi dell’art. 24 del r.d. 2578/25, del servizio di distribuzione
del gas affidato in concessione a società private del settore, alla luce della
sopravvenuta normativa nazionale (d.lg. 23 maggio 2000, n. 164, c.d. decreto
Letta) di recepimento della direttiva comunitaria n. 98/30/CE, recante norme
comuni per il mercato interno del gas.
2. Procedendo per gradi, nel rispetto dell’ordine delle lagnanze prospettato
dalla società reclamante con il gravame in appello, occorre prendere le mosse
dalla riproposizione del motivo della violazione dell’art. 14 della legge n. 359
del 1992, in relazione all’asserita impossibilità di esercitare il potere
comunale di riscatto, di cui al citato art. 24 del t.u. n. 2578 del 1925, a
fronte della proroga legislativa, per venti anni, delle concessioni di pubblici
servizi in atto.
Il TAR, nel ribadire quanto già affermato con una precedente pronunzia (n.
247/99), ha disatteso il motivo di ricorso in questione, sostenendo
l’inapplicabilità alla concessione in favore di Italgas della norma sopra
richiamata, e chiamando in causa, a definitivo chiarimento, la sopravvenienza,
in corso di giudizio, dell’art. 10 della legge 5 marzo 2001, n. 57, che a titolo
di interpretazione autentica (e non di innovazione, come pretenderebbe
l’appellante), e quindi con efficacia retroattiva, ha affermato che la
disposizione di cui si discute si applica alle sole concessioni la cui
titolarità sia stata conseguita per effetto della trasformazione di precedenti
riserve o dei diritti di esclusiva di cui all’art. 14, comma 1, e alle
concessioni di cui erano titolari, alla data di entrata in vigore della norma, i
soggetti indicati al medesimo comma 1, con esclusione espressa di quelle
relative ai servizi pubblici locali.
Le osservazioni del primo giudice sono condivisibili, tanto più considerando che
la Sezione ha, da parte sua, già evidenziato come sia da ritenersi tutt’altro
che pacifica l’applicabilità a casi come quelli di specie (servizi pubblici
locali affidati in concessione a privati) della menzionata disposizione (in
ordine alla quale, peraltro, in più occasioni sono stati rilevati i delicati
profili di compatibilità con le norme ed i principi del diritto comunitario),
che ha disposto, in un momento di evidente emergenza economico-finanziaria, la
proroga ventennale di tutte le concessioni di servizi pubblici in corso con
società a partecipazione statale, al fine di salvaguardare e possibilmente
incrementare i proventi derivanti dalla privatizzazione di queste ultime (Cons.
Stato, V, 15 febbraio 2002, n. 902).
Nel panorama giurisprudenziale, soprattutto di primo grado, non sono, del resto,
rimaste isolate affermazioni nel senso che il menzionato art. 14, emanato al
fine di preservare la consistenza patrimoniale delle società per azioni
costituite nell’ambito della c.d. privatizzazione, si riferisca esclusivamente
alle attività che una norma di legge o un atto amministrativo applicativo della
stessa affidino in regime di privativa alla cura dell’Amministrazione dello
Stato; con l’effetto che la prorogata assegnazione in concessione ventennale di
tali attività, prevista dalla detta norma, non può trovare applicazione in
relazione ai servizi pubblici locali (T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 4 ottobre 2000
n. 795, in TAR 2000, I, 5228).
In tal senso, prendendo spunto proprio dalla considerazione che la proroga
autoritativa ventennale delle concessioni in essere è applicabile ai soli
rapporti promananti direttamente dalla legge ovvero da atti amministrativi
emanati dall’Amministrazione statale e, a loro volta, presupposti da una norma
di legge che riserva all’Amministrazione stessa la relativa attività economica,
si è esclusa l’applicabilità dell’art. 14 al rapporto concessorio esistente tra
un Consorzio comunale per la gestione di un acquedotto e la società a
partecipazione pubblica concessionaria del relativo servizio idrico (T.A.R.
Piemonte 22 gennaio 2000 n. 59; cfr. anche T.A.R. Veneto 31 maggio 1995 n. 881;
T.A.R. Marche 28 maggio 1998, n. 734).
Le argomentazioni rese in tema dal primo Collegio non possono dunque, a maggior
ragione, essere sovvertite.
3. Con il secondo mezzo di censura, che prende spunto da un motivo aggiunto
dedotto in prime cure, viene affrontata la questione cruciale della vertenza.
In questo caso la società reclamante, sempre nell’ottica della propalata tesi
della non riscattabilità del servizio, prende le mosse dal dato dell’entrata in
vigore della nuova disciplina del settore introdotta, recependo la normativa
comunitaria, dal c.d. decreto Letta (d.lg. 23 maggio 2000, n. 164), la quale
sarebbe intervenuta dopo l’adozione delle delibere impugnate, comportanti
l’esercizio del diritto di riscatto, ma comunque prima del momento stabilito
dalle delibere stesse per l’effettivo subentro dell’azienda comunale di San
Severino Marche nella gestione del servizio di distribuzione del gas nel
territorio comunale.
In tal modo si sarebbe configurata un’illegittimità sopravvenuta dei deliberati
comunali.
Ad essere invocate sono, in particolare, le non scorrevoli disposizioni dettate,
per regolamentare il periodo transitorio, dall’art. 15 del citato d.lg. 164/00.
Il suddetto regime transitorio, terminato il quale l’ente locale dovrà
inevitabilmente procedere all’affidamento del servizio secondo le modalità
previste dall’articolo 14, e quindi a mezzo di gara aperta ai soggetti ivi
indicati, stabilisce le scansioni temporali circa la cessazione dei rapporti in
atto.
Tutte le gestioni dirette degli Enti locali devono essere “adeguate” entro il 1°
gennaio 2003, e quindi vanno sostituite tramite affidamento a seguito di gara
ovvero trasformazione in società miste.
Gli affidamenti e le concessioni in essere (alla data di entrata in vigore del
decreto) nei confronti dell’industria privata (nonché quelli alle società
derivate dalla trasformazione delle attuali gestioni dirette) proseguono,
d’altra parte, fino alla data stabilita nelle singole convenzioni, sempre che
questa venga a cadere entro il 31 dicembre 2005, termine ultimo del periodo
transitorio, limitatamente prorogabile alla stregua delle stringenti condizioni
fissate dal comma 7 della disposizione in esame, in tema di bacini d’utenza
serviti ed effettiva partecipazione del capitale privato.
Gli affidamenti e le concessioni in atto alla data di entrata in vigore del
decreto legislativo vengono, invece, mantenuti per la durata in essi stabilita,
ma comunque non oltre il 31 dicembre 2012 (essendosi opportunamente fatto
riferimento al termine massimo dodecennale previsto, a regime, per gli
affidamenti mediante gara, a norma dell’art. 14, comma 1), solo ove siano stati
attribuiti mediante gara.
Tanto premesso, si può prendere nota del fatto che il TAR di Ancona ha disatteso
la doglianza de qua osservando che la predetta disposizione transitoria non
escluderebbe la possibilità dell’esercizio del diritto di riscatto. Indurrebbero
a tale conclusione, tra l’altro, sia l’assenza nella legge delega (art. 41 legge
17 maggio 1999, n. 144) di principi e criteri direttivi per dar corso
all’abrogazione dell’istituto del riscatto anticipato, sia la circostanza che
quest’ultimo, oggetto nella specie di espressa pattuizione, sarebbe in realtà
consono con l’esigenza di attivare, anche anticipatamente, il mercato interno
comunitario nel settore della distribuzione del gas naturale.
A ciò deve aggiungersi che la norma invocata da Italgas non era entrata ancora
in vigore all’epoca in cui il Comune ha deliberato il riscatto e quindi nel
momento in cui ha esercitato il relativo diritto.
4. Sotto il primo profilo la società reclamante può, in effetti, agevolmente
richiamare i precedenti dicta della Sezione, pienamente conferenti, dovendosi
inoltre rilevare, fin da subito, come la mancata esplicita previsione abrogativa
del riscatto comunale anticipato in legge delega costituisce elemento che può
essere superato già solo osservando che il d.lg. 164/00 nasce in ossequio al
mandato parlamentare di ridefinire intieramente il sistema normativo di
riferimento del settore (alla stregua ovviamente della normativa comunitaria da
recepire).
Il riscatto anticipato risulta, del resto, chiaramente un istituto tipico del
vecchio regime, consustanziale, dunque, alla previgente possibilità di optare
per una gestione diretta del servizio da parte dell’Ente locale, e che, seppur
non esplicitamente abrogato (atteso anche che il regio decreto n. 2578/24
riguardava tutti i pubblici servizi assunti dai Comuni e non solo la
distribuzione del gas), non sembra trovare più cittadinanza nel nuovo assetto
normativo, non risultando tra l’altro compatibile con un rapporto di durata
limitata e definito esplicitamente come “contrattuale” (Cons. Stato, V, 15
febbraio 2002, n. 902, cit., e 25 giugno 2002 n. 3455; cfr. anche le ordinanze
cautelari 17 dicembre 2002, nn. 5491, 5492 e 5493).
Il potere in argomento andava ad incardinarsi, infatti, in un quadro legislativo
che assumeva come postulato la titolarità del servizio in capo
all’Amministrazione, la quale lo gestiva direttamente ovvero l’affidava in
concessione per periodi lunghissimi all’industria privata.
La titolarità del servizio, spettante in ogni caso al Comune, giustificava il
fatto che, decorso un periodo minimo di tempo (un terzo della concessione o
almeno dieci anni), il Comune medesimo disponesse della facoltà di riassumere
anche la gestione del servizio, corrispondendo al concessionario un’equa
indennità.
Che l’istituto del riscatto anticipato, previsto dall’art. 24 del t.u.
2578/1924, fosse finalizzato esclusivamente all’esercizio diretto dei pubblici
servizi è testimoniato inequivocabilmente dall’espresso rinvio alle facoltà
previste dall’art. 1 del menzionato t.u., ovvero assunzione dell’impianto e
gestione diretta del pubblico servizio.
Orbene, in base alla riforma ed in particolare all’art. 14 del d.lg. 164/00, la
gestione del servizio viene ad essere ora sempre esternalizzata, per cui appare
particolarmente problematico continuare ad ipotizzare un’anticipata cessazione
del rapporto, per considerazioni d’ordine economico, soprattutto ove questa
avvenga in vista di una conduzione diretta (secondo le varie modalità) da parte
dell’ente locale (ben diverso sarebbe il caso di riscatto anticipato
all’esclusivo fine di celebrare una gara). La gestione diretta, a regime, non è
più ammessa, dovendo l’Ente locale limitarsi all’attività di indirizzo,
vigilanza, programmazione e controllo. Senza contare che la regolamentazione del
rapporto per il tramite di un contratto di servizio riconduce alle normali
ipotesi di recesso (ben differenti per natura e ratio dalla vecchia facoltà di
riscatto anticipato), in particolare per inadempimento del gestore del servizio,
le possibilità di farne venir meno anticipatamente la stabilità del rapporto da
parte dell’ente aggiudicatore (cfr. art. 14, comma 3, d. lg. 164/00, cit.).
Il quadro non cambia di molto, almeno circa gli esiti di compatibilità,
indirizzando l’analisi alla disciplina transitoria, di cui all’art. 15 del
decreto 164/00.
La nuova regolamentazione comporta la riduzione, a volte in maniera sensibile,
della durata delle concessioni in corso (di durata anche quarantennale), ma nel
contempo sembra voler garantire un tempo ragionevole di permanenza, in via
transitoria, dei regimi concessori in atto.
Nello stesso tempo viene, altresì, ridimensionata anche l’indennità cui i
gestori avrebbero avuto altrimenti diritto in caso di cessazione anticipata,
restando peraltro sempre esclusa la valutazione del mancato profitto derivante
dalla conclusione anticipata del rapporto di gestione.
Nell’assetto così delineato, considerando anche che ai Comuni non mancano gli
ordinari strumenti per incidere, in caso di inadempienze, sui rapporti di
affidamento del servizio in corso, non sembra più trovare spazio l’istituto
tradizionale del riscatto anticipato, finalizzato a quella gestione diretta da
parte dell’Ente locale (di un servizio riservato) definitivamente eliminata nel
settore della distribuzione del gas naturale.
Né può, dunque, adombrarsi che la facoltà di riscatto permanga come possibile
esito generalizzato della rivalutazione - nel pubblico interesse al
raggiungimento di un migliore risultato economico – dei rapporti convenzionali
in atto, relativamente ai quali la volontà manifestata dalle parti di consentire
il riscatto era strettamente condizionata al permanere dell’originaria lunga
durata della concessione e comunque ancorata ad un regime normativo di
riferimento (t.u. 2578/1925) oggi inesorabilmente venuto meno.
5. Pur fondato, quindi, sotto gli accennati profili, il gravame della società
ricorrente sconta, tuttavia, l’impossibilità di scalfire la seconda fondamentale
base argomentativa che sorregge la decisione di rigetto impugnata, ovvero la
perdurante vigenza del vecchio regime (e quindi della possibilità di esercitare
il riscatto anticipato) giusta l’entrata in vigore del nuovo regime normativo,
di cui al c.d. decreto Letta, successivamente all’esercizio del diritto di
riscatto avvenuto con le delibere contestate.
Osserva il Collegio che, seppur alla data di entrata in vigore del d.lg. 164/00
(22 giugno 2000) non era ancora intervenuto l’effettivo subentro dell’A.S.SE.M.
nella posizione dell’Italgas (già concessionaria), con relativa presa in
consegna degli impianti senza interruzione del servizio in corso, il diritto
potestativo di riscatto nondimeno era stato, con certezza, già tempestivamente
esercitato nella sua interezza, cosicché, visto il principio di irretroattività
della legge, non poteva subire gli effetti sopra descritti.
E’ sufficiente, in tema, rammentare che la figura generale del diritto
potestativo, secondo il pensiero della dottrina civilistica più accreditata,
comporta una modificazione della realtà solo ideale, giuridica, non materiale,
con la conseguenza che non è necessaria un’attiva collaborazione del soggetto
passivo - che si trova in posizione di soggezione (ovvero di assoluta
irrilevanza in senso tecnico) anche se è pur sempre individuato (il diritto
potestativo è comunque un diritto relativo e non già un diritto assoluto) - ma
basta l’esercizio del diritto da parte del titolare e cioè la sola
manifestazione di volontà diretta a produrre la modificazione stessa. A quel
punto, infatti, l’effetto giuridico modificativo comunque si verifica.
L’aspetto si rivela dirimente, e non servono a convincere il Collegio del
contrario le pur sottili e raffinate disquisizioni, spiegate in sede di memoria
conclusiva dalla difesa della parte appellante, circa la necessità di dare
prevalenza, in tema, alla “realizzazione del contenuto della volontà” e non al
mero momento di formazione (e manifestazione) della volontà medesima.
Nel caso di specie la volontà si era formata, manifestata e realizzata, salvo il
mero spostamento temporale degli effetti concreti al 6 luglio 2000, cosicché non
è subentrato, causa la novella legislativa e la (peraltro condivisibile)
interpretazione che parte reclamante ne ha fornito, uno status di impossibilità
giuridica realizzativa del contenuto della volontà espressa, almeno ai fini che
qui interessano.
Non giova, poi, alla reclamante richiamare la più volte menzionata sentenza (n.
902/02, cit.) con cui la Sezione, a fronte peraltro dell’esercizio ancor più
risalente nel tempo di un riscatto anticipato, si è espressa per l’improcedibilità
dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, alla stregua della
sopraggiunta normativa di derivazione comunitaria, atteso che, nel caso
invocato, la declaratoria in punto di rito derivava dalla circostanza, non
verificatasi nell’odierna vertenza, che l’Amministrazione comunale, che pure
aveva optato per il riscatto anticipato quando ancora era teoricamente
possibile, non si era messa nelle condizioni (sussistenza di un’azienda speciale
all’atto di entrata in vigore del d.lg. 164/00) per poter fruire del periodo
transitorio, fino al 1° gennaio 2003, concesso per la trasformazione
(dell’azienda speciale) in società mista.
6. Il motivo di censura basilare dell’impianto argomentativo dell’Italgas non
merita dunque adesione, senza che si debba conseguentemente dare soverchio
rilievo all’eccezione di giudicato su cui il Comune insiste con forza,
relativamente all’esistenza inter partes di una pronunzia inoppugnata del
medesimo giudice territoriale (TAR Marche 12 marzo 1999, n. 247), presa
effettivamente in considerazione nella sentenza impugnata, e con cui sarebbe
stata già affrontata (e risolta positivamente) la tematica della riscattabilità
anticipata del servizio de quo da parte dell’Amministrazione territoriale
(l’interpretazione del suddetto giudicato è peraltro recisamente contestata
dall’appellante).
7. Quanto ai due rimanenti mezzi proposti in appello, il Collegio non è chiamato
ad una disamina particolarmente approfondita, atteso che, da una parte, nei
limiti della sindacabilità della scelta organizzativa di procedere al riscatto
anticipato, l’Amministrazione ha dato comunque conto dell’ulteriore proposta
dell’Italgas, formulata nel maggio 1999 e giudicata non conveniente né
adeguatamente remunerativa, e, dall’altra parte, non si può individuare una
violazione del diritto di prelazione e ritenzione spettante alla stessa Italgas
a fronte di un riscatto avvenuto per la gestione diretta comunale, anche se per
il tramite dell’utilizzazione del modulo organizzativo dell’ente strumentale,
ovvero l’azienda speciale.
8. Alla stregua delle considerazioni che precedono, risultando in definitiva
legittimo l’esercizio, da parte del Comune resistente, del potere di riscatto
anticipato alla luce della normativa al tempo vigente, l’appello non può
sfuggire alla reiezione.
Le spese del presente grado di giudizio possono, nondimeno, essere integralmente
compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo respinge.
Spese del grado di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2003, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l'intervento dei
seguenti Magistrati:
Agostino Elefante Presidente
Raffaele Carboni Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Aniello Cerreto Consigliere
Gerardo Mastrandrea Consigliere est.
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
F.to Gerardo Mastrandrea F.to
Agostino Elefante
F.to Luciana Franchini
F.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
L’11/06/2003
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
1) La facoltà di riscatto anticipato - nuovo assetto normativo - anticipata cessazione del rapporto per considerazioni d’ordine economico - contratto di servizio - normali ipotesi di recesso - inadempimento del gestore del servizio. Il riscatto anticipato risulta, del resto, chiaramente un istituto tipico del vecchio regime, consustanziale, dunque, alla previgente possibilità di optare per una gestione diretta del servizio da parte dell’Ente locale, e che, seppur non esplicitamente abrogato (atteso anche che il regio decreto n. 2578/24 riguardava tutti i pubblici servizi assunti dai Comuni e non solo la distribuzione del gas), non sembra trovare più cittadinanza nel nuovo assetto normativo, non risultando tra l’altro compatibile con un rapporto di durata limitata e definito esplicitamente come “contrattuale” (Cons. Stato, V, 15 febbraio 2002, n. 902, cit., e 25 giugno 2002 n. 3455; cfr. anche le ordinanze cautelari 17 dicembre 2002, nn. 5491, 5492 e 5493). Orbene, in base alla riforma ed in particolare all’art. 14 del d.lg. 164/00, la gestione del servizio viene ad essere ora sempre esternalizzata, per cui appare particolarmente problematico continuare ad ipotizzare un’anticipata cessazione del rapporto, per considerazioni d’ordine economico, soprattutto ove questa avvenga in vista di una conduzione diretta (secondo le varie modalità) da parte dell’ente locale (ben diverso sarebbe il caso di riscatto anticipato all’esclusivo fine di celebrare una gara). La gestione diretta, a regime, non è più ammessa, dovendo l’Ente locale limitarsi all’attività di indirizzo, vigilanza, programmazione e controllo. Senza contare che la regolamentazione del rapporto per il tramite di un contratto di servizio riconduce alle normali ipotesi di recesso (ben differenti per natura e ratio dalla vecchia facoltà di riscatto anticipato), in particolare per inadempimento del gestore del servizio, le possibilità di farne venir meno anticipatamente la stabilità del rapporto da parte dell’ente aggiudicatore (cfr. art. 14, comma 3, d. lg. 164/00, cit.). Né può, dunque, adombrarsi che la facoltà di riscatto permanga come possibile esito generalizzato della rivalutazione - nel pubblico interesse al raggiungimento di un migliore risultato economico – dei rapporti convenzionali in atto, relativamente ai quali la volontà manifestata dalle parti di consentire il riscatto era strettamente condizionata al permanere dell’originaria lunga durata della concessione e comunque ancorata ad un regime normativo di riferimento (t.u. 2578/1925) oggi inesorabilmente venuto meno. Consiglio di Stato, Sezione V - 11 giugno 2003 - sentenza n. 3296
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza