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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

Consiglio Stato, Sezione V, del 10 gennaio 2003, sentenza n. 33.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso n. 9536 del 1999, proposto da Generali Costruzioni s.p.a. GE.COS, rappresentata e difesa dall’avv. Bendetto Graziosi, elettivamente domiciliata presso Gian Marco Grez in Roma, Lungotevere Flaminio 46;

contro

il Comune di Rimini, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’ avv. Giancarlo Mengoli e dall’avv. Fontemaggi Maria Assunta ed elettivamente domiciliato in Roma, presso l’avv. Giuliano Berruti, in via Bocca di Leone n. 78;

per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Bologna, 14 settembre 1999 n. 395, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rimini;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza dell’11 giugno 2002 il consigliere Marzio Branca, e uditi gli avv.ti Graziosi, Mengoli e Fontemaggi.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dalla s.p.a. Generale Costruzioni – Ge.Cos. – per l’accertamento della illegittimità della clausola contenuta dagli artt. 4 e 15 della convenzione stipulata il 3 febbraio 1997 dalla medesima Ge.Cos. con il Comune di Rimini, in attuazione di un piano di lottizzazione.

La detta clausola ha stabilito, in conformità alla previsione del P.R.G, che il proprietario lottizzante ceda al Comune locali per servizi pubblici pari alla superficie utile di almeno 1000 mq., in aggiunta agli oneri previsti dall’art. 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e dall’art. 22 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47.

Il TAR ha disatteso la tesi della ricorrente, secondo cui tale previsione si risolverebbe nella imposizione di una prestazione priva di supporto nella fonte legislativa, che è stata inserita nella convenzione in esecuzione di una norma di P.R.G. a sua volta illegittima, ed ha ritenuto che la prestazione costituiva il frutto di una libera pattuizione tra le parti, non affetta da illegittimità in quanto le prestazioni di cui all’art. 28 della legge urbanistica potevano essere integrate da altre forme di partecipazione del lottizzante alla urbanizzazione dell’area.

La Società ha proposto appello avverso la sentenza, sostenendone l’erroneità per le ragioni sostanzialmente già avanzate in prime cure, e chiedendone la riforma.

Il Comune si è costituito in giudizio per resistere al gravame.

Alla pubblica udienza dell’11 giugno 2002 la causa veniva trattenuta per la decisione.

DIRITTO

L’appellante sostiene la nullità della clausola, contenuta nella convenzione di lottizzazione, che ha previsto la cessione gratuita al Comune di una porzione di fabbricato pari a 1000 mq., destinata genericamente a servizi pubblici, in aggiunta agli oneri di urbanizzazione di cui all’art. 28 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 ed all’art. 22 della legge regionale Emilia Romagna 7 dicembre 1978 n. 47.

A sostegno della censura si deduce che la cessione in questione non poteva farsi risalire alla volontà contrattuale liberamente espressa dalle parti, rappresentando, invece, una prestazione imposta dal Comune, in attuazione ad una puntuale previsione del P.R.G.; che, comunque, doveva considerarsi contra legem il conseguimento da parte del Comune, mediante lo strumento urbanistico generale o la convezione di lottizzazione, di una prestazione, pur genericamente destinata a servizi pubblici, ma ulteriore rispetto a quelle espressamente previste dalle norme citate.

I primi giudici, in considerazione dell’incidenza della fattispecie in materia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 16 della legge n. 10 del 1977, hanno ritenuto irrilevante la imputabilità della clausola alla norma di p.r.g., ovvero alla specifica previsione della convenzione, ed hanno valutato come prioritario ed assorbente il problema della contestata liceità della pretesa comunale di ottenere da parte del lottizzante la cessione di una porzione di immobile, in aggiunta all’assolvimento degli oneri previsti dalla normativa urbanistica.

Sul punto la sentenza appellata è giunta alla conclusione che la pretesa in questione fosse compatibile con il quadro normativo di riferimento, sia in ragione della finalità perseguita, che risulta omogenea a quella degli oneri di urbanizzazione espressamente previsti dalla legge, sia in ragione della indeterminatezza quantitativa dei medesimi, la cui misura “è determinata in proporzione alla entità ed alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni” (art. 28).

Le argomentazioni svolte in sede di appello non riescono a superare la correttezza della decisione.

E’ il caso della contestazione circa l’esercizio, nella specie, di una libera negoziazione, assumendosi che la Società si è trovata costretta ad accettare una clausola imposta per effetto della prescrizione di p.r.g..

E’ innegabile che la convenzione di lottizzazione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale, rappresenti un istituto di complessa ricostruzione, e tuttavia la giurisprudenza è concorde nel ritenere che esso rappresenti l’incontro di volontà delle parti contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale retta dal codice civile.

Tale assunto conserva validità anche nelle ipotesi, come quella qui in esame, nella quale alcuni contenuti dell’accordo vengono proposti dall’Amministrazione in termini non modificabili dal privato. La circostanza non esclude che la parte che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto, abbia inteso aderirvi e ne resti vincolata, salvo il ricorso agli strumenti di tutela in caso di invalidità del contratto.

Il diverso argomento con il quale si sostiene che la cessione convenuta, in quanto aggiuntiva rispetto agli oneri di urbanizzazione, riferiti ad opere e servizi menzionati dalla normativa, sia non consentita, con conseguente nullità della clausola, urta contro i due dati oggettivi posti in evidenza dalla sentenza appellata.

Il primo, la indeterminatezza quantitativa degli oneri di urbanizzazione a mente dell’art. 28 legge urbanistica, che lascia un indubbio margine al Comune di commisurarne in concreto l’entità, secondo le peculiarità della lottizzazione.

Il secondo, la finalizzazione alle esigenze di urbanizzazione dell’area, che caratterizza le prestazioni esplicitamente previste dall’art. 28, si riscontra anche nella prestazione aggiuntiva contemplata dalla convenzione, la quale pertanto, è sorretta dalla medesima causa meritevole di tutela secondo la previsione della legge.

Consegue da quanto innanzi che il ricorso in appello deve essere respinto.

La spese possono essere compensate.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l’appello in epigrafe e dispone la compensazione delle spese;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11/6/2002 2002 con l'intervento dei magistrati:

Alfonso Quaranta Presidente

Giuseppe Farina Consigliere

Goffredo Zaccardi Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere

Marzio Branca Est. Consigliere

 

 

L'ESTENSORE                                  IL PRESIDENTE                                         IL SEGRETARIO

F.to Marzio Branca                            F.to Alfonso Quaranta                                  F.to Francesco Cutrupi

 

 

 


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) La convenzione di lottizzazione - ricorso agli strumenti di tutela in caso di invalidità del contratto - oneri di urbanizzazione - nullità della clausola - discrezionalità del Comune e la previsione della legge. E’ innegabile che la convenzione di lottizzazione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale, rappresenti un istituto di complessa ricostruzione, e tuttavia la giurisprudenza è concorde nel ritenere che esso rappresenti l’incontro di volontà delle parti contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale retta dal codice civile. Tale assunto conserva validità anche nelle ipotesi, come quella qui in esame, nella quale alcuni contenuti dell’accordo vengono proposti dall’Amministrazione in termini non modificabili dal privato. La circostanza non esclude che la parte che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto, abbia inteso aderirvi e ne resti vincolata, salvo il ricorso agli strumenti di tutela in caso di invalidità del contratto. Il diverso argomento con il quale si sostiene che la cessione convenuta, in quanto aggiuntiva rispetto agli oneri di urbanizzazione, riferiti ad opere e servizi menzionati dalla normativa, sia non consentita, con conseguente nullità della clausola, urta contro i due dati oggettivi posti in evidenza dalla sentenza appellata. Il primo, la indeterminatezza quantitativa degli oneri di urbanizzazione a mente dell’art. 28 legge urbanistica, che lascia un indubbio margine al Comune di commisurarne in concreto l’entità, secondo le peculiarità della lottizzazione. Il secondo, la finalizzazione alle esigenze di urbanizzazione dell’area, che caratterizza le prestazioni esplicitamente previste dall’art. 28, si riscontra anche nella prestazione aggiuntiva contemplata dalla convenzione, la quale pertanto, è sorretta dalla medesima causa meritevole di tutela secondo la previsione della legge. Consiglio di Stato Sezione V del 10 gennaio 2003 sentenza n. 33

 

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