Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2002 ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto dal comune di SAN CESARIO DI LECCE, in
persona del sindaco Cesare Serra, difeso dall’avvocato Ernesto Sticchi Damiani e
domiciliato in Roma, via Laura Mantegazza 24, presso il cavaliere Luigi Gardin;
contro
il signor Giovanni Antonio TERRAGNO, nato a San Cesario di Lecce il 28 agosto
1957 ed ivi residente, costituitosi in giudizio con l’avvocato Angelo
Vantaggiato e domiciliato in Roma, via Giuseppe Pisanelli 2;
per l’annullamento
della sentenza 8 maggio 2002 n. 1708, notificata il 30 maggio 2002, con la quale
il tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce,
ha annullato l’ordinanza 15 marzo 2000 n. 13 del sindaco di San Cesario di
Lecce, contenente divieto di eseguire l’istallazione di una sbarra d’acciaio su
una strada, preannunciata con denuncia d’inizio d’attività presentata il 3 marzo
2000 e registrata al protocollo comunale con il numero 2142.
Visto il ricorso in appello, notificato il 19 e depositato il 27 luglio 2002;
visto il controricorso del signor Terragno, depositato l’8 agosto 2002;
vista la propria ordinanza 29 ottobre 2002 n. 4769, con la quale è stata sospesa
l’esecutività della sentenza impugnata;
visti gli atti tutti della causa;
relatore, all’udienza del 29 aprile 2003, il consigliere Raffaele Carboni, e
uditi altresì gli avvocati Sticchi Damiani e Vantaggiato;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Il signor Terragno è proprietario in San Cesario di Lecce di una casa per
abitazioni, prospiciente per un lato la via Campania e per il lato opposto
un’area pure destinata a strada. Con la denuncia d’attività sopra indicata,
corredata di progetto, ha dichiarato di volere istallare, sull’anzidetta area
retrostante alla casa, individuata in catasto al foglio 7 con la particella 430,
una sbarra d’acciaio incernierata su un elemento di muratura prefabbricato, per
impedire l’accesso agli estranei. Il sindaco con il provvedimento sopra indicato
ha vietato l’esecuzione dell’opera, con la motivazione che essa ricadeva su
strada pubblica.
Il signor Terragno con ricorso al tribunale amministrativo regionale per la
Puglia notificato il 15 maggio 2000 ha impugnato il provvedimento deducendone
l’illegittimità per due motivi: con il primo motivo ha lamentato il difetto di
motivazione, perché nel provvedimento si sarebbe dovuto dimostrare l’assunto che
la strada era pubblica anziché privata; con il secondo motivo ha lamentato il
travisamento dei fatti, sostenendo che l’area, sulla quale egli aveva a proprie
spese collocato i tronchi di conduttura per l’acqua e per il gas per collegarsi
alle reti degli enti erogatori, era di sua proprietà, come risultava dalle
planimetrie catastali. Il ricorrente ha altresì chiesto il risarcimento dei
danni per l’illegittimo diniego.
Il comune si è costituito in giudizio sostenendo che l’area in questione
apparteneva al demanio comunale, per le ragioni seguenti. 1) Il dottor Guido
Terragno, dante causa del ricorrente, l’aveva ceduta al comune dichiarando,
nella nota del 6 novembre 1966 con cui aveva presentato un piano di
lottizzazione dell’area costituita da parte della tenuta San Nicola, «di cedere
al comune il suolo per detta strada, senza alcun compenso», e il Consiglio
comunale con deliberazione 28 gennaio 1967 n. 10 aveva accettato la cessione
contro il prezzo di lire 90.000; 2) il 9 luglio 1969 era stato redatto un tipo
di frazionamento con intestazione al comune delle strade della lottizzazione; 3)
il comune aveva poi dotato la strada di illuminazione pubblica e con
deliberazione del Consiglio comunale 21 ottobre 1981 n. 173 le aveva attribuito
la denominazione di via Antonio Agrifani.
Il tribunale amministrativo regionale, dopo aver espletato istruttoria, con la
sentenza indicata in epigrafe ha accolto il ricorso rilevando che l’area non era
divenuta di proprietà del comune, perché il procedimento di lottizzazione non si
era concluso, non essendo stata sottoscritta dal dottor Terragno la convenzione
di lottizzazione - il cui schema era stato approvato con provvedimento del
commissario straordinario 12 dicembre 1969 n. 251 - e non essendo stato emanato
dal comune il provvedimento finale di autorizzazione alla lottizzazione. Il
tribunale amministrativo ha altresì negato rilievo al fatto che la strada fosse
stata inclusa nella toponomastica del comune, e ha osservato che, nella specie,
non opera la presunzione d’appartenenza al demanio comunale sancita, per le
strade site all’interno dei centro abitati e immediatamente comunicanti con la
via pubblica, dall’articolo 22, terzo comma, della legge 20 marzo 1865 n. 2248,
allegato F, sui lavori pubblici. Ha poi respinto la domanda di risarcimento,
sfornita di prova del danno.
Appella il comune, censurando la sentenza. Fa presente in primo luogo che la
strada è, in ogni caso, assoggettata ad uso pubblico, essendovi stata destinata
dallo stesso proprietario, dottor Guido Terragno; in secondo luogo che la strada
è stata effettivamente acquisita al patrimonio comunale in virtù degli atti e
fatti già indicati nel giudizio di primo grado, indipendentemente dal fatto che
il procedimento lottizzatorio non abbia trovato una formale conclusione.
DIRITTO
Come si è detto sopra, risulta dagli atti che il dottor Guido Terragno, dante
causa dell’odierno resistente, aveva ceduto la strada per cui è causa, e che il
comune aveva espressamente accettato la cessione, sicché è provato che la strada
fu acquisita al demanio comunale, e il fatto che la procedura di lottizzazione
non si sia conclusa con un espresso atto di autorizzazione non ha nulla a vedere
con la validità della cessione. Inoltre ha ragione il comune a rilevare che,
anche indipendentemente dall’efficacia del negozio di cessione, si era
verificato un uso pubblico della strada, per comportamento esplicito e spontaneo
del proprietario. Si ha uso pubblico, che comporta l’assoggettamento della
strada alla disciplina delle strade comunali anche se esse siano “vicinali”
ossia fuori dal centro abitato (decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285,
contenente il codice della strada, articoli 2, comma 7, e 3, comma 1,
definizione n. 52) quando un’area privata venga dal proprietario destinata ad
essere inserita nella rete viaria pubblica, o mediante atto negoziale oppure, in
modo simile a quanto è previsto dall’articolo 1062 del codice civile per la
costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, mediante una
sistemazione dei luoghi nella quale sia implicita la realizzazione di una strada
per uso pubblico, seguita da uso pubblico effettivo. Nella specie la cessione
del dottor Guido Terragno, seguita dall’uso pubblico effettivo, dalla
toponomastica e dall’illuminazione pubblica, ha appunto realizzato in modo
conclamato quanto meno la destinazione ad uso pubblico della strada,
indipendentemente, anche qui, dalle vicende del procedimento amministrativo di
lottizzazione.
In conclusione l’appello del comune è fondato e va accolto. Le spese di giudizio
seguono la soccombenza e si liquidano in € 1500 per il giudizio di primo grado
ed altrettanti per il giudizio d’appello.
Per questi motivi
accoglie l’appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge l’impugnazione proposta dal signor Giovanni Antonio Terragno contro il provvedimento 15 marzo 2000 n. 13 del sindaco di San Cesario di Lecce. Condanna il predetto signor Terragno al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in tremila euro, a favore del comune appellante.
Così deciso in Roma il 29 aprile 2003 dal collegio costituito dai signori:
Emidio Frascione presidente
Raffaele Carboni componente, estensore
Corrado Allegretta componente
Paolo Buonvino componente
Claudio Marchitiello componente
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
f.to Raffaele Carboni f.to
Emidio Frascione
f.to Luciana Franchini
f.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23 giugno 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Uso pubblico - definizione - disciplina delle strade comunali e “vicinali” - la costituzione di servitù per destinazione. Si ha uso pubblico, che comporta l’assoggettamento della strada alla disciplina delle strade comunali anche se esse siano “vicinali” ossia fuori dal centro abitato (decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, contenente il codice della strada, articoli 2, comma 7, e 3, comma 1, definizione n. 52) quando un’area privata venga dal proprietario destinata ad essere inserita nella rete viaria pubblica, o mediante atto negoziale oppure, in modo simile a quanto è previsto dall’articolo 1062 del codice civile per la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, mediante una sistemazione dei luoghi nella quale sia implicita la realizzazione di una strada per uso pubblico, seguita da uso pubblico effettivo. (Nella specie la cessione seguita dall’uso pubblico effettivo, dalla toponomastica e dall’illuminazione pubblica, ha appunto realizzato in modo conclamato quanto meno la destinazione ad uso pubblico della strada, indipendentemente, anche qui, dalle vicende del procedimento amministrativo di lottizzazione). Consiglio di Stato Sez. V, - 23 giugno 2003, sentenza n. 3716
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