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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato Sez. V, - 23 giugno 2003, sentenza n. 3716.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2002 ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello proposto dal comune di SAN CESARIO DI LECCE, in persona del sindaco Cesare Serra, difeso dall’avvocato Ernesto Sticchi Damiani e domiciliato in Roma, via Laura Mantegazza 24, presso il cavaliere Luigi Gardin;
contro
il signor Giovanni Antonio TERRAGNO, nato a San Cesario di Lecce il 28 agosto 1957 ed ivi residente, costituitosi in giudizio con l’avvocato Angelo Vantaggiato e domiciliato in Roma, via Giuseppe Pisanelli 2;
per l’annullamento
della sentenza 8 maggio 2002 n. 1708, notificata il 30 maggio 2002, con la quale il tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha annullato l’ordinanza 15 marzo 2000 n. 13 del sindaco di San Cesario di Lecce, contenente divieto di eseguire l’istallazione di una sbarra d’acciaio su una strada, preannunciata con denuncia d’inizio d’attività presentata il 3 marzo 2000 e registrata al protocollo comunale con il numero 2142.
Visto il ricorso in appello, notificato il 19 e depositato il 27 luglio 2002;
visto il controricorso del signor Terragno, depositato l’8 agosto 2002;
vista la propria ordinanza 29 ottobre 2002 n. 4769, con la quale è stata sospesa l’esecutività della sentenza impugnata;
visti gli atti tutti della causa;
relatore, all’udienza del 29 aprile 2003, il consigliere Raffaele Carboni, e uditi altresì gli avvocati Sticchi Damiani e Vantaggiato;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 

FATTO


Il signor Terragno è proprietario in San Cesario di Lecce di una casa per abitazioni, prospiciente per un lato la via Campania e per il lato opposto un’area pure destinata a strada. Con la denuncia d’attività sopra indicata, corredata di progetto, ha dichiarato di volere istallare, sull’anzidetta area retrostante alla casa, individuata in catasto al foglio 7 con la particella 430, una sbarra d’acciaio incernierata su un elemento di muratura prefabbricato, per impedire l’accesso agli estranei. Il sindaco con il provvedimento sopra indicato ha vietato l’esecuzione dell’opera, con la motivazione che essa ricadeva su strada pubblica.


Il signor Terragno con ricorso al tribunale amministrativo regionale per la Puglia notificato il 15 maggio 2000 ha impugnato il provvedimento deducendone l’illegittimità per due motivi: con il primo motivo ha lamentato il difetto di motivazione, perché nel provvedimento si sarebbe dovuto dimostrare l’assunto che la strada era pubblica anziché privata; con il secondo motivo ha lamentato il travisamento dei fatti, sostenendo che l’area, sulla quale egli aveva a proprie spese collocato i tronchi di conduttura per l’acqua e per il gas per collegarsi alle reti degli enti erogatori, era di sua proprietà, come risultava dalle planimetrie catastali. Il ricorrente ha altresì chiesto il risarcimento dei danni per l’illegittimo diniego.


Il comune si è costituito in giudizio sostenendo che l’area in questione apparteneva al demanio comunale, per le ragioni seguenti. 1) Il dottor Guido Terragno, dante causa del ricorrente, l’aveva ceduta al comune dichiarando, nella nota del 6 novembre 1966 con cui aveva presentato un piano di lottizzazione dell’area costituita da parte della tenuta San Nicola, «di cedere al comune il suolo per detta strada, senza alcun compenso», e il Consiglio comunale con deliberazione 28 gennaio 1967 n. 10 aveva accettato la cessione contro il prezzo di lire 90.000; 2) il 9 luglio 1969 era stato redatto un tipo di frazionamento con intestazione al comune delle strade della lottizzazione; 3) il comune aveva poi dotato la strada di illuminazione pubblica e con deliberazione del Consiglio comunale 21 ottobre 1981 n. 173 le aveva attribuito la denominazione di via Antonio Agrifani.


Il tribunale amministrativo regionale, dopo aver espletato istruttoria, con la sentenza indicata in epigrafe ha accolto il ricorso rilevando che l’area non era divenuta di proprietà del comune, perché il procedimento di lottizzazione non si era concluso, non essendo stata sottoscritta dal dottor Terragno la convenzione di lottizzazione - il cui schema era stato approvato con provvedimento del commissario straordinario 12 dicembre 1969 n. 251 - e non essendo stato emanato dal comune il provvedimento finale di autorizzazione alla lottizzazione. Il tribunale amministrativo ha altresì negato rilievo al fatto che la strada fosse stata inclusa nella toponomastica del comune, e ha osservato che, nella specie, non opera la presunzione d’appartenenza al demanio comunale sancita, per le strade site all’interno dei centro abitati e immediatamente comunicanti con la via pubblica, dall’articolo 22, terzo comma, della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato F, sui lavori pubblici. Ha poi respinto la domanda di risarcimento, sfornita di prova del danno.


Appella il comune, censurando la sentenza. Fa presente in primo luogo che la strada è, in ogni caso, assoggettata ad uso pubblico, essendovi stata destinata dallo stesso proprietario, dottor Guido Terragno; in secondo luogo che la strada è stata effettivamente acquisita al patrimonio comunale in virtù degli atti e fatti già indicati nel giudizio di primo grado, indipendentemente dal fatto che il procedimento lottizzatorio non abbia trovato una formale conclusione.


DIRITTO


Come si è detto sopra, risulta dagli atti che il dottor Guido Terragno, dante causa dell’odierno resistente, aveva ceduto la strada per cui è causa, e che il comune aveva espressamente accettato la cessione, sicché è provato che la strada fu acquisita al demanio comunale, e il fatto che la procedura di lottizzazione non si sia conclusa con un espresso atto di autorizzazione non ha nulla a vedere con la validità della cessione. Inoltre ha ragione il comune a rilevare che, anche indipendentemente dall’efficacia del negozio di cessione, si era verificato un uso pubblico della strada, per comportamento esplicito e spontaneo del proprietario. Si ha uso pubblico, che comporta l’assoggettamento della strada alla disciplina delle strade comunali anche se esse siano “vicinali” ossia fuori dal centro abitato (decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, contenente il codice della strada, articoli 2, comma 7, e 3, comma 1, definizione n. 52) quando un’area privata venga dal proprietario destinata ad essere inserita nella rete viaria pubblica, o mediante atto negoziale oppure, in modo simile a quanto è previsto dall’articolo 1062 del codice civile per la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, mediante una sistemazione dei luoghi nella quale sia implicita la realizzazione di una strada per uso pubblico, seguita da uso pubblico effettivo. Nella specie la cessione del dottor Guido Terragno, seguita dall’uso pubblico effettivo, dalla toponomastica e dall’illuminazione pubblica, ha appunto realizzato in modo conclamato quanto meno la destinazione ad uso pubblico della strada, indipendentemente, anche qui, dalle vicende del procedimento amministrativo di lottizzazione.


In conclusione l’appello del comune è fondato e va accolto. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in € 1500 per il giudizio di primo grado ed altrettanti per il giudizio d’appello.


Per questi motivi

 

accoglie l’appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge l’impugnazione proposta dal signor Giovanni Antonio Terragno contro il provvedimento 15 marzo 2000 n. 13 del sindaco di San Cesario di Lecce. Condanna il predetto signor Terragno al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in tremila euro, a favore del comune appellante.


Così deciso in Roma il 29 aprile 2003 dal collegio costituito dai signori:
Emidio Frascione presidente
Raffaele Carboni componente, estensore
Corrado Allegretta componente
Paolo Buonvino componente
Claudio Marchitiello componente



L'ESTENSORE                 IL PRESIDENTE                   IL SEGRETARIO                          IL DIRIGENTE
f.to Raffaele Carboni          f.to Emidio Frascione             f.to Luciana Franchini                   f.to Antonio Natale


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23 giugno 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Uso pubblico - definizione - disciplina delle strade comunali e “vicinali” - la costituzione di servitù per destinazione. Si ha uso pubblico, che comporta l’assoggettamento della strada alla disciplina delle strade comunali anche se esse siano “vicinali” ossia fuori dal centro abitato (decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, contenente il codice della strada, articoli 2, comma 7, e 3, comma 1, definizione n. 52) quando un’area privata venga dal proprietario destinata ad essere inserita nella rete viaria pubblica, o mediante atto negoziale oppure, in modo simile a quanto è previsto dall’articolo 1062 del codice civile per la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, mediante una sistemazione dei luoghi nella quale sia implicita la realizzazione di una strada per uso pubblico, seguita da uso pubblico effettivo. (Nella specie la cessione seguita dall’uso pubblico effettivo, dalla toponomastica e dall’illuminazione pubblica, ha appunto realizzato in modo conclamato quanto meno la destinazione ad uso pubblico della strada, indipendentemente, anche qui, dalle vicende del procedimento amministrativo di lottizzazione). Consiglio di Stato Sez. V, - 23 giugno 2003, sentenza n. 3716

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