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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

Consiglio di Stato, Sez. VI - 27 gennaio 2003 - Sentenza n. 399

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8814/97, proposto da:

MONDOLA MARIO, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Leone e Attilio Tajani, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Paolo Leone in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

contro

MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI, ORA MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI, E SOPRINTENDENZA PER I BENI AMBIENTALI, ARCHITETTONICI, ARTISTICI E STORICI DI SALERNO E AVELLINO, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

e nei confronti

del COMUNE DI CASTELLABATE, in persona del sindaco in carica, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, 20 maggio 1997, n. 324;

visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero e della Soprintendenza appellati;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti tutti gli atti della causa;

relatore all’udienza pubblica del 12 novembre 2002 il consigliere Carmine Volpe, e uditi altresì l’avv. G. Leone per l’appellante e l’avv. dello Stato G. Aiello per le amministrazioni statali appellate;

ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO

Il primo giudice, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso proposto dal signor Mario Mondola contro i seguenti provvedimenti:

a) decreto del ministro per i beni culturali e ambientali 27 settembre 1991, con cui è stato disposto l’annullamento del nulla osta paesaggistico 30 luglio 1991, n. 2173, rilasciato dal sindaco di Castellabate;

b) nota della Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Salerno e Avellino 29 agosto 1991, n. 14392.

La sentenza viene appellata dal signor Mondola.

Il Ministero per i beni culturali e ambientali, ora Ministero per i beni e le attività culturali, e la Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Salerno e Avellino si sono costituiti in giudizio, resistendo al ricorso in appello.

Sia l’appellante sia il Ministero appellato hanno depositato successive memorie con le quali hanno ulteriormente illustrato le rispettive difese.

DIRITTO

Il ricorso in appello è infondato.

Il provvedimento, della cui legittimità si controverte, è il decreto del ministro per i beni culturali e ambientali 27 settembre 1991, con cui è stato disposto l’annullamento del nulla osta paesaggistico 30 luglio 1991, n. 2173, rilasciato dal sindaco di Castellabate, ai sensi dell’art. 7 della l. 29 giugno 1939, n. 1497, sulla domanda di sanatoria presentata dal ricorrente, ai sensi degli artt. 32 e seguenti della l. 28 febbraio 1985, n. 47, in relazione alla realizzazione di una mansarda.

L’abuso consisteva nella realizzazione di un piano mansarda e la domanda al Comune era presentata per la sanatoria del manufatto abusivo - all’epoca realizzato con materiali precari - la sua demolizione e la successiva ricostruzione di un nuovo volume. L’annullamento ministeriale era disposto per eccesso di potere sotto i profili sintomatici della carenza di istruttoria e di motivazione, nonché della violazione del giusto procedimento e dell’art. 82, comma 3, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

Il primo giudice, per quanto di interesse, ha ritenuto infondato il secondo motivo di ricorso, con il quale si erano dedotti la violazione dell’art. 82, comma 9, del d.P.R. n. 616/1977, come modificato dall’art. 1 del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 agosto 1985, n. 431, e l’eccesso di potere. Il ricorrente aveva sostenuto che l’opera edilizia sarebbe stata compatibile con la normativa di piano regolatore generale e con il vincolo paesaggistico esistente sulla zona.

Il primo giudice ha ritenuto che, come affermato dal Ministero nel detto decreto, l’incremento dimensionale del fabbricato, conseguente alla realizzazione della mansarda in un area prossima al mare, fosse di impatto ambientale negativo con particolare riferimento alla visibilità. Con la conseguenza che l’impugnato decreto di annullamento si reggeva legittimamente sul “rilevato negativo impatto ambientale”.

Il ricorrente contesta la sentenza nella parte in cui ha ritenuto valido il motivo di annullamento ministeriale incentrato sul presunto impatto paesaggistico. Né il decreto impugnato in primo grado né la sentenza appellata, a suo dire, consentirebbero di comprendere l’iter logico che avrebbe dovuto sorreggere siffatta valutazione; così che il decreto ministeriale sarebbe stato del tutto immotivato.

Ciò premesso, il Collegio ritiene, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, che nella specie vi sia stata sufficiente motivazione sull’impatto paesaggistico dell’opera.

Basta rimandare a quanto affermato nel decreto ministeriale impugnato in primo grado, secondo cui il Comune “non ha affatto tenuto conto dello stato attuale effettivo del manufatto, abusivamente realizzato con materiali precari (copertura in legno, pannelli in alluminio, ecc...) e del fatto che l’intervento assentito prevedendo la demolizione dell’esistente e la ricostruzione di una nuova struttura con materiali diversi (solaio latero-cemento inclinato con soprastante manto di tegole poggiante su muratura portante di blocchi di tufo e malta cementizia di cm. 40) concretizza una nuova opera edilizia la quale determinerebbe e sancirebbe un incremento dimensionale dell’immobile che – ubicato in area molto prossima al mare – risulterebbe estremamente visibile”.

L’incremento dimensionale del fabbricato e la sua prossimità al litorale, come anche la visibilità dello stesso dal mare, sono tutti elementi che hanno trovato conferma negli atti del giudizio. Al Collegio, infine, non è consentito sindacare nel merito le valutazioni svolte dal Ministero, essendo possibile solo verificarne la logicità e accertare la sufficienza della motivazione; nella specie entrambe sussistenti.

Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio, sussistendo giusti motivi, possono essere compensati. Non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti del Comune di Castellabate che non si è costituito in giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, respinge il ricorso in appello.

Compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio. Nulla per le spese nei confronti del Comune di Castellabate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 12 novembre 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:

Giovanni RUOPPOLO Presidente

Sergio SANTORO Consigliere

Luigi MARUOTTI Consigliere

Carmine VOLPE Consigliere, Est.

Pietro FALCONE Consigliere

 

 

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) L’annullamento ministeriale del nulla osta paesaggistico - mansarda in un area prossima al mare - domanda di sanatoria - incremento dimensionale - nuova opera edilizia - illegittimità - la sufficiente motivazione. E’ stato annullato legittimamente il rilasciato nulla osta paesaggistico in quanto l’incremento dimensionale del fabbricato, conseguente alla realizzazione della mansarda in un area prossima al mare, è di impatto ambientale negativo con particolare riferimento alla visibilità. Con la conseguenza che l’impugnato decreto di annullamento si regge legittimamente sul “rilevato negativo impatto ambientale”. L’incremento dimensionale del fabbricato e la sua prossimità al litorale, come anche la visibilità dello stesso dal mare, sono tutti elementi che hanno trovato conferma negli atti del giudizio. Per la sufficiente motivazione basta rimandare quanto affermato nel decreto ministeriale impugnato in primo grado, secondo cui il Comune “non ha affatto tenuto conto dello stato attuale effettivo del manufatto, abusivamente realizzato con materiali precari (copertura in legno, pannelli in alluminio, ecc...) e del fatto che l’intervento assentito prevedendo la demolizione dell’esistente e la ricostruzione di una nuova struttura con materiali diversi (solaio latero-cemento inclinato con soprastante manto di tegole poggiante su muratura portante di blocchi di tufo e malta cementizia di cm. 40) concretizza una nuova opera edilizia la quale determinerebbe e sancirebbe un incremento dimensionale dell’immobile che – ubicato in area molto prossima al mare – risulterebbe estremamente visibile”. (Nella specie, l’abuso consisteva nella realizzazione di un piano mansarda e la domanda al Comune era presentata per la sanatoria del manufatto abusivo - all’epoca realizzato con materiali precari - la sua demolizione e la successiva ricostruzione di un nuovo volume. L’annullamento ministeriale era disposto per eccesso di potere sotto i profili sintomatici della carenza di istruttoria e di motivazione, nonché della violazione del giusto procedimento e dell’art. 82, comma 3, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616). Consiglio di Stato, Sez. VI - 27 gennaio 2003 - Sentenza n. 399

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