AmbienteDiritto.it                                                                                     Copyright © Ambiente Diritto.it

Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

Consiglio di Stato, Sezione VI del 27 gennaio 2003, n. 419.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi in appello, nn.5001 e 5002 del 2002, proposti rispettivamente:

- il primo n.5001/2002, da Quiriconi Gloria, elettivamente domiciliata in Roma, Via della Vite n.7, presso e nello studio dell'Avv. Piero d'Amelio che con l'avvocato Carlo Lazzarini la rappresenta e difende;

contro

- Pierini Engel, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Guardone ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Annalisa Perrini, in Roma, Via Crescenzio n.l9;

e nei confronti

- del Comune di Viareggio, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Corrado Buccheri ed elettivamente domiciliato presso lo studio Grez, in Roma, Lungotevere Flaminio n.96;

- del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato come per legge, in Roma, Via

dei Portoghesi n.12;

- della Pizzeria Athos s.n.c., in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita;

- il secondo n.5002/2002, proposto dalla Pizzeria Athos s.n.c., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via della Vite n.7, presso e nello studio dell'Avv. Piero d'Amelio che con l'avvocato Carlo Lazzarini la rappresenta e difende;

contro e nei confronti

delle stesse parti di cui al suddetto ricorso n.5001/2002;

per l'annullamento e la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, Sezione Terza n.261 del 18 febbraio 2002;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’intimato Istituto;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 26 novembre 2002 relatore il Consigliere Pietro Falcone. Uditi gli avvocati Lazzarini, anche per delega dell’avv. Buccheri, e Guardone;

FATTO

1. La signora Pierini Engel, comproprietaria dell'immobile sito in Viareggio (LU), Viale Margherita n.4, ha chiesto al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, l’annullamento della concessione edilizia n.57 del 24 gennaio 2000 del Comune di Viareggio e del parere del Soprintendente ai Beni Ambientali Architettonici, Artistici e Storici di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara del 28 settembre 1999, rilasciati alla signora Quiriconi Gloria ed alla Soc. Pizzeria Athos s.n.c., in relazione al fabbricato sito ai nn.2 e 3 di Viale Margherita.

L’adito T.A.R. ha accolto il ricorso, con la sentenza ora impugnata dalla sig.ra Gloria Quiriconi, con atto d’appello, n.5001/2002.

2. L’appellante Quiriconi deduce i seguenti motivi: omessa, insufficiente, contraddittoria ed infondata motivazione sull'accoglimento del motivo del ricorso relativo all’illegittimità della concessione n.57/2000, per violazione degli articoli 35 e 45 del regolamento edilizio del Comune di Viareggio; travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, in quanto sarebbe stata autorizzata la costruzione di un manufatto ad una distanza inferiore al limite imposto dalla normativa regolamentare e per violazione dell'art.907 c.c., in materia di distanze dalle vedute; travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, sull'assunto che la veranda in questione sarebbe stata concessionata anche in violazione delle disposizioni legislative sulle distanze dalle vedute.

2.1. In primo luogo, segnala la presenza tra le strutture (il manufatto della signora Pierini e la tenda dell’odierna appellante) di una porzione di area comunale larga mt. 1 circa; circostanza questa che comporta la non soggezione all'obbligo delle distanze legali.

2.2. Non sussiste la presunta violazione degli articoli 35 e 45 del regolamento edilizio del comune di Viareggio.

L'articolo 35 così dispone: "le tettoie, i portici, le pensiline a sbalzo ed i loggiati di profondità non superiore a mt. 2.00 misurata dalla parete esterna al pilastro di sostegno, dai pilastri potranno essere aggiunte le gronde con sbalzo massimo di 50 cm. escluso il canale dì gronda". La disposizione in esame, secondo l’interpretazione letterale, fa riferimento a determinate dimensioni, cioè 2 metri, solo relativamente alle caratteristiche proprie dei loggiati: le tettoie, cosi come i portici e le pensiline a sbalzo non presentano alcun tipo di precisazione in proposito.

Non trova applicazione la disciplina delle distanze di cui all'art.45 del regolamento edilizio, trattandosi di zona A.

Inoltre, la struttura in questione non è una nuova costruzione, né un ampliamento; ciò di per sé esclude l'applicabilità della norma di cui all'art.45, e comunque l'esistenza di una spazio pubblico fra la tenda e il manufatto ne escludono l'applicazione.

Tale articolo altro non è che l'applicazione in sede comunale della normativa di cui al d.m. n.1444/1968, le cui norme (e con esse le norme comunali che ne costituiscono attuazione) non si applicano nelle zone A, quale quella in cui si trova la veranda de qua.

In ogni caso la norma specifica sulle verande in Passeggiata è l'art.88 del regolamento comunale; in detto articolo, che è la norma speciale per le verande in Passeggiata nulla si dice circa le distanze, proprio perché si tratta di zona A.

Sul punto, la motivazione del giudice di primo grado nulla dice, omettendo di considerare quanto rilevato.

Il T.A.R. Toscana, infine, non ha considerato un fatto fondamentale ed incontestabile ai fini di definire costruzioni o meno le tende in questione.

Tali tende non sorgono, come nel caso della manufatto Pierini, su terreno demaniale dato in concessione, bensì pagano al comune di Viareggio la sola occupazione di suolo pubblico. Ciò sta a significare che non si tratta di un manufatto, di una costruzione, altrimenti il suolo su cui esse sono installate avrebbe dovuto esser dato in concessione demaniale con diritto di superficie.

3. Con il ricorso in appello, n.5002/2002, la stessa sentenza è stata appellata dalla Soc. Pizzeria Athos s.n.c., che, in via preliminare, sostiene che le verande sono due e la sua – a differenza dell’altra di proprietà della sig.ra Quiriconi - si trova a circa venti metri da quella della proprietà Pierini. Tuttavia, il primo giudice, nell’accogliere il ricorso avverso la concessione edilizia n.57/2000, che riguardava entrambe le verande, ha erroneamente annullato anche quella autonoma parte della stessa concessione, relativa alla veranda della Pizzeria Athos.

Nel merito, l’appellante deduce le medesime censure proposte nel ricorso n.5001/2002, dalla Quiriconi.

4. La signora Pierini Engel, costituitasi in giudizio ha sostenuto l’infondatezza di entrambi i ricorsi, chiedendone il rigetto; mentre il Comune di Viareggio ed il Ministero per i beni e le attività culturali hanno chiesto l’accoglimento degli appelli.

DIRITTO

1. La sentenza impugnata ha annullato la concessione edilizia n.57 del 24 gennaio 2000 del Comune di Viareggio ed il parere del Soprintendente ai Beni Ambientali Architettonici, Artistici e Storici di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara del 28 settembre 1999, rilasciati alla signora Gloria Quiriconi ed alla Soc. Pizzeria Athos s.n.c., in relazione al fabbricato sito ai nn.2 e 3 di Viale Margherita, in accoglimento del ricorso presentato dalla signora Pierini Engel, comproprietaria dell'immobile sito in Viareggio (LU), Viale Margherita n.4.

2. I due ricorsi in appello, nn.5001 e 5002 del 2002, proposti, rispettivamente, dalla Quiriconi e dalla Pizzeria Athos s.n.c., vanno riuniti, per un esame congiunto, atteso che impugnano la stessa sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione terza, n.261 del 18 febbraio 2002.

3. Il secondo ricorso 5002/2002, proposto dalla Pizzeria Athos s.n.c., merita accoglimento.

La concessione edilizia n.57/2002, rilasciata alla signora Gloria Quiriconi ed alla Soc. Pizzeria Athos s.n.c., riguardava l’esecuzione di due verande, che costituiscono individualità distinte nella struttura e nella localizzazione.

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la signora Engel Pierini ha manifestato un esclusivo interesse avverso la veranda più vicina al proprio immobile, in quanto realizzata “nello spazio antistante la vetrina della ricorrente (Pierini)...ad una distanza di cm. 80 dall’immobile della ricorrente”. Anche i mezzi di gravame erano diretti a far valere il rispetto delle distanze, ex art.45 del regolamento edilizio del Comune di Viareggio (10 metri), ed in via subordinata ex art.907 cod. civ. (3 metri), citando sempre la veranda della Quiriconi.

In tal senso, la sentenza ha accolto il ricorso per il mancato rispetto della distanza di 10 metri, in violazione del predetto art.45 del regolamento edilizio.

Di conseguenza, l’annullamento della concessione edilizia doveva essere circoscritto alla parte concernente l’esecuzione della veranda realizzata dalla Quiriconi, ma non anche alla realizzazione della veranda della Pizzeria Athos s.n.c., strutturalmente autonoma, che dista oltre 10 metri, come risulta in atti e non è contestato dalla stessa Pierini.

Sotto questo profilo, va riformata in parte qua la sentenza di primo grado, in accoglimento del ricorso 5002/2002, proposto dalla Pizzeria Athos s.n.c..

4. Diversamente, va respinto il ricorso 5001/2002, proposto dalla Quiriconi.

4.1. L’appellante sostiene che la struttura in questione non è una nuova costruzione, né un ampliamento; pertanto, non sarebbe applicabile l'art.45 del regolamento edilizio del comune di Viareggio.

L’assunto non è condivisibile.

Come è noto, la nozione di costruzione, ai fini del rilascio della concessione edilizia, si configura in presenza di opere che attuino un trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, a prescindere che essa avvenga mediante realizzazione d'opere murarie.

Infatti, è irrilevante che le opere siano realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro materiale, laddove comportino la trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio.

Parimenti irrilevante, ai fini della qualificazione dell’opera, è la circostanza che la veranda non sorga su terreno demaniale dato in concessione, ma dietro pagamento al comune di Viareggio della sola occupazione di suolo pubblico.

Nella specie, costituisce nuova costruzione, o ampliamento della costruzione esistente, la veranda in questione, in quanto, sotto il profilo strutturale, è stabilmente infissa al suolo, con profondità dalla parete esterna al pilastro di sostegno di mt. 5,20, con dimensioni planimetriche di mt. 7,15 x 5,07 e con un’altezza nella parte superiore di mt. 2,85 e nella parte inferiore di mt. 2,80; e, sotto il profilo funzionale, è preordinata a soddisfare la non precaria esigenza del titolare di un pubblico esercizio (Cons. Stato, sez.V, 20 marzo 2000, n.1507 e 7 ottobre 1996, n.1194; Cass. pen., sez.III, 12 maggio 1995, n.1758 e 6 aprile 1988).

4.2. La qualificazione dell’opera, come costruzione, comporta l’infondatezza della censura, secondo cui, nella specie, non sussista la violazione dell’art.35 del regolamento edilizio del comune di Viareggio.

Sostiene l’appellante che, ai sensi del predetto art.35, non sono considerati nel calcolo del volume: "le tettoie, i portici, le pensiline a sbalzo ed i loggiati di profondità non superiore a mt. 2.00 misurata dalla parete esterna al pilastro di sostegno, dai pilastri potranno essere aggiunte le gronde con sbalzo massimo di 50 cm. escluso il canale dì gronda". La disposizione in esame, secondo l’interpretazione letterale, fa riferimento a determinate dimensioni, cioè 2 metri, solo relativamente alle caratteristiche proprie dei loggiati: le tettoie, cosi come i portici e le pensiline a sbalzo non presentano alcun tipo di precisazione in proposito.

Ritiene il Collegio che la disposizione invocata non trovi applicazione nei casi, come quello in esame, in cui la veranda costituisca, essa stessa, una costruzione urbanisticamente rilevante, in quanto per i caratteri strutturali e funzionali comporta un peso urbanistico.

4.3. Con altra censura, l’appellante assume che non trova applicazione la disciplina delle distanze di cui all'art.45 del regolamento edilizio, trattandosi di zona A.

Tale articolo altro non è che l'applicazione in sede comunale della normativa di cui al d.m. 2 aprile 1968, n.1444, le cui norme (e con esse le norme comunali che ne costituiscono attuazione) non si applicano nelle zone A, quale quella in cui si trova la veranda de qua.

In tal senso, l’appellante ritiene che la norma specifica sulle verande in Passeggiata sia l'art.88 del regolamento comunale, che nulla dice circa le distanze, proprio perché si tratta di zona A.

Il motivo, così articolato, non merita accoglimento.

L'art.9 del citato d.m. non preclude ai comuni, nella formazione dei piani regolatori generali e dei regolamenti edilizi, la possibilità di prescrivere un distacco fra edifici che si fronteggino, maggiore rispetto a quello minimo imposto dal decreto (Cass. civ. sez.II, 4 febbraio 1998, n.1132).

Nella specie, l'art.45 del regolamento edilizio definisce, in via generale, la distanza tra gli edifici, precludendo, in tal modo, la diretta applicabilità del citato l'art.9 d.m. n.1444/1968 (Cons. Stato sez.V, 23 maggio 2000, n.2983).

In ogni caso, lo stesso art.9 del predetto decreto detta una puntuale disposizione per le zone A), limitatamente alle operazioni di risanamento conservativo e alle eventuali ristrutturazioni; ed, in tal caso, prevede che le distanze tra gli edifici non possano essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti (nella specie, la distanza tra i fabbricati è di circa un metro); diversamente, la distanza minima di dieci metri tra edifici si applica alla realizzazione di nuovi edifici anche in zona omogenea "A".

Inoltre, non trova applicazione l’invocato art.88, che fa riferimento a “veranda a servizio delle attività esistenti”, mentre, nella specie, l’opera si configura, per i dati strutturali e funzionali, una vera costruzione, che necessita di concessione edilizia ed è soggetta anche alle norme sulle distanze, come in precedenza argomentato.

4.4. Con altro motivo, l’appellante sostiene che tra il manufatto della signora Pierini e la propria veranda esiste una porzione di area comunale larga mt. 1 circa; ciò comporta la non soggezione all'obbligo delle distanze legali.

Poiché la censura è manifestamente infondata, può prescindersi dall’esame della questione di inammissibilità della stessa, in quanto formulata per la prima volta in appello, come lamentato dalla Pierini.

In via preliminare, poiché lo spazio pubblico consiste in un’intercapedine senza uscita della larghezza di cm 95 e della lunghezza di mt. 5, la Quiriconi aveva l’onere di provare l'esistenza di una via pubblica, ovvero l’espressa o tacita manifestazione di volontà dell’amministrazione di destinare tale spazio al servizio pubblico, nonché la concreta destinazione del suolo a tale scopo, in quanto, il carattere pubblico della strada attiene, più che alla proprietà del bene, all'uso concreto di esso da parte della collettività (Cass. civ. sez.II, 19 dicembre 1996, n.11373).

Nel merito, l'esonero dal rispetto delle distanze legali previsto dall'art.879, comma 2, c.c., per le costruzioni a confine con le piazze e vie pubbliche, si giustifica con l’obbligo alternativo di osservare “le leggi e i regolamenti che le riguardano”. Nella specie, non è contestata l’affermazione dell’appellata Pietrini, secondo cui il regolamento comunale impone la distanza di cinque metri da strade e piazze.

Infine, non trovano applicazione, nel caso in esame, gli articoli 905 e 907 c.c., la cui disciplina ha natura giuridica, presupposti di fatto e contenuto precettivo diversi da quelli relativi alla disciplina di cui all'art.873 c.c.. Quest’ultima norma – come integrata dall’art.45 del regolamento edilizio locale – va comunque e preliminarmente rispettata, con l’osservanza della distanza tra le costruzioni (Cass. civ. sez.II, 26 febbraio 2001, n.2765 e 22 marzo 2000, n.3421).

5. Per quanto precede, va accolto il ricorso n.5002/2002, proposto dalla Pizzeria Athos s.n.c., con conseguente parziale riforma della sentenza appellata, mentre va respinto il ricorso n.5001/2002, proposto dalla signora Quiriconi, con conseguente conferma della sentenza in parte qua.

Le spese possono compensarsi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, riunisce i ricorsi in epigrafe specificati; accoglie il ricorso n.5002/2002, proposto dalla Pizzeria Athos s.n.c., con conseguente parziale riforma della sentenza appellata; respinge il ricorso n.5001/2002, proposto dalla signora Quiriconi, con conseguente conferma della sentenza in parte qua. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2002, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Mario Egidio SCHINAIA Presidente

Alessandro PAJNO Consigliere

Luigi MARUOTTI Consigliere

Carmine VOLPE Consigliere

Pietro FALCONE Consigliere Est.

 

 

 

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) La nozione di costruzione, ai fini del rilascio della concessione edilizia - trasformazione urbanistico-edilizia del territorio - modifica dello stato dei luoghi - è irrilevante che le opere siano realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro materiale, laddove comportino la trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio - nuova costruzione, o ampliamento della costruzione esistente. La nozione di costruzione, ai fini del rilascio della concessione edilizia, si configura in presenza di opere che attuino un trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, a prescindere che essa avvenga mediante realizzazione d'opere murarie. Infatti, è irrilevante che le opere siano realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro materiale, laddove comportino la trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio. Parimenti irrilevante, ai fini della qualificazione dell’opera, è la circostanza che la veranda non sorga su terreno demaniale dato in concessione, ma dietro pagamento al comune di Viareggio della sola occupazione di suolo pubblico. Nella specie, costituisce nuova costruzione, o ampliamento della costruzione esistente, la veranda in questione, in quanto, sotto il profilo strutturale, è stabilmente infissa al suolo, con profondità dalla parete esterna al pilastro di sostegno di mt. 5,20, con dimensioni planimetriche di mt. 7,15 x 5,07 e con un’altezza nella parte superiore di mt. 2,85 e nella parte inferiore di mt. 2,80; e, sotto il profilo funzionale, è preordinata a soddisfare la non precaria esigenza del titolare di un pubblico esercizio (Cons. Stato, sez.V, 20 marzo 2000, n.1507 e 7 ottobre 1996, n.1194; Cass. pen., sez.III, 12 maggio 1995, n.1758 e 6 aprile 1988). Consiglio di Stato, Sez. VI - 27 gennaio 2003 - Sentenza n. 419

2) L'esonero dal rispetto delle distanze legali previsto dall'art.879, comma 2, c.c., per le costruzioni a confine con le piazze e vie pubbliche - regolamento edilizio locale. L'esonero dal rispetto delle distanze legali previsto dall'art.879, comma 2, c.c., per le costruzioni a confine con le piazze e vie pubbliche, si giustifica con l’obbligo alternativo di osservare “le leggi e i regolamenti che le riguardano”. Nella specie, non è contestata l’affermazione dell’appellata, secondo cui il regolamento comunale impone la distanza di cinque metri da strade e piazze. Infine, non trovano applicazione, nel caso in esame, gli articoli 905 e 907 c.c., la cui disciplina ha natura giuridica, presupposti di fatto e contenuto precettivo diversi da quelli relativi alla disciplina di cui all'art.873 c.c.. Quest’ultima norma – come integrata dall’art.45 del regolamento edilizio locale – va comunque e preliminarmente rispettata, con l’osservanza della distanza tra le costruzioni (Cass. civ. sez.II, 26 febbraio 2001, n.2765 e 22 marzo 2000, n.3421). Consiglio di Stato, Sez. VI - 27 gennaio 2003 - Sentenza n. 419

3) L’onere di provare l'esistenza di una via pubblica. Il carattere pubblico di una strada attiene, più che alla proprietà del bene, all'uso concreto di esso da parte della collettività. Pertanto, chi agisce in giudizio ha l’onere di provare l'esistenza di una via pubblica, ovvero l’espressa o tacita manifestazione di volontà dell’amministrazione di destinare tale spazio al servizio pubblico, nonché la concreta destinazione del suolo a tale scopo. (Cass. civ. sez.II, 19 dicembre 1996, n.11373). Consiglio di Stato, Sez. VI - 27 gennaio 2003 - Sentenza n. 419

 

Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale:  Giurisprudenza