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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

Consiglio di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 841

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
 

DECISIONE


sul ricorso in appello n.9951 del 1997, proposto da Pacenti Laura e Bellacchi Aldo, rappresentati e difesi dall’Avv. Antonio Naccarato e dall’avv. Andrea Pettini ed elettivamente domiciliati in Roma, Lungotevere Flaminio n.46 presso lo studio del dott. Gian Marco Grez;
contro
- il Ministero dei beni culturali e ambientali (ora per i beni e delle attività culturali), in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è per legge domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.12;
- il Comune di Siena, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, Sezione I, 12.6.1997, n.190, resa tra le parti;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
dell’Amministrazione suddetta;
Vista la memoria della parte appellante;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 10 dicembre 2002 il Consigliere Domenico Cafini;
Uditi l’avv. Buccellato per delega dell’Avv. Pettini e l’avv. dello Stato Coaccioli per l’Amministrazione appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 

FATTO


I ricorrenti, con gravame proposto davanti al TAR della Toscana, impugnavano l’ordinanza 9.4.1990, n.77, con la quale il Sindaco di Siena non aveva accolto la loro domanda di sanatoria per due manufatti costruiti abusivamente disponendone la demolizione, nonché gli atti ad essa presupposti, connessi e conseguenti, tra cui il decreto in data 9.2.1990, con il quale il Ministero per i beni culturali e ambientali aveva annullato la delibera della Giunta Municipale di Siena 9.11.1989, n.1747 che aveva autorizzato il rilascio della concessione in sanatoria per i predetti due manufatti, e la relazione in data 3.3.1990 del Servizio edilizia e concessioni del medesimo Comune.


A sostegno del ricorso gli interessati deducevano i seguenti motivi:


1) erronea applicazione della legge 29.6.1939 n.1497 e del D.M. 14.5.1956; erronea applicazione dell’art.82, comma 3, del D.P.R. n.616/1977; eccesso di potere per errore della motivazione, carenza d’istruttoria e difetto dei presupposti;


2) violazione ed erronea applicazione dell’art.31 e segg. L. 28.2.1985, n.47; eccesso di potere per illogicità, carenza di presupposti e contraddittorietà.


Con la sentenza in epigrafe il Tribunale adito, ritenuti infondati entrambi i motivi dedotti, respingeva il ricorso condannando i ricorrenti alle spese del giudizio.


Contro tale pronuncia gli istanti propongono l’odierno appello, riproponendo nella sostanza le censure già proposte nel giudizio di primo grado, attraverso le seguenti doglianze:

a) eccesso di potere per errore di motivazione; difetto di presupposti; travisamento dei fatti;
b) eccesso di potere per carenza di presupposti; errore di motivazione;
c) eccesso di potere per errore e carenza di motivazione in riferimento alla contraddittorietà degli atti impugnati; illogicità ed ingiustizia.


L’appellata Amministrazione, costituitasi in giudizio, ha depositato documenti.


Con atto depositato il 27.11.2002 gli appellanti ribadiscono i rilievi già prospettati insistendo per l’accoglimento del ricorso.


All’udienza odierna la causa viene assunta in decisione.


DIRITTO


1. L’appello in esame è volto a contestare la sentenza in epigrafe che ha respinto il ricorso di primo grado proposto dai sigg. Pacenti e Bellacchi (proprietari nel Comune di Siena di un terreno e di un immobile in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in relazione ai quali avevano presentato domanda di sanatoria edilizia per due manufatti costruiti abusivamente) contro il provvedimento ministeriale suindicato, con cui era stata annullata la deliberazione della G.M. di Siena che aveva autorizzato per tali manufatti, ai sensi dell’art.7 della legge n.1497 del 1939, il rilascio della concessione in sanatoria ex L. n.47 del 28.2.1985, nonché contro la successiva ordinanza sindacale sopra menzionata (adottata sul presupposto di tale annullamento ministeriale) che aveva respinto la richiesta di concessione in sanatoria avanzata dai ricorrenti, disponendo la demolizione dei manufatti medesimi.


I motivi di appello sono volti a contrastare le statuizioni dei primi giudici con cui essi, da un canto, hanno ritenuto non adeguatamente motivata e istruita la delibera municipale con la quale era stata rilasciato il nulla osta ambientale poi annullato dal Ministero per i beni culturali e ambientali e, dall’altro, hanno ritenuto che il decreto del medesimo Ministero, impugnato in prime cure, fosse sufficientemente motivato in ordine alle ragioni giustificatrici del disposto annullamento del nulla-osta comunale suddetto; e infine ad evidenziare anche il conseguente comportamento contraddittorio del Comune che “non aveva l’obbligo di accettare tout court le decisioni ministeriali” ponendo in essere peraltro un comportamento in contrasto con quello precedente concretizzatosi nell’iniziale rilascio della sanatoria richiesta.


2. Quanto al primo motivo - con cui si ribadisce che il Comune di Siena, a fronte del legittimo parere tecnico della Commissione beni ambientali avrebbe operato correttamente nel concedere, con la delibera n.1747/1989, la sanatoria richiesta e che tale delibera, come anche il parere della Commissione predetta a cui si richiamava, era sufficientemente motivato con la semplice espressione “parere favorevole”, essendo evidente che “tutti i pareri favorevoli avrebbero avuto identica e stereotipata motivazione”, diversamente da quelli sfavorevoli per i quali era necessario motivare approfonditamente - il Collegio ritiene che, con riguardo al nulla osta di cui all’art.7 della legge n.1497/1939, sussista sempre un obbligo indifferenziato di motivazione; e ciò al fine di consentire la tutela sia in favore dell’interesse collettivo sia di quello riferito a possibili controinteressati, non assumendo alcun rilievo la natura di atto favorevole e positivo di tale nulla osta.


Sarebbe impossibile, invero, risalire alla ratio dell’atto e ricostruire l’iter logico seguito nell’adozione di esso dall’autorità emanante qualora il provvedimento stesso assumesse un tenore apodittico e non si potrebbe di certo verificare, in tale ipotesi, se l’autorità predetta abbia o non valutato correttamente gli interessi in gioco.


Peraltro, avendo l’ordinamento riservato all’autorità statale un potere di riesame della determinazione dell’ente delegato, deve ritenersi anche che una mancanza di motivazione di detta determinazione renderebbe irrealizzabile il compito ad essa attribuito.


Del resto, in tal senso si è espressa pure la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui il Ministro dei beni culturali e ambientali può annullare il nulla osta paesistico quando è affetto da vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione, dovendo i nulla osta del genere essere congruamente motivati, anche se hanno natura di atti ampliativi della sfera dei destinatari (cfr. Cons. St., Ad. Plen. 22.7.1999, n.20; Sez.VI, 10.8.1999 n.1025; 2.3.2000, n.1096; 8.3.2000, n.1162; 13.2.2001, n.685).


Anche i provvedimenti amministrativi c.d. positivi, dunque, devono basarsi su un’idonea motivazione, giacché l’indicazione delle ragioni su cui si fondano gli stessi agevola l’attuazione del principio costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa; a maggior ragione tale esigenza di adeguata motivazione deve essere rispettata nell’ipotesi di nulla osta edilizio in area soggetta a vincolo paesistico, attesa la tendenziale irreversibilità dell’alterazione dello stato dei luoghi ai fini dell’adeguata gestione dei vincoli paesistici.


Ora, venendo al caso in esame, dalla lettura degli atti depositati emerge con chiarezza che il nulla osta ambientale contenuto nella delibera della G.M. di Siena n.1747 del 9.11.1989 risulta privo di adeguata motivazione consistendo esso unicamente nella espressione “parere favorevole” - accanto alla descrizione dell’intervento edilizio oggetto di valutazione ai fini della sanatoria richiesta - né tale motivazione può rinvenirsi per relationem considerando il parere espresso dall’apposita Commissione comunale per i beni ambientali nell’adunanza in data 17.10.1989 prot. n.728/5, cui fa riferimento appunto la predetta delibera, giacché con esso il Presidente di detta Commissione si limita a comunicare soltanto che “con riferimento alla richiesta relativa all’oggetto…la Commissione beni ambientali aveva espresso in merito il proprio parere favorevole”.


Peraltro, nel caso in esame non emergono dal parere della predetta Commissione nemmeno le specifiche modalità dell’eventuale istruttoria svolta prima della pronuncia sull’istanza di condono edilizio per opera abusiva di cui trattasi, la quale, proprio perché realizzata in zona vincolata, richiedeva certamente un’attenta e puntuale valutazione della situazione dei luoghi in relazione al vincolo esistente, eventualmente anche a mezzo sopralluogo, con possibile indicazione di prescrizioni tecniche da osservare i fini dell’inserimento adeguato della costruzione abusiva da condonare nell’ambiente tutelato; né risultano specificamente valutati ulteriori aspetti, quali la compatibilità, alla luce del vincolo, con gli altri edifici esistenti nella zona interessata.


Non emergono, pertanto, dai due atti considerati (delibera della G.M. e parere della Commissione beni ambientali) le ragioni necessarie a dimostrare la compatibilità con il vincolo paesistico esistente dei manufatti in questione.


Di conseguenza non possono condividersi le censure di eccesso di potere mosse nel primo motivo dagli interessati contro la sentenza in epigrafe, la quale ha ritenuto correttamente legittimo l’operato del Ministero, concretizzatosi nel riscontro dell’assenza di un “minimo di motivazione” nella predetta delibera n.1747/1989, con annullamento, quindi, della delibera medesima in quanto ritenuta viziata da eccesso di potere sotto il profilo sintomatico della carenza di istruttoria e della carenza di motivazione.


3. Quanto al secondo motivo di appello, con il quale gli interessati sostengono l’erroneità della sentenza in epigrafe nella parte in cui risultano respinte le doglianze del gravame di primo grado di eccesso di potere per difetto di motivazione (perché nel decreto ministeriale impugnato non sarebbero stati indicati i concreti motivi che si frapponevano al rilascio della autorizzazione in questione), il Collegio ritiene che anche i rilievi in proposito formulati dagli istanti non possano essere condivisi, giacché la motivazione espressa nel decreto anzidetto appare sufficientemente idonea a giustificare il vizio di legittimità riscontrato nel nulla osta comunale poi annullato, vizio da ritenersi, come si è visto, effettivamente sussistente nella specie.


Deve ritenersi, invero, che l’annullamento ministeriale di un’autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di una costruzione edilizia in zona protetta, come quello considerato nel caso di specie, potendo riguardare tutti i vizi di legittimità, comprese le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere, ben può essere pronunciato per difetto di motivazione, in quanto in sede di autorizzazione regionale o di organo delegato dalla regione, a norma dell’art.7. della legge n.1497 del 1939, anche l’atto positivo di assentimento richiede un’adeguata motivazione sulla compatibilità effettiva dell’opera con gli specifici valori paesistici dei luoghi.


Non possono essere, pertanto, accolti i rilievi della parte appellante con cui si assume l’erroneità della sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto motivato il decreto impugnato considerando, al contrario, inadeguata la motivazione contenuta nel nulla osta comunale in questione per le ragioni già esposte.


4. Quanto, infine, ai rilievi di cui al terzo motivo di appello, con si sostiene che il Comune non aveva l’obbligo “di accettare tout court le decisioni ministeriali” e che, nell’accettarle, “ha posto in essere un comportamento di segno opposto al precedente e quindi contraddittorio”, il Collegio deve osservare – condividendo in ciò quanto già affermato dai primi giudici – che non ogni contraddittorietà costituisce figura sintomatica di eccesso di potere, ma soltanto quelle che non hanno una valida ragione giustificatrice; mentre nella specie il diverso orientamento dell’Amministrazione è giustificato dall’intervenuto provvedimento ministeriale di annullamento, al quale il Sindaco di Siena di è dovuto poi adeguare respingendo la domanda di sanatoria degli interessati ordinandone la demolizione.


Non vi è dubbio, quindi, che nella vicenda di cui trattasi il Sindaco, in relazione allo specifico provvedimento in questione, dovesse ad esso adeguarsi, non potendo ritenersi che egli, come assunto dai ricorrenti, non ne avesse l’obbligo.


4. Per tutte le considerazioni che precedono i motivi di appello come sopra proposti debbono essere disattesi e il ricorso deve essere, conseguentemente, respinto.


Quanto alle spese del giudizio, considerato la particolarità della controversia, esse possono essere, tuttavia, interamente compensate tra le parti.
 

P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI),
definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza in epigrafe.
Spese compensate.
 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 10 dicembre 2002, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione VI) in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Sergio SANTORO Consigliere
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere
Domenico CAFINI Consigliere Est.



 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Nulla osta paesistico - carenza di istruttoria e carenza di motivazione nel caso di nulla osta paesaggistico rilasciato con la formula “parere favorevole” - l’assenza di un “minimo di motivazione” rende legittimo l’annullamento - la ratio dell’atto e la necessità di ricostruire l’iter logico seguito nell’adozione di esso dall’autorità emanante - la riserva all’autorità statale del potere di riesame della determinazione dell’ente delegato - vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione. Non possono condividersi le censure di eccesso di potere mosse dagli interessati contro la sentenza appellata, la quale ha ritenuto correttamente legittimo l’operato del Ministero, concretizzatosi nel riscontro dell’assenza di un “minimo di motivazione” nella predetta delibera n.1747/1989, con annullamento, quindi, della delibera medesima in quanto ritenuta viziata da eccesso di potere sotto il profilo sintomatico della carenza di istruttoria e della carenza di motivazione. Sarebbe impossibile, invero, risalire alla ratio dell’atto e ricostruire l’iter logico seguito nell’adozione di esso dall’autorità emanante qualora il provvedimento stesso assumesse un tenore apodittico e non si potrebbe di certo verificare, in tale ipotesi, se l’autorità predetta abbia o non valutato correttamente gli interessi in gioco. Peraltro, avendo l’ordinamento riservato all’autorità statale un potere di riesame della determinazione dell’ente delegato, deve ritenersi anche che una mancanza di motivazione di detta determinazione renderebbe irrealizzabile il compito ad essa attribuito. Del resto, in tal senso si è espressa pure la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui il Ministro dei beni culturali e ambientali può annullare il nulla osta paesistico quando è affetto da vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione, dovendo i nulla osta del genere essere congruamente motivati, anche se hanno natura di atti ampliativi della sfera dei destinatari (cfr. Cons. St., Ad. Plen. 22.7.1999, n.20; Sez.VI, 10.8.1999 n.1025; 2.3.2000, n.1096; 8.3.2000, n.1162; 13.2.2001, n.685). (Nella specie, si riteneva che il Comune di Siena, a fronte del legittimo parere tecnico della Commissione beni ambientali avrebbe operato correttamente nel concedere, con la delibera n.1747/1989, la sanatoria richiesta e che tale delibera, come anche il parere della Commissione predetta a cui si richiamava, era sufficientemente motivato con la semplice espressione “parere favorevole”, essendo evidente che “tutti i pareri favorevoli avrebbero avuto identica e stereotipata motivazione”, diversamente da quelli sfavorevoli per i quali era necessario motivare approfonditamente. Invece il Collegio ha ritenuto che, con riguardo al nulla osta di cui all’art.7 della legge n.1497/1939, sussista sempre un obbligo indifferenziato di motivazione; e ciò al fine di consentire la tutela sia in favore dell’interesse collettivo sia di quello riferito a possibili controinteressati, non assumendo alcun rilievo la natura di atto favorevole e positivo di tale nulla osta). Consiglio di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 841

 

2) La necessità dell’adeguata motivazione deve essere rispettata anche nell’ipotesi di nulla osta edilizio in area soggetta a vincolo paesistico - i provvedimenti amministrativi c.d. positivi - l’attuazione del principio costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa. Anche i provvedimenti amministrativi c.d. positivi, devono basarsi su un’idonea motivazione, giacché l’indicazione delle ragioni su cui si fondano gli stessi agevola l’attuazione del principio costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa; a maggior ragione tale esigenza di adeguata motivazione deve essere rispettata nell’ipotesi di nulla osta edilizio in area soggetta a vincolo paesistico, attesa la tendenziale irreversibilità dell’alterazione dello stato dei luoghi ai fini dell’adeguata gestione dei vincoli paesistici. Consiglio di Stato Sezione VI, - 17 febbraio 2003 - Sentenza n. 841

 

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