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Legislazione  giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

Consiglio di Stato Sezione V, del 24.02.2003, Sentenza n. 986

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 1998 ha pronunciato la seguente
 

decisione


sul ricorso in appello n. 4553/1998 proposto da Miscio Giovanni, rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Paccione ed elettivamente domiciliato presso l’Avv. Mario Sanino in Roma, Viale Parioli n.180;
contro
il Comune di San Giovanni Rotondo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Mescia ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Franco Gaetano Scoca in Roma, Via Paisiello n.55;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia – Bari, Sez.I, n.697/97 in data 16.9/27.10.97;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giovanni Rotondo;
Viste le memorie difensive depositate dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 22 ottobre 2002, relatore il consigliere Carlo Deodato, udito il procuratore del Comune appellato;


Ritenuto che il presente giudizio può essere definito con sentenza succintamente motivata, ai sensi dell’art.26 della L. 6 dicembre 1971 n.1034 così come novellato dall’art.9 comma 1 primo periodo della L. 10 agosto 2000 n.205;


Rilevato, infatti, che, nel caso di manifesta infondatezza del ricorso, la decisione può essere assunta con le modalità semplificate sopra indicate anche quando la causa è stata trattata in pubblica udienza (Cons. Stato, Sez. V, 26 gennaio 2001, n.268);


Rilevato che il ricorso in esame risulta manifestamente infondato alla stregua delle considerazioni che seguono;


Ritenuto di poter prescindere dall’esame dell’eccezione di irricevibilità dell’appello e di definire il ricorso nel merito;


Considerato che l’ordinanza commissariale di demolizione del chiosco prefabbricato abusivamente installato dal Sig. Miscio (impugnata con il ricorso originario) si appalesa immune dai vizi denunciati dal ricorrente e coerente con i principi di diritto affermati dalla giurisprudenza in ordine al regime edilizio dei manufatti del tipo di quello in questione;


Ritenuto, in particolare, che non pare dubbia la necessità della concessione edilizia per la legittima installazione del box colpito dal controverso ordine di rimozione, posto che, secondo un consolidato orientamento, soltanto le costruzioni aventi intrinseche caratteristiche di precarieta' strutturale e funzionale, cioe' destinate fin dall'origine a soddisfare esigenze contingenti e circoscritte nel tempo, sono esenti dall'assoggettamento alla concessione edilizia, mentre e' sicuramente sottoposto al predetto regime un chiosco prefabbricato per lo svolgimento di attivita' commerciale, in quanto esso, pur se non infisso al suolo ma solo aderente in modo stabile, e' destinato ad un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talche' l'alterazione del territorio non puo' essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Consiglio di Stato, sez. V, 24 febbraio 1996, n. 226);


Rilevato che la sicura soggezione del chiosco metallico in questione al regime concessorio e la pacifica mancanza del titolo prescritto esimono dalla disamina degli altri argomenti addotti a sostegno del primo motivo di gravame;


Considerato, inoltre, che la doglianza relativa all’omessa acquisizione dei pareri obbligatori del Dirigente dell’U.T.C. e della Commissione Edilizia Comunale, in presunta violazione dell’art.41 V comma L.R. Puglia n.56/80, si rivela infondata in fatto, atteso che gli avvisi dei predetti organi in merito alla natura abusiva del manufatto ed alla necessità della sua rimozione risultano espressi nelle diverse forme delle relazioni del Dirigente dell’ Ufficio Tecnico prot. n.4539 in data 23 febbraio 1996 e prot. n.13585 in data 13 giugno 1996 (là dove si rileva la natura abusiva del chiosco prefabbricato) e della delibera della C.E.C. in data 4 gennaio 1996 (là dove si esprime espressamente parere favorevole alla demolizione con specifico riferimento all’ordinanza di sospensione n.333 del 7.11.95 – nei confronti della quale quella di demolizione si pone quale provvedimento consequenziale e necessitato);


Ritenuto che gli atti da ultimo citati, ancorchè non specificamente finalizzati a manifestare l’avviso dei relativi organi in ordine al provvedimento definitivo di demolizione, si rivelano senz’altro idonei, per il merito delle valutazioni ivi contenute, ad integrare gli estremi dei pareri prescritti dalla disposizione legislativa asseritamente violata, sicchè va esclusa la sussistenza del vizio denunciato con il secondo motivo;


Rilevato in ordine alla terza censura, con la quale si critica il capo della decisione con cui è stata riconosciuta l’inidoneità della fissazione di un termine inferiore a novanta giorni per l’ottemperanza all’ordine di demolizione a determinare l’illegittimità di quest’ultimo, che, per univoco orientamento giurisprudenziale, l'assegnazione di un termine più breve di quello prescritto dall'art. 7 l. 28 febbraio 1985 n. 47 per provvedere alla rimozione del manufatto abusivo si risolve in una violazione meramente formale, non lesiva per l'interessato, che conserva, comunque, un termine non inferiore a quello di legge per ottemperare all’ingiunzione (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 597);


Considerato, da ultimo, che il motivo relativo all’inapplicabilità al manufatto in questione della normativa antisismica è stato correttamente ritenuto dal T.A.R. irrilevante ai fini della decisione, posto che l’ordinanza di demolizione è stata principalmente, e legittimamente, adottata sulla base del rilievo della natura abusiva del chiosco e che l’eventuale accertamento dell’errata applicazione al caso di specie della L. n.64/74 non implicherebbe l’annullamento del provvedimento impugnato, che resterebbe validamente sorretto dal motivo relativo alla violazione della normativa edilizia;


Ritenuto, pertanto, che deve respingersi l’appello e che sussistono, tuttavia, giusti motivi per la compensazione delle spese;
 

P.Q.M.
 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge il ricorso indicato in epigrafe e compensa tra le parti le spese processuali;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
 

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del 22 ottobre 2002 e del 14 gennaio 2003, con l'intervento dei signori:
AGOSTINO ELEFANTE - Presidente
CORRADO ALLEGRETTA - Consigliere
PAOLO BUONVINO - Consigliere
FRANCESCO D’OTTAVI - Consigliere
CARLO DEODATO - Consigliere Estensore



L'ESTENSORE                             IL PRESIDENTE                              IL SEGRETARIO                             IL DIRIGENTE
F.to Carlo Deodato                        F.to Agostino Elefante                      F.to Luciana Franchini                     F.to Antonio Natale


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24 febbraio 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)


 

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Necessità della concessione edilizia per la legittima installazione di un box - ordine di rimozione - le costruzioni aventi intrinseche caratteristiche di precarieta' strutturale e funzionale - condizioni. Non pare dubbia la necessità della concessione edilizia per la legittima installazione del box colpito dal controverso ordine di rimozione, posto che, secondo un consolidato orientamento, soltanto le costruzioni aventi intrinseche caratteristiche di precarieta' strutturale e funzionale, cioe' destinate fin dall'origine a soddisfare esigenze contingenti e circoscritte nel tempo, sono esenti dall'assoggettamento alla concessione edilizia, mentre e' sicuramente sottoposto al predetto regime un chiosco prefabbricato per lo svolgimento di attivita' commerciale, in quanto esso, pur se non infisso al suolo ma solo aderente in modo stabile, e' destinato ad un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talche' l'alterazione del territorio non puo' essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Consiglio di Stato, sez. V, 24 febbraio 1996, n. 226). Consiglio di Stato Sezione V, del 24.02.2003, Sentenza n. 986

 

2) L’ottemperanza all’ordine di demolizione e rimozione di un manufatto abusivo - termine inferiore a novanta giorni - l'assegnazione di un termine più breve - violazione meramente formale - illegittimità. E’ stata riconosciuta l’inidoneità della fissazione di un termine inferiore a novanta giorni per l’ottemperanza all’ordine di demolizione a determinare l’illegittimità di quest’ultimo, che, per univoco orientamento giurisprudenziale, l'assegnazione di un termine più breve di quello prescritto dall'art. 7 l. 28 febbraio 1985 n. 47 per provvedere alla rimozione del manufatto abusivo si risolve in una violazione meramente formale, non lesiva per l'interessato, che conserva, comunque, un termine non inferiore a quello di legge per ottemperare all’ingiunzione (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 597). Consiglio di Stato Sezione V, del 24.02.2003, Sentenza n. 986

 

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