Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2003 ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1149 del 2003, proposto dal Comune di Solaro,
rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Mariotti e dall’avv. Enrico Romanelli,
elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, Viale Giulio Cesare 14/A
contro
Tecnosistemi s.p.a. T.L.C. – Engineerig e Services - rappresentata e difesa
dagli avv.ti Luigi Manzi e Carlo Cossalter ed elettivamente domiciliata presso
il primo in Roma, via F. Confalonieri 5
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano,
10 giugno 2002 n. 2461, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Tecnosistemi s.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 13 maggio 2003 il consigliere Marzio Branca,
e uditi gli avvocati Romanelli e Di Mattia per delega dell’avv. Manzi.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato accolto il ricorso proposto dalla
Tecnosistemi s.p.a. T.L.C. – Engineerig e Services – avverso il silenzio serbato
per oltre 60 giorni dal Comune di Solaro sulla istanza di concessione in
sanatoria a norma dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985, in relazione al
posizionamento di un carrello con sovrastante stazione radio base per
telecomunicazioni in telefonia mobile.
Il TAR, rigettando alcune eccezioni del Comune intimato, ha ritenuto che il
ricorso fosse correttamente proposto nei confronti del Comune medesimo, sebbene
la relativa diffida fosse diretta allo sportello unico attivato dal Comune in
forma consortile (Consorzio Area Alto Milanese – C.A.A.M.).
Nel merito il ricorso è stato accolto per eccesso di potere e difetto di
motivazione.
Avverso la decisione ha proposto appello il Comune di Solaro negando la propria
legittimazione passiva, in quanto la diffida era stata rivolta ad altro soggetto
(il CAAM) delegato per le pratiche in questione; e affermando pertanto che nella
specie non si era formato un silenzio suscettibile di impugnazione.
La s.p.a T.L.C. Tecnosistemi si è costituita in giudizio denunciando la
inammissibilità dell’appello per tardività della notificazione e del deposito,
alla stregua della normativa di cui agli art. 21 bis e 23 bis della legge n.
1034 del 1971 come modificata dalla legge n. 205 del 2000.
Alla pubblica udienza del 13 maggio 2003 la causa veniva trattenuta in
decisione.
DIRITTO
Deve esaminarsi in primo luogo la questione dell’ammissibilità dell’appello
sollevata dalla parte appellata alla stregua della normativa di cui agli art. 21
bis e 23 bis della legge n. 1034 del 1971 come modificata dalla legge n. 205 del
2000.
Va condiviso in proposito il rilievo del Comune appellante, secondo cui, nella
specie, non si verte in materia di silenzio rifiuto ma di ordinaria impugnazione
di un provvedimento negativo.
La giurisprudenza amministrativa, infatti, afferma concordemente che il silenzio
dell’Amministrazione su istanza di sanatoria di abusi edilizi costituisce
ipotesi di silenzio significativo, al quale vengono collegati gli effetti di un
provvedimento esplicito di diniego, con la conseguenza che viene a determinarsi
una situazione del tutto simile a quella che si verificherebbe in caso di
provvedimento espresso (C.G.A. 21 marzo 2001 n. 142; Cons. St. Sez. VI, ord. 20
novembre 2001 n. 6283).
Ne consegue che non trova applicazione, ai fini della proponibilità
dell’appello, il termine speciale di trenta giorni di cui all’art. 21 bis della
legge n. 1034, come novellato dalla legge n. 205 del 2000.
Ma l’appellata svolge la medesima eccezione di tardività della proposizione e
del deposito dell’appello per mancata osservanza dei termini abbreviati di cui
all’art. 23 bis della detta legge n. 1034, come sopra modificata, che nella
specie sarebbero applicabili in ragione della natura delle opere posizionate sul
terreno comunale senza il necessario titolo concessorio.
Si sostiene infatti che la struttura in questione è un impianto per
telecomunicazioni in telefonia mobile ricompreso nella deliberazione assunta dal
CIPE il 21 dicembre 2001 n. 121, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 21
dicembre 2001 n. 443, e, pertanto, al contenzioso che la coinvolge debbono
applicarsi le norme di cui all’art. 14 del d.lgs. 20 agosto 2002 n. 190. La
disposizione, come è noto, detta una disciplina speciale dei processi
amministrativi che comunque riguardino le dette infrastrutture, prevedendo anche
l’applicazione in tali procedimenti dell’art. 23 bis della legge n. 1034 del
1971, introdotto dall’art. 4 della legge n. 205 del 2000, recante, in
particolare, l’abbreviazione del termine per il ricorso in appello e per il
deposito dell’atto.
Tali termini nella specie non sono stati osservati.
Il Comune appellante assume l’infondatezza dell’eccezione osservando: a) la
normativa in questione non era ancora in vigore al momento del formarsi del
silenzio rifiuto e quindi sarebbe inapplicabile; b) l’opera di cui si tratta non
avrebbe carattere strategico sul piano nazionale in quanto installazione
provvisoria per prove tecniche; c) in ogni caso dovrebbe concedersi al Comune
l’errore scusabile per aver proceduto tardivamente al deposito dell’atto di
appello in ragione dell’incertezza sorta circa l’interpretazione dell’art. 23
bis.
Le ragioni del Comune non possono essere condivise.
Con riguardo al rilievo sub a), costituisce principio indiscusso nel nostro
ordinamento che la modificazione della legislazione di natura processuale deve
ricevere immediata applicazione nei processi in corso (Cass. Civ. Sez. III, 12
maggio 2000, n. 6099); e, pertanto, si rivela ininfluente la circostanza che la
normativa invocata dall’appellata sia entrata in vigore successivamente alla
formazione del silenzio-diniego ma prima della scadenza dei termini per
l’appello.
La circostanza, poi, che l’opera in questione abbia carattere precario non
sembra idonea ad escluderne l’appartenenza ad un genus individuato dalla fonte
competente come infrastruttura di carattere strategico, poiché, a tal fine,
assume rilievo il tipo di attività non la consistenza materiale dell’impianto.
Neppure può accedersi alla concessione dell’errore scusabile con riguardo
all’inosservanza, in particolare, del termine di deposito del ricorso.
La giurisprudenza amministrativa, nella sua sede più autorevole (Ad. Plen. 31
maggio 2002 n. 5), ha affermato che la novella legislativa di cui alla legge n.
205 del 2000, che ha introdotto l’art. 23 bis nella legge n. 1034 del 10971, nel
sottrarre la proposizione del ricorso al generale regime della riduzione alla
metà di tutti i termini processuali, ha inteso riferirsi alla sola notificazione
dell’atto introduttivo del giudizio, non anche al deposito dell’atto notificato.
Con ciò confermando, con consistente anticipo rispetto ai tempi che hanno
interessato l’odierna vicenda, un orientamento largamente condiviso dalla
precedente giurisprudenza, che non aveva ravvisato per la formalità del deposito
l’esigenza di derogare, come per la notificazione, al principio di speditezza e
di accelerazione cui si ispirava la riforma (Cons. St., Sez. VI 8 aprile 2002 n.
1906; C.G.A. 12 giugno 2001 n. 287; Sez. IV 28 agosto 2001 n. 4562; 29 agosto
2001 n. 4570).
Da tale indirizzo il Collegio non ha motivo di discostarsi. Deve essere tenuto
presente, poi, che l’art. 23 bis si è innestato su una disciplina preesistente
anche più rigorosa (art. 19 del d.l. n. 67 del 1997), che pacificamente
prevedeva l’abbreviazione del termine per il deposito del ricorso. Anche ad
ammettere quindi qualche margine di incertezza sull’interpretazione della nuova
disposizione, la comune diligenza da osservarsi da parte del soggetto
interessato doveva consigliare l’adempimento nel termine più breve (in senso
conforme Sez. IV, 9 ottobre 2002 n. 5363).
In conclusione l’appello in questione va dichiarato inammissibile.
La spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, dichiara
inammissibile l’appello in epigrafe;
dispone la compensazione delle spese;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 maggio 2003 con
l'intervento dei magistrati:
Emidio Frascione Presidente
Giuseppe Farina Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Marco Lipari Consigliere
Marzio Branca Consigliere est.
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
F.to Marzio Branca
F.to Emidio Frascione
F.to Antonietta Fancello
F.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18 settembre 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) La modificazione della legislazione di natura processuale deve ricevere immediata applicazione nei processi in corso - applicabilità. Costituisce principio indiscusso nel nostro ordinamento che la modificazione della legislazione di natura processuale deve ricevere immediata applicazione nei processi in corso (Cass. Civ. Sez. III, 12 maggio 2000, n. 6099); e, pertanto, si rivela ininfluente la circostanza che la normativa invocata dall’appellata sia entrata in vigore successivamente alla formazione del silenzio-diniego ma prima della scadenza dei termini per l’appello. (In senso conforme: Consiglio di Stato Sezione V - 18 settembre 2003, sentenza n. 5324). Consiglio di Stato Sezione V - 18 settembre 2003, sentenza n. 5326
2) Urbanistica - opera precaria, assume rilievo il tipo di attività non la consistenza materiale dell’impianto. La circostanza, di un’opera che abbia carattere precario non è idonea ad escluderne l’appartenenza ad un genus individuato dalla fonte competente come infrastruttura di carattere strategico, poiché, a tal fine, assume rilievo il tipo di attività non la consistenza materiale dell’impianto. Consiglio di Stato Sezione V - 18 settembre 2003, sentenza n. 5326
3) Ricorso al generale - riduzione alla metà di tutti i termini processuali - limiti - notificazione dell’atto introduttivo del giudizio - deposito dell’atto notificato - precedente giurisprudenza. La giurisprudenza amministrativa, nella sua sede più autorevole (Ad. Plen. 31 maggio 2002 n. 5), ha affermato che la novella legislativa di cui alla legge n. 205 del 2000, che ha introdotto l’art. 23 bis nella legge n. 1034 del 10971, nel sottrarre la proposizione del ricorso al generale regime della riduzione alla metà di tutti i termini processuali, ha inteso riferirsi alla sola notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, non anche al deposito dell’atto notificato. Con ciò confermando, con consistente anticipo rispetto ai tempi che hanno interessato l’odierna vicenda, un orientamento largamente condiviso dalla precedente giurisprudenza, che non aveva ravvisato per la formalità del deposito l’esigenza di derogare, come per la notificazione, al principio di speditezza e di accelerazione cui si ispirava la riforma (Cons. St., Sez. VI 8 aprile 2002 n. 1906; C.G.A. 12 giugno 2001 n. 287; Sez. IV 28 agosto 2001 n. 4562; 29 agosto 2001 n. 4570). (In senso conforme: Consiglio di Stato Sezione V - 18 settembre 2003, sentenza n. 5324). Consiglio di Stato Sezione V - 18 settembre 2003, sentenza n. 5326
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