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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato Sez. V, 24 settembre 2003 - sentenza n. 5445.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 1997 ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 8640 del 1997 proposto dai signori Valeria Rossano, Umberto Rosso, Paola Verdina, Maria Rosa Zanetti , Armando Forte, Libera Fogliotti, rappresentati e difesi dall’avv. Maurizio Calò, con domicilio eletto in Roma, via Antonio Gramsci n. 36;
Contro
il Comune di Torino, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Anna Maria Arnone, dell'avvocatura comunale, e dall'avv. Massimo Colarizi, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Panama n. 12;
per l’annullamento
della sentenza del TAR del Piemonte, sezione prima, 694 dell' 8 ottobre 1996 ;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 20 maggio 2003 il Consigliere Aldo Fera;
Uditi per le parti gli avv.ti Calò e Colarizi;
 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO


Gli attuali appellanti impugnarono davanti al Tar per il Piemonte l'ordinanza n. 244 del 19 ottobre 1984, con la quale sindaco di Torino aveva revocato l'autorizzazione edilizia n. 2538 del 15 novembre 1983 per la esecuzione di lavori di chiusura di un passaggio privato mediante la posa di una cancellata in ferro in Torino via Gradisca n. 50. La ragione della revoca, esternata nel provvedimento, sta nel fatto che l'autorizzazione, intestata genericamente "ai proprietari frontisti di via Gradisca n. 50", era stata rilasciata sul presupposto che tutti i frontisti avessero sottoscritto l'istanza, mentre successivamente al rilascio era stato scoperto che questa proveniva solo "da alcuni senza l'assenso dei restanti".

 

L'amministrazione, oltre a rilevare che "l'interesse pubblico ad una corretta gestione amministrativa non consente il permanere di un atto viziato da errata valutazione dei presupposti", nella parte motiva dell’atto aveva precisato di avere recentemente programmato "un piano che prevede la comunalizzazione dei passaggi privati aventi caratteristiche idonee, come quello in esame, e rilevato che lo stesso sedime è già stato inserito in apposito elenco dove sono calendarizzate le singole comunalizzazioni".


Il ricorso è stato respinto dal Tar del Piemonte.


Gli appellanti ripropongono le censure disattese dal primo giudice:
1) Errata applicazione dell'istituto della revoca. Eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione.
2) Carenza di presupposti logico giuridici. Eccesso di potere per errore essenziale e travisamento.
3) Eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità.
4) Eccesso di potere per perplessità e sviamento.


Gli appellanti concludono chiedendo, in riforma della sentenza di cui all’epigrafe, l'annullamento dell'atto impugnato in primo grado.


Resiste all’appello l'amministrazione intimata, che contesta la fondatezza delle tesi avversarie e conclude per il rigetto dell’appello.


DIRITTO


L’appello è infondato.


Gli attuali appellanti avevano impugnato in primo grado l'ordinanza con la quale il Sindaco di Torino ha revocato l'autorizzazione edilizia per la esecuzione di lavori di chiusura di un passaggio privato mediante posa di una cancellata in ferro, che essi avevano in precedenza richiesto quali frontisti nella strada privata. Motivo della revoca è l'errore, scoperto successivamente dal comune, circa la legittimazione all'esercizio dello ius aedificandi, posto che l’istanza di rilascio dell'autorizzazione era stata sottoscritta solo da una parte dei frontisti.


Le censure, prospettate in primo grado e qui riproposte, si muovono lungo una linea argomentativa che, in primo luogo, nega l'esistenza del vizio di legittimità e, in secondo luogo, contesta il corretto esercizio dell’autotutela sotto vari profili di eccesso di potere.


Quanto alla prima questione, giova ricordare come l'articolo 4 della legge 29 gennaio 1977, n. 10, afferma che "la concessione è data dal sindaco al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla". Espressione questa che, nel caso in cui il diritto appartenga a più titolari, è stata intesa dalla giurisprudenza nel senso che l’istanza possa essere presentata da un comproprietario solo laddove la situazione di fatto consenta di "supporre (l’esistenza di) un "pactum fiduciae" intercorrente tra gli stessi (comproprietari)" (Consiglio Stato sez. 5 giugno 1991 n. 883). Ora nel caso di specie, non solo non vi era alcun indizio da cui poter supporre un'intesa fra tutti i proprietari, ma anzi l'iniziativa di alcuni di essi, una volta conosciuta dagli altri, è stata vivacemente contesta. Quindi non vi è dubbio che il provvedimento originariamente rilasciato dall'amministrazione comunale era viziato perché il richiedente non aveva pieno titolo ad ottenere l'autorizzazione edilizia.


Quando ai profili di eccesso di potere, giova ricordare come l'annullamento in sede di autotutela dei provvedimenti che consentono l'esercizio della ius aedificandi illegittimamente rilasciati è "congruamente motivato con la sola enunciazione del vizio che li inficia". (Consiglio Stato sez. V, 24 marzo 2001, n. 1702), specie nell'ipotesi in cui il vizio derivi da " false ed erronee rappresentazioni del privato” (Consiglio Stato sez. V, 24 marzo 2001, n. 1702).


Ora, nel caso di specie, non ve dubbio che l'errore è derivato dal fatto che gli interessati nel presentare istanza, da loro sottoscritta con la generica dicitura "i proprietari frontisti", non avevano evidenziato la circostanza che essi non rappresentavano la totalità dei comproprietari ma solo una parte degli stessi.


Appare, tuttavia, equo compensare tra le parti le spese del giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, respinge l'appello. Spese compensate.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 maggio 2003, con l’intervento dei signori:
Alfonso Quaranta Presidente
Raffaele Carboni Consigliere
Giuseppe Farina Consigliere
Aldo Fera Consigliere estensore
Marzio Branca Consigliere

 


  L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE                           IL SEGRETARIO                                     IL DIRIGENTE
     F.to Aldo Fera                   F.to Alfonso Quaranta                   F.to Francesco Cutrupi                            F.to Antonio Natale

 


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24 settembre 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Titolarità della concessione edilizia - caso in cui il diritto appartenga a più titolari - l’istanza presentata da un comproprietario - situazione di fatto che consenta di "supporre (l’esistenza di) un "pactum fiduciae". L'articolo 4 della legge 29 gennaio 1977, n. 10, afferma che "la concessione è data dal sindaco al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla". Espressione questa che, nel caso in cui il diritto appartenga a più titolari, è stata intesa dalla giurisprudenza nel senso che l’istanza possa essere presentata da un comproprietario solo laddove la situazione di fatto consenta di "supporre (l’esistenza di) un "pactum fiduciae" intercorrente tra gli stessi (comproprietari)" (Consiglio Stato sez. 5 giugno 1991 n. 883). (Nel caso di specie, non solo non vi era alcun indizio da cui poter supporre un'intesa fra tutti i proprietari, ma anzi l'iniziativa di alcuni di essi, una volta conosciuta dagli altri, è stata vivacemente contesta. Quindi non vi è dubbio che il provvedimento originariamente rilasciato dall'amministrazione comunale era viziato perché il richiedente non aveva pieno titolo ad ottenere l'autorizzazione edilizia). Consiglio di Stato Sez. V, 24 settembre 2003 - sentenza n. 5445

2) L'annullamento in sede di autotutela dei provvedimenti, illegittimamente rilasciati, che consentono l'esercizio della ius aedificandi - vizio derivanti da false ed erronee rappresentazioni del privato - eccesso di potere - assenza. L'annullamento in sede di autotutela dei provvedimenti che consentono l'esercizio della ius aedificandi illegittimamente rilasciati è "congruamente motivato con la sola enunciazione del vizio che li inficia". (Consiglio Stato sez. V, 24 marzo 2001, n. 1702), specie nell'ipotesi in cui il vizio derivi da "false ed erronee rappresentazioni del privato” (Consiglio Stato sez. V, 24 marzo 2001, n. 1702). (Nel caso di specie, non ve dubbio che l'errore è derivato dal fatto che gli interessati nel presentare istanza, da loro sottoscritta con la generica dicitura "i proprietari frontisti", non avevano evidenziato la circostanza che essi non rappresentavano la totalità dei comproprietari ma solo una parte degli stessi). Consiglio di Stato Sez. V, 24 settembre 2003 - sentenza n. 5445
 

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