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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato Sezione V, 24 settembre 2003 - sentenza n. 5463.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 2002 ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 10407 del 2002 proposto dal Consorzio Olimpo, società consortile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Abbamonte e Umberto Gentile, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via degli Avignonesi 5;
CONTRO
il Comune di Cellole, in persona del sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
la società MAS, società meridionale appalti e servizi, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del TAR della Campania 3412 del 12 giugno 2002 ;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 20 maggio 2003 il Consigliere Aldo Fera;
Udito l’avv. Alirosi per delega dell’avv. Abbamonte;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO


Il Consorzio Olimpo è stato escluso dalla gara di appalto mediante pubblico incanto per l'affidamento del servizio di refezione scolastica per le scuole elementari e materne, avente la durata di quattro anni, indetta dal Comune di Cellule. L’esclusione è stata comminata perché l’offerente aveva presentato in sede di gara una dichiarazione, sostitutiva di atto notorio, dalla quale risultava che l'impresa era iscritta alla Camera di Commercio industria ed agricoltura di Lecce "per servizi di pulizia mensa"; cioè per un oggetto diverso da quello messo a gara. L'impresa, premesso che la limitazione dell'oggetto contenuta nella dichiarazione è frutto di un errore materiale, ha impugnato atto di esclusione davanti al Tar Campania, che però ha respinto il ricorso con sentenza breve.


In sede di appello, l'impresa ripropone le censure prospettate in primo grado, contestando altresì la fondatezza delle eccezioni che erano state prospettate dalla difesa della amministrazione comunale. Quest'ultima aveva denunciato la tardività della notificazione dell'atto introduttivo alla contro interessata e del deposito dell'avvenuta notificazione.


In particolare, l'appellante si sofferma sulla falsa applicazione del bando di gara, nonché sulla violazione del principio di buona fede e dell'obbligo dell'amministrazione di procedere all'integrazione del documento.


Conclude chiedendo, in riforma della sentenza di cui all’epigrafe, l'accoglimento del ricorso di primo grado.


DIRITTO


L’appello proposto dal Consorzio Olimpo è infondato.


E’ pacifico che l' impresa è stata esclusa dal pubblico incanto, perché aveva presentato in sede di gara una dichiarazione, sostitutiva di atto notorio, dalla quale risultava che l'impresa era iscritta alla Camera di Commercio industria ed agricoltura di Lecce per un oggetto diverso da quello messo a gara. L'appellante, premesso che la limitazione dell'oggetto societario contenuta nella dichiarazione è frutto di un errore materiale, sostiene, nell'ordine, che questo era facilmente riconoscibile e che dal complesso della documentazione fornita poteva essere dedotta sia pure indirettamente l’attività svolta dall'impresa, che il bando non prevedeva, sotto pena di esclusione, l'obbligo di dichiarare anche l’oggetto sociale, e che comunque, trattandosi di requisiti che potevano essere verificati ex post, la stazione appaltante avrebbe dovuto richiedere integrazioni o chiarimenti.


Le censure possono essere esaminate congiuntamente. In primo luogo, va detto che l'obbligo di indicare, sotto pena di esclusione, "l'oggetto dell'iscrizione alla Camera di Commercio industria ed agricoltura" risponde non solo ad un preciso obbligo posto dal bando di gara ( punto 82, lettera c e punto 10) e dal capitolato d'appalto (articolo 7), ma da un'esigenza di tipo sostanziale, in quanto l'oggetto sociale (articolo 2328, n. 3, c.c.) delimita i poteri di rappresentanza attribuiti agli amministratori (articoli 2384 e 2384 bis c.c.) e quindi incide sulla legittimazione negoziale e sulla responsabilità dei soggetti che intendono assumere pubbliche forniture. Il fatto quindi che l'impresa, nel redigere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, sia incorsa in un errore materiale non può essere ascritta ad una mera irregolarità di tipo formale, ma costituisce un vizio dell'offerta che non consente all'amministrazione di concludere il procedimento nel senso dell'affidamento dell'appalto all'offerente.


Ciò premesso, resta da esaminare se, una volta riscontrata l'esistenza del vizio, la stazione appaltante avesse il dovere di consentire un'integrazione documentale che consentisse la rimozione dell'ostacolo. La giurisprudenza ha ritenuto, al riguardo, che il principio secondo il quale il responsabile del procedimento amministrativo è tenuto ad invitare i partecipanti alla gara a rettificare le dichiarazioni o le istanze erronee o incomplete è applicabile anche ai procedimenti di gara d'appalto per l'aggiudicazione di contratti della pubblica amministrazione, " a condizione che non sia turbata la par condicio tra i concorrenti e che non vi sia una modificazione del contenuto della documentazione presentata." (Consiglio Stato sez. V, 3 settembre 2001, n. 4586). Ora, nel caso di specie, non si trattava di "completare o fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati " (articolo 16 del D. Lgs. 17/03/1995, n. 157) ma della sostituzione di una dichiarazione inefficace con altra dichiarazione. Inoltre, trattandosi di un pubblico incanto, nel quale la verifica del possesso dei requisiti dei concorrenti non si traduce in una autonoma fase procedimentale ma è contestuale all’esperimento della gara, l'arresto procedimentale reso necessario dall’esperimento istruttorio, di certo avrebbe inciso negativamente sul principio di concentrazione delle operazioni concorsuali, posto a tutela sia dell’amministrazione che degli altri concorrenti, che non consentiva una dilatazione temporale del procedimento.


Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto.


Le spese di due gradi possono essere compensate.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, respinge l'appello. Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 maggio 2003, con l’intervento dei signori:
Alfonso Quaranta Presidente
Raffaele Carboni Consigliere
Giuseppe Farina Consigliere
Aldo Fera Consigliere estensore
Marzio Branca Consigliere



L'ESTENSORE                  IL PRESIDENTE                      IL SEGRETARIO                         IL DIRIGENTE
F.to Aldo Fera                    F.to Alfonso Quaranta              F.to Francesco Cutrupi                F.to Antonio Natale

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24 settembre 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)


 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Bando di gara - rettifiche delle dichiarazioni o delle istanze erronee o incomplete - limiti - par condicio - l'aggiudicazione di contratti della pubblica amministrazione - la sostituzione di una dichiarazione inefficace con altra dichiarazione - pubblico incanto - l'arresto procedimentale - principio di concentrazione delle operazioni concorsuali - dilatazione temporale del procedimento. Il principio secondo il quale il responsabile del procedimento amministrativo è tenuto ad invitare i partecipanti alla gara a rettificare le dichiarazioni o le istanze erronee o incomplete è applicabile anche ai procedimenti di gara d'appalto per l'aggiudicazione di contratti della pubblica amministrazione, "a condizione che non sia turbata la par condicio tra i concorrenti e che non vi sia una modificazione del contenuto della documentazione presentata." (Consiglio Stato sez. V, 3 settembre 2001, n. 4586). (Nel caso di specie, non si trattava di "completare o fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati" (articolo 16 del D. Lgs. 17/03/1995, n. 157) ma della sostituzione di una dichiarazione inefficace con altra dichiarazione. Inoltre, trattandosi di un pubblico incanto, nel quale la verifica del possesso dei requisiti dei concorrenti non si traduce in una autonoma fase procedimentale ma è contestuale all’esperimento della gara, l'arresto procedimentale reso necessario dall’esperimento istruttorio, di certo avrebbe inciso negativamente sul principio di concentrazione delle operazioni concorsuali, posto a tutela sia dell’amministrazione che degli altri concorrenti, che non consentiva una dilatazione temporale del procedimento). Consiglio di Stato Sez. V, 24 settembre 2003 - sentenza n. 5463

2) Bando di gara - preciso obbligo posto dal bando - pubbliche forniture - requisiti - iscrizione alla Camera di Commercio industria ed agricoltura - esclusione - legittimità - dichiarazione sostitutiva di atto notorio - errore materiale - vizio dell'offerta - affidamento dell'appalto all'offerente. L'obbligo di indicare, sotto pena di esclusione, "l'oggetto dell'iscrizione alla Camera di Commercio industria ed agricoltura" risponde non solo ad un preciso obbligo posto dal bando di gara ( punto 82, lettera c e punto 10) e dal capitolato d'appalto (articolo 7), ma da un'esigenza di tipo sostanziale, in quanto l'oggetto sociale (articolo 2328, n. 3, c.c.) delimita i poteri di rappresentanza attribuiti agli amministratori (articoli 2384 e 2384 bis c.c.) e quindi incide sulla legittimazione negoziale e sulla responsabilità dei soggetti che intendono assumere pubbliche forniture. Il fatto quindi che l'impresa, nel redigere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, sia incorsa in un errore materiale non può essere ascritta ad una mera irregolarità di tipo formale, ma costituisce un vizio dell'offerta che non consente all'amministrazione di concludere il procedimento nel senso dell'affidamento dell'appalto all'offerente. Consiglio di Stato Sez. V, 24 settembre 2003 - sentenza n. 5463

 

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