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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato - Sezione V, 1° Ottobre 2003, Sentenza n. 5675.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2002 ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso n. 3224/2002 R.G. proposto da Rubino Michele Arcangelo, Rubino Elisa Gioconda, Rubino Beatrice, Rubino Francesca e Rubino Maria Giuseppa, rappresentati e difesi dall’Avv. Pasquale Medina, elettivamente domiciliati presso lo studio del Prof. Avv. Franco Gaetano Scoca, in Roma, via Paisiello n. 55,
CONTRO
- Comune di Bari, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avv. Chiara Lonero Baldassarra ed Augusto Farnelli, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Roberto Ciociola, in Roma, via Bertoloni n. 27;
PER L'ANNULLAMENTO
della sentenza resa dal T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, sezione Seconda, n. 363/2002, pubblicata in data 21.1.2002.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il Consigliere Michele Corradino;
Uditi alla pubblica udienza del 10.6.2003 gli avv.ti Medina e Ciociola, in sostituzione dell’avv. Lonero Baldassarra;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


F A T T O


Con sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione Seconda, ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso proposto dagli appellanti per far dichiarare l’obbligo del comune di Bari ad adottare gli atti di ritipizzazione dei suoli di loro proprietà, previo annullamento dell’atto prot. n. 6690 del 14 marzo 2000 del Direttore della Ripartizione Territorio e Qualità Edilizia e del Direttore del Settore Pianificazione del Territorio. L’Amministrazione comunale, con tale provvedimento, aveva dato riscontro alla diffida, proposta dai sigg.ri Rubino, a procedere alla ritipizzazione, stante la intervenuta decadenza del vincolo espropriativo per decorrenza del termine quinquennale dall’approvazione del P.R.G.. Il giudice di primo grado ha ritenuto che “nelle more del giudizio l’Amministrazione comunale ha compiuto concreti atti di adempimento dell’obbligo del quale i ricorrenti hanno reclamato l’adempimento”.


Avverso la predetta decisione proponevano rituale appello i soggetti in epigrafe indicati, assumendo l’erroneità della sentenza.


Si è costituito, per resistere all’appello, il Comune di Bari.


Con memorie depositate in vista dell'udienza le parti hanno insistito nelle proprie conclusioni.


Alla pubblica udienza del 10.6.2003 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.


D I R I T T O


1. L’appello è fondato.


I sigg.ri Rubino lamentano l’erroneità della decisione di primo grado che ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse sulla base della conclusiva considerazione che “il Comune ha avviato, e sta per concludere, l’iter procedimentale volto a rinnovare, con le modalità, le formalità e le garanzie proprie del metodo pianificatorio, la scelta, riservata all’Autorità locale, sulla destinazione degli anzidetti suoli”.


Ciò in quanto il T.A.R. ha valutato come decisiva la produzione in giudizio, da parte dell’Amministrazione comunale, della nota del 5 ottobre 2001 con cui la Ripartizione Territorio e Qualità Edilizia, Settore Strumenti Urbanistici, facendo seguito alla comunicazione impugnata dagli odierni appellanti, acquisiti i pareri favorevoli della Commissione aggiunta per l’urbanistica e della competente Circoscrizione, ha trasmesso, per l’approvazione, alla Giunta municipale la proposta di variante al P.R.G. recante la ritipizzazione dei suoli di proprietà dei sigg.ri Rubino.


Il motivo è fondato.


Come affermato da un costante e consolidato orientamento giurisprudenziale, la declaratoria dell’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse postula un univoco accertamento dell’inutilità della sentenza. Tale verifica, a sua volta, esige che la presupposta, rigorosa indagine circa l’utilità consequenziale per effetto della definizione del ricorso conduca al sicuro convincimento che la modificazione della situazione di fatto o di diritto intervenuta in corso di causa impedisca di riconoscere in capo al ricorrente alcun interesse, anche meramente strumentale o morale alla decisione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 3318 del 2003; Cons. Stato, sez. V, 6 febbraio 2003, n. 632; Cons. Stato, sez. IV, 1 agosto 2001, n. 4206). Sulla base di tali rigidi parametri, occorre rilevare che nel caso di specie l’interesse dei sigg.ri Rubino alla decisione del ricorso da parte del T.A.R. era sicuramente sussistente.


In materia di vincoli di inedificabilità, infatti, non essendo stata abrogata, tacitamente, dalla legge 28 gennaio 1977 n. 10, trova applicazione, in tutte le ipotesi di vincoli di piano, la disposizione dell’art. 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968 n. 1187, la quale prevede che le indicazioni di Piano Regolatore Generale che assoggettino beni determinati a vincoli preordinati all’espopriazione o che comportino l’inedificabilità assoluta del suolo o, comunque, privino il diritto di proprietà del suo sostanziale valore economico, perdano efficacia qualora entro cinque anni dall’approvazione del P.R.G. non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati ovvero non siano stati autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati. Ne consegue che, decorso inutilmente il predetto termine, l’area interessata dall’atto impositivo ormai inefficace risulta sprovvista di una regolamentazione urbanistica ed il Comune è obbligato ad una nuova pianificazione dell’area rimasta non normata (cfr. Cons. Stato, Ad. Pl. 2 aprile 1984, n. 7; Cons. Stato, Sez. IV, 22 febbraio 1999, n. 209; Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6415). Nel caso di specie, il Comune di Bari, a seguito della decadenza dei vincoli urbanistici in questione gravanti sugli immobili di proprietà degli odierni appellanti, era quindi tenuto a provvedere all’integrazione del P.R.G., divenuto parzialmente inoperante, potendosi reiterare i vincoli decaduti sia attraverso una variante specifica che una variante generale, unici strumenti che consentono all’amministrazione comunale di verificare la persistente compatibilità delle destinazioni già impresse ad aree situate nelle zone più diverse del territorio comunale rispetto ai principi informatori della vigente disciplina di piano e alle nuove esigenze di pubblico interesse. Da tale obbligo il Comune non è esonerato per l’applicabilità, nei casi in questione, della disciplina dettata dall’art. 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio 1977 n. 10, la quale ha natura provvisoria, e non può sostituirsi alla disciplina che la legge affida alle responsabili valutazioni del Comune.


Nell’inerzia dell’Amministrazione comunale, che durava da moltissimi anni, i sigg.ri Rubino hanno proposto atto di diffida per ottenere la ritipizzazione dell’area. In riscontro alla diffida, il Comune si limitava, con l’impugnata nota n. 6690 del 17 marzo 2000, a comunicare che era stato avviato il procedimento mirato allo studio della ritipizzazione e, anche dopo la proposizione del ricorso giurisdizionale, non dimostrava di avere ottemperato alla diffida dei ricorrenti, ma soltanto di avere svolto la fase istruttoria del procedimento, con trasmissione al Consiglio Comunale, per le successive determinazioni, della proposta di variante al P.R.G. per la ritipizzazione dei suoli di proprietà dei sigg.ri Rubino. Al momento della decisione del ricorso giurisdizionale, quindi, l’interesse dei ricorrenti alla pronuncia era senz’altro sussistente, visto che nessun provvedimento espresso, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241/90, era stato adottato dal competente organo comunale in senso satisfattivo dell’istanza dei ricorrenti, cioè con valenza di variante di P.R.G.. Anzi, non può non rilevarsi come tuttora, pur dopo il decorso di oltre un anno dalla pronuncia della sentenza impugnata, il Comune di Bari non abbia ancora provveduto alla ritipizzazione dell’area.


Sulla base delle suesposte considerazioni risulta indubbia la fondatezza della censura con cui gli appellanti deducono la violazione, da parte dell’Amministrazione comunale, della disposizione di cui all’art. 7 l. 1150/42, in relazione all’art. 2 l. 1187/68, nel senso che la disciplina urbanistica del piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale, e quindi anche i suoli rimasti privi di disciplina a seguito di sopravvenuta decadenza dei vincoli posti sugli stessi. Va ribadito, in proposito, che l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio 2 aprile 1984 n. 7, si è espressa sostenendo che “poiché i Comuni sono obbligati a dotarsi di uno strumento urbanistico generale che copra l’intero territorio, la situazione di inedificabilità conseguente alla sopravvenuta inefficacia di talune destinazioni di piano è per sua natura provvisoria, essendo destinata a durare fino all’obbligatoria integrazione del piano, divenuto parzialmente inoperante. In caso di inerzia del Comune, il privato che vi abbia interesse può promuovere gli interventi sostitutivi della Regione oppure adire in via giurisdizionale, secondo il procedimento del silenzio-rifiuto”.


2. Per quanto considerato, ed assorbito quant’altro, il ricorso in appello va accolto, va annullata la nota dell’Amministrazione comunale n. 6690 del 17 marzo 2000 e va dichiarato l’obbligo, da parte del Comune di Bari, a provvedere alla rideterminazione urbanistica dell’area su cui insistono i beni di proprietà dei sigg.ri Rubino.


3. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare le spese tra le parti.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado, annulla l’atto impugnato e dichiara l’obbligo del Comune di Bari a provvedere alla rideterminazione urbanistica dell’area su cui insistono i beni di proprietà degli appellanti.


Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 10.6.2003, con l'intervento dei sigg.ri
Agostino Elefante presidente
Francesco D’Ottavi consigliere
Claudio Marchitiello consigliere
Aniello Cerreto consigliere
Michele Corradino consigliere estensore



L'ESTENSORE                               IL PRESIDENTE                                IL SEGRETARIO                              IL DIRIGENTE
F.to Michele Corradino                    F.to Agostino Elefante                        F.to Luciana Franchini                       F.to Antonio Natale


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 1° Ottobre 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) La disciplina urbanistica del piano regolatore generale - decadenza dei vincoli di piano - vincoli di inedificabilità - vincoli preordinati all’espopriazione - inerzia del Comune - interventi sostitutivi della Regione - in via giurisdizionale procedimento del silenzio-rifiuto. La disciplina urbanistica del piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale, e quindi anche i suoli rimasti privi di disciplina a seguito di sopravvenuta decadenza dei vincoli posti sugli stessi. Va ribadito, in proposito, che l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio 2 aprile 1984 n. 7, si è espressa sostenendo che “poiché i Comuni sono obbligati a dotarsi di uno strumento urbanistico generale che copra l’intero territorio, la situazione di inedificabilità conseguente alla sopravvenuta inefficacia di talune destinazioni di piano è per sua natura provvisoria, essendo destinata a durare fino all’obbligatoria integrazione del piano, divenuto parzialmente inoperante. In caso di inerzia del Comune, il privato che vi abbia interesse può promuovere gli interventi sostitutivi della Regione oppure adire in via giurisdizionale, secondo il procedimento del silenzio-rifiuto”. Consiglio di Stato - Sezione V, 1° Ottobre 2003, Sentenza n. 5675
 

2) Urbanistica - Piano Regolatore Generale - vincoli di piano - vincoli di inedificabilità assoluta del suolo - vincoli preordinati all’espopriazione - efficacia di cinque anni - piani particolareggiati - piani di lottizzazione convenzionati - variante specifica - variante generale. In materia di vincoli di inedificabilità, infatti, non essendo stata abrogata, tacitamente, dalla legge 28 gennaio 1977 n. 10, trova applicazione, in tutte le ipotesi di vincoli di piano, la disposizione dell’art. 2, primo comma, della legge 19 novembre 1968 n. 1187, la quale prevede che le indicazioni di Piano Regolatore Generale che assoggettino beni determinati a vincoli preordinati all’espopriazione o che comportino l’inedificabilità assoluta del suolo o, comunque, privino il diritto di proprietà del suo sostanziale valore economico, perdano efficacia qualora entro cinque anni dall’approvazione del P.R.G. non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati ovvero non siano stati autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati. Ne consegue che, decorso inutilmente il predetto termine, l’area interessata dall’atto impositivo ormai inefficace risulta sprovvista di una regolamentazione urbanistica ed il Comune è obbligato ad una nuova pianificazione dell’area rimasta non normata (cfr. Cons. Stato, Ad. Pl. 2 aprile 1984, n. 7; Cons. Stato, Sez. IV, 22 febbraio 1999, n. 209; Cons. Stato, Sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6415). Nel caso di specie, il Comune di Bari, a seguito della decadenza dei vincoli urbanistici in questione gravanti sugli immobili di proprietà degli appellanti, era quindi tenuto a provvedere all’integrazione del P.R.G., divenuto parzialmente inoperante, potendosi reiterare i vincoli decaduti sia attraverso una variante specifica che una variante generale, unici strumenti che consentono all’amministrazione comunale di verificare la persistente compatibilità delle destinazioni già impresse ad aree situate nelle zone più diverse del territorio comunale rispetto ai principi informatori della vigente disciplina di piano e alle nuove esigenze di pubblico interesse. Da tale obbligo il Comune non è esonerato per l’applicabilità, nei casi in questione, della disciplina dettata dall’art. 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio 1977 n. 10, la quale ha natura provvisoria, e non può sostituirsi alla disciplina che la legge affida alle responsabili valutazioni del Comune. Consiglio di Stato - Sezione V, 1° Ottobre 2003, Sentenza n. 5675

3) La declaratoria dell’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse - presupposto. la declaratoria dell’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse postula un univoco accertamento dell’inutilità della sentenza. Tale verifica, a sua volta, esige che la presupposta, rigorosa indagine circa l’utilità consequenziale per effetto della definizione del ricorso conduca al sicuro convincimento che la modificazione della situazione di fatto o di diritto intervenuta in corso di causa impedisca di riconoscere in capo al ricorrente alcun interesse, anche meramente strumentale o morale alla decisione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 3318 del 2003; Cons. Stato, sez. V, 6 febbraio 2003, n. 632; Cons. Stato, sez. IV, 1 agosto 2001, n. 4206). Sulla base di tali rigidi parametri, occorre rilevare che nel caso di specie l’interesse dei sigg.ri Rubino alla decisione del ricorso da parte del T.A.R. era sicuramente sussistente. Consiglio di Stato - Sezione V, 1° Ottobre 2003, Sentenza n. 5675

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