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 Massime della sentenza

  

 

Consiglio di Stato - Sezione V, 9 Ottobre 2003, Sentenza n. 6071.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2002 ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello nr. 3691/02 R.G., proposto dal Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Brancaccio ed elettivamente domiciliato nello studio di questi in Roma, Via Taranto n. 18,
CONTRO
L’Ing. Ernesto Ricciardi, rappresentato e difeso dal prof. avv. Giuseppe Abbamonte e dall’avv. Lorenzo Lentini ed elettivamente domiciliato in Roma, Via G.G. Porro n. 8, presso lo studio del primo, Tito Manlio - Abbamonte;
per l’annullamento e la riforma
previa sospensione, della sentenza del T.A.R. Campania - Salerno, n. 114/2002 depositata in data 14 febbraio 2002 e notificata in data 6 marzo 2002.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 18 febbraio 2003, relatore il consigliere Michele Corradino;
Uditi gli avvocati Brancaccio, Abbamonte e Lentini;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


L’Ing. Ernesto Ricciardi, adiva il TAR Campania - Salerno esponendo di essere proprietario di un’area di 2.176 mq ricadente nella zona omogenea “C1” del Piano Regolatore Generale di Salerno.


Affermava, altresì, di aver avanzato in data 22 dicembre 1999 richiesta di concessione edilizia per la realizzazione, nel suddetto terreno, di un fabbricato per civile abitazione.


Con provvedimento n. 13 del 6 novembre 2000, notificato il 17 novembre 2000, il Dirigente del servizio trasformazioni edilizie del Comune di Salerno negava il rilascio dell’atto concessorio. Contro tale diniego insorgeva l’Ing. Ricciardi.


Il Comune di Salerno, costituendosi in giudizio, contestava le richieste della ricorrente.


Il TAR Campania - Salerno ha accolto il ricorso di primo grado.


La sentenza è stata appellata dal Comune di Salerno che contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado.


L’Ing. Ernesto Ricciardi si è costituito per resistere all’appello.


Alla pubblica udienza del 18 febbraio 2003, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.


DIRITTO


L’appello è infondato, e conseguentemente va confermata la pronuncia gravata.


1 - Con i motivi di ricorso il Comune appellante sostiene l’erroneità dell’iter logico – giuridico in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado in ordine alle conseguenze derivanti dalla decadenza del vincolo.


Afferma l’appellante, infatti, che la cessazione del vincolo per l’inutile decorso del quinquennio ex art. 2 l. n. 1187/1968, renderebbe applicabile l’art. 4 ultimo comma della legge n. 10/1977. Detto in altri termini, l’appellante sostiene che scaduto il vincolo per lo spirare del termine di durata, la zona in cui è ubicata l’area dell’appellato sarebbe divenuta “zona bianca”, sprovvista di disciplina edificatoria, con la conseguente applicazione del disposto della legge n. 10/1977 che limita il rilascio delle concessioni nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici ai volumi minimi ivi previsti. Ne discenderebbe la piena legittimità del diniego di rilascio della concessione edilizia, non potendosi ravvisare, nel caso in esame, nessun doppio regime concorrente.


La tesi è priva di pregio.


Come chiarito da questo Consesso in Adunanza Plenaria n. 7/1984, dopo la scadenza del termine quinquennale di durata dei vincoli di inedificabilità previsti da un piano regolatore generale, alle aree rimaste prive di destinazione si applica la disciplina dettata dalla legge per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali (art. 4, ultimo comma l. 28 gennaio 1977, n. 10). Invero, come affermato dalla giurisprudenza, solo un piano regolatore generale privo dei contenuti essenziali di cui all'art. 7 l. 17 agosto 1942 n. 1150 può rendere un'area - nell'ipotesi di sopravvenuta inefficacia del vincolo - assimilabile ad una c.d. zona bianca, disciplinata alla stregua delle aree prive di disciplina urbanistica.


Risulta, invece, che il lotto di proprietà dell’appellato è ubicato all’interno della zona “1C”, zona al confine della zona “8B”; proprio per la contiguità con detta ultima, la zona “1C” è stata inserita nella provvista integrativa provvisoria di standard. Infatti, per soddisfare il fabbisogno minimo di standard per le zone omogenee “A” e “B”, con delibera si ricorse, innanzitutto, all’interno del perimetro delle aree in questione, sancendo l’assoluta inedificabilità delle residue aree libere delle predette zone, come confermato dagli artt. 6 e 7 delle N.T.A. Da ciò deriva, quale naturale precipitato, che nessuna prescrizione edilizia e urbanistica fu dettata per le aree libere delle zone in questione. Tuttavia, per soddisfare la carenza di standard sì da realizzare un riequilibrio dotazionale, non fu sufficiente vietare, come detto sopra, l’edificazione nelle residue aree libere della zona “A” e “B”, ma fu necessario utilizzare le aree libere delle zone viciniori. In particolare la zona “C” fu suddivisa in sottozone e alcune delle aree in esse ricompresse servirono a integrare temporaneamente gli standard della vicina zona “B”. In particolare la delibera consiliare di approvazione di variante n.71/1989 (delibera con la quale è stato suddiviso il territorio del Comune di Salerno in conformità ai principi del DM 1444/1968 in zone omogenee in ossequio al dettato del citato DM e della legge regionale della Campania n. 14/1982), nel definire la riserva temporanea a standard delle aree a zona C, richiamò l’art. 4 delle N.T.A. ponendo una duplice disciplina urbanistica: quella di provvista integrativa di standard temporanea (art. 4 N.T.A.) e quella dell’art. 8 delle stesse N.T.A. tipica della zona C. Ne discende che mentre il venir meno del vincolo non comporta alcuna riespansione della disciplina edificatoria relativamente alle zone “A” e ”B” (proprio per il disposto degli artt. 6 e 7 delle N.T.A) diversamente per le zone dell’area “C” il venir meno del vincolo importa la riespansione della disciplina del piano regolatore generale, normata, in parte qua, dal richiamato art. 8 delle N.T.A..


Il criterio sussidiario dettato per le cd. zone bianche, pertanto, non può trovare applicazione proprio perché difetta il presupposto essenziale della lacuna nella normativa urbanistica, versandosi, invece, nel regime giuridico concorrente.


Non merita accoglimento neppure la tesi secondo cui l’art. 8 delle N.T.A. riguarderebbe esclusivamente l’edificazione delle sole zone omogenee “4C”, “5C”, “6C”, “7C” e “8C”, con esclusione, dunque, della zona “1C” in questione. Invero, il tenore letterale del predetto articolo non supporta l’opzione ermeneutica patrocinata dall’appellante, ma, al contrario, descrive proprio quel regime concorrente che impedisce l’applicazione dell’ultimo comma dell’art. 10 della l. n. 10/1977.


Merita di essere condivisa, inoltre, l’affermazione del giudice di primo grado in ordine alla delibera commissariale n. 95/1993 circa la adozione (non avvenuta), da parte del Comune di Salerno, di una misura di salvaguardia e ciò sulla base del presupposto - erroneamente ritenuto insussistente dalla stessa Amministrazione – della vigenza di una concorrente disciplina urbanistica.


Inoltre la giurisprudenza citata dall’appellante, pienamente condivisa da questa Sezione, non risulta, tuttavia, conducente alla fattispecie in esame, posto che non si verte in tema di reviviscenza o meno della situazione anteriore all’imposizione del vincolo, bensì in tema di regime giuridico concorrente.


Per le ragioni esposte l’appello va rigettato.


2 - Sussistono giuste ragioni per compensare le spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza gravata.
Compensa le spese di giudizio.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 18 febbraio 2003, con l'intervento dei sigg.ri
Emidio Frascione Presidente
Giuseppe Farina Consigliere,
Francesco D'Ottavi consigliere,
Claudio Marchitiello consigliere.
Michele Corradino consigliere estensore,




L'ESTENSORE                           IL PRESIDENTE                              IL SEGRETARIO                             IL DIRIGENTE
f.to Michele Corradino                  f.to Emidio Frascione                       f.to Antonietta Fancello                    f.to Antonio Natale


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 9 ottobre 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) P.R.G. - scadenza del termine quinquennale di durata dei vincoli di inedificabilità - c.d. zona bianca - aree prive di disciplina urbanistica. La scadenza del termine quinquennale di durata dei vincoli di inedificabilità previsti da un piano regolatore generale, alle aree rimaste prive di destinazione si applica la disciplina dettata dalla legge per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali (art. 4, ultimo comma l. 28 gennaio 1977, n. 10) - Adunanza Plenaria n. 7/1984. Invero, come affermato dalla giurisprudenza, solo un piano regolatore generale privo dei contenuti essenziali di cui all'art. 7 l. 17 agosto 1942 n. 1150 può rendere un'area - nell'ipotesi di sopravvenuta inefficacia del vincolo - assimilabile ad una c.d. zona bianca, disciplinata alla stregua delle aree prive di disciplina urbanistica. (In specie il criterio sussidiario dettato per le cd. zone bianche, pertanto, non può trovare applicazione proprio perché difetta il presupposto essenziale della lacuna nella normativa urbanistica, versandosi, invece, nel regime giuridico concorrente). Consiglio di Stato - Sezione V, 9 Ottobre 2003, Sentenza n. 6071

 

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